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Autore: baby80    26/03/2017    12 recensioni
Ho voluto immaginare un epilogo differente della puntata "accusa di tradimento". Cosa sarebbe successo se...
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Si dice che, poco prima di abbandonare il mondo terreno, tutta la propria esistenza si figuri davanti agli occhi, come un racconto del passato o uno spettacolo di commedianti.
Ne avevo letto in innumerevoli libri, ed ogni volta avevo avuto per quella fantasia un sentimento di curiosità e scetticismo, è mai possibile che un uomo in punto di morte, consapevole di avere meno di un battito di ciglia da vivere, senta il desiderio di ripercorrere ogni momento della sua stessa vita? È un'azione che si compie coscientemente oppure è l'intelletto a gettare sul cuore un tale fardello?
Furono questi i pensieri che mi riempirono la mente quando mio padre decise che era giunta l'ora di correggere l'errore che io, il figlio prediletto del generale Jarjayes, avevo osato compiere contro la famiglia Reale.
Mi parve ovvio, quindi, smentire le teorie che tendevano a romanzare l'attimo che precede la morte, poiché non vi era nulla di poetico nella venuta della dama con la falce, o quantomeno non fu così per me.
Non mi riuscì di pensare a nulla, ci provai, tentai con tutta me stessa di condurre al mio cuore anche il più piccolo granello di memoria; il volto di mia madre, il profumo dei biscotti di Nanny, il calore del sole sulle colline di Arras, ma non vi fu verso, non successe alcunché.
Credetti di aver smarrito anche l'ultimo velo di umanità, poiché mi parve che perfino il sangue avesse smesso di scorrermi nelle vece.
Cosa mi stava accadendo? Eppure un istante prima avevo supplicato il perdono, chiedendo che mi venisse risparmiata la vita, non per me stessa, certo, ma per i dodici soldati del mio reggimento, coloro che non avevano esitato a dimostrare per me la più cieca fedeltà.
Seguitai a rimanere nella medesima posizione, su di una sedia che era stata scelta per divenire il patibolo della mia esecuzione, così mi rassegnai al mio destino e in silenzio ascoltai ciò che il boia aveva da dire.

“Non posso perdonarti. E poi qualunque cosa tu facessi sarebbe inutile, quando in una famiglia notoriamente devota al Re c'è un traditore l'unica soluzione è la morte. Non devi aver paura, io ti ucciderò chiedendo perdono a Dio e poi ti seguirò.”
le parole scivolarono fuori con una pesantezza millenaria, la stessa ch'io avvertivo comprimermi l'anima e fu allora che qualcosa si sciolse dentro di me, gettandosi ai margini del mio sguardo.
Le lacrime mi bruciarono gli occhi e la loro venuta rese vacua la visione del piccolo mondo che avevo davanti, e non potei trattenere la lingua quando confessò il rispetto che nutrivo per lui, per quel genitore imperfetto e severo, ma che ancora possedeva la mia stima.
Aveva mutato la propria figura nel più spietato degli assassini, avrei dovuto odiarlo e gettargli addosso tutto il disprezzo e il rancore di un'intera vita, ma contrariamente a ciò che la ragione suggeriva, ebbi per lui un sentimento novello, e provai pena per l'uomo che, nell'antiquata posa del soldato, così difettosa quella sera come mai lo era stata, brandiva la spada in una mano malferma.

“Sarebbe la peggiore delle soluzioni, perché sarei la causa della vostra morte padre.”
parlai con franchezza permettendo al rimpianto di scivolare lungo le gote, e fu un pianto sommesso, impercettibile, così dolorosamente taciuto da sembrar fasullo.
Non fu il comandante Oscar Francois De Jarjayes a enunciare tal verbo, ma quella ragazzina lontana che tempo addietro accettò il proprio destino per compiacere colui che, nel suo animo incorrotto, era al di sopra di qualsiasi Dio, e che quella sera d'estate era riemersa per gridargli, senza urla, l'amore che non era più possibile portare in sé, e dirgli addio.
Perché ormai non vi erano più eroi da seguire.

“Non importa, tanto la mia vita è finita ormai.”
sentenziò con il pianto ad incrinargli quel timbro che alle mie orecchie era sempre stato imperioso.
Mi parve quasi di udire, tra le righe, un rimprovero per se stesso.
Dove avete sbagliato padre? È questo che vi state domandando non è vero? Io stessa potrei rivolgervi la medesima supplica, dove abbiamo sbagliato? Cosa stiamo diventando?
Placatevi padre, perdonate voi stesso, così come io sto facendo.
Non mi era possibile vederlo ma percepii un alito d'aria alle spalle, un leggero soffio che smosse i capelli e sotto i quali si infilò, per lambire il collo quel tanto da suscitarmi un mortale tremito lungo la schiena.
Ero pronta a morire.
No, in verità non lo ero affatto e maledissi la mia sete di vita perché ero certa che avrebbe combattuto fino all'ultimo respiro. Il corpo, i sensi, ogni fibra della mia persona si sarebbe aggrappata a qualunque cosa prima di arrendersi, al diavolo in persona se mi si fosse parato dinnanzi, e questo significava che, se il generale avesse sferrato il colpo con l'esitazione che un animo turbato è legittimato a provare, per me sarebbe iniziata una interminabile agonia.
Sussurrai senza voce una litania che mai nessuno avrebbe ascoltato, e desiderai l'odio di mio padre, quello che lo avrebbe condotto nel turbinio di una furia priva d'incertezza, e d'una forza tale da uccidermi senza riserve.
Colpitemi senza pietà, fatelo subito perché non sono sicura di poter oppormi ancora per molto al fuoco che m'infiamma il petto e che sta urlando di alzarmi da questa dannata sedia e cominciare a combattere.
Lo ripetei dieci, cento, mille volte, nell'attesa che la lama si poggiasse a ridosso del mio collo, gelida e incandescente al tempo stesso, ma i secondi divennero ore e le ore secoli, forse avevo perduto la cognizione del tempo, o magari, pensai, la morte si era già impossessata di me.
Poi vi fu il boato del tuono, che giunse un istante prima della pioggia, imperiosa fin dal principio e, nell'attimo che mi ci volle per serrare e riaprire le palpebre, il grande lampadario al centro della stanza prese ad oscillare, tintinnando una folle melodia, ed il velo dell'oscurità si posò leggero su ogni dove. Percepii il tipico odore delle candele spente, un'essenza di zolfo che mi condusse in certi meandri nascosti della memoria che ignorai volutamente, poiché non era quello il tempo per i sentimentalismi.
Qualcosa attirò la mia attenzione, un nuovo rumore, ed una voce che avrei potuto riconoscere senza ombra di dubbio nel pieno centro d'una folla.

“No, non lo fate!”
fu un grido poderoso e asciutto, privo d'ogni timore, quello che André condusse nella stanza.

“André ma che cosa vuoi fare? Vattene! Vattene!”
“No non me ne vado Signor Generale, non me ne vado. Non vi permetterò di uccidere Oscar!”
lui non lo avrebbe permesso!
Mai prima d'allora vi era stata una tale insolenza nei riguardi di mio padre, il fidato André eternamente garbato ed ossequioso servì, a quello che era stato il suo padrone, quel lato nascosto ed oscuro di sé contro cui mi imbattei io stessa, una sera di qualche anno addietro.
Il bagliore del lampo si infranse contro la grande vetrata donandoci quella luce che era venuta meno, là dove vi era in corso la tragedia d'un tradimento, e potei così scorgere dalla sommità della mia altezza lo scontro tra le due figure maschili che erano tutta la mia vita.
Come fu che mi ritrovai sui piedi non me lo spiegai, avevo abbandonato la seduta senza rendermene conto, ma nuovamente mi era impossibile muovere anche un singolo passo.
Immobile testimone in attesa del colpo di scena seguente, esaminai con attenzione l'alterco che stava riempendomi la vista, e mi soffermai sulle mani di André, strette attorno alle braccia del mio sicario, il viso premuto contro il suo petto, in una posa che, se la scena non fosse stata tragica, avrebbe assunto il colore della burla, ma non fu il riso ad increspare le mie labbra.

“Badate sono pronto a sparare, non vi muovete perché io adesso andrò via assieme ad Oscar.”
dichiarò André con decisione, con un tono che non avrebbe ammesso repliche, ed il mio cuore ignorò di battere e temetti si sarebbe fermato del tutto quando udii con chiarezza il suono della sicura della pistola.
Stai facendo sul serio, non è così André?

“Cosa? Tu vorresti scappare con Oscar?”
domandò mio padre con la spavalderia di chi conosce di già la replica ma, non pago di ciò, esige l'impossibile dal proprio avversario. E la risposta di André non tardò.

“Si.”
la battuta fu lapidaria nella sua brevità, eppure quella semplice affermazione ebbe il potere di colmare l'intera stanza d'una forza che io non possedevo più.

“E magari vorresti sposarla. Non è vero?”
chiese il generale abbassando gli occhi, così simili ai miei, sull'uomo che lo stava minacciando con un'arma, un uomo che probabilmente nulla più aveva da spartire con il ragazzo che aveva accolto dio solo sa quanti anni prima nella propria casa, e che scioccamente pensava di conoscere.
Ciò che sorprese me fu scoprire che, per mio padre, l'idea che André nutrisse il desiderio di sposarmi non fosse una rivelazione così sconcertante, come contrariamente lo fu per me.
Da quando, padre, covava in voi il sospetto? Quando avete capito che l'attendente era divenuto un prigioniero d'amore?
Lo avete capito prima di tutti noi, non è vero? È questo che temevate ogni qualvolta il vostro sguardo ci scopriva insieme?
Eppure è stata anche vostra la colpa, poiché voi avete deciso di metterlo al mio fianco, come un'ombra, foraggiando una complicità che ha attecchito nel profondo, contro ogni previsione.
Assorta in quel subbuglio di congetture trascurai la realtà che era pregna d'una tensione che sarebbe potuta sfociare nell'irreparabile, da un momento all'altro.

“No, sarebbe una grossa sciocchezza perché...”
cominciai ad udire quella che mi parve fin dal principio una ferma obiezione, ma il seguito sfuggì al mio orecchio, divenni sorda quando percepii le dita di André stringersi attorno al mio polso. Volsi il viso nella sua direzione e vi trovai il profilo, e mi attardai sui capelli che aveva seguitato a tagliare da che era stato costretto a reciderli per impersonare il cavaliere nero, e sul contorno del naso, la forma delle labbra e la mascella importante, ben delineata, i cui muscoli vedevo contrarsi ritmicamente, agitati dalla irrequietezza del momento.
Ti ho portato fino a questo punto?
Le ferite sono ormai aperte, possiamo fermare il sangue?
Lasciamole sanguinare.
Il sangue purifica il dolore.
È giunto il momento di alzarci e cambiare questo mondo.
Seguitai ad osservare il suo volto sussurrando quelle parole che l'anima scambiò per un infantile incantesimo, ma lui non le udii, distratto dalle urla del generale e, probabilmente, dalla paura ch'io mi potessi rifiutare di seguirlo. La presa attorno al mio polso si fece impetuosa, quasi violenta, ed anche quando iniziai ad agitare il braccio, per trovare una via di fuga, lui non abbandonò la figura di mio padre. Fu quando riuscii ad eludere la sua mano che potei scorgere finalmente il suo volto, trasfigurato da quella che mi sembrò l'espressione gemella d'una antica rabbia, ma ancora non possedevo il suo interesse.

“Mi dispiace non posso perdonarvi!”
sentenziò colui che aveva vestito ancora una volta i panni dell'ingannato.
Potei quasi vedere il respiro che oltrepassò la bocca di André, pesante come un macigno, e vi furono ancora le sue dita a rapire il mio esile polso, e la mia mano furiosa che trovava l'agio, solo per un istante, il tempo di afferrare la sua mano e intrecciare le mie dita alle sue.
Fu allora che ebbi la sua piena attenzione.
  
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