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Autore: Cecilia    25/03/2017    1 recensioni
Le conseguenze di Flashpoint presentano il loro conto e toccherà alla Leggende, in un viaggio in un futuro prossimo, a pagarne il salato prezzo tra sconvolgenti verità ed inaspettate rivelazioni.
Fan Fiction in due momenti tra l'universo che conosciamo e quello nuovo che si crea dopo la guerra finale del tempo...
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio, Rip Hunter, Sara Lance, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8

 

«Maledetta gonnellina!» imprecò Rory, mentre l’aliena sfrecciava via lasciando tutti loro in un mare di guai. Inutile dire che nonostante sembrava ovvio che fossero spacciati non si lasciarono intimidire. Heat Wave spalla a spalla con il suo partner si trovò a riscoprire con piacere che gli bastò lanciargli un’occhiata per scoprire che la loro sintonia era sempre lì, pronta ad entrare in azione nel momento più opportuno.

«Se dobbiamo morire trasciniamoci dietro più bastardi possibili!»

«Ben detto partner!» Rory era incredibilmente eccitato di come Snart Citizien o Capitan Cold che fosse non si smentisse mai.

Anche gli altri non erano da meno e mentre le pistole di ghiaccio e fuoco rilasciarono la loro energia, l’arco di Connor iniziò a lanciare una freccia dietro l’altra con la stessa precisione millimetrica del padre e scoprendosi altrettanto alla sua altezza anche nel combattimento corpo a corpo. Allen nel mentre iniziò a correre sempre più veloce colpendo i vari avversari e  usando la sua velocità al massimo e seppur sapeva che questo avrebbe abbassato rapidamente la sua resistenza in quel momento non poteva permettersi diversamente. Atom intanto si restrinse e volando a zig zag tra quegli agenti nemici cercò di far più danni possibili sabotando le loro armi per poi tornare in forma normale e colpirli con i raggi prodotti dalla stella nana della sua suit. Cyborg invece fece mostra di tutta la sua forza sovraumana dovuta al suo essere metà umano e metà macchina, così che con un braccio riuscì facilmente a sollevare una delle auto che conteneva degli agenti e lanciarla dall’altra parte, una forza utile se non fosse che venne colpito al braccio destro da un coltello che mise ko alcuni dei suoi sistemi, tanto che nonostante si liberò facilmente dell’agente che lo aveva aggredito in quel momento era al 50% della funzionalità.

Le cose si stavano mettendo male, nonostante la loro straordinaria capacità di combattimento anche per via di Luthor e tutte le maledette tecnologie con le quali aveva rifornito i suoi agenti alcune delle quali anche proibite per la loro pericolosità.

Fu proprio però quando le cose sembravano precipitare completamente che un aiuto inaspettato giunse dal cielo, letteralmente.

«E’ l’ora della trasmutazione!» la voce dei due Stein rimbombò nelle teste dei due Jackson che guardandosi in volto si trovarono a scuotere il capo.

«Solo degli Stein potrebbero dire “è l’ora della trasmutazione!”»

«Puoi dirlo forte pa

Prima Jax e poi Jason parlarono dandosi il cinque ed entrando in azione nel pieno del combattimento, mentre anche Diggle e Lyla facevano la loro entrata in scena e mostrando che nonostante fossero invecchiati le loro capacità militari erano sempre le stesse, anzi se possibile erano migliorate.

«Mi ricorda un po’ Belgrado…»

Disse Lyla concentrata nello sparare ben protetta dietro la jeep con cui lei e il marito erano arrivati, mentre lui prendeva la mira esattamente come faceva il figlio e che dopo uno veloce sguardo fugace per poco non scoppiarono a ridere.

«Io e te, amore, abbiamo un ricordo un po’ diverso di quella missione!»

«Sto perdendo potenza, sono al 30%...»

Avvisò JJ, mentre si faceva un veloce checkup e mettendo in allarme i genitori che sapevano quanto per lui fosse importante non scendere mai al di sotto del 10% per non essere a rischio sopravvivenza. Era grande e grosso, ma rimaneva sempre il loro bambino e nonostante le cose stavano andando bene, la Corte dei Gufi non avrebbe tardato a mandare rinforzi.

Intanto i due Firestorm insieme non mancarono di usare i loro incredibili poteri di trasmutazione della materia e così facendo rendendo inoffensivi gli agenti e le loro armi, ma proprio mentre si misero a cantare vittoria ecco che un countdown partì indicando loro che così facendo avevano semplicemente attivato il sistema di autodistruzione della struttura.

«RITIRATEVI! RITIRATEVI non abbiamo più t--», ma la voce di Lyla le morì in gola nel momento in cui sentì il freddo di una canna di pistola dietro il capo.

«Tempo scaduto Diggle» e prima che quella poté dire altro il viso del marito era già schizzato del suo sangue. JJ urlò qualcosa che però gli morì in gola nel momento in cui anche suo padre cadde al suolo con un colpo secco al cuore.

Gli uomini della Checkmate non persero altro tempo e seppur a forza caricarono il resto della squadra portandoli via, mentre JJ cedette alle insistenze dei compagni solo per via della sua potenza che stava velocemente cadendo a picco.

Colui che aveva sparato lo guardava con un sorriso beffardo sul viso e con la mano alzata salutava Diggle profondamente soddisfatto di ciò che aveva appena fatto, mentre schiacciando un semplice pulsante sul suo orologio il countdown di autodistruzione si fermò.

«Signore vuole che li inseguiamo?»

«Nah… lasciamoli andare… per ora…» esclamò quello estremamente tronfio a uno dei suoi sottoposti. Ma quanto gli piaceva vederli spezzarsi? Forse ancor più del suo alleato, quello che in un flash rosso era al suo fianco.

«La vedo soddisfatto Signor Clayton…»

«Può dirlo forte Signor Thawne e grazie per la dritta… prima i Queen… ora i Diggle… questa vendetta è più dolce di quello che credevo…»

«Lieto di averle fatto piacere, anche se forse devo essere io a ringraziarla per l’apporto che sta dando alla causa…»

Quello rise divertito, mettendo un braccio sulle spalle del suo vecchio amico.

«Provocare guerre mondiali, distruggere quella ridicola mandria di eroi… si figuri è sempre un piacere!»

E mentre quelli festeggiavano lieti di quel piccolo trionfo, i segni di vitali di JJ scendevano pericolosamente, mentre quello perdeva sempre più conoscenza e dentro di lui urlava come non aveva mai urlato in vita sua. Forse non poteva dimostrarlo per le sue condizioni, ma sentiva che nulla aveva più senso. Scalpitava e sbraitava come un folle incapace di accettare che era stato incapace di salvare in qualsivoglia modo i suoi genitori. Quel suono sordo di uno sparo che sapeva non avrebbe mai più dimenticato. E con quel suono sordo, quel proiettile che aveva trapassato la testa di sua madre prima e il cuore di suo padre poi, perse l’ultimo respiro rimastogli e mentre chiudeva gli occhi e tutto diveniva buio rimembrava la vita abbandonare gli occhi dei suoi genitori e con loro morì anche lui.

 

«JJ sta combattendo tra la vita e la morte, i suoi genitori sono morti e la missione di salvataggio dell’aliena è stato un fallimento. Allen difficilmente si risveglierà e tutto pare sull’orlo del collasso… Non posso tirarmi indietro. Devo farlo. La domanda è: tu mi aiuterai Nate?»

Era quella la domanda che Amaya aveva posto all’uomo di fronte a lei quando quello tornato alla Waverider l’aveva sorpresa a preparare una delle capsule della nave pronta alla partenza. Alla donna non era piaciuto lasciar da soli i suoi compagni e tanto meno dopo tutto quello che era successo, ma dopo che aveva ricevuto una risposta alla sua richiesta non poteva starsene con le mani in mano… non quando quella poteva essere una reale speranza per tutti loro e la guerra in cui si erano trovati coinvolti. Quello che non si aspettava fu che Nate la seguisse anche se non era ben certa del perché lo avesse fatto in quanto per tutto il viaggio non le aveva rivolto parola. Perso nei suoi pensieri, con lo sguardo lontano e una freddezza a cui non sapeva dare un nome.

Una volta atterrati su suolo africano presero a incamminarsi per  la fitta vegetazione fatta soprattutto di alberi di legno duro per via del clima umido. Un ambiente che Amaya conosceva bene e talmente familiare che la portò a respirare a pieni polmoni l’aria della sua terra natale trovandosi a scoprire di quanto fosse ancor più buona di quanto ricordasse. Fu dunque la memoria sensoriale a condurla sulla strada giusta per raggiungere il villaggio principale dello Zambesi che nasceva intorno alla grande “montagna sacra” che radunava alcuni dei clan più importanti della ragione.

«M-Ma come è possibile?»

«Oh allora non hai perso la lingua Heywood!» lo prese in giro la compagna di viaggio, mentre sorridendogli proseguiva toccandosi orgogliosa il medaglione.

«A quanto pare nel corso degli anni lo Zambesi è rinato anche e soprattutto grazie all’unione di varie tribù. Attualmente vi è un monarca che ha investito nella cura della flora e fauna del luogo, nel ripristino delle tradizioni e nello sviluppo socio-economico…»

«Tu lo sapevi?»

Nate si era fermato dietro di lei, la voce apprensiva e preoccupata di chi aveva fatto tanta fatica per prendere delle distanze che mai avrebbe creduto tanto complicate.

«Che lo Zambesi sarà distrutto? Sì…»

«E’ stato dopo la nostra discussione?»

Quando lei assentì, Nate si portò una mano alla tempia imprecando sotto voce e dandosi dell’imbecille per quello che le aveva detto. Un gesto che fece scattare Amaya che voltandosi gli si avvicinò lo costrinse ad abbassare la mano prendendola in quella di lei. Un dolce sorriso sul volto: rassicurate, ma in parte timoroso.

«Ogni giorno che passa divieni sempre più distante e quel giorno sentì nel tuo tono di voce qualcosa che mi ha spinto a volerne capire il motivo… Ci ho ragionato tanto da allora sai? E non credo che sia solo per questo segreto…»

Poteva arrivare da un’altra epoca, ma era stata un membro valoroso della Justice Society prima e delle Leggende poi. Credeva sarebbe stato così facile ingannarla?

Nate sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, che lei gli avrebbe chiesto spiegazioni che non poteva dargli e dunque come aveva fatto fino a quel momento il suo unico modo di reagire era guardare altrove e tentare di non pensarci. Ma non era così semplice, non quando ripensava alle parole che solo pochi giorni prima le aveva sentito confidare a Sara «E’ strano… soprattutto se credevamo che non ci importasse più di tanto… ma ci sono distanze che non consideriamo e invece ci devastano…».

«Ti giuro che avrei preferito perdere una battaglia piuttosto che il mio cuore nel tentativo di impedire… questo…» Nate si rendeva conto che “questo” non era un bel termine per definire quello che tra lui e Amaya c’era, ma non ne trovava un altro. Era alle strette, lei era lì di fronte a lui, persi nella savana africana, distanti da tutto e tutti e il momento della verità era arrivato seppur aveva cercato di sfuggirgli così come Ray gli aveva suggerito.

«Avrei preferito dirti tutto senza doverti nascondere nulla, ma mi terrorizzava… quanto mi terrorizza che tu ora lo sappia… se potessi cambiare… cambiare quello che sento… lo farei… ma non si può… il “se”… non esiste…»

«Già non esiste. Esiste solo il noi, adesso e ora. Quindi parla Nate e dimmelo, perché? Perché mi hai allontanata?»

Lei lo chiedeva con quel filo di voce deciso di chi non era disposto a lasciar perdere, ma in egual modo con quella sua apprensione a cui non sapeva resistere. Fu così che Amaya portò una mano al capo di Nate iniziandolo ad accarezzare con dolcezza.

Lui di fronte a lei diveniva solo un’anima in pena che stava perdeva miseramente la partita del “fare la cosa giusta” e buttava alle ortiche la sua dignità.

«Perché tu avrai una figlia Amaya e lei avrà una figlia che Ray conoscerà… se questo tra noi continuasse…»

«Si tratta di questo?»

Con sorpresa la ragazza non sembrava più di tanto colpita, come se si aspettasse una rivelazione ben più importante o di peso. Questo fece aggrottare le sopracciglia a Nate che guardandola era incapace di sapere cosa pensare.

«Puoi allontanarmi Nate, puoi nascondermi la verità, puoi farmi credere che per te non conto nulla… puoi perfino impedirmi di respirare, ma Nate… ancora non lo hai capito? Il mio amore per te rimane invariato…»

Amaya non credeva di essere in grado di dire una cosa del genere, tanto meno a lui, ma la dimostrazione che fosse così naturale era qualcosa che la illuminava di una gioia che non riusciva minimamente a trattenere. E lo dimostrò aprendosi in un sorriso che sprizzava serenità da tutti i pori, mentre stringendo il suo viso, si faceva più vicino al suo corpo e al suo calore.

«Ci ho provato? Ho tentato di resistere a tutto questo… ma poi il tuo amore mi è passato di fronte, ti ho conosciuto e il mio mondo è cambiato… Mi hai ridato la capacità di illudermi, di emozionarmi e di tornare a sognare ad occhi aperti come si fa da bambini… Credere perfino che posso toccare il cielo quando sono al tuo fianco. Tu mi dai ogni giorno il valore di credere in qualcosa e “questo” come lo chiami tu… non voglio cancellarlo, perché qualsiasi cosa sia… è valsa la pena viverlo e… io voglio ancora viverlo…»

Nate la guardò incapace di proferire parola, mentre però le sue mani si stringevano sui suoi fianchi e i suoi occhi divenivano specchio di quelli di lei.

Mai nessuna gli aveva detto parole tante belle e lui doveva confessare a sé stesso che nonostante ci avesse provato a lasciarsi tutto alle spalle, a raccontarsi che fosse un’avventura di poco conto in realtà era impossibile per lui cancellare tutto e continuare come se niente fosse. Dimenticarsi di lei, quando in realtà il ricordo dei suoi baci non lo faceva dormire e tornavano ogni volta come fa la risacca del mare. Lui che ogni mattina si alzava ripromettendosi di amarla ancora solo una volta e poi finire ogni notte con la promessa di riconsegnarla al cielo e al tempo a cui era stata rubata.

Fu allora che con gli occhi ricolmi di commozione la baciò, mentre anche lei ricambiava con il suo stesso trasporto e amorevolezza.

«Quanto ho cercato, quanto ho trovato, quanto ho perso e quanto ho guadagnato. Quante volte mi sono innamorato e mi sono ritrovato con il cuore spezzato… Però poi sei arrivata tu e mi hai guarito, mi ha insegnato a vivere e mi hai aiutato a liberarmi dalle mie paure… A te che importa unicamente farmi felice come mai nessuno ha mai fatto. Come posso ripagarti di tanto amarmi?»

«Non lasciandomi… Nate non possiamo prendere decisioni in virtù di quel che sarà… Se dovrò avere una figlia l’avrò… che sia con qualcun altro o con te… se così dovrà essere sarà… Ma adesso voglio solo amarti ed essere amata da te…»

«E così sarà…»

Nate in quel momento aveva preso una decisione, la stessa che aveva preso Amaya. Una promessa tacita di chi non poteva far altro che arrendersi all’amore. Stretti uno all’altra, sotto il sole caldo dell’Africa la donna pensò che non ci sarebbe mai stato momento più romantico nella sua vita se non quello, tuttavia lo stesso venne bruscamente interrotto dall’arrivo di un’ombra scura che attirò la loro attenzione. Nate era già divenuto di ferro per proteggere sé stesso e Amaya, se non fosse che lei gli fece capire che era tutto apposto. Toccò il suo medaglione e lo spirito di un gorilla l’avvolse.

«Benarrivata in Africa…»

«Grazie a voi per avermi accolto, Re Grodd…» disse lei con estrema naturalezza rispondendo al gentile saluto del primate nella sua mente.

 

«Dobbiamo assolutamente raggiungere la Checkmate!» e quella di Sara era una decisione assoluta, tuttavia quando tentò di alzarsi dalla sedia dell’infermeria su cui Rip l’aveva posta dopo che era svenuta, questa ebbe l’ennesimo capogiro che la costrinse a tornare nella sua posizione semi sdraiata.

Dopo lo strano scontro/incontro che i due Capitani avevano avuto, gli stessi avevano partecipato alla missione di salvataggio della Danvers come supporto logistico e dopo che ne erano tornati più perdenti che mai con Sara che aveva visto i suoi amici morire sotto i suoi occhi, la stessa aveva iniziato ad avere dei dolorosi stati di shock che avevano convinto Rip a portarla sulla Waverider per scoprire se i suoi dubbi sul perché ci fossero erano relativi ai suoi dubbi.

«Sara la tua memoria si sta sempre più riadattando a questa linea temporale…»

«E dunque?»  chiese lei con una mano sopra gli occhi trovando insopportabile la luce artificiale, mentre un mal di testa come nemmeno quelli che aveva provato dopo una terribile sbronza le rendeva quasi impossibile anche solo formulare un pensiero.

«Quello che il Capitano Hunter vuole dire è che la sua memoria sarà completamente riaggiornata in non molto tempo… In realtà quella di entrambi…» la voce di Gideon arrivò in loro soccorso, mentre Sara si voltò ad osservare Rip accanto a lei.

«Il mio corpo lo regge più di te…» disse lui rispondendo alla sua domanda silenziosa, dopotutto aveva viaggiato molto più di lei nel tempo e probabilmente nonostante anche per lui fosse estremamente doloroso, riusciva a nasconderlo meglio.

«Vuoi dirmi che tra non molto la nostra memoria sarà aggiornata a questo tempo e diverremo…»

«Il Rip e Sara ormai defunti… così come accadrà a Stein, Jax e Mick…»

«Eppure non mi sembra che loro siano messi come me…» osservò il canarino bianco quasi arrabbiata che solo lei ne stesse soffrendo così tanto, mentre continuava a massaggiarsi le tempie senza successo.

«Perché loro non si sono buttati a capofitto nella loro vita del futuro come…»

«Me…» concluse la Lance non sentendosi però colpevole delle scelte che aveva preso.

Quello che però i due non sapevano era che Laurel nascosta dietro la porta dell’infermeria aveva ascoltato tutto, quando sua madre era svenuta aveva chiesto a un Donald ancora in recupero di portarla alla nave per scoprire come stesse e ora che aveva udito quella conversazione non aveva più dubbi. Quando tornò da Allen sul ponte di comando, questo era seduto ancora scosso dalla missione di solo poche ore prima… ancora indebolito da una maledetta velocità che non era un non nulla in confronto a quella di suo padre o i suoi zii. Un maledetto “difetto di fabbricazione” che attanaglia lui e sua sorella, non ne avevano mai capito il motivo, ma erano sempre stati convinti che fosse una sorta di scherzo del destino… una punizione della Forza di Velocità per castigare loro padre delle sue scelte. Ma non gliene avrebbe mai fatto una colpa, mai. Tanto meno ora che era sdraiato su un letto in coma senza troppe speranze che si sarebbe risvegliato.

Quando però notò Laurel spuntare da uno dei corridoi della nave e raggiungerlo decise di mettere da parte i suoi pensieri e andandole incontro come sempre tirò fuori uno dei suoi giganteschi sorrisi. Quelli che riusciva a non far morire mai nemmeno nei momenti peggiori.

«Allora come sta?»

«Male… per l’ennesima volta per colpa mia…»

Sospirò questa allungandosi le maniche della giacchetta di jeans che indossava e sorpassando l’amico, facendo correre velocemente uno sguardo alla nave intorno a lei.

Solo in quel momento si era resa conto di quanto aveva perso la testa, di come aveva permesso che il suo dolore l’accecasse. Lei che aveva tentato di dissimularlo, di spegnere il fuoco con altro fuoco. Lei che si era convinta di aver tutto chiaro, di non essere una codarda, ma anzi una vendicatrice…

Ma in realtà lei era semplicemente una ragazzina spaventata che non voleva perdere i suoi genitori un’altra volta e che aveva perfino accettato che loro smettessero di essere sé stessi per trasformarsi in qualcuno che ancora non erano diventati.

Aveva vissuto la metà di un sogno sbagliato, di una vita che ormai aveva perso e adesso il tempo la stava castigando provocando altre ferite. Come Don Chisciotte stava lottando contro i mulini a vento…

«Pensi di avere la forza per portarmi a Fawcett City?» chiese improvvisamente la giovane voltandosi verso Donald che la guardò un po’ perplesso.

«Certo, ma perché?»

«Perché è arrivato il momento che io faccia la cosa giusta. In questi giorni ho visto tutti voi avere il coraggio di farlo nonostante questo abbia significato vedere i vostri genitori in difficoltà. Tu e tua sorella, JJ… io non posso essere da meno. Ho già deluso una volta i miei genitori e non posso deluderli ancora… Sara e Rip stanno perdendo la loro memoria, sostituita da quella dei miei genitori, ma loro ancora non lo sono e io non posso essere tanto egoista da permetterlo. Il tempo e la storia ha bisogno della loro protezione e non posso essere tanto egoista da essere io colei che gliene priva…»

Nonostante la sua salute ormai sempre più cagionevole la schiena era ritta e il petto in fuori di chi aveva ritrovato nuova linfa vitale e nobiltà d’animo. Anche il suo viso sembrava diverso, più serafico e sereno. Tanto che Donald non poté fare a meno che avvicinarsi totalmente a lei e in un impeto di gioia stringere le sue mani.

«Rieccoti… ecco la mia Laurel…» lei ricambiò il suo sorriso e poi pronta a farsi prendere in braccio da lui in un batter di ciglia erano di fronte alla casa dei Beck.

«Credi che Billy potrà aiutarci?» chiese lei un po’ titubante prima di bussare.

«Lo ha fatto con Sandman no? E poi sono sei ragazzini adorabili!»

La storia di quei marmocchi aveva commosso l’America tutta quando rimasti orfani per via delle guerre in Europa giunsero negli States e vennero addottati tutti da una stessa famiglia che non solo li crebbe con un forte spirito di fratellanza, ma anche aiutandoli a sviluppare le loro capacità uniche. Tutti meta umani nella loro singolarità erano atipici quanto tutti insieme unendosi divenivano in grado di evocare il mitico Capitan Thunder.

Inutile dire che i Beck li accolsero con piacere, conoscendo molto bene gli ospiti alla loro porta in quanto stretti collaboratori della Checkmate. Quando poi chiesero di poter parlare con Billy un pre-adolescente di dodici anni dai foltissimi capelli neri e l’aspetto più maturo della sua età andò loro incontro salutando gli amici in modo moderno: pugno contro pugno.

«Yo ragazzi che ci fate qui?» chiese sedendosi sulla poltrona posta di fronte al divano ove loro erano seduti a loro volta.

«Perché ho bisogno di chiederti un favore…» e Laurel si sentiva un po’ un’approfittatrice per quello, ma la presenza di Donald al suo fianco le diede la forza di fare la cosa giusta. Era bello per lui vederla esattamente come ricordava, premurosa e gentile, non distaccata e arrogante come era stata fino a quel momento… così diversa dalla sua vera natura.

«In passato è vero che hai potuto rallentare il degenerare della memoria di Sandman

«Oh sì! Il vecchio Wes soffriva di gravi disturbi neurologici allora, ma perché me lo chiedi? Per te?»

«No no no…» lo rassicurò lei, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e aspettando di proseguire quando vide la madre di Billy portare un vassoio con un bicchiere di arancia per tutti loro. Quella casa era un ricettacolo di eroi e spie eppure i coniugi Beck erano le persone più normali del mondo. Tutti ringraziarono la signora e una volta di nuovo soli, Laurel spiegò a Billy esattamente perché era lì.

«Te lo chiedo per i miei genitori e… prima che tu lo chieda… è una storia complessa… diciamo che sono loro, ma non lo sono… vengono dal passato…»

«Ow! Ho capito… la loro memoria sta venendo sostituita con quella delle loro controparti defunte!»

«Esatto! Credi che con la tua energia mistica sia possibile fare qualcosa per rallentare questo processo?» chiese Donald, da sempre colpito dalla mente acuta di quel ragazzino.

«Ma certo! E lo posso fare anche senza che loro lo sappiamo, quindi contate su di me!»

«Grazie Billy!»

Laurel lo ringraziò di cuore, mentre questo alzava una mano e gli faceva segno di non dirlo nemmeno. Poi si congedò, voleva parlarne con i suoi fratelli prima perché avrebbe avuto bisogno anche del loro supporto spirituale. Lei assentì e rimasta sola con Donald indugiò in attesa del suo ritorno con tutti gli altri.

«Sei stata coraggiosa lo sai?»

«No sono stata giusta!»

«Di sicuro sei stata la Laurel di cui mi sono innamorato!» il tempo di dirlo che Donald era scattato con le mani sulla bocca maledicendosi mentalmente. Sarà stata la fatica e la stanchezza, ma aveva appena detto con tutta la naturalezza del mondo una cosa che da due anni non trovava il coraggio e il modo di dirle.

«Stupido, stupido Allen! Stupido!»

Laurel lo stava guardando sull’orlo dello scoppiare a ridere e alla fine lo fece incapace di trattenersi e mettendo lui terribilmente a disagio.

«Allen pensavi davvero che non lo sapessi?»

«COSA?»

Ma la giovane scosse il capo davvero troppo divertita, tanto che per un attimo aveva anche dimenticato tutte le cose che nell’ultimo anno l’avevano tediata: la morte dei suoi, la malattia, quella terribile situazione…

«Oh Donald… mi spiace solo non avertelo detto prima, ma… non siamo stati molto sincronizzati nell’ultimo periodo…»

«Ehm no… visto come tu eri impegnata ad odiare tutto e tutti…»

Osservò lui abbassando lo sguardo e anche il tono, mentre si grattava il capo nervosamente, ma venendo colto di sorpresa quando lei posandogli due dita sotto il mento gli diede un bacio a fior di labbra.

«Fortuna allora che adesso sono impegnata solo ad accorgermi dell’amore che mi circonda…»

 

Rieccomi qui con un nuovo capitolo di un fan fiction che spero tanto vi stia piacendo e vi stia appassionando. Ormai ci siamo, la battaglia finale è arrivata, ma… probabilmente le tragedie non sono ancora finite… non c’è solo una guerra mondiale di mezzo, ma una guerra contro il tempo… come finirà?

 

   
 
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