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Autore: nikita82roma    15/03/2017    3 recensioni
È la mattina del funerale di Montgomery. Kate si sta preparando per andare al distretto dove si incontrerà con gli altri prima di andare al cimitero. Riceve, però, una telefonata che cambierà la sua vita.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Terza stagione
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I medici che effettuavano le visite di routine su Beckett erano entrati e gli avevano chiesto di andarsene. Era chiaro che non sopportassero molto la sua presenza, soprattutto il medico che era di turno quella sera che gli avrebbe impedito volentieri di rientrare da Kate se non fosse che tutti sapevano che era stato Whitmore in persona a chiedere di chiudere un occhio per lui. Ma che quel giovane medico lo odiava era palese. Lo aveva capito da come lo guardava e da quelle battute fin troppo esplicite che gli aveva riservato quando era uscito, parlando con la collega ma facendo in modo che lui sentisse e così “È lui quello che si è fatto la donna di Josh” era solamente la cosa più carina che gli era stato detto. Nei fatti era vero, ma era il modo e l’astio che non sopportava, non per lui, ma per Kate, per quelle battutine che aveva sentito e che lo avrebbero fatto reagire come Josh con lui. Erano i colleghi ed amici del dottore, non poteva aspettarsi altro da loro.

Quando rientrò Kate sembrava stesse già dormendo: la sedia era dove l’aveva lasciata e si sedette come prima vicino a lei.

- Castle… sei tornato. - La sua voce gli sembrava più stanca ed affaticata.

- Certo che sono tornato. - Kate aprì gli occhi e lo guardò provando a sorridere.

- Sei buffo con tutta questa roba addosso.

Si addormentò subito dopo. 

- Le abbiamo dato dei tranquillanti. - Gli sussurrò un’infermiera alle sue spalle. Rick non si era accorto della sua presenza.

- Non faranno male al bambino? - Si preoccupò Castle.

- No, stia tranquillo. Glieli diamo proprio per farla riposare il più possibile, per il suo bene. - Rick annuì ringraziandola, le sembrava la prima persona che lo trattava bene in quell’ospedale - Altri cinque minuti signor Castle, poi è meglio che lasci Katherine da sola, dormirà almeno per le prossime sei ore.

Rimasti soli Rick le prese la mano e poi le accarezzò il volto, rimase così un po’ più dei cinque minuti che gli erano stati concessi, poi uscì. Jim era tornato e sembrava lo stesse aspettando.

- Sta dormendo. - Gli disse sedendosi vicino a lui. - Dicono che è meglio che si riposi per lei e per il bambino.

- Non devi sentirti in obbligo di nulla con Kate, Richard. 

- Cosa mi stai dicendo Jim? - Gli chiese basito.

- Mi prenderò cura di Katie e farò di tutto per non far mancare nulla a lei e al bambino. Sai com’è fatta mia figlia, non ti chiederà nulla.

- Ma lei non deve chiedermi nulla. Le darò tutto quello di cui hanno bisogno. L’ho già detto anche a Kate. Voglio essere presente nella misura in cui lei me lo permetterà.

- Sai questo cosa comporta, Richard? - Jim lo guardò severo, come se volesse essere certo delle sue intenzioni.

- Sono cresciuto senza aver mai conosciuto mio padre. Io stesso ho cresciuto Alexis con una madre che si ricorda di lei un paio di volte l’anno, se va bene, che spesso non la chiama nemmeno per il suo compleanno. Non permetterei mai che mio figlio viva qualcosa di simile per colpa mia e spero che Kate mi permetta di stargli vicino il più possibile.

- Vatti a riposare Richard. Ne hai bisogno anche tu. 

Si salutarono con dei cenni d’intesa e Castle poi uscì lentamente dall’ospedale. Sembrava che ogni persona che lavorava lì dentro sapesse della sua storia, di quello picchiato dal dottor Davidson perché gli aveva messo incinta la ragazza, qualcuno lo aveva anche riconosciuto, era Richard Castle, lo scrittore.

Fuori da lì accese di nuovo il cellulare, trovò le chiamate di Esposito, Ryan e Lanie, oltre che della sua famiglia. L’ora di cena era passata da poco provò a richiamare al distretto, gli rispose Ryan. Gli disse di rimanere lì, sarebbe passati a prenderlo poco dopo.

 

Ryan ed Esposito avevano insistito per portarlo a cena fuori. Non ricordava più da quanto tempo non mangiava e gli venne appetito solo quando cominciò a masticare la sua bistecca. Li aveva raggiunti anche Lanie in quella steakhouse vicina al distretto dove ogni tanto andavano per mangiare qualcosa dopo i casi che li impegnavano fino a tardi.

- Abbiamo dovuto rilasciare Josh. Poi dovrai passare al distretto per formalizzare la denuncia per aggressione. Se vuoi possiamo provare a chiedere un’ingiunzione per non farlo avvicinare a te o a Beckett nel frattempo. - Gli spiegò Ryan

- Non intendo denunciarlo, non mi interessa. - Rispose Rick che ricordava quanto accaduto in ogni momento mentre mangiava visto che il dolore delle ferite si rinnovava con la masticazione,

- Perché? Se non fossimo arrivati noi… - Intervenne Esposito ma fu subito fermato da Castle

- Non voglio che questa storia vada avanti. Josh non merita il mio tempo, ho altro a cui pensare. - Tagliò un altro pezzo della sua bistecca facendo una smorfia mentre mangiava.

- Josh ci ha detto perché lo ha fatto. - Aggiunse Javier mentre Lanie ascoltava in silenzio.

- Già, immaginavo. - Annuì Rick.

- Vorrei darti anche io un paio di pugni Castle! - Gli disse l’ispanico senza sorridere troppo.

- Se questa cena si deve tramutare in una serie di ramanzine e minacce, scusatemi, ma non ho voglia. - Si pulì la bocca con il tovagliolo e fece per alzarsi, quando Ryan lo fermò.

- Non è questo Castle. Però… 

- Non ci sono però, Kevin. Quello che è successo tra me e Beckett è un problema nostro, al massimo di Josh, visto che loro stavano insieme. Se siamo qui perché volete sapere altro, ragazzi veramente, avete sbagliato. - Rick si scoprì essere molto sulla difensiva, come se dovesse proteggere Beckett e quello che era accaduto tra loro da qualsiasi tipo di curiosità e di interferenza esterna. Se avessero voluto sapere di più avevano sbagliato persona e momento. Non aveva nemmeno lui risposte da darsi, figuriamoci se poteva darle agli altri.

- Come sta Beckett? - Gli chiese Lanie, era l’unica cosa che le importava.

- Dopo aver visto Josh ha avuto una piccola crisi. Preferiscono tenerla a riposo sedata il più possibile in queste ore. Hanno detto che non è ancora fuori pericolo. 

- Tu l’hai vista? Ci hai parlato? - Chiese ancora la dottoressa.

- Sì, abbiamo parlato un po’. È sempre Beckett, non si lamenta e mi ha rimproverato un paio di volte, il solito. - Provò a sorridere. Ora c’è Jim in ospedale, ma ci hanno detto che sperano dorma tutta la notte. Sarebbe importante per lei e per il bambino. - Sospirò.

- Tu come stai? - Gli chiese Esposito.

- Come se mi avessero appena tirato fuori da una centrifuga a duemila giri. - Sospirò Rick mangiando l’ultimo pezzo della sua bistecca, masticandolo a lungo e lentamente, perché il suo appetito se ne era già andato.

- Forse è meglio se ti vai a riposare un po’. - Concluse Kevin facendo cenno ad un cameriere di portargli il conto.

 

Al loft Martha e Alexis lo attendevano ancora sveglie, come la sera prima.

- Papà cosa hai fatto? - Gli chiese subito sua figlia preoccupata vedendo i segni sul suo volto.

- Niente di grave, una discussione con Josh. - Le disse abbracciandola e accarezzandole i capelli.

- Josh il fidanzato di Beckett? - Chiese Martha che li aveva raggiunti.

- Sì, o meglio da oggi l’ex fidanzato di Beckett. - Precisò Castle.

- Ma come si fa a lasciare una ragazza in queste condizioni! Che uomo è? - Esclamò Martha con il suo tono esasperato in una teatrale drammaticità

- Veramente è stata lei a lasciarlo. - La risposta di Rick lasciò le due donne di stucco, non aveva voglia di affrontare quell’argomento adesso, ma sapeva che doveva farlo, doveva dire loro come stavano le cose, era un loro diritto saperlo, visto che inevitabilmente la cosa avrebbe avuto ripercussioni anche sulle loro vite.

Si andò a sedere al tavolo della cucina e le sue due donne lo seguirono.

- Ci sono state delle complicazioni quando la hanno operata. - Aveva cominciato con l’idea di girare intorno all’argomento per cercare le parole giuste per dirlo, ma non esistevano o almeno a lui non venivano in mente. - Beckett è incinta. Il bambino non è di Josh, è mio.

Calò il silenzio per qualche istante nel loft. E anche gli “oh” di stupore alla notizia della gravidanza di Kate sparirono. Rick spostava lo sguardo da Alexis a Martha aspettando una loro reazione e fu la figlia la prima  a parlare.

- Sei proprio sicuro papà? È tuo figlio?

- Josh era fuori in quel periodo e corrisponde con quando io e Beckett… -  Rick alzò le spalle si imbarazzava a fare certi discorsi davanti a sua figlia che con un cenno della mano gli fece capire che non era necessario che continuasse.

- Quindi tu e Beckett state insieme? - Chiese Martha che sembrava già entusiasta della cosa

- No, mamma. È solo successo una notte, quando eravamo a Los Angeles. - Precisò Castle

- Oh Richard, ci sono delle notti che ti cambiano tutta la vita. Chi meglio di me può dirlo! - Gli accarezzò il braccio e gli fece un occhiolino sorridendo, ma quella che per lei voleva essere una battuta affettuosa, lui non la prese allo stesso modo.

- Già, con la sola differenza che io non sparirò nel nulla. Ora scusatemi, ma ho veramente bisogno di dormire.

 

Aveva effettivamente bisogno di dormire, se solo ci fosse riuscito. Invece dopo che si era fatto una doccia velocemente, era rimasto a girarsi e rigirarsi nel letto, con la mente affollata di pensieri. Kate non era ancora fuori pericolo e lui aveva paura. Di perderla. Di perderli. Non si permetteva ancora di soffermarsi a pensare che Beckett sarebbe stata la madre di suo figlio perché era un pensiero che implicava talmente tante sfaccettature che non riusciva ancora a gestirlo. Lo avrebbe fatto poi, quando gli avrebbero detto che lei stava bene, che non era più in pericolo. Perché lei sarebbe stata bene, non poteva nemmeno considerare il contrario. E poi inevitabilmente il pensiero andava a quella notte, a quella forza che l’aveva convinto non sapeva nemmeno lui perché a tornare sui suoi passi e ad aprire quella porta. L’aveva vista in piedi che lo fissava entrambi avevano ancora la mano sulla maniglia e fu lui ad andarle incontro, percorrendo a grandi falcate il poco spazio che li divideva. Per quel che ne sapeva poteva essere tornata indietro per qualsiasi motivo e forse si sarebbe pentito, lei lo avrebbe picchiato e gli avrebbe urlato contro, ma in quel momento non gli importava. Le arrivò davanti e la afferrò letteralmente tra le sue braccia, facendola indietreggiare quel tanto che bastava da farli entrare nella camera di lei. Roteò tenendola fino a che Beckett non era appoggiata contro la porta chiusa. Le prese il viso con entrambe le mani e come aveva già fatto quella notte nel vicolo, la baciò, ma Kate questa volta non era sorpresa. Rick si aspettò uno schiaffo che non arrivò mai, anzi, sentì le sue mani tra i capelli muoversi seguendo il ritmo del loro bacio, aumentando la pressione, man mano che il bacio diventava sempre più intenso, avvicinandolo a lei. Non ricordava se si erano parlati o se come spesso accadeva in altri contesti, si erano capiti senza bisogno di troppe parole, ma quando lui aveva avvicinato ancora di più il suo corpo a lei, la gamba di Kate che si alzava e si strusciava sulla sua gli era sembrato un gesto eloquente che lei condivideva in pieno ogni sua azione. Avrebbe voluto tutto e subito da lei, ma preferì gustarsi a lungo quel bacio che aveva inseguito e cercato da tanto, ritrovando il sapore di quelle labbra che lo avevano stregato, non meno di tutto il resto di lei. Arrivarono sul letto senza smettere di baciarsi praticamente mai si spogliarono senza badare troppo a come e si ritrovarono preso tra le braccia uno dell’altra mentre i loro corpi si conoscevano come loro non avevano più bisogno di fare. Castle ricordava perfettamente la sensazione della pelle di Beckett sotto le sue mani, le sue gambe lunghe, che aveva baciato senza mai stancarsi, avvolte intorno al suo corpo per avvicinarlo ancora di più e dentro di lei, le sue mani che gli accarezzavano la schiena mentre lui la  baciava sul collo e sui seni e non dimenticava nemmeno quando era lei a soggiogarlo e le sue mani sfioravano e graffiavano il suo petto mentre lo guardava dall’alto e lui non poteva fare altro che godersi tutta la sua statuaria bellezza e sensualità mentre si muoveva voluttuosa su di lui. Non aveva dimenticato nulla di quella notte, i baci, i sospiri, i gemiti, la voce di Kate che lo incitava a continuare, a non fermarsi, la bellezza di lei scossa dal piacere che non gli aveva dato tempo nemmeno di rendersi conto che anche lui fu scosso allo stesso modo. Soprattutto non riusciva a dimenticare quei baci, dopo, ed il suo corpo sempre troppo vicino fino a quando non si era addormentata e lui non era stato vinto da quel panico inspiegabile che lo aveva portato a fuggire via come un ladro quando invece avrebbe solo voluto e dovuto rimanere lì con lei.

   
 
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