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Autore: Supreme Yameta    23/03/2017    1 recensioni
Il mondo è in subbuglio dopo avere appreso della distruzione del villaggio della Foglia e di quello della Pioggia. Akatsuki è diventata una seria minaccia per tutti ed è giunto il momento che i leader delle cinque grandi potenze militari ninja si riuniscano per decidere le nuove mosse.
Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Kakashi Hatake e Madara Uchiha saranno i principali attori degli stravolgimenti che passeranno alla storia. Il mondo ninja sarà pronto per loro?
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Asuma/Kurenai, Gaara/Matsuri, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Naruto Shippuuden
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Giunse la sera quando le vecchie e stanche membra dello Tsuchikage poterono riposare sulla sua poltrona preferita, all’interno della sua residenza privata nella zona più altolocata del villaggio della Roccia.

L’anziano shinobi si era versato un bicchiere di saké e aveva acceso la sua pipa, così da potere distendere i nervi, dopo quella lunga giornata passata nella capitale della nazione della Roccia, solo per rassicurare il signore feudale che gli sarebbe stata fornita la più completa protezione, durante il duro periodo di guerra che sarebbe giunto a breve.

Onoki sospirò pensieroso, mentre i fumi della sua pipa andavano ad infrangersi tra di loro e a sbiadire mano a mano che lievitavano verso il cielo notturno di quella pacifica notte primaverile. La sua mente era ancora ferma a quanto fosse successo durante il summit nella nazione del Ferro, soffermandosi soprattutto a quello che gli aveva detto il giovane Kazekage; parole così dure che avevano scosso persino un vecchio testardo come lui, fermo nei suoi propositi come la roccia più dura che esistesse.

Davvero aveva gettato via se stesso? Era cambiato così tanto dai suoi tempi d’oro? Eppure non aveva fatto altro che seguire gli insegnamenti del suo maestro e agire come leader, proprio a tutela e beneficio del villaggio. Era forse vero che la sua politica doppiogiochista fosse la prefazione per gettare via tutta la sua etica e i suoi sogni?

Onoki chiuse gli occhi. Non poteva essere realmente così. I sacrifici che aveva fatto erano reali ed erano stati molto sofferti; non poteva semplicemente accettare quelle parole e considerare le sue decisioni come spazzatura. Eppure perché si sentiva così scosso da quelle tanto brevi e quanto semplici parole?

L’anziano shinobi tirò giù il bicchiere di saké in un solo sorso; pensare a quella situazione lo aveva innervosito molto. Forse era vero che aveva perso lo smalto dei tempi giovanili, ma la politica era quella, c’era poco da fare e lui lo sapeva benissimo. Un’alleanza ha lo scopo di raggiungere un obiettivo, ma alla fine di tutto, solo al più furbo spettava la fetta più grossa; lui si era sempre stato così. Quel ragazzino non capiva, troppo giovane per carpire l’oscurità della politica e la necessità di allontanare etica da essa.

Eppure perché sentiva che dentro quelle parole c’era del vero.

Bussarono alla porta della sua stanza.

«Avanti.» sussurrò Onoki.

Un uomo fece il suo ingresso. Era alto e corpulento, un fisico possente e muscoli ben definiti, segnati dall’esperienza e da un duro allenamento. L’uomo indossava la divisa dei jonin del villaggio della Roccia, portava un pizzetto e un buffo naso a patata, identico a quello di Onoki.

«Volevo parlarti.» disse l’uomo, addentrandosi nella camera.

Onoki si voltò verso suo figlio per dargli l’attenzione che richiedeva, gli avvicinò un bicchiere con dentro del saké e lo invitò a sedersi di fronte a lui.

«Ti ha detto tua madre di venirmi a parlare?» gli chiese Onoki.

L’omone scosse il capo prontamente mentre si accomodava.

«Lei sa meglio di chiunque altro quello che succede in questa casa, non ha certo bisogno del mio aiuto.» replicò l’uomo, che subito si affrettò ad aggiungere.

«In realtà, volevo parlarti in privato e questa è la prima occasione che ho trovato per farlo.»

Onoki sghignazzò; non poteva nascondere proprio nulla a quella donna testarda tanto quanto lui. Forse era per questo che entrambi non facevano altro che litigare da quando erano entrati nella fase della vecchiaia; per loro il conflitto non era altri che un modo per continuare a rendere interessante il loro rapporto.

«Ti ascolto.» proruppe l’altro.

Il viso di Kitsuchi si fece ancora più truce del suo solito e lo sguardo fra i due si fece così intenso che persino l’atmosfera della stanza si era rabbuiata, fino al punto che persino a una persona di fuori veniva semplice carpire la drammaticità della situazione.

«Ci sono delle voci...»

«Che voci?» chiese Onoki.

«Voci che vogliono rimuoverti dalla carica di Tsuchikage.» rivelò il figlio.

Onoki sghignazzò; non era nuovo a quelle voci.

«Sono dieci anni che sento di queste voci, ma ancora non c’è stato nessuno che ha avuto il fegato di esporlo pubblicamente.»

Lo sapevano tutti che lo Tsuchikage non aveva alcuna intenzione di appendere il kunai al chiodo, come recitava un famoso detto fra i ninja, nonostante la sua veneranda età; la tesi che l’anziano continuava a esporre era che nessuno era in grado di diventare il Quarto Tsuchikage, poiché non c’era ancora nessun ninja che era in grado di ereditare la sua arte della polvere, il che aveva un senso, eppure, per intraprendere tale conversazione, Kitsuchi doveva avere le sue buone ragioni; qualcosa doveva essere evidentemente cambiata.

«Presto lo faranno sicuramente. - asserì il figlio. Con una nuova guerra alle porte e questa alleanza con le cinque grandi terre, molti inizieranno a insinuare che tu sia troppo vecchio per guidare la Roccia.»

Onoki continuava a mantenere la calma; aveva udito tali argomentazioni più volte negli ultimi tempi che ormai non ci faceva più tanto caso. Nonostante ciò, egli non si tirò indietro quando c’era da perdere le staffe e dare in escandescenza per alcune insinuazioni sulle sue capacità di comando.

«Che razza di insolenti! - tuonò. Come diavolo credono di affrontare Akatsuki, quando non hanno idea di chi hanno di fronte e mi vogliono rimuovere?! Dovranno strapparmi il mio cappello da Tsuchikage dalle mie gelide mani!»

Kitsuchi era fin troppo abituato a quelle scene di incandescenza di suo padre, quindi non ci fece particolarmente caso.

«So’ quello che provi e la penso come te. Ora come ora, sostituirti sarebbe solo un problema, perché la tua esperienza ci serve.»

Tuttavia, c’era qualcosa che l’uomo riteneva necessario mettere in chiaro una volta per tutte. Sebbene ritenesse le ragioni di suo padre valide tanto quanto le paure dei consiglieri del villaggio, c’era qualcosa che era necessario mettere in chiaro.

«Prima o poi sai benissimo che dovrai ritirarti e dovrai accettare il fatto che hai fallito con Deidara. Ci sarà sicuramente un altro successore valido per il titolo.»

«E vorresti essere tu quell’altro successore?! Lo sai benissimo che non sei compatibile con l’arte della polvere! Tu devi stare sul campo di battaglia, per guidare i nostri ninja, come mio generale.» lo attaccò il padre barbaramente.

Kitsuchi scattò in piedi per la rabbia e replicò a tono a quell’accusa.

«Se credi veramente che sia io a insidiare il tuo ruolo, allora è meglio dare un taglio a questa conversazione! Sai benissimo che non mi è importato un fico secco di essere il figlio dello Tsuchikage! Ho interesse solamente che la Roccia esca al meglio da questo conflitto!»

Onoki si sollevò in aria per raggiungere l’altezza del figlio e fissarlo minaccioso faccia a faccia per contrastarlo al meglio.

«Come osi rivolgerti a tuo padre in questo modo?!» urlò minaccioso.

Kitsuchi non fu da meno; non era più un bambino, poteva tenergli testa senza alcun problema.

«Dico solo le cose come stanno! Smettila di pensare a quel folle di Deidara! Te lo dissi già qualche tempo fa! Hai sbagliato quella volta! Guarda avanti e cerca qualcun’altro compatibile con la tua dannata abilità!»

Per anni, Onoki era stato ossessionato che la sua progenie non avesse ereditato la predisposizione a ereditare la tecnica più potente del villaggio della Roccia: la sola e unica abilità totale, la rarissima arte della polvere.

Per questo motivo, aveva cercato fra i membri dei numerosi clan del villaggio della Roccia qualcuno che fosse degno di ereditarla, ma per anni la sua ricerca non aveva dato i frutti sperati. Il motivo risiedeva che l’arte della polvere era un’abilità che poteva essere passata oltre la linea di sangue, poiché oltre ad avere una predisposizione necessaria per cui venisse naturale manipolare più nature del chakra, era necessario che il precedente utilizzatore di tale abilità avesse la volontà di trasferire tale potere nel nuovo ospite.

A Onoki era successa proprio la stessa cosa quando era bambino, ricevendo questo dono come una pesante e onerosa responsabilità per proteggere il villaggio. Lui però non aveva ancora trovato un degno successore e sentiva che il tempo a sua disposizione fosse sempre di meno. Poi era nato Deidara all’interno del suo nucleo familiare e già dalla nascita prometteva grandi cose per il vecchio Tsuchikage che aveva del tutto ignorato la sua nipotina per contrarsi interamente sul giovane. Con il passare del tempo, però, Onoki non si era reso conto che nella follia di Deidara non ci fosse spazio per il ruolo di Tsuchikage e che la sua predisposizione vertisse maggiormente nel distruggere le cose, anziché proteggerle. Per questo motivo era stato colto alla sprovvista, quando Deidara aveva cercato di far saltare in aria il villaggio della Roccia in uno dei suoi deliri autocelebrativi della sua arte; non ci riuscì unicamente perché Kurotsuchi lo aveva scoperto e comunicato immediatamente a suo nonno.

Come conseguenza, Deidara divenne un ricercato di rango S in tutta la nazione, dilettandosi come dinamitardo al soldo dei movimenti terroristi contro il governo dei signori feudali e perenne nemico della Roccia.

Dopo quella esperienza, Onoki si era così rassegnato che l’arte della polvere sarebbe morta con lui e che non si sarebbe mai ritirato dalla carica di Tsuchikage fino a quando fosse rimasto in vita. La sua non era solo una decisione per il bene del villaggio, ma anche una dimostrazione di assoluta determinazione a far valere la sua mentalità, senza adattarsi ai tempi di disarmo che erano iniziati dopo la conclusione dell’ultima guerra.

I tempi cambiavano e per un vecchio uomo d’azione come lui era difficile da accettare.

«Buttare via la mia abilità, sarebbe come buttare via gli insegnamenti del mio maestro, non sono così senza cuore come tu possa pensare, Kitsuchi.» sentenziò infine.

Il figlio tirò un sospiro; purtroppo suo padre aveva una testa così dura da non generare invidia nelle roccie più dure presenti nel loro villaggio. Non poteva certo pretendere che cambiasse le idee che aveva sempre avuto nel corso di pochi giorni.

A quel punto, Kitsuchi decise di cambiare argomento.

«Non penso che avrai comunque gravi problemi nel gestire quelle voci durante la guerra, ma non appena questa guerra sarà conclusa, dovrai nominare il Quarto Tsuchikage, lo sai benissimo.»

«Beh, quando sarà il momento staremo a vedere quello che accadrà.» replicò Onoki, che si trovò immediatamente a puntualizzare.

«Credi che non sappia quello che il clan Kamizuru si aspetta da me? Sono vecchio, ma sono pur sempre Onoki il Doppiogiochista. Non dimenticarlo.»

«Ne sono ben cosciente. - asserì il figlio. E’ solo che agli altri è sembrato strano che tu ti portassi a collaborare con tutti e quattro gli altri Kage, in special modo con la Sabbia. Questo Madara Uchiha deve farti veramente paura per comportarti in questo modo.»

Al solo sentire quel nome, la mano di Onoki che reggeva un bicchiere iniziò a tremare nervosamente, come se le ferite del passato si fossero magicamente riaperte dopo tanto tempo.

Onoki ci rise su; era ancora sorpreso dal fatto che dopo tutto quel tempo, fosse ancora capace di percepire sentimenti così forti nei confronti di un nemico.

«Tu non conosci Madara. A quei tempi ero solo un ragazzino e non so tutt’oggi come ho fatto a sopravvivere al suo attacco. Lui si era solo limitato a giocare con me, come se fossi un insetto da schiacciare. Persino il mio maestro, il Secondo Tsuchikage, è stato battuto come se niente fosse.»

«Per questo hai accettato di collaborare in questa alleanza?» chiese Kitsuchi.

«Esatto. Ma questa volta voglio agire diversamente dal passato.»

Suo figlio sembrò intuire immediatamente a quello a cui si riferiva e che era maggiore preoccupazione fra le alte sfere del villaggio della Roccia. Ogni volta che c’era una guerra, si era soliti spartire il bottino di guerra fra i vincitori e Onoki era conosciuto per essere il più avaro e scorretto nell’appropriarsi della parte più cospicua del bottino. Ma in quella guerra, quale bottino più succulento poteva esserci se non che le forze portanti dell’Ottacoda e dell’Enneacoda.

«Sai che questo non piacerà ai consiglieri.» commentò Kitsuchi di rigetto.

A Onoki sfuggì un ghigno.

«Che me ne frega. Se ne faranno anche loro una ragione.»

Erano state le parole del giovane Kazekage a dargli una nuova ottica di agire. Dopotutto, si era sempre lamentato che i conflitti gli avevano portato via così tante cose durante il tempo, riconoscendo che la maggior parte dei conflitti internazionali erano nati per colpa del suo egoismo e a quanto gli era stato insegnato dai suoi predecessori, ovvero che alla ragion di stato non doveva essere anteposto a nulla. Quel ragazzino poteva avere ragione, l’onore poteva avere un valore, così come il rispetto dell’autorità e della ragion di stato, eppure perché doveva spingersi ad applicare una politica del genere e fare la fine di Danzo. Non era questo che voleva lasciare ai posteri, non voleva essere ricordato come un folle guerrafondaio.

«Lo hai detto anche tu, figliolo. Le cose devono cambiare, ma non come pensate voi.»

Kitsuchi sbuffò; era proprio curioso di sapere chi o che cosa avesse condizionato suo padre nel cambiare totalmente la sua attitudine e di farlo restare fermo come una Roccia allo stesso tempo; suo padre era proprio un mistero.

«Ma perché hai deciso di agire così?»

Onoki bevve l'ultimo sorso di saké e ingoiò una pillola della pressione che era obbligato a prendere per colpa della sua veneranda età, dopodiché diede la sua risposta al figlio.

«Perché mi sono ricordato come ero da giovane, grazie alle parole di un moccioso di un altro paese.»

«Spero che tu sappia quello che fai.»

«Oh certo. - confermò il padre. Questo vecchio bacucco è ancora capace di sorprendere.»

E lo avrebbe fatto di sicuro, in un modo o nell’altro Onoki, il terzo Tsuchikage, non sarebbe passato come il guerrafondaio che lui stesso riteneva di essere stato.


*


La Mizukage aveva appena concluso di riportare quanto avvenuto durante l’assemblea dei cinque Kage di fronte al signore feudale del paese e ai suoi consiglieri. Le notizie apprese avevano giustificatamente scatenato molta inquietudine in tutti i burocrati lì presenti, fossero questi ninja o persone comuni, fra le quali spiccava chiaramente la faccia estremamente preoccupata e insicura del signore feudale del paese dell’acqua.

«Dunque è a questo che siamo giunti. Una guerra in questo periodo è la cosa peggiore che poteva capitare.» commentò il leader affranto.

La nazione dell’acqua aveva attraversato un lungo periodo di ricostruzione e massicci investimenti in tutte le sue aree infrastrutturali più importanti, soffermandosi soprattutto nell’aiutare la neo eletta Mizukage nella ricostruzione dell’esercito della Nebbia, che era stato precedentemente sguarnito di moltissimi shinobi, morti per colpa delle guerre civili che avevano massacrato quell’agglomerato di ricche isole per più di un decennio.

I lunghi tempi della Nebbia Insanguinata erano finiti, ma la politica del signore feudale e delle alte sfere della Nebbia non era cambiata e rimaneva fedele al prode isolazionismo e alla totale chiusura alle relazioni con gli altri paesi; la guerra era l’unica forma di relazione possibile per la Nebbia. A tal proposito, la nuova Mizukage aveva approfittato di quanto accaduto al summit dei Kage, per fare valere la sua sua tesi politica che la Nebbia dovesse aprirsi alla comunicazione e che altrimenti sarebbe stata sempre vittima di sospetto da parte degli altri villaggi, proprio com’era successo durante quell’ultima riunione.

«Posso capire la sua inquietudine, mio signore. - proruppe la Mizukage. Ritengo essenziale comunque che la Nebbia prenda parte in questa alleanza, sfruttando questo conflitto per porre definitivamente la parola fine alla storia della Nebbia Insaguinata.»

Per quanto il signore feudale si sforzasse di comprendere quelle ragioni, c’erano molti fattori che lo preoccupavano enormemente, partendo dal fattore economico per giungere a quello politico e a quello della propria incolumità.

«Lo posso capire, Mizukage. Però non credo che voi Kage abbiate la facoltà di prendere una decisione così arbitraria, senza prima consultare noi signori feudali.»

Il signore feudale dell’acqua era sempre stato conosciuto per la sua ostinazione a mantenere la sua posizione un gradino superiore a quella del suo corrispettivo capo militare, ovvero il Mizukage della Nebbia, per questo motivo non era molto felice, quando aveva appreso della nascita di questa alleanza ninja tra tutte e cinque le grandi terre; quella, secondo la sua opinione, era una possibile occasione per i Kage di oscurare la loro figura di capi di stato.

Quando Mei Terumi aveva dato il suo assenso a prendere parte all’esercito alleato, conosceva benissimo quale sarebbe stata la reazione del signore feudale della sua terra, per questo si era preparata a dovere nell’esporre le sue ragioni e usare le giuste motivazioni per convincere quell’uomo così vittima del controsenso; voleva cambiare la situazione buia del paese, ma allo stesso tempo aveva paura di farlo, perché temeva che la sua autorità venisse a meno. Era soprattutto per questo motivo che lei non lo rispettava come capo di stato.

«Con tutto il dovuto rispetto, mio signore. Noi Kage abbiamo preso questa decisione in quanto abbiamo riconosciuto la minaccia di Akatsuki come la più grave crisi che il mondo dei ninja abbia mai affrontato, pertanto ho ritenuto più che vitale che il villaggio della Nebbia prenda parte all’alleanza. Con Uchiha Madara a capo di questa organizzazione, nessuno è al sicuro, anche se si dichiarasse neutrale.»

«Questo però non la autorizza a prendere decisioni arbitrarie e venire qui a chiedere fondi per questa nuova guerra con cui non vogliamo avere a che fare!» intervenne tuoneggiante uno dei consiglieri del signore feudale.

Le carte erano ben svelate da entrambe le parti. La Mizukage voleva cambiare l’attuale situazione del paese e partecipare a un conflitto che minacciava la povera gente. Lo Stato dell’Acqua non voleva sprecare risorse e si preoccupava degli equilibri politici che sarebbero mutati in seguito di quella guerra.

La Mizukage doveva vincere assolutamente quel braccio di ferro, ne andava del suo prestigio internazionale e della sua autorità come capo militare della nazione. Non doveva farsi mettere i piedi in testa da nessuno.

«Invece sono autorizzata eccome a prendere queste decisioni! Sono il capo militare di questo paese e come sua eccellenza, nutro grandi preoccupazioni per questa terra. Per questo motivo dobbiamo fermare i piani di Akatsuki, altrimenti la situazione che è accaduta durante la Nebbia Insanguinata, si estenderà in maniera globale.»

«Che impudenza!» bonfocchiò uno dei consiglieri.

Le lamentele dei politici si fecero sempre più assordanti nella stanza, circondando di malumore la Mizukage e il suo entourage, il quale si premurava di tenere alla larga la folla dei burocrati dal loro capo villaggio.

Mei non si curò affatto delle voci di quegli uomini senza spina dorsale, com’era solito definire Ao, poiché la sua attenzione era tutta rivolta al signore feudale; dopotutto, spettava solamente a lui l’ultima parola.

Il signore feudale non tardò molto a dare ordine alla folla di zittirsi, poi prese parola, stupendo tutti.

«Che cosa c’entra il periodo della Nebbia Insanguinata in questa guerra?»

Mei tirò un profondo respiro. Sapeva benissimo che parlare di quel periodo era la cosa più spiacevole per tutti i presenti, eppure quello sarebbe stato il suo lasciapassare per convincere i politici ad appoggiare la sua politica, ma soprattutto l’Esercito Alleato.

«Proprio quello che ho detto, mio signore. - proruppe la donna. Durante il summit, abbiamo avuto un contatto diretto con lo stesso Madara Uchiha che mi ha rivelato che era lui a controllare il Quarto Mizukage, Yagura, durante tutto il periodo della Nebbia Insanguinata.»

Era stata colpa di Madara Uchiha se il villaggio della Nebbia aveva mietuto vittime tra i suoi ranghi, esposto i bambini a pratiche crudeli per sopraffare i più deboli, sparso così tanto sangue per tutto quel tempo. Era colpa di Madara se nella Nebbia era nata la macabra filosofia del massacro e dello smembramento dei corpi, contribuendo alla nascita ed educazione di mostri come Zabuza Momochi e Kisame Hoshigaki.

Quando la Mizukage concluse il suo racconto, tutti gli spettatori erano rimasti privi di alcuna facoltà di commentare o criticare quella storia, come se si fossero resi conto all’improvviso che il male si era sempre celato in mezzo a loro e che se quella guerra sarebbe stata persa, il mondo sarebbe tornato a quei tempi bui, privi della minima speranza.

«Quindi è vero...» fu il commento a bruciapelo del consigliere che un attimo prima aveva urlato contro la Mizukage.

«Sissignore.» replicò quest’ultima, che poi si prodigò a insistere sui suoi punti.

«Per tanto, mio signore, ritengo fondamentale il contributo della nazione dell’acqua in questa grande alleanza. Io stessa, in qualità di Mizukage, sono pronta a mettere in gioco la mia stessa vita.»

Il signore feudale era con le spalle al muro, ormai doveva dare una risposta chiara e concisa a quanto era stato richiesto in quell’assemblea straordinaria.

«Molto bene, Mizukage. Ritengo che la minaccia di cui parla sia inevitabile anche per il nostro paese, per tanto le do pieni poteri per agire al meglio. - dichiarò l’uomo. Tuttavia, preferirei prima consultarmi con gli altri signori feudali, così da comprendere quale sia il loro punto di vista. Subito dopo, mi farò da parte.»

Ce l’aveva fatta, era riuscita a convincere uno sciocco impaurito a prendere una decisione ben precisa e che fosse la più sensata di tutti. Mei si sentiva fiera di se stessa nell’essere riuscita in tale impresa. Adesso poteva muoversi liberamente e prendere decisioni, senza consultare ogni volta il suo corrispettivo politico, pertanto ritenne che non ci fosse nulla di male che i signori feudali si consultassero fra di loro; l’importante era che nessuno intaccasse la loro autorità, in quanto carica numero uno del paese.

Mei fece un profondo inchino verso il signore feudale per ringraziarlo.

«Vi prometto che non vi pentirete di questa decisione, mio signore. Il villaggio della Nebbia non sfigurerà di fronte alle altre forze armate.»

Il signore feudale diede chiaro apprezzamento per quel gesto, a prova di quanto sospettato anzitempo dalla Mizukage.

«Ne sono certo. Spero solo che questa guerra si concluda il prima possibile, così che possiamo tornare a dormire sonni tranquilli.»

Lo speravano tutti.

Dopo qualche ora dalla conclusione della riunione, la Mizukage lasciò Sosu, la capitale della nazione dell’acqua, diretta rapidamente verso il villaggio della Nebbia per dare comunicazione a tutti i suoi ninja di iniziare i preparativi per la guerra.

«La vedo stanca, madamigella. Le porgo un goccio d’acqua» fu la proposta di Chojuro, durante il viaggio di ritorno.

Il ragazzino che impugnava l’Hikamekarei era stato nominato guardia del corpo personale della Mizukage, per tanto la seguiva in qualunque posto ella andasse.

«Discutere con i politici è la cosa che detesto più al mondo. Per fortuna sono così facili da manipolare, ma tra di loro non c’è nemmeno un uomo decente che potrei pensare di sposare. Sono così pappamolle.» commentò la donna con evidente esasperazione.

Chojuro si limitò a sorridere per quel commento; conosceva abbastanza bene la Mizukage, per sapere di non dovere mai rispondere a un suo commento sugli uomini per nessuna ragione al mondo. Anche perché, con quella guerra alle porte, la Mizukage avrebbe avuto poco spazio per pensare al matrimonio; prima dovevano sopravvivere a quel conflitto.

«Almeno adesso posso guardare in faccia gli altri Kage, senza sentirmi in colpa per non sapere tenere sotto controllo i politici.» commentò sollevata la donna a un certo punto.

Chojuro si limitò a sorriderle, incerto su quale fosse il miglior comportamento da assumere per compiacere al meglio la sua signora, mentre il secondo membro dell’entourage, un uomo mascherato con addosso una lunga spada a forma di ago, si avvicinava all’orecchio della donna per porle una domanda.

«Mia signora, non ritiene opportuno approfittare della situazione per scegliere il nuovo corpo degli spadaccini della Nebbia? Non credo che io e Chojuro potremmo rappresentare degnamente il nostro gruppo nella guerra, da soli.»

«Prenderò in considerazione questo aspetto con l’anziano Genji, una volta giunti al villaggio. - replicò la donna. Tuttavia, non credo che possiate applicare al massimo la vostra forza come gruppo, dato che mancano all’appello fra le spade la Kubikiri e Samehada, o sbaglio.»

L’uomo sembrò non apprezzare molto quel commento, essendo uno dei più profondi nostalgici del periodo d’oro degli spadaccini della Nebbia e che sperava in una loro imminente resurrezione.

«Comprendo bene la situazione, mia signora. Per questo suggerisco di partire alla ricerca dei traditori che hanno sottratto al villaggio i nostri tesori nazionali.»

Mei scosse il capo.

«Non è questo il momento per pensare a queste cose, Junashi. So bene quanto siano importanti gli spadaccini della Nebbia, per questo riconosco il valore di voi due, che siete insieme qui con me. Il corpo d’armata rinascerà, prima o poi, ma adesso dobbiamo pensare alla guerra.»

Certo, pensò Mei, se la squadra dei sette spadaccini della Nebbia fosse stato lì presente al completo, sarebbe stata sicuramente più tranquilla, purtroppo però solo due ninja si erano dimostrati degni di impugnare due di quelle spade leggendarie.

Junashi Kirimu, che impugnava la spada chiamata Nuibari, una spada abile negli affondi.

Chojuro Hozuki, che impugnava la spada chiamata Hikamekarei.

Nessun altro ninja si era dimostrato degno di entrare a far parte di quel corpo, o meglio, nessun altro ninja era in grado di eguagliare i precedenti spadaccini della Nebbia, specializzati nell’uso di ogni suddetta spada.

«Chojuro, Junashi. Comprendete bene quale sia il vostro ruolo, non è così?» domandò in seguito la Mizukage.

I due spadaccini annuirono simultaneamente a quella domanda, dando così segno che comprendevano più che bene che sulle loro spalle pendeva una grande responsabilità. Junashi era ben più che pronto a reggere il peso, ma non si poteva dire lo stesso per Chojuro; purtroppo per quest’ultimo, doveva abituarsi il prima possibile ad assumere quel ruolo, per il suo bene, ma soprattutto per il bene di quelle persone che credevano in lui, in primis la gentile Mizukage.

«La guerra che ci attende sarà molto cruenta e difficile da affrontare. Spero che tu ti sia deciso a crescere, Chojuro, perché non ci sarà il momento dei tentennamenti.» commentò Junashi a tal proposito.

«Sì, lo so, signore.» replicò il ragazzino a bassa voce.

Aveva così tanti dubbi nel suo cuore, ma sapeva benissimo che non poteva coinvolgere gli altri nei suoi problemi così piccoli. Doveva essere forte e degno della fiducia che gli era stata data.

Mei osservò compiaciuta il giovane spadaccino che stava riuscendo ad affrontare le proprie paure con le sue sole forze. Credeva molto in lui ed era certa che quella guerra gli avrebbe fatto bene per farlo crescere.

«Spero solo che questa guerra non duri molto.» fu il commento finale della donna.

Le porte del villaggio della Nebbia furono finalmente visibile dai tre viaggiatori, quindi era giunto il momento di mettere di lato le proprie inquietudini personali e di mettersi a lavoro; c’era molto da fare e così poco tempo per realizzarlo.

   
 
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