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Autore: Sophja99    14/03/2017    6 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo ventiquattro

La signora degli Inferi


«Posticino molto accogliente» commentò Vidar, con il solito umorismo che utilizzava anche quando non era affatto richiesto dalla ladra. Questa venne attraversata da una folata di vento molto più gelido di quelli a cui era abituata nella foresta di Hoddmímir e, dato che quella si trovava molto a nord, quasi vicino alle montagne e ai ghiacciai che cingevano il regno, nel bosco permeava un freddo pungente anche nei mesi più miti. Perciò, era davvero difficile riuscire a superare le sue temperature basse; eppure, in confronto all'Helheimr, il bosco poteva anche essere considerato un luogo “caldo”.

Quel posto le dava l'impressione di essere completamente vuoto e morto. Freddo e silenzioso come un cadavere.

Da lontano sentì alzarsi un urlo spettrale, subito seguito da mille altri, fin quando dopo pochi istanti tutto cessò e tornò il silenzio. Successivamente se ne sentirono altri, probabilmente a grande distanza da loro.

«Come riesce Hel a vivere in un luogo del genere?» domandò Silye, mentre il dio scendeva da Sleipnir e poi le tendeva le braccia per aiutarla a fare altrettanto.

«Lo capirai quando la vedrai.»

La ragazza scansò in malo modo le mani di Vidar e, puntando il piede sulla staffa e girando il corpo, saltò a terra, per poi mostrare uno sguardo vittorioso all'altro, che la era stata a guardare con aria divertita.

«Non male per una che va per la prima volta a cavallo» ammise Vidar, andando a tirare fuori la lancia Gungnir dalla bisaccia, scostando il panno che la copriva e ammirandola in tutta la sua maestosità. Se la rigirò tra le mani, come saggiandola, finché non affermò: «Andiamo.»

Silye prese le briglie del cavallo e, dopo avergli lasciato una carezza sul muso, si incamminò a fianco di Vidar. Si accorse che il terreno era anch'esso nero come il paesaggio scuro e nebuloso che li circondava, ma era tanto umido da sembrare a metà tra il fango e la neve. Fece una smorfia mentre continuavano ad andare avanti in quelle lande deserte e tenebrose.

«Sei certo della strada che stiamo facendo?» domandò dopo qualche minuto.

«No» ammise Vidar, guardandosi intorno.

«Cosa? E come faremo a non perderci?» trillò Silye. Non voleva rimanere per troppo tempo in quel luogo, che le trasmetteva brividi sempre più grandi, man mano che il tempo passava. Il pensiero di rimanervi intrappolata le faceva venire la pelle d'oca.

«Tranquilla, non dovremo essere arrivati troppo lontano dal palazzo si Hel. Sono sicuro che se continuiamo a camminare alla fine ci arriveremo.»

«E se invece dovessimo metterci giorni? Oppure potremo benissimo non trovarlo mai. Non possiamo esserne certi. Secondo me stiamo solo camminando a vuoto.»

«Devi solo fidarti di me. Non hai nulla da temere.»

«Beh, che magra consolazione» ribatté la ladra. «Perché mai dovrei farlo? Perché sei un dio bello e intoccabile?»

«Mi reputi bello? È il primo complimento che ti sento fare nei miei confronti» disse Vidar, con un lato della bocca sollevato a dipingergli un sorriso storto.

Silye si voltò verso Sleipnir per coprire il rossore che le era venuto sulle guance per l'imbarazzo. «Ovvio che no. Ti prendevo in giro.»

Per sua fortuna Vidar non rispose, ma proseguirono come se quella conversazione non fosse mai avvenuta. L'unico suono che si sentiva erano di tanto in tanto le grida di persone ignote, che si alzavano da luoghi indefiniti del regno, giungendo fino alle loro orecchie e manifestando un dolore e una disperazione tanto acuti da spaventare la ladra. Ogni volta che le sentiva, infatti, veniva attraversata da un tremito di paura al pensiero di cosa stesse provocando delle urla così sofferenti.

Silye durante il cammino sollevò lo sguardo verso l'alto e si sorprese di non trovare il cielo. In lontananza si potevano scorgere delle rocce anch'esse dalle tonalità molto scure e in molti punti coperti dalla nebbia che sembrava permeare l'intero luogo. Solo allora si ricordò che l'Helheimr era un regno sotterraneo e che da là sotto non si poteva certo vedere il cielo.

«Eccolo!» esclamò Vidar, inducendo immediatamente la ragazza a voltarsi per guardare il punto che il dio stava indicando. In lontananza, scorse un'enorme costruzione interamente in ghiaccio, che si adattava perfettamente all'atmosfera cupa che permeava quella terra desolata. Aveva alte mura e sembrava quasi un'imponente roccaforte che dall'alto osservava minacciosamente coloro che osavano avvicinarsi. Silye pensò che fosse la dimora esemplare per la regina degli Inferi, di un luogo talmente grigio e pieno di disperazione. L'unica cosa che lo differenziava dai dintorni era il fatto che in alcuni punti e sulla parte superiore era ricoperto da una sorta di manto bianco che appariva simile alla neve. Il castello era composto da miriadi di torri dalle dimensioni variabili, che non facevano altro che accrescere la maestosità della costruzione, insieme all'enorme cancello che lo circondava.

Tuttavia, per arrivarvi, avrebbero dovuto attraversare un largo fiume tramite un ponte dal colore simile all'oro, che, però, ancora Silye non riusciva a osservare attentamente a causa della distanza frapposta tra questo e loro.

«A quanto pare, Hel si tratta molto bene» disse Silye, stupita e spaventata allo stesso tempo da quel palazzo talmente grandioso.

«Già» asserì Vidar. «Quello è il fiume Gjöll. Se mai dovessi cadervi dentro, verresti trafitta dalle milioni di lame di spade che scorrono al suo interno.»

«Posso immaginare che bagno rilassante dovrà essere» scherzò Silye, per sdramatizzare e nel tentativo di diminuire tutta la paura e l'inquietudine che in realtà provava. «Farò attenzione quando ci passerò sopra.»

Man mano che si avvicinavano, la ladra iniziò a distinguere una figura che si trovava in piedi proprio davanti al ponte e la cui attenzione sembrava tutta rivolta verso di loro. Come si furono fatti più vicini, Silye si accorse che si trattava di una ragazza. Questa aveva lunghi capelli castani e dei tratti molto delicati, nonostante il corpo muscoloso e le vesti da guerriera. Lanciò loro uno sguardo interrogativo e vagamente minaccioso.

«Móðguðr» affermò Vidar, chiamandola per nome. «La guardiana del Gjallarbrú, l'unico ponte attraverso il quale si può accedere al castello di Hel» aggiunse successivamente, spiegando a Silye chi fosse quella donna.

«Chi siete, stranieri? Cosa ci fanno due vivi nella dimora dei morti e della loro regina?» chiese quella, con voce imperiosa.

«Dobbiamo incontrare Hel» si intromise Silye e Vidar le lanciò uno sguardo ammonitore, come a volerle dire: Lascia che sia io a parlare.

«Per quale motivo volete farlo?»

«Ti basti sapere che sono il figlio di Odino e devo urgentemente parlare con lei» disse, mostrando con fierezza la lancia appartenuta a suo padre.

Quella inizialmente sembrò impallidire, ma riassunse quasi subito il suo cipiglio indagatore. «Il figlio di Odino» mormorò. «Abbassa la tua arma, dio. Non ti servirà a nulla contro di me. Per quanto tu possa essere forte, non ti conviene sfidare una gigantessa.»

Silye restò stupita quando sentì la ragazza pronunciare il nome della sua specie: aveva sì una corporatura molto robusta, più del normale, ma a prima vista non le era apparsa tanto grande quanto un gigante.

«Però, credo che la regina non negherà di ricevere la visita del figlio di Odino e accoglierti nella sua dimora.» Silye tirò un sospiro di sollievo: quella donna le metteva una certa soggezione con i suoi modi bruschi. I due fecero per avviarsi sul ponte, quando quella li bloccò: «E la ragazza?»

«Io...» mormorò Silye. Già, lei chi era? Una ladra, quella che era stata da sempre, o una veggente, nome in cui ancora non riusciva completamente a ritrovarsi?

«Lei è una völva» affermò con tono deciso Vidar. «È con me.»

Inizialmente la gigantessa parve stupita, ma mascherò subito la sorpresa, affermando un semplice «Bene». Quindi si fece da parte per permettere loro di salire sul ponte.

Ora che poteva guardarlo da vicino, Silye si meravigliò nel constatare che effettivamente il colore dorato del ponte era dovuto al fatto che il materiale di cui era composto era proprio oro. Vederne così tanto, in dimensioni ancora maggiori del lingotto d'oro di Vidar, la lasciò stordita. Non sarebbe riuscita a guadagnare tante ricchezze neanche rubando ogni singolo abitante di Midgard, eccezion fatta per il Konungr e la sua famiglia.

«Come ho detto prima, Hel si tratta davvero bene» disse Silye, appoggiando una mano sulla ringhiera splendente del ponte, prima di correre per raggiungere Vidar e Sleipnir, che lo avevano già percorso tutto, arrivando fino all'altra sponda. La ladra lanciò un ultimo sguardo al fiume, in cui notò, come le aveva rivelato il dio, degli oggetti affilati che si muovevano al di sotto della superficie dell'acqua.

Si accorse, inoltre, che, una volta superato il ponte e essere arrivata sull'altra riva, il terreno era ora ricoperto da un sottile strato di neve, che, tuttavia, non era ancora abbastanza da riempire tutto il suolo. Proseguirono dritti in direzione del castello, percorrendo una stretta via. Ai lati della strada a Silye parve di vedere delle pietre, ma, guardandole con più attenzione, si rese conto che in realtà erano ossa di cranio e scheletri che un tempo erano stati parti di corpi ormai logorate dal tempo e dal clima ostile e perenne che vigeva nell'Helheimr e, in particolare, in quella zona del regno. Man mano che continuavano sulla stessa via, le ossa si moltiplicavano, fino a creare delle vere e proprie montagnole che emanavano una puzza insopportabile di muffa e morte.

«Questo posto avrebbe bisogno di un po' di pulizia» notò Vidar, tappandosi il naso per risparmiarsi l'odore nauseante.

Silye annuì, concordando con lui. Aumentarono il passo per sfuggire al massacro che li circondava e nel giro di poco si ritrovarono davanti ai cancelli d'ingresso del castello. Questi erano fatti di ghiaccio e, quando Silye vi posò una mano, venne attraversata da una scarica di freddo che la fece tremare. Provò a spingere il cancello e quello si aprì con un cigolio, che risuonò tanto forte da coprire le grida che continuavano a giungere in lontananza.

Come entrarono, i due vennero attraversati da una folata gelida: nel palazzo di Hel doveva essere ancora più freddo di quanto fosse nel resto del regno. Davanti a loro si stagliò l'enorme palazzo della dea, che, al solo vederlo, ebbe il potere di far accapponare la pelle a Silye.

«Ecco Éljúðnir, la grande reggia di Hel» mormorò Vidar, mentre si avvicinavano ad essa. La ladra vide che davanti al portone d'ingresso si trovava un'alta figura, che, tuttavia, a quella lontananza non riusciva bene a distinguere.

Quando si fecero più vicini, comprese subito chi era la persona che li stava evidentemente accogliendo: Hel. Lo capì dai lunghi capelli neri e l'abito raffinato che indossava, dello stesso colore scuro. Tuttavia, c'era un particolare che forse le era sfuggito nella visione: parte del viso e del petto che si intravedeva attraverso il vestito erano ossa. Nessuna pelle, né muscolo: solo uno scheletro bianco e vuoto. Poi si ricordò che nella visione Hel era posizionata di profilo, sicuramente dalla parte del volto umana. Rimase a bocca aperta quando vide il suo strano aspetto. La metà scheletrica del viso era inespressiva e in alcuni punti putrefatta; inoltre, al posto dell'occhio vi era solo un buco nero. Anche la parte di corpo normale aveva un qualcosa di cadaverico: la carnagione era pallida e le labbra anch'esse innaturalmente chiare. Ciò che, però, davvero la inquietava era l'unico occhio che aveva: questo, infatti, eran di un azzurro tanto chiaro e profondo da rendere il suo sguardo ancora più duro e crudele di quanto già sembrasse. Un occhio di ghiaccio, come il suo cuore. Difatto, tutto in lei dava l'impressione di un completo gelo, un rigido inverno senza la speranza dell'arrivo della primavera.

«Guarda chi è venuto a farci visita» disse la dea, con una voce che gelò il sangue nelle vene di Silye, trasmettendole un forte senso di disagio e paura. «Per la prima volta ho il piacere di vedere il più forte dei figli di Odino e di tutti gli dei.»

«Sei molto gentile, Hel, ma le tue lusinghe non mi interessano.»

«E allora cosa sei venuto a fare se non per sentirti lodato?» replicò Hel, con un leggero filo di ironia.

«Vogliamo sapere dei tuoi rapporti con la viverna Nidhöggr e, se non vuoi avere problemi con Asgard, ti consiglio di dirci tutto.»

«Nidhöggr? La serpe che un tempo viveva nel mio regno? Mi duole dirti che hai fatto un viaggio a vuoto» disse Hel. Silye si sentì del tutto estraniata dalla conversazione, come era avvenuto anche durante l'incontro con l'elfo Elurín. La dea non le aveva ancora rivolto la parola, né aveva posato i suoi occhi su di lei. Da una parte si sentì sollevata da ciò, ma la sua marginale importanza nella missione di Vidar non faceva altro che convincerla sempre di più di essere una completa sconosciuta in quel nuovo mondo e inadeguata ad essere una völva.

«È inutile mentire: so benissimo che l'hai incontrato. Quando? Lui dove si trova?» continuò Vidar.

«Quante domande, giovane dio. Tuo padre non ti ha insegnato nulla sul come trattare i tuoi pari e superiori?»

«Non osare parlare di lui, traditrice» ringhiò Vidar. Silye poteva chiaramente percepire la rabbia che traspariva dalle sue parole, ma non riusciva a spiegarsi per quale motivo.

«Io, una traditrice?» le labbra di Hel, insieme all'osso della mandibola del teschio, si aprirono in una risata. «Sei troppo giovane per sapere il trattamento che gli altri dei, compreso Odino, riservarono a mio padre Loki e ai miei fratelli.»

«Forse perché se lo meritavano.»

«Come tuo padre meritava di morire?» domandò Hel, stavolta con un tono ancora più alto e duro.

Silye non si accorse subito di cosa stesse accadendo, ma, prima che i suoi occhi riuscissero anche solo a vederlo e la sua testa a comprenderlo, Vidar era già scattato. Hel rimase ferma immobile, senza alcun segno di preoccupazione sulla parte del volto di carne, e Silye sentì che c'era qualcosa di strano nella sua espressione: si era aspettata quella mossa. L'aveva provocato apposta.

Vidar stava correndo verso Hel per colpirla, ma nel giro di pochi secondi vennero circondati da una schiera di individui coperti solo da un lungo e scuro mantello che impediva di definirne le fattezze. Vidar venne fermato da uno di loro e subito cercò di ribellarsi, riuscendo a liberarsi solo facendolo cadere a terra. Indietreggiò fin quando non si trovò accanto a Silye, ma senza smettere un attimo di fissare il volto di Hel oltre le spalle degli incappucciati.

«Non è leale, né educato cogliere così di sorpresa una donna» affermò quella.

«Maledetta!» ruggì Vidar, posseduto da una furia immensa e cieca, come Silye non lo aveva mai visto.

«Dopo ciò che hai fatto in passato, non potevi credere di riuscire a entrare nel mio regno senza che io ti chiedessi il prezzo delle tue azioni» disse Hel e nel suo sguardo la ladra vide puro odio.

Silye guardò Vidar, che era ancora fremente di rabbia. Ciò che più avrebbe voluto fare era domandargli a cosa stesse alludendo la dea e cosa Vidar avesse compiuto di tanto terribile da farla adirare in tal modo, ma comprese che quello non fosse il momento adatto e si limitò a chiedere: «E ora?»

«Scappiamo» sussurrò lui.

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Angolo dell'autrice:

Ed ecco a voi Hel! Un incontro abbastanza agitato per Silye e Vidar, non credete? Hel e Vidar hanno diversi conti in sospeso, che daranno non pochi problemi a lui e alla ladra. Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Vi mostro anche un mio disegno su Hel:

commercial photography
locations

Non so se riesce a dare l'idea dell'aspetto e anche in parte del carattere che di lei trapela dalla storia.^^

A presto!

Sophja99

   
 
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