Capitolo 8
«Maledetta gonnellina!» imprecò Rory, mentre l’aliena sfrecciava via lasciando tutti loro
in un mare di guai. Inutile dire che nonostante sembrava ovvio che fossero
spacciati non si lasciarono intimidire. Heat Wave spalla a spalla con il suo partner si trovò a
riscoprire con piacere che gli bastò lanciargli un’occhiata per scoprire che la
loro sintonia era sempre lì, pronta ad entrare in azione nel momento più
opportuno.
«Se dobbiamo morire trasciniamoci dietro più bastardi possibili!»
«Ben detto partner!» Rory era incredibilmente
eccitato di come Snart Citizien
o Capitan Cold che fosse non si smentisse mai.
Anche gli altri non erano da meno e mentre le pistole di ghiaccio e fuoco rilasciarono
la loro energia, l’arco di Connor iniziò a lanciare
una freccia dietro l’altra con la stessa precisione millimetrica del padre e
scoprendosi altrettanto alla sua altezza anche nel combattimento corpo a corpo.
Allen nel mentre iniziò a correre sempre più veloce colpendo i vari avversari e
usando la sua velocità al massimo e
seppur sapeva che questo avrebbe abbassato rapidamente la sua resistenza in
quel momento non poteva permettersi diversamente. Atom
intanto si restrinse e volando a zig zag tra quegli agenti nemici cercò di far
più danni possibili sabotando le loro armi per poi tornare in forma normale e
colpirli con i raggi prodotti dalla stella nana della sua suit.
Cyborg invece fece mostra di tutta la sua forza sovraumana dovuta al suo essere
metà umano e metà macchina, così che con un braccio riuscì facilmente a
sollevare una delle auto che conteneva degli agenti e lanciarla dall’altra parte,
una forza utile se non fosse che venne colpito al braccio destro da un coltello
che mise ko alcuni dei suoi sistemi, tanto che
nonostante si liberò facilmente dell’agente che lo aveva aggredito in quel
momento era al 50% della funzionalità.
Le cose si stavano mettendo male, nonostante la loro straordinaria capacità
di combattimento anche per via di Luthor e tutte le
maledette tecnologie con le quali aveva rifornito i suoi agenti alcune delle
quali anche proibite per la loro pericolosità.
Fu proprio però quando le cose sembravano precipitare completamente che un
aiuto inaspettato giunse dal cielo, letteralmente.
«E’ l’ora della trasmutazione!» la voce dei due Stein rimbombò nelle teste
dei due Jackson che guardandosi in volto si trovarono a scuotere il capo.
«Solo degli Stein potrebbero dire “è l’ora della trasmutazione!”»
«Puoi dirlo forte pa!»
Prima Jax e poi Jason parlarono dandosi il cinque
ed entrando in azione nel pieno del combattimento, mentre anche Diggle e Lyla facevano la loro
entrata in scena e mostrando che nonostante fossero invecchiati le loro
capacità militari erano sempre le stesse, anzi se possibile erano migliorate.
«Mi ricorda un po’ Belgrado…»
Disse Lyla concentrata nello sparare ben protetta
dietro la jeep con cui lei e il marito erano arrivati, mentre lui prendeva la
mira esattamente come faceva il figlio e che dopo uno veloce sguardo fugace per
poco non scoppiarono a ridere.
«Io e te, amore, abbiamo un ricordo un po’ diverso di quella missione!»
«Sto perdendo potenza, sono al 30%...»
Avvisò JJ, mentre si faceva un veloce checkup e mettendo in allarme i
genitori che sapevano quanto per lui fosse importante non scendere mai al di
sotto del 10% per non essere a rischio sopravvivenza. Era grande e grosso, ma
rimaneva sempre il loro bambino e nonostante le cose stavano andando bene, la
Corte dei Gufi non avrebbe tardato a mandare rinforzi.
Intanto i due Firestorm insieme non mancarono di
usare i loro incredibili poteri di trasmutazione della materia e così facendo
rendendo inoffensivi gli agenti e le loro armi, ma proprio mentre si misero a
cantare vittoria ecco che un countdown partì indicando loro che così facendo
avevano semplicemente attivato il sistema di autodistruzione della struttura.
«RITIRATEVI!
RITIRATEVI non abbiamo più t--», ma la voce di Lyla
le morì in gola nel momento in cui sentì il freddo di una canna di pistola
dietro il capo.
«Tempo
scaduto Diggle» e prima che quella poté dire altro il
viso del marito era già schizzato del suo sangue. JJ urlò qualcosa che però gli
morì in gola nel momento in cui anche suo padre cadde al suolo con un colpo
secco al cuore.
Gli uomini
della Checkmate non persero altro tempo e seppur a
forza caricarono il resto della squadra portandoli via, mentre JJ cedette alle
insistenze dei compagni solo per via della sua potenza che stava velocemente
cadendo a picco.
Colui che
aveva sparato lo guardava con un sorriso beffardo sul viso e con la mano alzata
salutava Diggle profondamente soddisfatto di ciò che
aveva appena fatto, mentre schiacciando un semplice pulsante sul suo orologio
il countdown di autodistruzione si fermò.
«Signore
vuole che li inseguiamo?»
«Nah… lasciamoli andare… per ora…» esclamò quello
estremamente tronfio a uno dei suoi sottoposti. Ma quanto gli piaceva vederli
spezzarsi? Forse ancor più del suo alleato, quello che in un flash rosso era al
suo fianco.
«La vedo
soddisfatto Signor Clayton…»
«Può dirlo
forte Signor Thawne e grazie per la dritta… prima i
Queen… ora i Diggle… questa vendetta è più dolce di
quello che credevo…»
«Lieto di averle
fatto piacere, anche se forse devo essere io a ringraziarla per l’apporto che
sta dando alla causa…»
Quello rise
divertito, mettendo un braccio sulle spalle del suo vecchio amico.
«Provocare
guerre mondiali, distruggere quella ridicola mandria di eroi… si figuri è
sempre un piacere!»
E mentre
quelli festeggiavano lieti di quel piccolo trionfo, i segni di vitali di JJ
scendevano pericolosamente, mentre quello perdeva sempre più conoscenza e
dentro di lui urlava come non aveva mai urlato in vita sua. Forse non poteva
dimostrarlo per le sue condizioni, ma sentiva che nulla aveva più senso.
Scalpitava e sbraitava come un folle incapace di accettare che era stato
incapace di salvare in qualsivoglia modo i suoi genitori. Quel suono sordo di
uno sparo che sapeva non avrebbe mai più dimenticato. E con quel suono sordo,
quel proiettile che aveva trapassato la testa di sua madre prima e il cuore di
suo padre poi, perse l’ultimo respiro rimastogli e mentre chiudeva gli occhi e
tutto diveniva buio rimembrava la vita abbandonare gli occhi dei suoi genitori
e con loro morì anche lui.
«JJ sta
combattendo tra la vita e la morte, i suoi genitori sono morti e la missione di
salvataggio dell’aliena è stato un fallimento. Allen difficilmente si
risveglierà e tutto pare sull’orlo del collasso… Non posso tirarmi indietro.
Devo farlo. La domanda è: tu mi aiuterai Nate?»
Era quella
la domanda che Amaya aveva posto all’uomo di fronte a lei quando quello tornato
alla Waverider l’aveva sorpresa a preparare una delle
capsule della nave pronta alla partenza. Alla donna non era piaciuto lasciar da
soli i suoi compagni e tanto meno dopo tutto quello che era successo, ma dopo
che aveva ricevuto una risposta alla sua richiesta non poteva starsene con le
mani in mano… non quando quella poteva essere una reale speranza per tutti loro
e la guerra in cui si erano trovati coinvolti. Quello che non si aspettava fu
che Nate la seguisse anche se non era ben certa del perché lo avesse fatto in
quanto per tutto il viaggio non le aveva rivolto parola. Perso nei suoi
pensieri, con lo sguardo lontano e una freddezza a cui non sapeva dare un nome.
Una volta
atterrati su suolo africano presero a incamminarsi per la fitta vegetazione fatta soprattutto di
alberi di legno duro per via del clima umido. Un ambiente che Amaya conosceva
bene e talmente familiare che la portò a respirare a pieni polmoni l’aria della
sua terra natale trovandosi a scoprire di quanto fosse ancor più buona di
quanto ricordasse. Fu dunque la memoria sensoriale a condurla sulla strada
giusta per raggiungere il villaggio principale dello Zambesi che nasceva
intorno alla grande “montagna sacra” che radunava alcuni dei clan più
importanti della ragione.
«M-Ma come
è possibile?»
«Oh allora
non hai perso la lingua Heywood!» lo prese in giro la
compagna di viaggio, mentre sorridendogli proseguiva toccandosi orgogliosa il
medaglione.
«A quanto
pare nel corso degli anni lo Zambesi è rinato anche e soprattutto grazie
all’unione di varie tribù. Attualmente vi è un monarca che ha investito nella
cura della flora e fauna del luogo, nel ripristino delle tradizioni e nello
sviluppo socio-economico…»
«Tu lo
sapevi?»
Nate si era
fermato dietro di lei, la voce apprensiva e preoccupata di chi aveva fatto
tanta fatica per prendere delle distanze che mai avrebbe creduto tanto
complicate.
«Che lo
Zambesi sarà distrutto? Sì…»
«E’ stato
dopo la nostra discussione?»
Quando lei
assentì, Nate si portò una mano alla tempia imprecando sotto voce e dandosi
dell’imbecille per quello che le aveva detto. Un gesto che fece scattare Amaya
che voltandosi gli si avvicinò lo costrinse ad abbassare la mano prendendola in
quella di lei. Un dolce sorriso sul volto: rassicurate, ma in parte timoroso.
«Ogni giorno che passa divieni sempre più distante e
quel giorno sentì nel tuo tono di voce qualcosa che mi ha spinto a volerne
capire il motivo… Ci ho ragionato tanto da allora sai? E non credo che sia solo
per questo segreto…»
Poteva arrivare da un’altra epoca, ma era stata un
membro valoroso della Justice Society prima e delle Leggende
poi. Credeva sarebbe stato così facile ingannarla?
Nate sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, che lei gli
avrebbe chiesto spiegazioni che non poteva dargli e dunque come aveva fatto
fino a quel momento il suo unico modo di reagire era guardare altrove e tentare
di non pensarci. Ma non era così semplice, non quando ripensava alle parole che
solo pochi giorni prima le aveva sentito confidare a Sara «E’ strano… soprattutto se credevamo che
non ci importasse più di tanto… ma ci sono distanze che non consideriamo e
invece ci devastano…».
«Ti giuro che avrei preferito perdere una battaglia piuttosto che il mio
cuore nel tentativo di impedire… questo…» Nate si rendeva conto che “questo”
non era un bel termine per definire quello che tra lui e Amaya c’era, ma non ne
trovava un altro. Era alle strette, lei era lì di fronte a lui, persi nella
savana africana, distanti da tutto e tutti e il momento della verità era
arrivato seppur aveva cercato di sfuggirgli così come Ray
gli aveva suggerito.
«Avrei preferito dirti tutto senza doverti nascondere nulla, ma mi
terrorizzava… quanto mi terrorizza che tu ora lo sappia… se potessi cambiare…
cambiare quello che sento… lo farei… ma non si può… il “se”… non esiste…»
«Già non esiste. Esiste solo il noi, adesso e ora. Quindi parla Nate e
dimmelo, perché? Perché mi hai allontanata?»
Lei lo chiedeva con quel filo di voce deciso di chi non era disposto a
lasciar perdere, ma in egual modo con quella sua apprensione a cui non sapeva
resistere. Fu così che Amaya portò una mano al capo di Nate iniziandolo ad accarezzare
con dolcezza.
Lui di fronte a lei diveniva solo un’anima in pena che stava perdeva
miseramente la partita del “fare la cosa giusta” e buttava alle ortiche la sua
dignità.
«Perché tu avrai una figlia Amaya e lei avrà una figlia che Ray conoscerà… se questo tra noi continuasse…»
«Si tratta di questo?»
Con sorpresa la ragazza non sembrava più di tanto colpita, come se si
aspettasse una rivelazione ben più importante o di peso. Questo fece aggrottare
le sopracciglia a Nate che guardandola era incapace di sapere cosa pensare.
«Puoi allontanarmi Nate, puoi nascondermi la verità, puoi farmi credere
che per te non conto nulla… puoi perfino impedirmi di respirare, ma Nate…
ancora non lo hai capito? Il mio amore per te rimane invariato…»
Amaya non credeva di essere in grado di dire una cosa del genere, tanto
meno a lui, ma la dimostrazione che fosse così naturale era qualcosa che la
illuminava di una gioia che non riusciva minimamente a trattenere. E lo
dimostrò aprendosi in un sorriso che sprizzava serenità da tutti i pori, mentre
stringendo il suo viso, si faceva più vicino al suo corpo e al suo calore.
«Ci ho provato? Ho tentato di resistere a tutto questo… ma poi il tuo
amore mi è passato di fronte, ti ho conosciuto e il mio mondo è cambiato… Mi
hai ridato la capacità di illudermi, di emozionarmi e di tornare a sognare ad
occhi aperti come si fa da bambini… Credere perfino che posso toccare il cielo
quando sono al tuo fianco. Tu mi dai ogni giorno il valore di credere in
qualcosa e “questo” come lo chiami tu… non voglio cancellarlo, perché qualsiasi
cosa sia… è valsa la pena viverlo e… io voglio ancora viverlo…»
Nate la guardò incapace di proferire parola, mentre però le sue mani si
stringevano sui suoi fianchi e i suoi occhi divenivano specchio di quelli di
lei.
Mai nessuna gli aveva detto parole tante belle e lui doveva confessare a
sé stesso che nonostante ci avesse provato a lasciarsi tutto alle spalle, a
raccontarsi che fosse un’avventura di poco conto in realtà era impossibile per
lui cancellare tutto e continuare come se niente fosse. Dimenticarsi di lei,
quando in realtà il ricordo dei suoi baci non lo faceva dormire e tornavano
ogni volta come fa la risacca del mare. Lui che ogni mattina si alzava ripromettendosi
di amarla ancora solo una volta e poi finire ogni notte con la promessa di
riconsegnarla al cielo e al tempo a cui era stata rubata.
Fu allora che con gli occhi ricolmi di commozione la baciò, mentre anche
lei ricambiava con il suo stesso trasporto e amorevolezza.
«Quanto ho cercato, quanto ho trovato, quanto ho perso e quanto ho
guadagnato. Quante volte mi sono innamorato e mi sono ritrovato con il cuore
spezzato… Però poi sei arrivata tu e mi hai guarito, mi ha insegnato a vivere e
mi hai aiutato a liberarmi dalle mie paure… A te che importa unicamente farmi
felice come mai nessuno ha mai fatto. Come posso ripagarti di tanto amarmi?»
«Non lasciandomi… Nate non possiamo prendere decisioni in virtù di quel
che sarà… Se dovrò avere una figlia l’avrò… che sia con qualcun altro o con te…
se così dovrà essere sarà… Ma adesso voglio solo amarti ed essere amata da te…»
«E così sarà…»
Nate in quel momento aveva preso una decisione, la stessa che aveva preso
Amaya. Una promessa tacita di chi non poteva far altro che arrendersi all’amore.
Stretti uno all’altra, sotto il sole caldo dell’Africa la donna pensò che non
ci sarebbe mai stato momento più romantico nella sua vita se non quello,
tuttavia lo stesso venne bruscamente interrotto dall’arrivo di un’ombra scura
che attirò la loro attenzione. Nate era già divenuto di ferro per proteggere sé
stesso e Amaya, se non fosse che lei gli fece capire che era tutto apposto.
Toccò il suo medaglione e lo spirito di un gorilla l’avvolse.
«Benarrivata in Africa…»
«Grazie a voi per avermi accolto, Re Grodd…»
disse lei con estrema naturalezza rispondendo al gentile saluto del primate
nella sua mente.
«Dobbiamo assolutamente raggiungere la Checkmate!»
e quella di Sara era una decisione assoluta, tuttavia quando tentò di alzarsi
dalla sedia dell’infermeria su cui Rip l’aveva posta
dopo che era svenuta, questa ebbe l’ennesimo capogiro che la costrinse a
tornare nella sua posizione semi sdraiata.
Dopo lo strano scontro/incontro che i due Capitani avevano avuto, gli
stessi avevano partecipato alla missione di salvataggio della Danvers come supporto logistico e dopo che ne erano tornati
più perdenti che mai con Sara che aveva visto i suoi amici morire sotto i suoi
occhi, la stessa aveva iniziato ad avere dei dolorosi stati di shock che
avevano convinto Rip a portarla sulla Waverider per scoprire se i suoi dubbi sul perché ci
fossero erano relativi ai suoi dubbi.
«Sara la tua memoria si sta sempre più riadattando a questa linea
temporale…»
«E dunque?» chiese lei con una
mano sopra gli occhi trovando insopportabile la luce artificiale, mentre un mal
di testa come nemmeno quelli che aveva provato dopo una terribile sbronza le rendeva
quasi impossibile anche solo formulare un pensiero.
«Quello che il Capitano Hunter vuole dire è che la sua memoria sarà
completamente riaggiornata in non molto tempo… In realtà quella di entrambi…»
la voce di Gideon arrivò in loro soccorso, mentre
Sara si voltò ad osservare Rip accanto a lei.
«Il mio corpo lo regge più di te…» disse lui rispondendo alla sua domanda
silenziosa, dopotutto aveva viaggiato molto più di lei nel tempo e
probabilmente nonostante anche per lui fosse estremamente doloroso, riusciva a
nasconderlo meglio.
«Vuoi dirmi che tra non molto la nostra memoria sarà aggiornata a questo
tempo e diverremo…»
«Il Rip e Sara ormai defunti… così come accadrà
a Stein, Jax e Mick…»
«Eppure non mi sembra che loro siano messi come me…» osservò il canarino
bianco quasi arrabbiata che solo lei ne stesse soffrendo così tanto, mentre
continuava a massaggiarsi le tempie senza successo.
«Perché loro non si sono buttati a capofitto nella loro vita del futuro
come…»
«Me…» concluse la Lance non sentendosi però colpevole delle scelte che
aveva preso.
Quello che però i due non sapevano era che Laurel
nascosta dietro la porta dell’infermeria aveva ascoltato tutto, quando sua
madre era svenuta aveva chiesto a un Donald ancora in recupero di portarla alla
nave per scoprire come stesse e ora che aveva udito quella conversazione non
aveva più dubbi. Quando tornò da Allen sul ponte di comando, questo era seduto
ancora scosso dalla missione di solo poche ore prima… ancora indebolito da una
maledetta velocità che non era un non nulla in confronto a quella di suo padre
o i suoi zii. Un maledetto “difetto di fabbricazione” che attanaglia lui e sua
sorella, non ne avevano mai capito il motivo, ma erano sempre stati convinti
che fosse una sorta di scherzo del destino… una punizione della Forza di
Velocità per castigare loro padre delle sue scelte. Ma non gliene avrebbe mai
fatto una colpa, mai. Tanto meno ora che era sdraiato su un letto in coma senza
troppe speranze che si sarebbe risvegliato.
Quando però notò Laurel spuntare da uno dei
corridoi della nave e raggiungerlo decise di mettere da parte i suoi pensieri e
andandole incontro come sempre tirò fuori uno dei suoi giganteschi sorrisi. Quelli
che riusciva a non far morire mai nemmeno nei momenti peggiori.
«Allora come sta?»
«Male… per l’ennesima volta per colpa mia…»
Sospirò questa allungandosi le maniche della giacchetta di jeans che indossava
e sorpassando l’amico, facendo correre velocemente uno sguardo alla nave intorno
a lei.
Solo in quel momento si era resa conto di quanto aveva perso la testa, di
come aveva permesso che il suo dolore l’accecasse. Lei che aveva tentato di
dissimularlo, di spegnere il fuoco con altro fuoco. Lei che si era convinta di
aver tutto chiaro, di non essere una codarda, ma anzi una vendicatrice…
Ma in realtà lei era semplicemente una ragazzina spaventata che non
voleva perdere i suoi genitori un’altra volta e che aveva perfino accettato che
loro smettessero di essere sé stessi per trasformarsi in qualcuno che ancora
non erano diventati.
Aveva vissuto la metà di un sogno sbagliato, di una vita che ormai aveva
perso e adesso il tempo la stava castigando provocando altre ferite. Come Don
Chisciotte stava lottando contro i mulini a vento…
«Pensi di avere la forza per portarmi a Fawcett
City?» chiese improvvisamente la giovane voltandosi verso Donald che la guardò
un po’ perplesso.
«Certo, ma perché?»
«Perché è arrivato il momento che io faccia la cosa giusta. In questi
giorni ho visto tutti voi avere il coraggio di farlo nonostante questo abbia
significato vedere i vostri genitori in difficoltà. Tu e tua sorella, JJ… io
non posso essere da meno. Ho già deluso una volta i miei genitori e non posso
deluderli ancora… Sara e Rip stanno perdendo la loro
memoria, sostituita da quella dei miei genitori, ma loro ancora non lo sono e
io non posso essere tanto egoista da permetterlo. Il tempo e la storia ha
bisogno della loro protezione e non posso essere tanto egoista da essere io
colei che gliene priva…»
Nonostante la sua salute ormai sempre più cagionevole la schiena era
ritta e il petto in fuori di chi aveva ritrovato nuova linfa vitale e nobiltà d’animo.
Anche il suo viso sembrava diverso, più serafico e sereno. Tanto che Donald non
poté fare a meno che avvicinarsi totalmente a lei e in un impeto di gioia
stringere le sue mani.
«Rieccoti… ecco la mia Laurel…» lei ricambiò il
suo sorriso e poi pronta a farsi prendere in braccio da lui in un batter di
ciglia erano di fronte alla casa dei Beck.
«Credi che Billy potrà aiutarci?» chiese lei un po’ titubante prima di
bussare.
«Lo ha fatto con Sandman no? E poi sono sei
ragazzini adorabili!»
La storia di quei marmocchi aveva commosso l’America tutta quando rimasti
orfani per via delle guerre in Europa giunsero negli States
e vennero addottati tutti da una stessa famiglia che non solo li crebbe con un
forte spirito di fratellanza, ma anche aiutandoli a sviluppare le loro capacità
uniche. Tutti meta umani nella loro singolarità erano atipici quanto tutti
insieme unendosi divenivano in grado di evocare il mitico Capitan Thunder.
Inutile dire che i Beck li accolsero con piacere, conoscendo molto bene
gli ospiti alla loro porta in quanto stretti collaboratori della Checkmate. Quando poi chiesero di poter parlare con Billy
un pre-adolescente di dodici anni dai foltissimi
capelli neri e l’aspetto più maturo della sua età andò loro incontro salutando
gli amici in modo moderno: pugno contro pugno.
«Yo ragazzi che ci fate qui?» chiese sedendosi
sulla poltrona posta di fronte al divano ove loro erano seduti a loro volta.
«Perché ho bisogno di chiederti un favore…» e Laurel
si sentiva un po’ un’approfittatrice per quello, ma la presenza di Donald al
suo fianco le diede la forza di fare la cosa giusta. Era bello per lui vederla
esattamente come ricordava, premurosa e gentile, non distaccata e arrogante
come era stata fino a quel momento… così diversa dalla sua vera natura.
«In passato è vero che hai potuto rallentare il degenerare della memoria
di Sandman?»
«Oh sì! Il vecchio Wes soffriva di gravi
disturbi neurologici allora, ma perché me lo chiedi? Per te?»
«No no no…» lo rassicurò lei, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio
e aspettando di proseguire quando vide la madre di Billy portare un vassoio con
un bicchiere di arancia per tutti loro. Quella casa era un ricettacolo di eroi
e spie eppure i coniugi Beck erano le persone più normali del mondo. Tutti
ringraziarono la signora e una volta di nuovo soli, Laurel
spiegò a Billy esattamente perché era lì.
«Te lo chiedo per i miei genitori e… prima che tu lo chieda… è una storia
complessa… diciamo che sono loro, ma non lo sono… vengono dal passato…»
«Ow! Ho capito… la loro memoria sta venendo
sostituita con quella delle loro controparti defunte!»
«Esatto! Credi che con la tua energia mistica sia possibile fare qualcosa
per rallentare questo processo?» chiese Donald, da sempre colpito dalla mente
acuta di quel ragazzino.
«Ma certo! E lo posso fare anche senza che loro lo sappiamo, quindi contate
su di me!»
«Grazie Billy!»
Laurel lo ringraziò di cuore, mentre questo alzava una
mano e gli faceva segno di non dirlo nemmeno. Poi si congedò, voleva parlarne
con i suoi fratelli prima perché avrebbe avuto bisogno anche del loro supporto spirituale.
Lei assentì e rimasta sola con Donald indugiò in attesa del suo ritorno con
tutti gli altri.
«Sei stata coraggiosa lo sai?»
«No sono stata giusta!»
«Di sicuro sei stata la Laurel di cui mi sono
innamorato!» il tempo di dirlo che Donald era scattato con le mani sulla bocca
maledicendosi mentalmente. Sarà stata la fatica e la stanchezza, ma aveva
appena detto con tutta la naturalezza del mondo una cosa che da due anni non
trovava il coraggio e il modo di dirle.
«Stupido, stupido Allen! Stupido!»
Laurel lo stava guardando sull’orlo dello scoppiare a
ridere e alla fine lo fece incapace di trattenersi e mettendo lui terribilmente
a disagio.
«Allen pensavi davvero che non lo sapessi?»
«COSA?»
Ma la giovane scosse il capo davvero troppo divertita, tanto che per un
attimo aveva anche dimenticato tutte le cose che nell’ultimo anno l’avevano
tediata: la morte dei suoi, la malattia, quella terribile situazione…
«Oh Donald… mi spiace solo non avertelo detto prima, ma… non siamo stati
molto sincronizzati nell’ultimo periodo…»
«Ehm no… visto come tu eri impegnata ad odiare tutto e tutti…»
Osservò lui abbassando lo sguardo e anche il tono, mentre si grattava il
capo nervosamente, ma venendo colto di sorpresa quando lei posandogli due dita
sotto il mento gli diede un bacio a fior di labbra.
«Fortuna allora che adesso sono impegnata solo ad accorgermi dell’amore
che mi circonda…»
Rieccomi qui con un nuovo capitolo di un fan fiction
che spero tanto vi stia piacendo e vi stia appassionando. Ormai ci siamo, la
battaglia finale è arrivata, ma… probabilmente le tragedie non sono ancora
finite… non c’è solo una guerra mondiale di mezzo, ma una guerra contro il
tempo… come finirà?