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Autore: Himenoshirotsuki    26/03/2017    7 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Fuoco 2

4

Piegarsi e non spezzarsi

- Sveglia, dormigliona, è ora di andare! -
Nemeria si girò dall'altra parte, tirandosi la coperta fin sopra la testa. Non aveva assolutamente voglia di alzarsi, tanto meno di intraprendere un dialogo con Altea.
La sera prima, con Hirad si erano spinti oltre i tunnel conosciuti e avevano trovato il corpo di un uomo famoso – almeno a detta del ragazzo – e il compagno aveva insistito non solo per mappare l'intera zona, ma anche per riprodurre fedelmente ogni singolo soggetto sulle pareti. Nemmeno dopo diverse ore Nemeria era riuscita a dissuaderlo dal suo lavoro. Erano tornati che la cena era già stata servita e tutti erano già andati a dormire. Gli unici ancora svegli erano Noriko e Dariush che, non appena li aveva visti rientrare, si era fatto fare il resoconto dettagliato di tutto quello che avevano fatto. Inutile dire che Hirad aveva glissato sul fatto che avesse riempito pagine e pagine di disegni di pesci, uccelli e rami d'ulivo, limitandosi a mostrargli la mappa ampliata delle catacombe.
- Altea, davvero, lasciami dormire... ieri siamo tornati tardi e oggi pomeriggio dovremo tornare per definire e marchiare i tunnel. -
- No, oggi non andrai di nuovo in giro con Hirad. Sei qui da tre settimane e finora lo hai sempre seguito nelle sue esplorazioni. I dottori dicono che passare troppo tempo sottoterra faccia male, quindi oggi verrai con me a prendere un po' d'aria fresca e a imparare a fare la spesa. -
La prese per un braccio e la costrinse a mettersi seduta con ben poca grazia. Nemeria si stropicciò gli occhi e si coprì la bocca per nascondere uno sbadiglio. “Fare la spesa” era il termine che i ragazzi usavano per indicare quando uscivano a rubare. Sapeva che prima o poi sarebbe toccato anche a lei, ma non credeva così presto. Non si sentiva pronta.
Fuori, sedute vicino al fuoco, le attendevano Afareen e Chalipa. Entrambe si erano legate i capelli, rispettivamente in una coda e in una treccia che partivano dalla sommità del capo, e sopra la tunica entrambe avevano indossato un caftano di cotone che aveva visto tempi migliori. Chalipa aveva in testa anche una tiara che, originariamente, doveva essere stata laccata in oro, ma che ora conservava solo i residui del suo originario splendore. Stavano parlando a bassa voce, Chalipa teneva sotto controllo la pentola sul fuoco, senza mai smettere di girare il mestolo, mentre Afareen sbatteva qualcosa in una ciotola di terracotta sbreccata. Ai suoi piedi, disposti in tre piccoli piattini, Nemeria riconobbe delle mandorle scottate, granella di pistacchi e un po' di cannella.
“Il falò è acceso anche la mattina?”
La logica le suggerì che non l'aveva mai notato perché lei e Hirad erano puntualmente gli ultimi ad alzarsi.
Altea si avvicinò alle due ragazze e gettò un'occhiata nella pentola, corrugando le sopracciglia confusa quando Afareen la allontanò con uno scherzoso spintone.
- È vietato sbirciare prima che il piatto sia finito. - la ammonì con un sorriso, versando il contenuto della ciotola all'interno, - Stamattina, finalmente, possiamo mangiare qualcosa di più gustoso del solito pane secco. -
- E cosa stareste preparando? Più che due cuoche, sembrate due streghe con quel mestolo. -
- Gne, gne, gne. La solita simpaticona. - le fece il verso Chalipa.
- Ignorala, Chal. - commentò Afareen, incrociando le braccia sul petto con aria tronfia, - Quando assaggerà il nostro manicaretto, si azzittirà da sola e ci pregherà per averne ancora. E sai noi cosa risponderemo? -
Si scambiarono uno sguardo d'intesa e scoppiarono a ridere, e con loro anche Altea.
Nemeria, che aveva seguito distrattamente la discussione, si lasciò cadere per terra a gambe incrociate e, sbadigliando, si guardò intorno. Oltre a loro tre non sembrava esserci nessun altro sveglio. Sicuramente i gemelli erano già usciti per andare in ricognizione assieme a Dariush. Nell'ultima settimana aveva sentito dire che le altre bande avevano dato non pochi problemi, anche se Nemeria non capiva esattamente cosa avessero fatto. La stupiva persino che ci fossero altri ragazzi organizzati come loro.
- Beh, dovremo aspettare un po'. -
Altea si sedette vicino a lei, interrompendo il flusso già discontinuo dei suoi pensieri. La Sha'ir sembrava già sveglia e lucida. Come facesse a essere così di buon umore di primo mattino, per Nemeria era un mistero.
- Non pensare che questo piccolo contrattempo ti salvi, eh. Oggi vieni in giro con me e diventerai un'ottima “cliente”. - le scompigliò i capelli con la stessa espressione di un bambino che ha appena combinato una marachella, - E poi hai davvero bisogno di prendere un po' di sole e di respirare aria pulita. Sei pallida come un cencio. Se non sapessi che sei andata in giro per le gallerie con Ratto, direi che sono giorni che non dormi. -
Nemeria si spostò alcune ciocche ribelli dagli occhi. Nell'ultima settimana la Madre le aveva donato un sonno senza sogni, solo un caldo e confortevole buio dal quale faceva fatica a svegliarsi. Era quasi un dolore fisico aprire gli occhi e abbandonare quel torpore accogliente per ritornare alla realtà. Aveva anche smesso di preoccuparsi di Hirad, di quello che aveva scoperto e della loro scommessa. Quasi tutte le cose che prima la tenevano sveglia la notte avevano perso interesse ai suoi occhi.
- Per caso rientri in quella categoria di persone che prima di una certa ora non parlano con nessuno? - sbuffò scocciata Altea.
- Sono state delle giornate pesanti. - si giustificò con un'alzata di spalle.
La Sha'ir sbuffò e scosse la testa. I pendagli che aveva alle orecchie tintinnarono assieme alla catenina che li univa, un suono delicato che a Nemeria ricordava il cinguettio di un fringuello.
- Piuttosto, come ti trovi con Noriko? -
Oh, voleva sapere come andava? Non la vedeva mai e, quando accadeva, non si rivolgevano più di due o tre parole. Anche questa, pensò, doveva essere una specie di benedizione della Madre. Quegli occhi così tersi e freddi, che sembravano intimarle di allontanarsi e allo stesso tempo la incitavano ad aprirsi, le facevano paura.
- Non la incontro spesso. Abbiamo incarichi diversi e rincasiamo a orari diversi. -
Aveva scelto la risposta più neutra che le era venuta in mente, ma Altea la fissò con l'aria di chi si aspettava altro. Nemeria spostò lo sguardo sulle fiamme, cercando di dipanare la foschia soporifera che si era insinuata nei suoi pensieri. In quel momento si sentiva come quel fuoco: debole, stanco, incerto. Sarebbe bastata una folata di vento un po' più forte delle altre per spegnerla.
- Non è che non mi stia simpatica. Solo, stando sempre fuori, non abbiamo avuto tempo di conoscerci. Credo che sia una brava persona, un po' chiusa, ma comunque a suo modo gentile. - si sentì in dovere di aggiungere.
Altea annuì e spostò anche lei la sua attenzione sulle fiamme.
Un intenso odore zuccherino di pistacchi e cannella aveva pervaso l'aria. Nemeria inspirò profondamente e, come se non avesse atteso altro, il suo stomaco gorgogliò, scatenando le risate delle tre ragazze. Poi Chalipa, armata con due stracci di spesso cotone, prese la pentola, la versò in una piccola teglia che Afareen le aveva avvicinato e corse verso un altro vaso pieno d'acqua. Non appena l'appoggiò sulla superficie, nuvolette di vapore si alzarono spiraleggiando verso l'alto.
- Beh, direi che abbiamo finito. - commentò Chalipa.
- No, manca il tocco finale. -
Rapida come un gatto, Afareen schiaffò via la mano della sua compagna prima che la immergesse nella crema. Spostò la teglia sulla sedia dietro di lei e la spolverò con la cannella e i pistacchi sbriciolati, aggiungendo infine le mandorle.
- Ecco qua, ora è davvero finita. - si girò a guardarli e un sorrisetto divertito fece capolino sulle sue labbra quando da una tasca del caftano tirò fuori quattro cucchiai, - Su, assaggiate, l'ho fatto per mangiarlo, non per rimirarlo. Per quello ci sarà tempo dopo. -
- Ma che cos'è? - domandò Nemeria.
- Esatto, cosa sarebbe? Sembra un budino, ma ci hai messo sopra un sacco di roba. E questo... - Altea annusò concentrata, - Questo è zafferano! Dove l'avete trovato?-
La ragazza annuì compiaciuta, prima di rivolgere la sua attenzione a Nemeria.
- Si chiama Shaol-El-Zerdan, è un piatto che mia madre cucinava spesso nei giorni di festa. In teoria avrei dovuto disegnare un piccolo sole con la cannella e disporre le mandorle in modo da farne i raggi, ma la mia famiglia non è mai stata molto religiosa. Mia nonna diceva sempre che mettere Dio nella cucina rovina anche i piatti migliori e io non posso che trovarmi d'accordo. - spiegò con un sorriso, gustandosi il suo cucchiaio di dolce, - Per quel che concerne la tua domanda, Altea, gli ingredienti me li hanno procacciati i gemelli e Hami. La scorsa settimana è arrivato un carico di spezie dalla Sherazadara e, mentre il mercante trattava sul prezzo, loro ne hanno approfittato per prelevarne un po'. In cucina ho anche del cumino, aneto, sommacco e mirto, anche se non so esattamente come usarli... -
- Troverai un modo, ma, davvero, lasciatelo dire, hai superato te stessa questa volta. Questo budino è f-a-n-t-a-s-t-i-c-o. Mi rimangio in parte quello che ho detto. Non sei una strega, ma una maga della cucina. - la elogiò Altea.
- Concordo pienamente. - si unì Chalipa, - Ma dobbiamo lasciarne per forza un po' agli altri? Io me lo mangerei tutto anche ora. -
- Guarda che non va bene. Diglielo, Nemeria! - la incitò Altea, mentre si serviva con un altra cucchiaiata di dolce.
Nemeria alzò la testa, disorientata e con ancora la crema in bocca, scatenando l'ilarità generale. Altea le diede un buffetto sulla guancia, guadagnandosi un'occhiata a metà tra il trasecolato e l'infastidito, che però la fece ridere ancora più forte.
- Abbiamo mangiato abbastanza, stamattina. Se ci ingozziamo, non riusciremo a camminare, figuriamoci correre. - restituì il cucchiaio ad Afareen e fece a Nemeria cenno di seguirla, - Muoviti, scoiattolo, il tempo è denaro. -
- Come mi hai chiamata? -
- Hai sentito benissimo, non farmelo ripetere. -
- Ma... ma che... perché? -
La Sha'ir ridacchiò e si massaggiò il mento con finta aria meditabonda. L'espressione allegra che aveva sul viso le illuminava gli occhi e le accendeva lo sguardo e Nemeria non riuscì a non sorridere a sua volta.
- Non lo so, sinceramente, mi è venuto spontaneo. Insomma, non sono un'intellettuale, mica mi faccio delle domande quando appioppo soprannomi alla gente. -
- In realtà, di solito c'è un motivo... -
Non fece in tempo a terminare la frase, che la Sha'ir le batté una pacca sulla schiena così forte da farle quasi perdere l'equilibrio.
- Pensi troppo, scoiattolo, e pensare toglie tempo al lavoro. Sai come dice il proverbio, no? -
- Chi ha tempo non aspetti tempo? -
- Esattamente! Ora mettiti i vestiti più comodi che hai e le scarpe buone. Sia mai che durante la fuga ti si rompa un sandalo! -
Nemeria sospirò e obbedì, dirigendosi di nuovo alla sua tenda. Quando spostò il lembo, si sedette sulla stuoia e si cambiò, mettendosi un paio di calzoni tagliati poco sotto il ginocchio e una tunica smanicata di un verde spento. Le stava un po' larga, d'altronde era appartenuta a Noriko fino ad appena una settimana prima, ma non poteva pretendere di meglio. Dariush aveva deciso che della ventina d'abiti che i gemelli e Hami erano riusciti a rubare, lui aveva diritto, in quanto capo, a tenerne dieci, al posto dei due che spettavano a ogni membro della famiglia. Ovviamente, la nuova arrivata si sarebbe dovuta accontentare degli scarti degli altri. Dal momento che non si era fatta così tanti amici, l'unica cosa che aveva guadagnato erano quegli indumenti da parte di Noriko.
Sospirò e il suo sguardo si spostò sulla stuoia della sua compagna. La sua parte di tenda era perfettamente ordinata, con il cuscino sprimacciato e i pochi averi che possedeva raccolti in semplici scatolette di legno. La lanterna colorata giaceva vicino al guanciale spenta, eppure i vetri che la ricoprivano emanavano un lieve luccichio, come se in ognuno di essi fosse stata intrappolata una piccola lucciola. Nemeria la prese e se la rigirò tra le mani, osservando i motivi floreali che si intrecciavano su tutta la superficie.
L'elementale del fuoco non si era più ripresentato e non aveva risposto alla sua chiamata quando aveva provato a evocarlo. Etheram le aveva detto che gli elementali erano esseri capricciosi e l'aveva messa in guardia, facendole presente in più di un'occasione che l'affinità non era un fattore sufficiente per dominarli. Per quanto Nemeria sapesse che era vero, mai come in quei giorni si era sentita così frustrata nel constatarlo. Aveva persino tentato di attingere al potere dell'aria, ma, ovviamente, a parte guadagnarsi un'occhiata stranita di Hirad e procurarsi un gran mal di testa non era riuscita.
- Scoiattolo, sei ancora viva? - la testa di Altea fece capolino da dietro la tenda, - Ah, stavi guardando la fanoos di Noriko? -
Nemeria si girò a guardarla interrogativa e la Sha'ir sospirò con fare teatrale.
- Due settimane qui a Kalaspirit e non sai nemmeno cosa sono? Per tutti gli dei, ma Hirad non ti ha spigato proprio nulla. -
- No, me ne ha spiegate di cose, è solo che... -
- Te ne ha spiegate troppe tutte assieme, lo so, lo so. - completò, prendendo la lanterna tra le mani e tirandola su per la catena ad altezza del naso, come per osservarla meglio, - In ogni caso, queste vengono usate durante il periodo della Randama dagli Svegliatori, così li chiamano. Vanno in giro poco prima dell'alba con un piccolo tamburello per svegliare e ricordare di mangiare. -
“C'è gente che si dimentica di mangiare?”
- Da quello che so, Noriko non crede in nessun dio, né tiene particolarmente al suo aspetto o alle cose di valore, quindi non ho mai capito perché ci tenga così tanto. - stava dicendo Altea senza staccare gli occhi dalla lanterna, - Anzi, meglio che la rimettiamo a posto prima che torni e ci riempia di botte per aver spostato le sue cose. -
- Noriko non mi sembra così violenta. -
- Perché non l'hai mai vista arrabbiata. E fidati, persino Dariush ha paura di lei quando accade. - si scrollò via la polvere dai calzoni e si passò una mano tra i capelli, scrollando la testa, - Adesso però dobbiamo muoverci, altrimenti avremo troppa concorrenza al mercato. -
Con un sospiro sconsolato, Nemeria seguì Altea fuori dal rifugio.
A scapito di quello che credeva, la Sha'ir si muoveva con grande familiarità nelle gallerie, come se le conoscesse a memoria. Solo Hirad aveva quella sicurezza, almeno questa era l'impressione che aveva avuto andando in giro con lui. Forse avevano passato tanto tempo insieme.
Si infilarono in un cunicolo che sbucava in un vicolo dietro la bancarella di Kamran, il mercante di perle più fornito della città. Quando uscirono, la luce le ferì gli occhi e l'aria fresca le diede un capogiro, tant'è che si dovette appoggiare al muro e schiacciarsi le mani sul viso per proteggersi dal sole. Soltanto dopo un momento e dopo varie esitazioni, Nemeria si decise ad abbassarle. Si trovavano in una stradina acciottolata, fiancheggiata da un'alta fila di case di pietra bianca, ognuna con un balcone abbracciato da una rete di dipladenie in fiore, che si arrampicavano per tutta la facciata fino alle grondaie.
- Dove siamo? - domandò spaesata, senza smettere di guardarsi intorno.
- Siamo nel Quartiere dell'Ambra. Qui potrai trovare gioielli, gemme e oggetti preziosi da regalare al tuo amato marito oppure alla tua amante trascurata. - recitò Altea, scimmiottando una voce maschile, - Questo è il quartiere dei ricconi. Viene gente importante a fare compere e di solito c'è sempre qualcosa di interessante da rubare. -
- Ma a noi non servono cose del genere. -
Nemeria si acquattò vicino a lei, allungando il collo per sbirciare oltre la sua spalla.
- Sì, invece. Spesso ci limitiamo a prendere solo cose di prima necessità, ma a volte tentiamo anche noi un colpaccio. Ti immagini che vita potremmo fare se riuscissimo a impadronirci di quella spada o di quello scudo e rivenderlo? -
Nemeria seguì la direzione del suo dito e aguzzò lo sguardo. Un uomo con dei mustacchi neri come la pece e un turbante di uno stravagante verde smeraldo stava mostrando una sciabola con l'elsa rastremata a un cliente, il quale, a parte annuire di tanto in tanto, sembrava più interessato all'arma che alle spiegazioni offerte dal mercante. Lo scudo era molto semplice, un disco concavo bronzeo con i bordi decorati con delle scritte sbozzate direttamente nel metallo. Era davvero di pregevole fattura, su questo Nemeria concordava, solo non aveva la più pallida idea di come Altea volesse rubarlo senza farsi scoprire.
- Niente panico, non sarai la mia compagna in quest'impresa. - la rincuorò la Sha'ir con un sorriso a metà tra il serio e il faceto, - Sei ancora troppo inesperta, e comunque quella roba è molto pesante. Forse con l'aiuto di Dariush potremmo riuscirci, ma non è un furto che si possa lasciare al caso, bisogna pensare a un piano. Anche perché questo posto è molto controllato, una mossa sbagliata e ci ritroveremmo addosso sia le guardie che i Cani Rossi. -
- I chi? -
- I Cani Rossi. Ratto non ti ha detto nulla? -
Per l'ennesima volta, Nemeria dovette scuotere la testa. Altea sospirò e si massaggiò la radice del naso, borbottando qualcosa che la compagna non riuscì a capire.
- Vieni con me. Non puoi fare bene la spesa se non sai dove devi farla e soprattutto da chi guardarti le spalle. -
Le afferrò il braccio e, dopo aver controllato a destra e a sinistra, la trascinò dall'altra parte della strada, per poi imboccare una via meno affollata, dove a parte qualche bancarella che vendeva dolciumi e frutta secca c'erano solo taverne e alti palazzi eleganti.
- Allora, cosa sai di Kalaspirit? -
- Poco. Prima di due settimane fa non c'ero mai stata e quello che so è... quello che sanno tutti. - ammise Nemeria, spostando la sua attenzione su un dromedario scortato da sei uomini armati.
Portava sul dorso una lettiga, drappeggiata con un baldacchino di lino bianco e azzurro abbastanza leggero da ingrossarsi a ogni minimo refolo d'aria, ma abbastanza scuro da celare la figura distesa all'interno.
- Facevi prima a dire che non sai nulla. Ciò che gli stranieri sanno di Kalaspirit è quello che Kalaspirit vuole che gli stranieri sappiano, e fidati, è tutto fuorché la verità. - intrecciò le dita dietro la nuca e calciò un sassolino lontano, alzando gli occhi al cielo, - Allora, Kalaspirit è divisa in nove distretti che prendono il nome di quartieri cittadini. Ognuno di essi è famoso per il mercato e la tipologia di locali che ci puoi trovare. Per esempio, nel Quartiere del Fuoco ci sono i bordelli più puliti, mentre qui, nel Quartiere d'Ambra, a ogni angolo c'è un orefice pronto a costruire collane, diademi e tiare con le pietre più belle e rare. -
- Nel nostro quartiere cosa c'è? -
- In una parola? Povertà. Un tempo, almeno questo è quello che racconta Hirad, nel Quartiere delle Ossa c'era un grande traffico di cacciatori, uomini che si avventuravano oltre il grande deserto per commerciare con gli Sha'ir della Valle di Sindhu. Si dice che siano stati proprio loro a portare gli elefanti al nostro sultano, come dono da parte del Rajeh dell'Impero di Skandaaleshan. -
Nemeria annuì, seguendola sotto l'ombra di un cornicione. Ricordava quel viaggio, era stato uno dei più lunghi che aveva fatto con la sua tribù. Era rimasta affascinata da quelle terre, dove l'estate era lunga e ventosa e l'inverno mite, con il sole che faceva spesso capolino da dietro l'usuale fitta nebbia. Era stato durante uno di quei giorni uggiosi che lei, suo fratello Rakshaan ed Etheram, mentre mangiavano il puari, sfogliatine gonfie e croccanti spolverate con pepe e aglio, avevano visto due leopardi delle nevi. Si aggiravano inquieti nella gabbia, mentre acrobati e mangiafuoco si affrettavano a far transitare i carri all'interno dell'arena, dove quella sera stessa avrebbero indetto il loro spettacolo. A Nemeria gli occhi di quegli animali erano sembrati immensamente tristi, logorati da una lunga prigionia.
- Mi stai ascoltando? -
La voce scocciata di Altea e lo schioccare delle sue dita davanti al naso la strappò al flusso dei ricordi. Si stropicciò gli occhi e ricacciò indietro le lacrime con un profondo respiro.
- Oh, ho detto qualcosa che ti ha turbata? Scusami, non volevo, davvero. -
- No... no, è solo... mi è solo entrata un po' di sabbia negli occhi. - sbatté le palpebre un paio di volte e tirò su col naso.
Altea la fissò in tralice, aprì la bocca e poi la richiuse senza commentare. Dopo un momento le posò una mano sulla testa e, con una delicatezza che Nemeria non pensava possedesse, le scompigliò i capelli.
- Dovresti pettinarli meglio e averne più cura. - la rimproverò bonariamente, sciogliendole un nodo con entrambe le mani.
Nemeria fece spallucce, come se quel gesto bastasse a mettere fine alla discussione, ma Altea non si diede per vinta. La fermò, la costrinse a sedersi e con solo l'ausilio delle dita cominciò a pettinarle i capelli, stando attenta a non farle male. Aveva un tocco delicato, attento, lo stesso di sua madre Hediye.
- Ecco fatto, così va molto meglio. Prima sembrava davvero che avessi avuto un incontro ravvicinato con un gatto incazzato. Sai, non te l'ho mai detto, ma tu mi ricordi davvero tanto i miei fratelli del Nord. Se avessi la carnagione un po' più chiara saresti identica a loro. -
Le divise la chioma in due ciocche e gliele sistemò sulle spalle, lisciandole un paio di volte per assicurarsi di aver eliminato qualsiasi nodo.
- Non so di cosa tu stia parlando. -
- Credo tu li conosca col nome di Jarkut'id, i figli di Jarkut. -
- Forse li ho anche incontrati, però ora come ora non mi ricordo. -
Altea la guardò sorpresa: - Addirittura incontrati? Devi aver viaggiato molto. -
Nemeria annuì e si rimise rapidamente in piedi.
- Non hai voglia di parlarmi di cosa hai visto? - la esortò Altea, non ricevendo risposta.
La Sha'ir si mordicchiò le labbra prima di affiancarla.
- Un giorno mi piacerebbe mi raccontassi qualcosa di te. So che può essere doloroso, però credo che potrebbe farti stare meglio. Non mi interessa cosa ti è successo, ma non mi piace conversare con una persona di cui non so niente. Mi sembra di essere in compagnia di un estraneo. -
- Nemmeno io so nulla di te, Altea. -
- Sei a conoscenza di una cosa molto importante però. - abbassò lo sguardo e Nemeria capì a cosa si stava riferendo.
Di riflesso, anche lei smise di guardarla, concentrandosi sull'iscrizione dell'insegna di una locanda. Improvvisamente, capire cosa ci fosse scritto lì sopra sembrava molto meno impegnativo della piega che aveva preso quella conversazione.
- Perché glielo permetti? - domandò Nemeria, raccogliendo il coraggio.
- Se non lo facessi, lui riverserebbe la sua rabbia su qualcun altro. Non è giusto, ma è l'unico modo per tenere unita la nostra famiglia. - esalò Altea con aria cupa.
Si massaggiò il collo e Nemeria vide le mezzelune arrossate di un morso poco sotto l'orecchio.
- All'inizio non era così, prima era dolce, gentile, amorevole. Si è preso cura di me quando sono giunta qui e mi ha insegnato a sopravvivere, se non fosse per lui adesso sarei finita in un bordello o nell'arena. Gli devo la vita, capisci? -
Nemeria non capiva e non voleva farlo, ma questo lo tenne per sé. Non serviva, non lì, non in quel momento. Così tacque e fece un lieve cenno del capo, sperando che il bisogno di parlare non venisse sopraffatto dalla paura che leggeva negli occhi dell'altra. Le posò una mano sulla spalla e gliela strinse appena, per confortarla e farle sentire la sua presenza.
Altea stirò le labbra in un sorriso grato e proseguì.
- Poi ha scoperto di essere... beh, speciale e non ha più accettato i “no” come risposta. - una lacrima le sfuggì dall'occhio e lei si affrettò ad asciugarla, - Capisco di aver sbagliato spesso con lui. Dovrei essergli riconoscente per quello che ha fatto per me e invece continuo a farlo arrabbiare. Non mi sorprendo che perda così facilmente la pazienza, come è successo ieri sera. Me lo sono meritato, sono stata... insolente. -
- Cosa è successo ieri notte? -
Altea si perse a guardare nel vuoto, lo sguardo fisso davanti a sé, gli occhi lucidi e le lacrime cristallizzate in un velo umido su di essi.
- Altea? -
La ragazza fece un passo indietro e si passò una mano sul viso, scuotendo la testa. Nemeria la sorresse e si fermò, attendendo che riprendesse a respirare normalmente. La avvolse in un timido abbraccio, che a malapena riusciva a placare il tremore che si era impadronito del suo corpo. In quella situazione, rannicchiate contro il muro di un palazzo, nell'indifferenza più totale della gente che le guardava senza vederle, Nemeria non poté fare altro che aspettare, con il viso di Altea sepolto tra i capelli e la consapevolezza istintiva che non poteva fare niente per aiutarla.
Solo dopo diversi minuti sentì il respiro della Sha'ir regolarizzarsi e i tremiti si placarono. Lasciò la presa e le permise di rialzarsi, imitandola quando fu sicura che riuscisse a reggersi sulle sue gambe. Con sorpresa, si rese conto che le guance di Altea non erano umide, così come non lo era la sua casacca.
- Ti senti meglio? -
- Sì... sì, grazie. - inspirò ed espirò un paio di volte, incamerando quanta più aria potesse, mentre si detergeva il sudore dalla fronte col dorso della mano.
Nemeria non era sicura stesse dicendo la verità, ma non ebbe tempo di esporre i suoi dubbi, poiché una voce familiare la costrinse a girarsi.
- Ragazze! -
- Hirad! Che ci fai qui? -
Lui le rivolse un ampio sorriso, di quelli che faceva sempre quando aveva qualcosa in mente. Fece un ulteriore passo verso di loro, con la mano davanti alla bocca come per nascondere il respiro affannoso. La sua espressione allegra si adombrò quando incontrò lo sguardo di Altea, ma fu solo un momento e Nemeria credette di esserselo immaginato.
- Scusatemi se vi ho seguite, ma ho pensato che, viste le risorse esigue che ci sono rimaste, forse avreste avuto bisogno di una mano. Sai, a fare la spesa in più persone ci si mette di meno. - disse dopo un attimo d'esitazione, tornando a guardare Nemeria.
- Da quando ti piace stare alla luce del sole? L'ultima volta che Dariush ti ha ordinato di salire in superficie, Hami mi ha riferito che hai combinato un gran pasticcio al mercato della carne. - intervenne Altea con un ghigno.
Nemeria notò che adesso sembrava in grado di stare in piedi da sola e non era più così pallida come prima. In ogni caso, decise di restarle vicina nell'eventualità che si sentisse di nuovo male.
Hirad si mordicchiò l'interno della guancia e si tormentò le unghie, facendo saettare lo sguardo a destra e a sinistra.
- Beh, questa è la zona di caccia dei Cani rossi e Dariush ha detto che dobbiamo muoverci almeno in gruppi di tre. - disse tutto d'un fiato, grattandosi il collo, - E lo so che non sono bravissimo in queste cose, ma gli ordini sono ordini e vanno rispettati alla lettera, così nessuno potrà farsi male. -
- Va bene, va bene, hai ragione. Però stavolta non fare casini, per favore. È la prima esperienza di Nemeria, cerchiamo di insegnarle le basi senza farci sbattere in cella. -
- Non sono così inetto! Ti vorrei ricordare che uno dei migliori ladri dell'antichità è diventato davvero bravo solo dopo anni di ruberie e giorni di prigionia. Ora che mi ci fai pensare, però, lui aveva... -
- Ratto, sei venuto qui per darci una mano o per farci schiacciare un sonnellino? -
- Ah, io, cioè, pensavo... -
Davanti al suo balbettio imbarazzato, Altea scoppiò a ridere, una risata leggera che coinvolse anche il ragazzo. Nemeria si limitò a un sorriso di circostanza per dissimulare la confusione dettata da quel repentino cambio d'umore nella sua compagna, la sua improvvisa allegria dopo i singulti che l'avevano messa in ginocchio. Così attese che l'ilarità si placasse, spostando alternativamente l'attenzione da Hirad ad Altea.
La prima a ricomporsi fu proprio la Sha'ir, che con un colpetto di tosse richiamò anche il ragazzo.
- Direi che abbiamo perso abbastanza tempo. Allora, cosa dovevamo recuperare? Ah, sì, pane, farina, focacce e se riusciamo anche della frutta. Dimentico qualcosa? -
- No, direi che c'è tutto. Forse se riuscissimo ad andare nel quartiere... -
- Ah, giusto! - Altea si batté una mano sulla fronte e gli puntò il dito contro con una finta espressione truce, - Scoiattolo è venuta in giro con te per tutto questo tempo e tu non ti sei premurato nemmeno di spiegarle come funzionano le cose in questa città?! -
Hirad la fissò inebetito, ma prima che potesse ribattere Altea prese Nemeria sottobraccio e continuò la conversazione che aveva interrotto all'arrivo del compagno. Parlò velocemente, tanto che pareva un fiume in piena.
- Come ti stavo dicendo prima, a Kalaspirit esistono questi nove quartieri. Abbiamo quello d'Ambra, quello delle Ossa, quello del Fuoco, quello della Bestia, quello del Ghiaccio, quello della Pergamena, quello della Pietra, quello del Legno e infine quello del Sole. Quest'ultimo, come potrai immaginare, è quello dove risiede l'alta nobiltà ed è anche uno dei più protetti, anche se alcuni membri dei Falchi Neri sono riusciti a portare a termine ben più di un furto nella zona. -
- I Falchi Neri sono un'altra banda. - le sussurrò Hirad, - Ti consiglio di tenerti alla larga da loro, sono estremamente pericolosi. -
- Altroché se lo sono. Parliamoci chiaro: in tutti i gruppi di ladri c'è almeno un Dominatore. - si guardò circospetta intorno e abbassò la voce, - Noi abbiamo Dariush, i Cani contano tra le loro fila una ragazzina di nome Zahra, mentre tra quegli avvoltoi che bazzicano nei dintorni del quartiere del Fuoco ci sono ben due ragazzi capaci di manipolare rispettivamente l'aria e la terra. I Falchi, invece, sono solo quattro, ma ognuno di loro si dice sia un Dominatore. Per questo nessuno, e quando dico nessuno intendo dire nessuno, entra mai nel loro quartiere per fare la spesa. Però loro si divertono molto a venire a trovare noi. -
- Già. Se mai li dovessi vedere, vattene, scappa. Avere a che fare con loro significa guai per tutta la famiglia. L'ultima volta, quando un ragazzo appartenente alle Ombre non ha voluto dar loro il bottino, Saiar gli ha letteralmente dato fuoco. Non accettano un rifiuto, Nemeria. Se non sei in compagnia di Dariush o Noriko, corri più in fretta che puoi. - disse Hirad.
Nemeria non sapeva più cosa pensare. Fakhri le aveva ribadito che gli elementali non si piegano facilmente e che gli umani facevano ancora più fatica a manipolarli, dal momento che avevano perso la benedizione della Madre. Quindi com'era possibile che dei ragazzi così giovani e non addestrati riuscissero a comandarli e a usufruire dei loro poteri senza che questi si ribellassero? E, soprattutto, com'era possibile che la loro magia non li avesse ancora corrotti?
“Per lo stesso motivo per cui l'elementale della terra di Dariush gli permette di fare del male ad Altea.”
La mano si chiuse istintivamente attorno al ciondolo, sulla superficie fredda eppure rassicurante della pietra di luna.
- Anche Noriko è come Dariush? - si azzardò a chiedere.
Avvertì gli occhi di Hirad puntarsi su di lei, ma lo ignorò. Chissà perché, la notizia che il ragazzo fosse un Dominatore non l'aveva sconvolta più di tanto, ma sentiva che c'era dell'altro. Non sapeva spiegarsene il motivo, era una sensazione istintiva come quando era arrivata alla Fontana dei Mari senza conoscere la strada.
- No, però picchia come un demonio, tipico di chi viene dall'Ukiyo-e! Lì persino le donne imparano a combattere, quindi non mi sorprendo che Dariush insista sempre perché si occupi con lui del turno di guardia. - le illustrò Altea, - Come mai questa domanda? -
- Curiosità. -
- Questa è colpa tua, Hirad. -
- Mia? E che colpa ho io, ora?! -
- Hai reso il mio scoiattolo curioso. Adesso diventerà pure intelligente come te. -
- Mica è una malattia, eh... -
- Lo dici solo perché tu ce l'hai da troppo tempo! -
Andarono avanti così a battibeccare, finché non giunsero in prossimità del mercato nel Quartiere del Legno. La maggior parte delle bancarelle vendevano frutta, verdura e vari generi alimentari.
Altea, nascosta dietro l'angolo assieme a Hirad, le insegnò come rubare. Sembrava semplice detto da lei e Nemeria si illuse che ci sarebbe riuscita. Tuttavia, quando si avvicinò a uno dei banchi, non riuscì nemmeno ad allungare la mano per far cadere accidentalmente la mela. Ci riprovò varie volte, cambiando spesso bersaglio, di modo che nessuno potesse sospettare di lei e delle sue intenzioni, ma per quanto ci provasse, il suo corpo si rifiutava di obbedire. L'unica volta che riuscì a fare come Altea le aveva detto, quasi non venne scoperta e per la paura si volatilizzò nella folla, prima che la donna chiamasse le guardie. Quando venne raggiunta dalla Sha'ir e da Hirad, stava ancora riprendendo fiato.
- Non è andata malissimo. - si azzardò a dire il ragazzo.
- Sì, infatti. Lui ha fatto di peggio la sua prima volta. Guarda che oggi è solo una prova, avrai altre occasioni per esercitarti. - la consolò Altea.
- Non sono riuscita a prendere niente... direi che è stata un disastro. -
- Ti ribadisco che è normale. Ascolta, anche per me è stato complicato all'inizio. Sono certo che quando torneremo andrà meglio. - la incoraggiò Hirad.
- No. Voglio fare un ultimo tentativo. -
- Nemeria... - sospirò il ragazzo.
- Beh, che male c'è? In fin dei conti, c'è ancora tutto il lato destro del mercato. Perché tarparle le ali, Hirad? Se vuole provare di nuovo, che provi. -
- Ma è già tardi, Dariush ha detto... -
- Lo so, ma un altro tentativo quanto tempo vuoi che ci prenda? - si girò verso di lei e le fece l'occhiolino, - Vai, scoiattolo. Noi ti seguiamo da dietro come al solito. Se ci sono problemi, sai dove devi scappare, no? -
Nemeria annuì e, dopo aver preso un grosso respiro, si infilò nella fiumana di gente, lasciando che essa la conducesse dall'altro lato della strada. Mentre camminava con aria disinteressata, come da suggerimento di Altea, studiava le varie bancarelle alla ricerca di un mercante distratto o impegnato a trattare sul prezzo. Ne intravide uno intento a sovraintendere lo spostamento di alcune casse cariche di frutta, banane, cachi e noci di cocco. Un ragazzo di forse la stessa età di Nemeria avrebbe dovuto tenere d'occhio la merce, ma era impegnato a osservare con una certa invidia i suoi coetanei che giocavano con una palla di stoffa sotto l'ombra del palazzo di fronte.
Un brivido d'eccitazione le percorse la schiena. Nemeria si obbligò a mantenere un'andatura costante e l'espressione più neutra possibile, mentre si avvicinava. Il suo obiettivo era quello di impossessarsi dell'arancia che sporgeva dalla cassetta. Le sembrava quella più esterna e più in bilico. Nessuno ci avrebbe fatto caso se fosse caduta. Però aveva paura. I dubbi l'attanagliavano e non riusciva a non guardarsi continuamente intorno. Ogni volta che incrociava lo sguardo di un passante, si affrettava a distoglierlo, intrecciando le dita dietro la schiena. L'arancia era lì e si faceva sempre più vicina ad ogni passo.
“Forza, Nemeria, forza. Ce la puoi fare.”
Esitando, allungò la mano senza staccare troppo il braccio dal petto, in un movimento casuale e, si augurava, poco sospetto. Le sue dita non fecero in tempo a sfiorare la superficie porosa dell'arancia che un alito di vento, nato dal nulla, gliela fece cadere in mano con un tonfo attutito, come se qualcosa ne avesse rallentato la caduta. Prima che lo stupore potesse fermarla, le gambe la condussero via, rapide come mai lo erano state, con una brezza tiepida che sembrava cavalcare al loro fianco e sospingerle.
Quando pensò d'essere abbastanza lontana, si appoggiò sulle ginocchia per riprendere fiato. Fissava l'arancia incredula, senza riuscire a capacitarsi di quello che era successo. L'elementale dell'aria l'aveva aiutata! Era da quando aveva attinto al suo potere per scappare da quei briganti che non si era più manifestato e adesso...
- Grazie, grazie, grazie! - baciò il frutto, lo innalzò verso il cielo e cominciò a saltellare per la strada.
Si sentiva felice come non lo era da molto tempo. Persino il ciondolo, che di solito captava e attenuava le sue emozioni, divenne a malapena tiepido, come se anche lui avesse deciso di farle godere di quel sentimento che non provava da troppo tempo. Quando la raggiunsero Altea e Hirad, l'euforia era talmente tanta che Nemeria li abbracciò entrambi.
- Sei stata grandiosa! - si complimentò Altea, scompigliandole i capelli.
- E sei anche velocissima! Non credevo che dentro quel corpicino gracile si nascondesse una maratoneta di questo calibro. - scherzò Hirad e avrebbe anche aggiunto altro, se Altea non gli avesse fatto segno di tacere e non si fosse frapposta tra loro e i due ragazzi che stavano avanzando verso di loro.
- Ehi, tu, quell'arancia è nostra. -
Quello che aveva parlato era il più alto dei due, aveva la pelle scura come l'ebano e i lobi di entrambe le orecchie tagliate. Qualcosa in lui mise subito in allarme Nemeria, che però non lasciò la presa sul frutto.
- Oh, la bimba deve essere sorda o stupida. - sbuffò con un sorriso crudele e divertito stampato sulle labbra, - Aspetta, Shaya, lei non l'ho mai vista. Non pensavo che quel coglione di Dariush accogliesse nuovi membri nella sua combriccola da quattro soldi. -
- Si vede che pensa che ampliandola forse riuscirà a farci paura. - gli rispose ridacchiando l'altro, superandolo.
Altea arretrò, così anche Hirad. Entrambi erano tesi e i lineamenti induriti del viso erano testimoni fin troppo evidenti della loro paura. Nemeria, invece, non riusciva a smettere di studiarli. Li sentiva in qualche modo affini a lei e, allo stesso tempo, percepiva un'aura di pericolo provenire da loro.
- Nemeria, dagliela. - la incitò Altea sottovoce.
- E anche in fretta, altrimenti ci pestano. - ribadì Hirad.
- Ti conviene dare retta ai tuoi amici, bambina. - Shaya affiancò il compagno e incrociò le braccia sul petto, - Non ci piace picchiare le donne, ma se saremo obbligati a farlo non ci tireremo indietro. Dunque, fai la brava e obbedisci. -
Dopo un momento, Nemeria passò oltre Altea e si inginocchiò, facendo rotolare l'arancia fino ai loro piedi. La pietra di luna era divenuta rovente, quasi le bruciava la pelle, ma quel dolore non era sufficiente a reprimere la rabbia che sentiva irradiarsi in ogni fibra del suo essere. La stessa brezza che prima l'aveva accompagnata nella corsa si tramutò in una folata di vento che spazzò il vicolo, fece turbinare la sabbia e sferzò i visi dei presenti come una frusta.
Shaya e il suo compagno alzarono appena la testa, con un sorriso che non prometteva niente di buono. Fu allora che Nemeria si accorse che parte della loro iride era parzialmente nera. Un brivido freddo le fece accapponare la pelle.
Shaya si piegò e raccolse l'arancia, per poi tirarla un paio di volte per aria con aria tronfia.
- Bene, vedo che sei una bambina intelligente. Per questa volta vi va bene, ma se vi ribecchiamo a rubare al di fuori del vostro sudicio quartiere... - lasciò la frase in sospeso, poi diede loro le spalle e insieme sparirono nell'ombra, così com'erano apparsi.
- Siamo stati fortunati, molto fortunati. Ora sbrighiamoci a tornare al campo, oppure Dariush ci farà neri. - li incitò Altea, sospingendoli con dei colpetti sulla schiena fuori dal vicolo.
Hirad non se lo fece ripetere due volte e scattò, mentre il cervello di Nemeria ci mise qualche istante di più prima di ricordarsi come camminare. Durante il tragitto verso casa, la sua mente fu occupata soltanto dal pensiero di quello che aveva appena visto e dalla paura causata dagli occhi scuri dei due ragazzi, crudeli e freddi come quelli del brigante che aveva tentato di ucciderla. Come quelli di un Jin.

  
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