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Autore: rocchi68    16/03/2017    4 recensioni
Lui aveva sempre creduto che quello fosse il suo mondo.
Che tutto fosse destinato a rimanere com'era, senza possibilità di rifiuto.
Quell'ennesimo anno universitario non sarebbe stato poi troppo diverso dagli altri.
Rivisitazione di una mia vecchia storia già pubblicata e che ho migliorato.
Spero.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Scott
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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La strana signora in vestaglia aveva fatto la sua comparsa e li aveva invitati a entrare.
Scott sapeva a cosa andava incontro.
Temeva i suoi rimproveri e le sue reazioni spesso esagerate.
Per fortuna che il consorte non c’era, altrimenti quello sarebbe stato un pomeriggio da dimenticare.
“Sei tornata finalmente.” Borbottò la donna, sedendosi sulla poltrona, mentre Dawn e il rosso avanzavano.
“Sì signora.”
“E come si è comportato il mio nipotino?” Chiese, raggelando il rosso.
La ragazza istintivamente si voltò verso Scott, il quale fissava l’anziana con sguardo impaurito e sorpreso.
“Nonna.”
“E così sai ancora chi sono.” Ribatté acida.
“Voi due vi conoscete?” Domandò Dawn con un pizzico di timore.
“Lei è mia nonna.” Rispose il rosso, anticipando la vecchietta che era tornata a lavorare a maglia.
“Ma voi…”
“Questo sciagurato doveva venirmi a trovare almeno una volta al mese e invece è la seconda volta che lo vedo in questo anno.” Borbottò la vecchietta, piantando i suoi occhi minacciosi sul povero Scott.
“Scusa nonna.”
“Non dire scusa, sapendo che tanto ti comporti come uno sconsiderato.”
“E nonno?” Domandò il giovane, cambiando discorso e sperando di evitare i rimproveri della nonna materna.
“Se fossi stato presente, avresti saputo che è in ospedale per la riabilitazione all’anca.”
“Il vecchio me l’aveva detto.” Sbuffò Scott, ricordandosi solo all’ultimo che il padre nell’ultima chiamata lo aveva messo in guardia.
“Primo è tuo padre e secondo…vedrò di perdonarti.”
“A tal proposito, sarei venuto per scusarmi per ciò che ho fatto a Dawn.”
La donna spostò lo sguardo verso la giovane e notò alcune macchie sulla camicetta bianca che aveva indossato per quella giornata.
Inoltre non era allegra come quando era uscita.
Doveva esserci qualcosa che le aveva scombussolato un po’ la giornata.
“E cosa le avresti fatto?”
“Nulla d’importante signora.” Intervenne Dawn, riuscendo dopo qualche attimo a tornare presente in quel dialogo.
Per un po’ era rimasta confusa.
Aveva ascoltato le parole tra nonna e nipote e aveva intuito alcune cose.
Primo che Scott non aveva un buon rapporto con i suoi genitori.
Secondo che la signora voleva molto bene al nipote.
E terzo che per qualche strano motivo, Scott era rimasto lontano da quella casa e forse il motivo era da ricercare nella iena che il rosso aveva come fidanzata.
“Quella scema della mia ragazza le ha rovesciato addosso un bicchiere di caffè.”
“E tu dov’eri?”
“Io ero presente, ma non sono riuscito a fare nulla.” Borbottò dispiaciuto Scott.
“Come sempre sei pronto a prenderti la colpa di un altro.”
“Sai che sono fatto così.” Ridacchiò il ragazzo, facendo annuire la nonna.
“Signora…allora?” Intervenne la biondina, appoggiando la borsa su una sedia libera.
“Su Dawn vai a cambiarti. Non vorrai restare così per sempre.” Rispose il giovane, anticipando la donna che si ritrovò a sorridere.
Dawn seguendo il consiglio del ragazzo, si ritrovò a salire le scale, mentre lo lasciava in compagnia di sua nonna.
 
Dawn si era cambiata in tempi record ed era subito scesa e aveva trovato Scott intento ad abbracciare la signora che la ospitava.
Quella semplice visione la fece sorridere e riflettere.
Aveva sbagliato fin dall’inizio con lui.
Scott non era freddo come aveva pensato.
C’era un qualcosa che lo rendeva veramente interessante, nonostante all’inizio lo considerasse solo un teppista.
“Eccomi.” Alzò la voce Dawn, facendoli voltare verso di sé.
Aveva abbandonato la divisa femminile, si era messa qualcosa di più leggero e si era sciolta i capelli.
Così, almeno per il rosso, lei stava benissimo.
“Credo di aver risolto ogni danno.” Ghignò Scott, continuando a fissare la ragazza che aveva appena sceso le scale.
“Non proprio.” Borbottò la donna.
“Cosa intende dire signora?”
“Solo questo…domani mio nipote ti accompagnerà per negozi, così impara a non tenere al guinzaglio quella Courtney.”
Scott si ritrovò a sorridere come un idiota.
Per la prima volta in vita sua sarebbe stato costretto a fare shopping con una ragazza.
Di solito aveva sempre evitato.
Nemmeno le preghiere della fidanzata erano mai riuscite a schiodarlo dal divano e invece ora doveva sottostare agli ordini di sua nonna.
Perché non poteva rifiutare?
Semplicemente perché lei, dall’alto dei suoi 80 e passa anni, era ancora, come tutte le donne che conosceva, una sergente in gonnella.
Sua madre era tirannica con suo padre.
Sua zia era della stessa pasta, se non peggio.
Le fidanzate dei suoi compagni di corso sembravano dei vampiri succhia sangue con manie di protagonismo e narcisismo, contro cui spesso si scontrava il carattere impossibile delle eventuali future suocere.
In tutta la sua vita Scott aveva incontrato solo un tipo di donna: le megere violente.
Perfino quella vecchietta che aveva davanti non era esclusa dal discorso.
Sembrava una di quelle che donava i dolciumi ai bambini, salvo poi lamentarsi del pallone che aveva spaccato la finestra del bagno.
Era sopra le parti e, quindi, insospettabile.
Fonti sicure tra i suoi parenti affermavano che nonno Anselmo era all’ospedale, con l’anca malconcia, dopo una ripassata dell’adorabile vecchietta.
“Ma io…”
“Niente ma, se non vuoi che dica a tua madre che sei venuto oggi a distanza di tanti mesi.” Lo minacciò la nonna.
“Forse ha qualche impegno.” Tentò Dawn.
“Qualche impegno? Lui? Ma se non esce di casa nemmeno per fare la spesa.” Ribatté la vecchia, imbarazzando il nipote.
“Come lo sai?”
“Visto, Dawn? Lui è troppo pigro per muoversi.” Brontolò nuovamente l’anziana, facendo sorridere la ragazza.
“Ma non serve.”
“Dawn non vorrai continuare a fare compagnia a una povera vecchia, quando puoi uscire e divertirti.”
“Nonna.” La rimproverò il nipote che non voleva sentirle fare simili discorsi melodrammatici.
“Niente storie, zucconi.”
“E se avessi da studiare?” Chiese Scott.
“Sarai anche pigro, ma sei molto intelligente.”
“E va bene.” Brontolò il giovane, mentre la ragazza volgeva la sua attenzione verso l’anziana, in attesa di capire se era un rifiuto o che altro.
“Io però non voglio che sia costretto.” Riprovò Dawn.
“Lascia perdere Dawn, convincerla è inutile.”
“Dovresti averlo capito, Scott.” Ribatté la vecchia, facendo ghignare il nipote.
Il rosso sapeva bene d’essere con le spalle al muro e si ritrovò ad annuire, sperando che l’indomani fosse una giornata leggera.
 
Tornato a casa, Scott passò una pessima serata.
Prima dovette ascoltare la giornata della iena con cui viveva.
Poi tutte le spiegazioni del corso che stava frequentando.
Quindi le descrizioni delle sue compagne di classe.
Poi ciò che aveva visto per negozi.
Già dopo questa mezzora, lui era pronto a suicidarsi.
Non riusciva più a starla a sentire e ad essere sinceri era stato propenso a chiudere gli occhi per mettersi a dormire.
Tanto non si sarebbe perso nulla.
Però decise di sopportare quella punizione assurda.
Terminata la parte bella di quella giornata, fu costretto a scontrarsi con quella brutta.
Lei non aveva dimenticato cosa aveva fatto.
Non aveva dimenticato che aveva difeso una sconosciuta a scapito proprio del legame bizzarro che li univa.
In ultima, come punizione finale ricevette le sue minacce.
Non voleva più vederlo in compagnia di nessuna ragazza.
Lui non doveva avvicinarsi per alcun motivo e non doveva nemmeno rivolgergli la parola.
In poche parole doveva fingere di non esistere.
Peccato che il suo bel discorsetto si fosse scontrato con la descrizione breve che Scott aveva preparato della sua di giornata.
Le spiegò, con tutta la calma di cui era capace, cosa aveva fatto e come si erano divisi i vari programmi di studio.
In 5 minuti era stato capace di farsi odiare.
Da qui volarono nuovi insulti che lui, tuttavia, ignorò bellamente.
Poi aveva tirato in ballo la nonna e l’impegno che si era preso.
In quel caso non furono sufficienti le migliori preghiere di quel pomeriggio.
Prima un pugno su una mensola che non era crollata per miracolo.
Poi a letto senza cena e quindi con la pancia che brontolava.
E infine il letto era diventato un divano.
Un divano che gli avrebbe distrutto la schiena.
La prima domanda che gli venne fu il perché doveva restare lì a fissare il soffitto se quell’appartamento era tutto suo.
Nelle bollette c’era scritto il suo nome.
Anche sul campanello esisteva solo la sua presenza.
Eppure non era padrone di niente in quella baracca.
Un po’ come tutto il genere femminile di sua conoscenza.
Loro avevano tutto e le rispettive metà erano zerbini striscianti.
E come se non bastasse oltre a rimetterci la schiena, era stato costretto a rimetterci anche dal punto di vista psicologico.
Non sapeva nemmeno il perché si fosse meritato quella punizione, anche se sospettava qualcosa.
In parte era dovuto a come aveva osato difendere Dawn e dall’altro per la promessa che aveva fatto d’accompagnarla per negozi.
“Tu non mi porti mai per negozi.”
Quelle poche parole, mentre lei scappava in camera per dormire, erano riuscite a farlo sentire in colpa.
Tuttavia era colpa di Courtney, se lui era costretto a perdere un pomeriggio gironzolando senza meta e senza avere idea di cosa comprare.
Ridotto come uno straccio per pavimenti, quella mattina si era svegliato ed era andato a scuola.
Come se lo avessero organizzato da una vita, quel pomeriggio, Scott e Dawn si ritrovarono davanti al cancello, mentre Courtney li fissava, in preda alla collera, allontanarsi sempre più.
 
Per Scott tanto valeva rispettare subito quella parte, ma se avesse immaginato che sarebbe stato complicato trovare qualcosa di buono, probabilmente avrebbe chiesto una proroga per sabato mattina.
“Sicuro che Courtney non sia arrabbiata?”
“È da quando siamo usciti che mi fai la stessa domanda.”
“Io ho paura di lei.” Sussurrò Dawn, facendo annuire il ragazzo.
“Dawn…”
“Sì?”
“A volte anche io ho paura di lei, ma basta ignorarla.”
“Sapevo che avresti detto una cosa simile.” Brontolò lei, facendolo annuire.
“Courtney mi ricorda un vecchio cane: abbaia, ma spesso non morde.”
“Non pensi d’esagerare?”
“Forse hai ragione, povero cane.” Sbuffò il rosso, stiracchiandosi un po’, riuscendo a restituirle un sorriso.
“Non ho mai conosciuto qualcuno capace di prendere in giro la propria ragazza.”
“La mia è una dote naturale.”
“Non molto carina direi.” Ribatté, facendolo sorridere.
“Se posso, vorrei farti una domanda.”
“Ti ascolto.”
“Noi due siamo amici?” Domandò il rosso, bloccando per un attimo la giovane.
“Dopo quello che hai fatto per me credo sia il minimo.”
“Allora perché continui a preoccuparti?”
“Perché ho paura di Courtney.”
“Di Courtney me ne occupo io.”
“Se lo dici tu, ci credo.”
“Prima d’iniziare la ricerca del vestito, mangiamo qualcosa?” Chiese Scott, sentendosi leggermente in imbarazzo per aver rovinato quel dialogo.
Era la prima volta che passeggiava con qualcuno che non fosse Courtney e si sentiva bene.
Con la fidanzata intorno invece si sentiva oppresso.
Gli pareva di vivere in un Inferno.
Sempre sotto controllo e protetto da ogni ragazza che osava avvinarsi.
Capiva la gelosia, ma alcune volte, lei esagerava un po’ troppo.
“Un gelato?”
“Perché no.” Rispose Scott, avvicinandosi alla rivendita e scegliendo i gusti che più gli piacevano.
E anche qui fu difficile per lui.
Non voleva far pagare Dawn, ma gli fu particolarmente difficile convincerla di quella gentilezza.
Lo faceva soltanto perché era giusto così.
“Non serviva che pagassi anche per me.”
“Suvvia Dawn, non ti sarai offesa.”
“Non è questo.”
“L’ho fatto con piacere e questo è sufficiente.”
“Se Courtney ti vedesse.”
“Di quello che faccio con i miei amici, non le deve importare nulla.” Ribatté acido il giovane, facendo sorridere comunque la sua ospite.
Quei pochi minuti di pace passarono lentamente.
Sembrava che il tempo si fosse fermato e Scott aveva sempre fissato la ragazza con attenzione.
Da quel poco che aveva fatto trasparire il gusto alla fragola e fior di latte era quello perfetto per una ragazza così delicata.
Già da come si vestiva, da cosa mangiava e da come parlava agli altri, aveva intuito che era molto fragile e insicura.
Non avrebbe mai pestato i piedi a nessuno, né tantomeno l’avrebbe mai vista invischiata in qualche situazione pericolosa.
“C’è qualcosa che non va?” Domandò lei, riportandolo alla realtà.
Era stato così sfacciato da fissarla intensamente.
Aveva quasi dimenticato il gelato che si scioglieva sempre più e nonostante sentisse le mani appiccicose, non aveva smesso di fissarla.
Lei si era sentita fuori posto e in imbarazzo, dinanzi ad uno sguardo così intenso.
Uno sguardo che sembrava capace di leggerle l’anima.
“Stavo pensando.”
“Pensavi, fissando il mio volto?”
“Sì.” Rispose sinceramente, facendola arrossire appena.
“E a cosa?”
“Mi stavo chiedendo se tu avessi qualche amico.”
“Certo che ne ho.” Borbottò la giovane, continuando a mangiare il gelato che Scott le aveva gentilmente offerto.
“E c’è qualcuno che consideri speciale?”
“Speciale?”
“Sì…qualcuno che può interessarti.” Si corresse il rosso, assaggiando ciò che era rimasto del suo gelato e asciugandosi subito dopo le mani.
“Mi stai chiedendo se sono fidanzata?”
“Volevo solo sapere qualcosa sul tuo conto. Per ora so solo che vivi da mia nonna e poco altro.”
“Di solito sono le donne a essere curiose.” Riprese Dawn, ridendo appena e facendo sorridere anche il suo interlocutore.
“Non sei obbligata.”
“Lo so, ma tu sei sempre stato onesto con me e quindi te lo dirò. Per il momento non c’è nessuno che mi piaccia, ma in futuro potrebbe comparire qualcuno.”
“Il vostro principe azzurro.” Ghignò Scott.
“Comunque credo sia ora di andare prima che sia tardi.”
“Mi sembra strano che nessuno ti faccia il filo.” Sussurrò, alzandosi dal suo posto e facendola arrossire nuovamente.
 
Quello di Scott non voleva essere un tentativo d’imbarazzare la ragazza.
Voleva solo avere la sua fiducia.
Sarebbe stata l’unica su cui poteva contare dopo molto tempo.
Del resto non poteva pretendere troppo.
Con la scusa d’essere insieme a Courtney quasi nessuno si avvicinava a lui.
Era per questo che si sentiva solo.
L’unico contatto con il mondo era attraverso alla sua fidanzata, ma per il resto non sapeva nulla.
Era estraneo a tutto.
Nemmeno con i suoi compagni di classe riusciva a sbilanciarsi troppo e non aveva nemmeno la forza per ribellarsi.
Sperava, trovando un amico, di riuscire a spezzare quella catena che per troppo tempo lo stava tenendo imprigionato.
Scott aveva sperato che Dawn non gli facesse la domanda inversa.
Che non gli chiedesse se fosse lui ad avere amici.
Che cosa poteva rispondere?
Doveva mentire anche con lei?
E cosa avrebbe ottenuto?
Tanto sapeva che la verità veniva sempre a galla, ma per fortuna lei non aveva osato porre quel quesito.
“Hai qualche idea su cosa comprare?”
“Certo.”
“La nonna non ti ha detto nulla?”
“Mi ha consigliato di comprare tutto ciò che desidero e di chiederti consiglio.”
“Lo immaginavo.” Borbottò il giovane, entrando nel primo negozio.
Scott non avrebbe mai immaginato che lei si trasformasse in quel modo.
Aveva raccattato più vestiti possibili, portandoli nel camerino, per poi mostrare come stava.
Lui la osservava con attenzione.
Era sorpreso da quanto stesse bene con ogni cosa che indossasse.
“E questo come mi sta?” Chiese, uscendo per la quarta volta e costringendo Scott a rialzare lo sguardo.
Quella semplice camicetta le stava meravigliosamente.
Le dava un look più sbarazzino, ma anche più armonioso.
“Benissimo.”
“Potresti essere un po’ più critico?” Domandò lei, rientrando nel camerino e passando i vestiti al ragazzo.
“Mi è un po’ difficile.”
“Perché?”
“Perché sei troppo carina e staresti bene con qualsiasi cosa indosso.” Rispose Scott, facendola arrossire violentemente.
Solo la tendina che si frapponeva tra i due aveva evitato a Dawn di farsi vedere in quelle condizioni.
“Non sono così bella come credi.”
“Sono sincero…non sto mentendo.”
“Se la tua ragazza ti sentisse, saresti morto.” Borbottò lei, facendolo ridacchiare.
Il rosso raccolse quindi il quinto vestito di quella giornata e glielo passò.
Mentre lei provava anche la nuova maglietta che aveva scelto, lui non poteva che osservare il cumulo di roba ancora da provare.
Di tutti quei vestiti non sapeva quanti sarebbero stati comprati e a essere sinceri non è che gli importasse molto.
Gli bastava passare quel pomeriggio con il sorriso e non con il solito muso lungo degli ultimi mesi.
 


Angolo autore:

Chissà perchè sono sempre dell'idea che questa storia farà la stessa fine dell'altra.

Ryuk: Pessimista.

No.
Realista.
Che poi non siamo capaci nemmeno di strutturare una storia normale e proviamo con qualcosa di così complesso?
Mi sembra una mossa avventata.
Felice di ricredermi.

Ryuk: Ovviamente ringraziamo chi ha recensito.

Questo mi sembra superfluo ripeterlo di nuovo.
Perchè quando parlo con te, Ryuk, mi sembra di essere vittima di una gag comica e di dubbio gusto?

Ryuk: Forse perchè è così?

Credo che la mia pazienza non si estinguerà mai.
Detto questo vi saluto.
Alla prossima.
   
 
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