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Autore: SheDark    25/03/2017    0 recensioni
Tratto dal testo:
"Michael era capace di mettermi a disagio con la sola sfrontatezza, era una sensazione che odiavo e con cui allo stesso tempo avevo imparato a convivere.
«Tu mi odi vero?» formulai la domanda che mi frullava in testa da tempo con una semplicità che lasciò di stucco anche me.
Sapevo che avrei dovuto aspettare per avere una risposta."
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Prima storia della serie 5 Stuff Of Season (5SOS)
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '5 Stuff Of Season (5SOS)'
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Il suono fastidioso della sveglia per la scuola, che avevo scordato di staccare la sera prima, suonò per un po' prima che allungassi il braccio per afferrare il cellulare; mi stiracchiai sbadigliando, fuori dalla finestra splendeva un pallido sole.
Quel sabato mattina mi ero svegliata con una strana sensazione addosso, come se ci fosse qualcosa di importante che dovessi ricordare, ma proprio non sapevo di che cosa si trattasse. Scesi le scale seguendo il profumo e il rumore di pentolame che provenivano dalla cucina, pensando ancora a cosa dovessi ricordarmi.
«Buongiorno mattiniera. Io e Marvin abbiamo fatto i pancakes, fai colazione con noi?» salutò mamma, mentre vi versava sopra dello sciroppo d'acero.
Ringraziai e mi sedetti al tavolo, sorridendo al bambino coperto di farina fin sopra i capelli,  mentre la mamma ci porgeva i piatti.
«Sono contenta che tu e Michael vi conoscevate già.» disse allegra, sedendosi anche lei a tavola.
«Michael?» chiesi tra un boccone e l'altro.
«Il figlio di Daryl. Ieri sera mi hai detto che andate insieme alla Norwest.»
Nella mia testa udì un fragore di vetri schiantarsi al suolo mentre la notizia mi cadeva addosso con il peso di un macigno. Ecco cosa dovevo ricordarmi, non me lo ero immaginato! Ed io che speravo fosse solo uno scherzo della mia mente ancora addormentata: Michael Clifford era veramente il figlio di Daryl!
 

*  *  *
 

Finito di fare colazione mi precipitai a prepararmi e poi uscì di casa, dovevo fare quattro passi per metabolizzare la fatidica notizia.
Presi il cellulare scorrendo la rubrica; avrei voluto chiamare Luke, lui avrebbe sicuramente capito il mio disagio, ma sapevo che quel giorno era via con la sua famiglia e non volevo disturbarlo. Così selezionai il numero di Ashton; quando stavo per perdere la speranza e spegnere la chiamata, finalmente rispose.
«Samantha, hai presente che ore sono?» mi ammonì con la voce impastata dal sonno, Ash era sempre stato un gran dormiglione.
«Le otto passate. È ora di alzarsi, bello addormentato!» risposi allegramente, ma facendomi più seria subito dopo, «Ti devo raccontare una cosa.»
«Non puoi dirmelo più tardi? Stanotte ho fatto tardissimo.»  obiettò. Lo immaginai nel letto con un braccio a coprire gli occhi ancora chiusi, nella speranza che demordessi.
«No, non posso. Sto prendendo il pullman, mezz'ora e sono da te.» ribadì staccando la chiamata.
 

*  *  *
 

Decisi di non bussare, ma di fare il giro della casa e di entrare dalla porta secondaria che sarebbe stata sicuramente aperta. Sul retro trovai la madre di Ash intenta a curare il giardino.
«Buongiorno zia Anne » salutai andandole incontro per darle un bacio sulla guancia. Sebbene non fossimo imparentate fin da piccola l'avevo sempre chiamata così, e lo stesso facevano i suoi figli con mia madre.
«Giorno cara. Ashton è in camera sua, credo stia ancora dormendo.» disse, immaginando il motivo di quella mia visita.
«Grazie, lo andrò a svegliare io allora.»
«Buona fortuna!» scherzò mentre entravo in casa.
Nella cucina trovai Harry e Lauren (i fratelli minori di Ash) intenti a fare colazione, li salutai e raggiunsi la camera del mio amico.
Non accesi la luce e, attraverso il buio nella stanza, osservai il letto su cui giaceva una massa informe di coperte dalla quale spuntavano un braccio e una matassa di ricci. Tirai su le tapparelle, lasciando che i raggi del sole illuminassero la stanza (disordinata come al solito), seguiti dai lamenti sottomessi del ragazzo addormentato.
Aspettai qualche minuto sperando che la luce lo invogliasse ad alzarsi, ma come risposta Ashton si voltò dalla parte opposta alla finestra portandosi i lembi del lenzuolo fin sopra ai capelli. Mi sdraiai allora sul letto, incurante del corpo sotto alle coperte, per arrivare con le labbra all'orecchio del malcapitato.
«Ash, ti alzi?» sussurrai.
«No, lasciami dormire.» rispose in un grugnito, bloccandomi con un braccio nell'intento di tapparmi la bocca con la mano (tutto ciò ad occhi chiusi).
Io mi divincolai alla sua stretta, ritornando in piedi al lato del letto. «Ok, allora non mi lasci altra scelta.» dissi prendendo un lembo del lenzuolo e iniziando un conto alla rovescia, al cui termine tirai via la coperta al ragazzo.
«Samantha sei una merda!» saltò su lui, con indosso solamente un paio di pantaloncini, lamentandosi eccessivamente, «Stavo facendo pure un bel sogno.»
«Io un incubo.» dissi più a me stessa che a lui.
«E tu mi hai svegliato con tanta urgenza solo per un brutto sogno fatto sta notte?» chiese incredulo.
Negai con la testa. «L'incubo è iniziato quando mi sono svegliata.»
Dallo sguardo incuriosito e allarmato che aveva ora capì che avevo tutta la sua attenzione, mi sedetti accanto a lui e iniziai a raccontargli della sera precedente a casa di Daryl: della scoperta di Michael, della nostra partita ai videogiochi (che scaturì in Ashton una risata nel sapere che l'avevo stracciato) e della sua minaccia.
 

*  *  *
 

«Ma perché proprio a me? Perché proprio lui?» mi lamentai lasciandomi cadere sul materasso che sobbalzò leggermente, «Perché mi odi tanto maledetto Destino?» terminai teatralmente puntando il pugno al soffitto.
«Non starai esagerando?» chiese Ashton, che si rimangiò subito la parola dopo che fulminai con lo sguardo. «Era solo per dire.» disse alzando le mani in segno di scuse.
Ci fu un momento di silenzio, dove io continuai a domandarmi del perché la vita ce l'avesse tanto come me e lui che sembrava stesse pensando a come tirarmi su di morale.
«Bhe, prova a pensare positivo: magari la storia tra zia Rose e il padre di Clifford avrà vita breve e si lasceranno presto, così tu non dovrai più avere a che fare con quell'idiota.» ipotizzo Ash.
«Speriamo...» mormorai, anche se nella testa sapevo che era sbagliato desiderare una cosa simile, sopratutto dopo aver visto come Daryl riuscisse a rendere felice mia madre, e non me lo sarei mai perdonato se si fossero lasciati a causa di un mio capriccio. «Però non mi sembra giusto.» dissi dando poi voce ai miei pensieri.
«Allora dovrai provare ad andare d'accordo con Michael.»
«Ci proverò, anche se sarà difficile.» dissi alzandomi per dirigermi alla porta, «Grazie Ash, mi hai tranquillizzata.»
«Figurati.» un lungo sbadiglio, «Vai già via, vuoi uno strappo?»
«No, grazie, non disturbarti. Torno con mezzi.»
«Ok. Che ore sono?» chiese, mentre soffocava un altro sbadiglio.
«Le nove e mezza, più o meno, quasi quaranta.» risposi controllando dal cellulare.
«Io, se non hai altro da raccontare, tornerei a dormire ancora un po'.» disse, mentre recuperava le lenzuola e si sistemava nel letto. «Tu quindi che fai?» chiese poi, vedendo che ero ancora ferma sulla porta, «Vuoi fermarti qui?» continuò, invitandomi a prendere posto accanto a lui.
Valutai la proposta, rendendomi conto che effettivamente non ero ancora del tutto riposata e che un'altra ora di sonno non mi avrebbe fatto certo male.
«Ma si, dai. Aspetta che avviso mamma che sono qui.» dissi inviando un messaggio a mia madre.
Lasciai il cellulare sulla scrivania e raggiunsi Ashton, accoccolandomi al suo torace, come avevo già fatto altre mille volte. Mi lasciò un leggero bacio sulla fronte mentre mi stringeva protettivo con un braccio, il suo respiro regolare sul viso mi rassicurò e chiusi gli occhi.

 

*  *  *
 

Fu una vocina famigliare, unita a dei risolini sommessi, che mi obbligò ad aprire gli occhi. Ashton era ancora addormentato e mi stringeva tenendo la mano calda sul mio addome (probabilmente nel sonno mi ero girata).
«Marvin, che ci fai qui?» chiesi al mio fratellino che mi guardava con i grandi occhioni blu divertiti.
«Zia Anne ci ha invitato a mangiare da lei.»
Gli altri due bambini annuirono quando posai lo sguardo su di loro.
«È pronto!» annunciò Lauren. Diedi un colpetto al ragazzo per svegliarlo, che si strinse ancor di più a me mugugnando infastidito, prima di aprire gli occhi. «È ora di pranzo.» ripeté la sorella.
Lo sguardo di Ashton vagò sui tre ragazzini. «Grazie. Iniziate ad andare, noi vi raggiungiamo subito.»
Aspettai che Ashton si mettesse qualcosa addosso oltre ai pantaloncini e raggiungemmo la sala da pranzo dove erano scappati poco prima i tre bambini, e dove le nostre madri ci stavano aspettando per iniziare a mangiare.
«Buongiorno, piccioncini. Finalmente ci degnate della vostra presenza!» scherzò mia madre appena mettemmo piede nella stanza, scaturendo le risate degli altri e mettendo noi completamente in imbarazzo.
Io ed Ashton non stavamo insieme, mi era persino difficile vederci come fidanzati: non saremmo mai potuti essere tali, anche se a volte  i nostri atteggiamenti e modi di fare potevano far pensare il contrario. Infatti sembrava che le nostre madri (specialmente la mia) si erano convinte che facessimo coppia, ma che glielo nascondessimo per qualche strano motivo. Ma in verità non avevamo proprio nulla da nascondere; eravamo solamente due amici molto, molto stretti.
 

*  *  *
 

Dopo pranzo Marvin rimase a giocare a casa di zia Anne, mentre mia madre andava a fare delle commissioni, fatto che spiegò la loro presenza a casa Irwin. Io ed Ashton ci prendemmo un pomeriggio solo per noi, e così decise di portarmi al cinema per distrarmi dall'idea di Michael.
«Allora, cosa vuoi andare a vedere?» chiese dirigendosi verso la biglietteria.
«The Avengers, può andare?» dissi incerta, scrutando sul tabellone digitale i film in programmazione.
«Perfetto direi. Io prendo i biglietti, tu i popcorn!»
«Va bene.»
Lo raggiunsi poco dopo con il mio bottino e insieme ci accomodammo nella sala multimediale.
Mentre aspettavamo che iniziasse il film mi guardai intorno, inutile dire il mio stupore quando notai che tra il pubblico c'era proprio lui: il mio perseguitatore.
«Ashton,» lo chiamai dandogli dei colpetti sul braccio, «mi è sembrato di vedere Michael Clifford.»
«Ne sei sicura?» glielo confermai annuendo, «Non ci fare caso. Guarda sta anche iniziando il film!»
Mi voltai un ultima volta, Michael mosse impercettibilmente il capo in segno di saluto quando incrociai i suoi occhi indecifrabili.
 

*  *  *
 

«Wow. Fantastico!» esclamò Ashton appena usciti dal cinema,  «Hai visto che bello? Ironman è stato fenomenale! Oh, ed Hulk? “Hulk spacca”!» continuò a commentare animatamente, citando una frase del film appena visto.
Io sorrisi, a volte sembrava di avere a che fare un bambino. Rettifico: Ash è un bambino, solo un po' troppo cresciuto.
Mi sentii toccare la spalla, così mi voltai trovandomi davanti Clifford. «Possa parlarti un secondo?» chiese.
Guardai allarmata il mio migliore amico, che mi spinse con lo sguardo ad andare, prima di acconsentire con un “ok”. Ci allontanammo leggermente e ci fermammo una di fronte all'altro; lo scrutai incuriosita attendendo che prendesse parola e sperando che si dasse una mossa.
«Tregua?» domandò.
Spalancai gli occhi incredula, aveva veramente detto ciò?
«Sembra che la relazione tra i nostri genitori stia prendendo una piega più seria. O almeno è quello che vorrebbe mio padre: non fa altro che parlare di Rose-Anne,» continuò spiegandomi le motivazioni, «e non vorrei che i nostri diverbi possano interferire con la loro storia.»
Quel ragazzo mi stupiva sempre di più.
«Va bene, la penso come te.» dissi semplicemente, dopo aver ascoltato attentamente le sue parole.
«Quindi?» chiese porgendomi la mano destra.
«Tregua!» assenti stringendogliela.
Dopo esserci salutati con un “ci vediamo”, raggiunsi Ashton che mi aspettava vicino alla sua auto parcheggiata, visibilmente incuriosito, e nel tragitto gli raccontai ciò che era appena successo.

   
 
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