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Piegarsi e non spezzarsi
- Sveglia, dormigliona,
è ora di andare! -
Nemeria si girò dall'altra parte, tirandosi la coperta fin
sopra la testa. Non aveva assolutamente voglia di alzarsi, tanto meno
di intraprendere un dialogo con Altea.
La sera prima, con Hirad si erano spinti oltre i tunnel conosciuti e
avevano trovato il corpo di un uomo famoso – almeno a detta
del ragazzo – e il compagno aveva insistito non solo per
mappare l'intera zona, ma anche per riprodurre fedelmente ogni singolo
soggetto sulle pareti. Nemmeno dopo diverse ore Nemeria era riuscita a
dissuaderlo dal suo lavoro. Erano tornati che la cena era
già stata servita e tutti erano già andati a
dormire. Gli unici ancora svegli erano Noriko e Dariush che, non appena
li aveva visti rientrare, si era fatto fare il resoconto dettagliato di
tutto quello che avevano fatto. Inutile dire che Hirad aveva glissato
sul fatto che avesse riempito pagine e pagine di disegni di pesci,
uccelli e rami d'ulivo, limitandosi a mostrargli la mappa ampliata
delle catacombe.
- Altea, davvero, lasciami dormire... ieri siamo tornati tardi e oggi
pomeriggio dovremo tornare per definire e marchiare i tunnel. -
- No, oggi non andrai di nuovo in giro con Hirad. Sei qui da tre
settimane e finora lo hai sempre seguito nelle sue esplorazioni. I
dottori dicono che passare troppo tempo sottoterra faccia male, quindi
oggi verrai con me a prendere un po' d'aria fresca e a imparare a fare
la spesa. -
La prese per un braccio e la costrinse a mettersi seduta con ben poca
grazia. Nemeria si stropicciò gli occhi e si
coprì la bocca per nascondere uno sbadiglio. “Fare
la spesa” era il termine che i ragazzi usavano per indicare
quando uscivano a rubare. Sapeva che prima o poi sarebbe toccato anche
a lei, ma non credeva così presto. Non si sentiva pronta.
Fuori, sedute vicino al fuoco, le attendevano Afareen e Chalipa.
Entrambe si erano legate i capelli, rispettivamente in una coda e in
una treccia che partivano dalla sommità del capo, e sopra la
tunica entrambe avevano indossato un caftano di cotone che aveva visto
tempi migliori. Chalipa aveva in testa anche una tiara che,
originariamente, doveva essere stata laccata in oro, ma che ora
conservava solo i residui del suo originario splendore. Stavano
parlando a bassa voce, Chalipa teneva sotto controllo la pentola sul
fuoco, senza mai smettere di girare il mestolo, mentre Afareen sbatteva
qualcosa in una ciotola di terracotta sbreccata. Ai suoi piedi,
disposti in tre piccoli piattini, Nemeria riconobbe delle mandorle
scottate, granella di pistacchi e un po' di cannella.
“Il falò è acceso anche la
mattina?”
La logica le suggerì che non l'aveva mai notato
perché lei e Hirad erano puntualmente gli ultimi ad alzarsi.
Altea si avvicinò alle due ragazze e gettò
un'occhiata nella pentola, corrugando le sopracciglia confusa quando
Afareen la allontanò con uno scherzoso spintone.
- È vietato sbirciare prima che il piatto sia finito. - la
ammonì con un sorriso, versando il contenuto della ciotola
all'interno, - Stamattina, finalmente, possiamo mangiare qualcosa di
più gustoso del solito pane secco. -
- E cosa stareste preparando? Più che due cuoche, sembrate
due streghe con quel mestolo. -
- Gne, gne, gne. La solita simpaticona. - le fece il verso Chalipa.
- Ignorala, Chal. - commentò Afareen, incrociando le braccia
sul petto con aria tronfia, - Quando assaggerà il nostro
manicaretto, si azzittirà da sola e ci pregherà
per averne ancora. E sai noi cosa risponderemo? -
Si scambiarono uno sguardo d'intesa e scoppiarono a ridere, e con loro
anche Altea.
Nemeria, che aveva seguito distrattamente la discussione, si
lasciò cadere per terra a gambe incrociate e, sbadigliando,
si guardò intorno. Oltre a loro tre non sembrava esserci
nessun altro sveglio. Sicuramente i gemelli erano già usciti
per andare in ricognizione assieme a Dariush. Nell'ultima settimana
aveva sentito dire che le altre bande avevano dato non pochi problemi,
anche se Nemeria non capiva esattamente cosa avessero fatto. La stupiva
persino che ci fossero altri ragazzi organizzati come loro.
- Beh, dovremo aspettare un po'. -
Altea si sedette vicino a lei, interrompendo il flusso già
discontinuo dei suoi pensieri. La Sha'ir sembrava già
sveglia e lucida. Come facesse a essere così di buon umore
di primo mattino, per Nemeria era un mistero.
- Non pensare che questo piccolo contrattempo ti salvi, eh. Oggi vieni
in giro con me e diventerai un'ottima “cliente”. -
le scompigliò i capelli con la stessa espressione di un
bambino che ha appena combinato una marachella, - E poi hai davvero
bisogno di prendere un po' di sole e di respirare aria pulita. Sei
pallida come un cencio. Se non sapessi che sei andata in giro per le
gallerie con Ratto, direi che sono giorni che non dormi. -
Nemeria si spostò alcune ciocche ribelli dagli occhi.
Nell'ultima settimana la Madre le aveva donato un sonno senza sogni,
solo un caldo e confortevole buio dal quale faceva fatica a svegliarsi.
Era quasi un dolore fisico aprire gli occhi e abbandonare quel torpore
accogliente per ritornare alla realtà. Aveva anche smesso di
preoccuparsi di Hirad, di quello che aveva scoperto e della loro
scommessa. Quasi tutte le cose che prima la tenevano sveglia la notte
avevano perso interesse ai suoi occhi.
- Per caso rientri in quella categoria di persone che prima di una
certa ora non parlano con nessuno? - sbuffò scocciata Altea.
- Sono state delle giornate pesanti. - si giustificò con
un'alzata di spalle.
La Sha'ir sbuffò e scosse la testa. I pendagli che aveva
alle orecchie tintinnarono assieme alla catenina che li univa, un suono
delicato che a Nemeria ricordava il cinguettio di un fringuello.
- Piuttosto, come ti trovi con Noriko? -
Oh, voleva sapere come andava? Non la vedeva mai e, quando accadeva,
non si rivolgevano più di due o tre parole. Anche questa,
pensò, doveva essere una specie di benedizione della Madre.
Quegli occhi così tersi e freddi, che sembravano intimarle
di allontanarsi e allo stesso tempo la incitavano ad aprirsi, le
facevano paura.
- Non la incontro spesso. Abbiamo incarichi diversi e rincasiamo a
orari diversi. -
Aveva scelto la risposta più neutra che le era venuta in
mente, ma Altea la fissò con l'aria di chi si aspettava
altro. Nemeria spostò lo sguardo sulle fiamme, cercando di
dipanare la foschia soporifera che si era insinuata nei suoi pensieri.
In quel momento si sentiva come quel fuoco: debole, stanco, incerto.
Sarebbe bastata una folata di vento un po' più forte delle
altre per spegnerla.
- Non è che non mi stia simpatica. Solo, stando sempre
fuori, non abbiamo avuto tempo di conoscerci. Credo che sia una brava
persona, un po' chiusa, ma comunque a suo modo gentile. - si
sentì in dovere di aggiungere.
Altea annuì e spostò anche lei la sua attenzione
sulle fiamme.
Un intenso odore zuccherino di pistacchi e cannella aveva pervaso
l'aria. Nemeria inspirò profondamente e, come se non avesse
atteso altro, il suo stomaco gorgogliò, scatenando le risate
delle tre ragazze. Poi Chalipa, armata con due stracci di spesso
cotone, prese la pentola, la versò in una piccola teglia che
Afareen le aveva avvicinato e corse verso un altro vaso pieno d'acqua.
Non appena l'appoggiò sulla superficie, nuvolette di vapore
si alzarono spiraleggiando verso l'alto.
- Beh, direi che abbiamo finito. - commentò Chalipa.
- No, manca il tocco finale. -
Rapida come un gatto, Afareen schiaffò via la mano della sua
compagna prima che la immergesse nella crema. Spostò la
teglia sulla sedia dietro di lei e la spolverò con la
cannella e i pistacchi sbriciolati, aggiungendo infine le mandorle.
- Ecco qua, ora è davvero finita. - si girò a
guardarli e un sorrisetto divertito fece capolino sulle sue labbra
quando da una tasca del caftano tirò fuori quattro cucchiai,
- Su, assaggiate, l'ho fatto per mangiarlo, non per rimirarlo. Per
quello ci sarà tempo dopo. -
- Ma che cos'è? - domandò Nemeria.
- Esatto, cosa sarebbe? Sembra un budino, ma ci hai messo sopra un
sacco di roba. E questo... - Altea annusò concentrata, -
Questo è zafferano! Dove l'avete trovato?-
La ragazza annuì compiaciuta, prima di rivolgere la sua
attenzione a Nemeria.
- Si chiama Shaol-El-Zerdan, è un piatto che mia madre
cucinava spesso nei giorni di festa. In teoria avrei dovuto disegnare
un piccolo sole con la cannella e disporre le mandorle in modo da farne
i raggi, ma la mia famiglia non è mai stata molto religiosa.
Mia nonna diceva sempre che mettere Dio nella cucina rovina anche i
piatti migliori e io non posso che trovarmi d'accordo. -
spiegò con un sorriso, gustandosi il suo cucchiaio di dolce,
- Per quel che concerne la tua domanda, Altea, gli ingredienti me li
hanno procacciati i gemelli e Hami. La scorsa settimana è
arrivato un carico di spezie dalla Sherazadara e, mentre il mercante
trattava sul prezzo, loro ne hanno approfittato per prelevarne un po'.
In cucina ho anche del cumino, aneto, sommacco e mirto, anche se non so
esattamente come usarli... -
- Troverai un modo, ma, davvero, lasciatelo dire, hai superato te
stessa questa volta. Questo budino è f-a-n-t-a-s-t-i-c-o. Mi
rimangio in parte quello che ho detto. Non sei una strega, ma una maga
della cucina. - la elogiò Altea.
- Concordo pienamente. - si unì Chalipa, - Ma dobbiamo
lasciarne per forza un po' agli altri? Io me lo mangerei tutto anche
ora. -
- Guarda che non va bene. Diglielo, Nemeria! - la incitò
Altea, mentre si serviva con un altra cucchiaiata di dolce.
Nemeria alzò la testa, disorientata e con ancora la crema in
bocca, scatenando l'ilarità generale. Altea le diede un
buffetto sulla guancia, guadagnandosi un'occhiata a metà tra
il trasecolato e l'infastidito, che però la fece ridere
ancora più forte.
- Abbiamo mangiato abbastanza, stamattina. Se ci ingozziamo, non
riusciremo a camminare, figuriamoci correre. - restituì il
cucchiaio ad Afareen e fece a Nemeria cenno di seguirla, - Muoviti,
scoiattolo, il tempo è denaro. -
- Come mi hai chiamata? -
- Hai sentito benissimo, non farmelo ripetere. -
- Ma... ma che... perché? -
La Sha'ir ridacchiò e si massaggiò il mento con
finta aria meditabonda. L'espressione allegra che aveva sul viso le
illuminava gli occhi e le accendeva lo sguardo e Nemeria non
riuscì a non sorridere a sua volta.
- Non lo so, sinceramente, mi è venuto spontaneo. Insomma,
non sono un'intellettuale, mica mi faccio delle domande quando appioppo
soprannomi alla gente. -
- In realtà, di solito c'è un motivo... -
Non fece in tempo a terminare la frase, che la Sha'ir le
batté una pacca sulla schiena così forte da farle
quasi perdere l'equilibrio.
- Pensi troppo, scoiattolo, e pensare toglie tempo al lavoro. Sai come
dice il proverbio, no? -
- Chi ha tempo non aspetti tempo? -
- Esattamente! Ora mettiti i vestiti più comodi che hai e le
scarpe buone. Sia mai che durante la fuga ti si rompa un sandalo! -
Nemeria sospirò e obbedì, dirigendosi di nuovo
alla sua tenda. Quando spostò il lembo, si sedette sulla
stuoia e si cambiò, mettendosi un paio di calzoni tagliati
poco sotto il ginocchio e una tunica smanicata di un verde spento. Le
stava un po' larga, d'altronde era appartenuta a Noriko fino ad appena
una settimana prima, ma non poteva pretendere di meglio. Dariush aveva
deciso che della ventina d'abiti che i gemelli e Hami erano riusciti a
rubare, lui aveva diritto, in quanto capo, a tenerne dieci, al posto
dei due che spettavano a ogni membro della famiglia. Ovviamente, la
nuova arrivata si sarebbe dovuta accontentare degli scarti degli altri.
Dal momento che non si era fatta così tanti amici, l'unica
cosa che aveva guadagnato erano quegli indumenti da parte di Noriko.
Sospirò e il suo sguardo si spostò sulla stuoia
della sua compagna. La sua parte di tenda era perfettamente ordinata,
con il cuscino sprimacciato e i pochi averi che possedeva raccolti in
semplici scatolette di legno. La lanterna colorata giaceva vicino al
guanciale spenta, eppure i vetri che la ricoprivano emanavano un lieve
luccichio, come se in ognuno di essi fosse stata intrappolata una
piccola lucciola. Nemeria la prese e se la rigirò tra le
mani, osservando i motivi floreali che si intrecciavano su tutta la
superficie.
L'elementale del fuoco non si era più ripresentato e non
aveva risposto alla sua chiamata quando aveva provato a evocarlo.
Etheram le aveva detto che gli elementali erano esseri capricciosi e
l'aveva messa in guardia, facendole presente in più di
un'occasione che l'affinità non era un fattore sufficiente
per dominarli. Per quanto Nemeria sapesse che era vero, mai come in
quei giorni si era sentita così frustrata nel constatarlo.
Aveva persino tentato di attingere al potere dell'aria, ma, ovviamente,
a parte guadagnarsi un'occhiata stranita di Hirad e procurarsi un gran
mal di testa non era riuscita.
- Scoiattolo, sei ancora viva? - la testa di Altea fece capolino da
dietro la tenda, - Ah, stavi guardando la fanoos di Noriko? -
Nemeria si girò a guardarla interrogativa e la Sha'ir
sospirò con fare teatrale.
- Due settimane qui a Kalaspirit e non sai nemmeno cosa sono? Per tutti
gli dei, ma Hirad non ti ha spigato proprio nulla. -
- No, me ne ha spiegate di cose, è solo che... -
- Te ne ha spiegate troppe tutte assieme, lo so, lo so. -
completò, prendendo la lanterna tra le mani e tirandola su
per la catena ad altezza del naso, come per osservarla meglio, - In
ogni caso, queste vengono usate durante il periodo della Randama dagli
Svegliatori, così li chiamano. Vanno in giro poco prima
dell'alba con un piccolo tamburello per svegliare e ricordare di
mangiare. -
“C'è gente che si dimentica di mangiare?”
- Da quello che so, Noriko non crede in nessun dio, né tiene
particolarmente al suo aspetto o alle cose di valore, quindi non ho mai
capito perché ci tenga così tanto. - stava
dicendo Altea senza staccare gli occhi dalla lanterna, - Anzi, meglio
che la rimettiamo a posto prima che torni e ci riempia di botte per
aver spostato le sue cose. -
- Noriko non mi sembra così violenta. -
- Perché non l'hai mai vista arrabbiata. E fidati, persino
Dariush ha paura di lei quando accade. - si scrollò via la
polvere dai calzoni e si passò una mano tra i capelli,
scrollando la testa, - Adesso però dobbiamo muoverci,
altrimenti avremo troppa concorrenza al mercato. -
Con un sospiro sconsolato, Nemeria seguì Altea fuori dal
rifugio.
A scapito di quello che credeva, la Sha'ir si muoveva con grande
familiarità nelle gallerie, come se le conoscesse a memoria.
Solo Hirad aveva quella sicurezza, almeno questa era l'impressione che
aveva avuto andando in giro con lui. Forse avevano passato tanto tempo
insieme.
Si infilarono in un cunicolo che sbucava in un vicolo dietro la
bancarella di Kamran, il mercante di perle più fornito della
città. Quando uscirono, la luce le ferì gli occhi
e l'aria fresca le diede un capogiro, tant'è che si dovette
appoggiare al muro e schiacciarsi le mani sul viso per proteggersi dal
sole. Soltanto dopo un momento e dopo varie esitazioni, Nemeria si
decise ad abbassarle. Si trovavano in una stradina acciottolata,
fiancheggiata da un'alta fila di case di pietra bianca, ognuna con un
balcone abbracciato da una rete di dipladenie in fiore, che si
arrampicavano per tutta la facciata fino alle grondaie.
- Dove siamo? - domandò spaesata, senza smettere di
guardarsi intorno.
- Siamo nel Quartiere dell'Ambra. Qui potrai trovare gioielli, gemme e
oggetti preziosi da regalare al tuo amato marito oppure alla tua amante
trascurata. - recitò Altea, scimmiottando una voce maschile,
- Questo è il quartiere dei ricconi. Viene gente importante
a fare compere e di solito c'è sempre qualcosa di
interessante da rubare. -
- Ma a noi non servono cose del genere. -
Nemeria si acquattò vicino a lei, allungando il collo per
sbirciare oltre la sua spalla.
- Sì, invece. Spesso ci limitiamo a prendere solo cose di
prima necessità, ma a volte tentiamo anche noi un colpaccio.
Ti immagini che vita potremmo fare se riuscissimo a impadronirci di
quella spada o di quello scudo e rivenderlo? -
Nemeria seguì la direzione del suo dito e aguzzò
lo sguardo. Un uomo con dei mustacchi neri come la pece e un turbante
di uno stravagante verde smeraldo stava mostrando una sciabola con
l'elsa rastremata a un cliente, il quale, a parte annuire di tanto in
tanto, sembrava più interessato all'arma che alle
spiegazioni offerte dal mercante. Lo scudo era molto semplice, un disco
concavo bronzeo con i bordi decorati con delle scritte sbozzate
direttamente nel metallo. Era davvero di pregevole fattura, su questo
Nemeria concordava, solo non aveva la più pallida idea di
come Altea volesse rubarlo senza farsi scoprire.
- Niente panico, non sarai la mia compagna in quest'impresa. - la
rincuorò la Sha'ir con un sorriso a metà tra il
serio e il faceto, - Sei ancora troppo inesperta, e comunque quella
roba è molto pesante. Forse con l'aiuto di Dariush potremmo
riuscirci, ma non è un furto che si possa lasciare al caso,
bisogna pensare a un piano. Anche perché questo posto
è molto controllato, una mossa sbagliata e ci ritroveremmo
addosso sia le guardie che i Cani Rossi. -
- I chi? -
- I Cani Rossi. Ratto non ti ha detto nulla? -
Per l'ennesima volta, Nemeria dovette scuotere la testa. Altea
sospirò e si massaggiò la radice del naso,
borbottando qualcosa che la compagna non riuscì a capire.
- Vieni con me. Non puoi fare bene la spesa se non sai dove devi farla
e soprattutto da chi guardarti le spalle. -
Le afferrò il braccio e, dopo aver controllato a destra e a
sinistra, la trascinò dall'altra parte della strada, per poi
imboccare una via meno affollata, dove a parte qualche bancarella che
vendeva dolciumi e frutta secca c'erano solo taverne e alti palazzi
eleganti.
- Allora, cosa sai di Kalaspirit? -
- Poco. Prima di due settimane fa non c'ero mai stata e quello che so
è... quello che sanno tutti. - ammise Nemeria, spostando la
sua attenzione su un dromedario scortato da sei uomini armati.
Portava sul dorso una lettiga, drappeggiata con un baldacchino di lino
bianco e azzurro abbastanza leggero da ingrossarsi a ogni minimo refolo
d'aria, ma abbastanza scuro da celare la figura distesa all'interno.
- Facevi prima a dire che non sai nulla. Ciò che gli
stranieri sanno di Kalaspirit è quello che Kalaspirit vuole
che gli stranieri sappiano, e fidati, è tutto
fuorché la verità. - intrecciò le dita
dietro la nuca e calciò un sassolino lontano, alzando gli
occhi al cielo, - Allora, Kalaspirit è divisa in nove
distretti che prendono il nome di quartieri cittadini. Ognuno di essi
è famoso per il mercato e la tipologia di locali che ci puoi
trovare. Per esempio, nel Quartiere del Fuoco ci sono i bordelli
più puliti, mentre qui, nel Quartiere d'Ambra, a ogni angolo
c'è un orefice pronto a costruire collane, diademi e tiare
con le pietre più belle e rare. -
- Nel nostro quartiere cosa c'è? -
- In una parola? Povertà. Un tempo, almeno questo
è quello che racconta Hirad, nel Quartiere delle Ossa c'era
un grande traffico di cacciatori, uomini che si avventuravano oltre il
grande deserto per commerciare con gli Sha'ir della Valle di Sindhu. Si
dice che siano stati proprio loro a portare gli elefanti al nostro
sultano, come dono da parte del Rajeh dell'Impero di Skandaaleshan. -
Nemeria annuì, seguendola sotto l'ombra di un cornicione.
Ricordava quel viaggio, era stato uno dei più lunghi che
aveva fatto con la sua tribù. Era rimasta affascinata da
quelle terre, dove l'estate era lunga e ventosa e l'inverno mite, con
il sole che faceva spesso capolino da dietro l'usuale fitta nebbia. Era
stato durante uno di quei giorni uggiosi che lei, suo fratello Rakshaan
ed Etheram, mentre mangiavano il puari, sfogliatine gonfie e croccanti
spolverate con pepe e aglio, avevano visto due leopardi delle nevi. Si
aggiravano inquieti nella gabbia, mentre acrobati e mangiafuoco si
affrettavano a far transitare i carri all'interno dell'arena, dove
quella sera stessa avrebbero indetto il loro spettacolo. A Nemeria gli
occhi di quegli animali erano sembrati immensamente tristi, logorati da
una lunga prigionia.
- Mi stai ascoltando? -
La voce scocciata di Altea e lo schioccare delle sue dita davanti al
naso la strappò al flusso dei ricordi. Si
stropicciò gli occhi e ricacciò indietro le
lacrime con un profondo respiro.
- Oh, ho detto qualcosa che ti ha turbata? Scusami, non volevo,
davvero. -
- No... no, è solo... mi è solo entrata un po' di
sabbia negli occhi. - sbatté le palpebre un paio di volte e
tirò su col naso.
Altea la fissò in tralice, aprì la bocca e poi la
richiuse senza commentare. Dopo un momento le posò una mano
sulla testa e, con una delicatezza che Nemeria non pensava possedesse,
le scompigliò i capelli.
- Dovresti pettinarli meglio e averne più cura. - la
rimproverò bonariamente, sciogliendole un nodo con entrambe
le mani.
Nemeria fece spallucce, come se quel gesto bastasse a mettere fine alla
discussione, ma Altea non si diede per vinta. La fermò, la
costrinse a sedersi e con solo l'ausilio delle dita cominciò
a pettinarle i capelli, stando attenta a non farle male. Aveva un tocco
delicato, attento, lo stesso di sua madre Hediye.
- Ecco fatto, così va molto meglio. Prima sembrava davvero
che avessi avuto un incontro ravvicinato con un gatto incazzato. Sai,
non te l'ho mai detto, ma tu mi ricordi davvero tanto i miei fratelli
del Nord. Se avessi la carnagione un po' più chiara saresti
identica a loro. -
Le divise la chioma in due ciocche e gliele sistemò sulle
spalle, lisciandole un paio di volte per assicurarsi di aver eliminato
qualsiasi nodo.
- Non so di cosa tu stia parlando. -
- Credo tu li conosca col nome di Jarkut'id, i figli di Jarkut. -
- Forse li ho anche incontrati, però ora come ora non mi
ricordo. -
Altea la guardò sorpresa: - Addirittura incontrati? Devi
aver viaggiato molto. -
Nemeria annuì e si rimise rapidamente in piedi.
- Non hai voglia di parlarmi di cosa hai visto? - la esortò
Altea, non ricevendo risposta.
La Sha'ir si mordicchiò le labbra prima di affiancarla.
- Un giorno mi piacerebbe mi raccontassi qualcosa di te. So che
può essere doloroso, però credo che potrebbe
farti stare meglio. Non mi interessa cosa ti è successo, ma
non mi piace conversare con una persona di cui non so niente. Mi sembra
di essere in compagnia di un estraneo. -
- Nemmeno io so nulla di te, Altea. -
- Sei a conoscenza di una cosa molto importante però. -
abbassò lo sguardo e Nemeria capì a cosa si stava
riferendo.
Di riflesso, anche lei smise di guardarla, concentrandosi
sull'iscrizione dell'insegna di una locanda. Improvvisamente, capire
cosa ci fosse scritto lì sopra sembrava molto meno
impegnativo della piega che aveva preso quella conversazione.
- Perché glielo permetti? - domandò Nemeria,
raccogliendo il coraggio.
- Se non lo facessi, lui riverserebbe la sua rabbia su qualcun altro.
Non è giusto, ma è l'unico modo per tenere unita
la nostra famiglia. - esalò Altea con aria cupa.
Si massaggiò il collo e Nemeria vide le mezzelune arrossate
di un morso poco sotto l'orecchio.
- All'inizio non era così, prima era dolce, gentile,
amorevole. Si è preso cura di me quando sono giunta qui e mi
ha insegnato a sopravvivere, se non fosse per lui adesso sarei finita
in un bordello o nell'arena. Gli devo la vita, capisci? -
Nemeria non capiva e non voleva farlo, ma questo lo tenne per
sé. Non serviva, non lì, non in quel momento.
Così tacque e fece un lieve cenno del capo, sperando che il
bisogno di parlare non venisse sopraffatto dalla paura che leggeva
negli occhi dell'altra. Le posò una mano sulla spalla e
gliela strinse appena, per confortarla e farle sentire la sua presenza.
Altea stirò le labbra in un sorriso grato e
proseguì.
- Poi ha scoperto di essere... beh, speciale e non ha più
accettato i “no” come risposta. - una lacrima le
sfuggì dall'occhio e lei si affrettò ad
asciugarla, - Capisco di aver sbagliato spesso con lui. Dovrei essergli
riconoscente per quello che ha fatto per me e invece continuo a farlo
arrabbiare. Non mi sorprendo che perda così facilmente la
pazienza, come è successo ieri sera. Me lo sono meritato,
sono stata... insolente. -
- Cosa è successo ieri notte? -
Altea si perse a guardare nel vuoto, lo sguardo fisso davanti a
sé, gli occhi lucidi e le lacrime cristallizzate in un velo
umido su di essi.
- Altea? -
La ragazza fece un passo indietro e si passò una mano sul
viso, scuotendo la testa. Nemeria la sorresse e si fermò,
attendendo che riprendesse a respirare normalmente. La avvolse in un
timido abbraccio, che a malapena riusciva a placare il tremore che si
era impadronito del suo corpo. In quella situazione, rannicchiate
contro il muro di un palazzo, nell'indifferenza più totale
della gente che le guardava senza vederle, Nemeria non poté
fare altro che aspettare, con il viso di Altea sepolto tra i capelli e
la consapevolezza istintiva che non poteva fare niente per aiutarla.
Solo dopo diversi minuti sentì il respiro della Sha'ir
regolarizzarsi e i tremiti si placarono. Lasciò la presa e
le permise di rialzarsi, imitandola quando fu sicura che riuscisse a
reggersi sulle sue gambe. Con sorpresa, si rese conto che le guance di
Altea non erano umide, così come non lo era la sua casacca.
- Ti senti meglio? -
- Sì... sì, grazie. - inspirò ed
espirò un paio di volte, incamerando quanta più
aria potesse, mentre si detergeva il sudore dalla fronte col dorso
della mano.
Nemeria non era sicura stesse dicendo la verità, ma non ebbe
tempo di esporre i suoi dubbi, poiché una voce familiare la
costrinse a girarsi.
- Ragazze! -
- Hirad! Che ci fai qui? -
Lui le rivolse un ampio sorriso, di quelli che faceva sempre quando
aveva qualcosa in mente. Fece un ulteriore passo verso di loro, con la
mano davanti alla bocca come per nascondere il respiro affannoso. La
sua espressione allegra si adombrò quando
incontrò lo sguardo di Altea, ma fu solo un momento e
Nemeria credette di esserselo immaginato.
- Scusatemi se vi ho seguite, ma ho pensato che, viste le risorse
esigue che ci sono rimaste, forse avreste avuto bisogno di una mano.
Sai, a fare la spesa in più persone ci si mette di meno. -
disse dopo un attimo d'esitazione, tornando a guardare Nemeria.
- Da quando ti piace stare alla luce del sole? L'ultima volta che
Dariush ti ha ordinato di salire in superficie, Hami mi ha riferito che
hai combinato un gran pasticcio al mercato della carne. - intervenne
Altea con un ghigno.
Nemeria notò che adesso sembrava in grado di stare in piedi
da sola e non era più così pallida come prima. In
ogni caso, decise di restarle vicina nell'eventualità che si
sentisse di nuovo male.
Hirad si mordicchiò l'interno della guancia e si
tormentò le unghie, facendo saettare lo sguardo a destra e a
sinistra.
- Beh, questa è la zona di caccia dei Cani rossi e Dariush
ha detto che dobbiamo muoverci almeno in gruppi di tre. - disse tutto
d'un fiato, grattandosi il collo, - E lo so che non sono bravissimo in
queste cose, ma gli ordini sono ordini e vanno rispettati alla lettera,
così nessuno potrà farsi male. -
- Va bene, va bene, hai ragione. Però stavolta non fare
casini, per favore. È la prima esperienza di Nemeria,
cerchiamo di insegnarle le basi senza farci sbattere in cella. -
- Non sono così inetto! Ti vorrei ricordare che uno dei
migliori ladri dell'antichità è diventato davvero
bravo solo dopo anni di ruberie e giorni di prigionia. Ora che mi ci
fai pensare, però, lui aveva... -
- Ratto, sei venuto qui per darci una mano o per farci schiacciare un
sonnellino? -
- Ah, io, cioè, pensavo... -
Davanti al suo balbettio imbarazzato, Altea scoppiò a
ridere, una risata leggera che coinvolse anche il ragazzo. Nemeria si
limitò a un sorriso di circostanza per dissimulare la
confusione dettata da quel repentino cambio d'umore nella sua compagna,
la sua improvvisa allegria dopo i singulti che l'avevano messa in
ginocchio. Così attese che l'ilarità si placasse,
spostando alternativamente l'attenzione da Hirad ad Altea.
La prima a ricomporsi fu proprio la Sha'ir, che con un colpetto di
tosse richiamò anche il ragazzo.
- Direi che abbiamo perso abbastanza tempo. Allora, cosa dovevamo
recuperare? Ah, sì, pane, farina, focacce e se riusciamo
anche della frutta. Dimentico qualcosa? -
- No, direi che c'è tutto. Forse se riuscissimo ad andare
nel quartiere... -
- Ah, giusto! - Altea si batté una mano sulla fronte e gli
puntò il dito contro con una finta espressione truce, -
Scoiattolo è venuta in giro con te per tutto questo tempo e
tu non ti sei premurato nemmeno di spiegarle come funzionano le cose in
questa città?! -
Hirad la fissò inebetito, ma prima che potesse ribattere
Altea prese Nemeria sottobraccio e continuò la conversazione
che aveva interrotto all'arrivo del compagno. Parlò
velocemente, tanto che pareva un fiume in piena.
- Come ti stavo dicendo prima, a Kalaspirit esistono questi nove
quartieri. Abbiamo quello d'Ambra, quello delle Ossa, quello del Fuoco,
quello della Bestia, quello del Ghiaccio, quello della Pergamena,
quello della Pietra, quello del Legno e infine quello del Sole.
Quest'ultimo, come potrai immaginare, è quello dove risiede
l'alta nobiltà ed è anche uno dei più
protetti, anche se alcuni membri dei Falchi Neri sono riusciti a
portare a termine ben più di un furto nella zona. -
- I Falchi Neri sono un'altra banda. - le sussurrò Hirad, -
Ti consiglio di tenerti alla larga da loro, sono estremamente
pericolosi. -
- Altroché se lo sono. Parliamoci chiaro: in tutti i gruppi
di ladri c'è almeno un Dominatore. - si guardò
circospetta intorno e abbassò la voce, - Noi abbiamo
Dariush, i Cani contano tra le loro fila una ragazzina di nome Zahra,
mentre tra quegli avvoltoi che bazzicano nei dintorni del quartiere del
Fuoco ci sono ben due ragazzi capaci di manipolare rispettivamente
l'aria e la terra. I Falchi, invece, sono solo quattro, ma ognuno di
loro si dice sia un Dominatore. Per questo nessuno, e quando dico
nessuno intendo dire nessuno, entra mai nel loro quartiere per fare la
spesa. Però loro si divertono molto a venire a trovare noi. -
- Già. Se mai li dovessi vedere, vattene, scappa. Avere a
che fare con loro significa guai per tutta la famiglia. L'ultima volta,
quando un ragazzo appartenente alle Ombre non ha voluto dar loro il
bottino, Saiar gli ha letteralmente dato fuoco. Non accettano un
rifiuto, Nemeria. Se non sei in compagnia di Dariush o Noriko, corri
più in fretta che puoi. - disse Hirad.
Nemeria non sapeva più cosa pensare. Fakhri le aveva
ribadito che gli elementali non si piegano facilmente e che gli umani
facevano ancora più fatica a manipolarli, dal momento che
avevano perso la benedizione della Madre. Quindi com'era possibile che
dei ragazzi così giovani e non addestrati riuscissero a
comandarli e a usufruire dei loro poteri senza che questi si
ribellassero? E, soprattutto, com'era possibile che la loro magia non
li avesse ancora corrotti?
“Per lo stesso motivo per cui l'elementale della terra di
Dariush gli permette di fare del male ad Altea.”
La mano si chiuse istintivamente attorno al ciondolo, sulla superficie
fredda eppure rassicurante della pietra di luna.
- Anche Noriko è come Dariush? - si azzardò a
chiedere.
Avvertì gli occhi di Hirad puntarsi su di lei, ma lo
ignorò. Chissà perché, la notizia che
il ragazzo fosse un Dominatore non l'aveva sconvolta più di
tanto, ma sentiva che c'era dell'altro. Non sapeva spiegarsene il
motivo, era una sensazione istintiva come quando era arrivata alla
Fontana dei Mari senza conoscere la strada.
- No, però picchia come un demonio, tipico di chi viene
dall'Ukiyo-e! Lì persino le donne imparano a combattere,
quindi non mi sorprendo che Dariush insista sempre perché si
occupi con lui del turno di guardia. - le illustrò Altea, -
Come mai questa domanda? -
- Curiosità. -
- Questa è colpa tua, Hirad. -
- Mia? E che colpa ho io, ora?! -
- Hai reso il mio scoiattolo curioso. Adesso diventerà pure
intelligente come te. -
- Mica è una malattia, eh... -
- Lo dici solo perché tu ce l'hai da troppo tempo! -
Andarono avanti così a battibeccare, finché non
giunsero in prossimità del mercato nel Quartiere del Legno.
La maggior parte delle bancarelle vendevano frutta, verdura e vari
generi alimentari.
Altea, nascosta dietro l'angolo assieme a Hirad, le insegnò
come rubare. Sembrava semplice detto da lei e Nemeria si illuse che ci
sarebbe riuscita. Tuttavia, quando si avvicinò a uno dei
banchi, non riuscì nemmeno ad allungare la mano per far
cadere accidentalmente la mela. Ci riprovò varie volte,
cambiando spesso bersaglio, di modo che nessuno potesse sospettare di
lei e delle sue intenzioni, ma per quanto ci provasse, il suo corpo si
rifiutava di obbedire. L'unica volta che riuscì a fare come
Altea le aveva detto, quasi non venne scoperta e per la paura si
volatilizzò nella folla, prima che la donna chiamasse le
guardie. Quando venne raggiunta dalla Sha'ir e da Hirad, stava ancora
riprendendo fiato.
- Non è andata malissimo. - si azzardò a dire il
ragazzo.
- Sì, infatti. Lui ha fatto di peggio la sua prima volta.
Guarda che oggi è solo una prova, avrai altre occasioni per
esercitarti. - la consolò Altea.
- Non sono riuscita a prendere niente... direi che è stata
un disastro. -
- Ti ribadisco che è normale. Ascolta, anche per me
è stato complicato all'inizio. Sono certo che quando
torneremo andrà meglio. - la incoraggiò Hirad.
- No. Voglio fare un ultimo tentativo. -
- Nemeria... - sospirò il ragazzo.
- Beh, che male c'è? In fin dei conti, c'è ancora
tutto il lato destro del mercato. Perché tarparle le ali,
Hirad? Se vuole provare di nuovo, che provi. -
- Ma è già tardi, Dariush ha detto... -
- Lo so, ma un altro tentativo quanto tempo vuoi che ci prenda? - si
girò verso di lei e le fece l'occhiolino, - Vai, scoiattolo.
Noi ti seguiamo da dietro come al solito. Se ci sono problemi, sai dove
devi scappare, no? -
Nemeria annuì e, dopo aver preso un grosso respiro, si
infilò nella fiumana di gente, lasciando che essa la
conducesse dall'altro lato della strada. Mentre camminava con aria
disinteressata, come da suggerimento di Altea, studiava le varie
bancarelle alla ricerca di un mercante distratto o impegnato a trattare
sul prezzo. Ne intravide uno intento a sovraintendere lo spostamento di
alcune casse cariche di frutta, banane, cachi e noci di cocco. Un
ragazzo di forse la stessa età di Nemeria avrebbe dovuto
tenere d'occhio la merce, ma era impegnato a osservare con una certa
invidia i suoi coetanei che giocavano con una palla di stoffa sotto
l'ombra del palazzo di fronte.
Un brivido d'eccitazione le percorse la schiena. Nemeria si
obbligò a mantenere un'andatura costante e l'espressione
più neutra possibile, mentre si avvicinava. Il suo obiettivo
era quello di impossessarsi dell'arancia che sporgeva dalla cassetta.
Le sembrava quella più esterna e più in bilico.
Nessuno ci avrebbe fatto caso se fosse caduta. Però aveva
paura. I dubbi l'attanagliavano e non riusciva a non guardarsi
continuamente intorno. Ogni volta che incrociava lo sguardo di un
passante, si affrettava a distoglierlo, intrecciando le dita dietro la
schiena. L'arancia era lì e si faceva sempre più
vicina ad ogni passo.
“Forza, Nemeria, forza. Ce la puoi fare.”
Esitando, allungò la mano senza staccare troppo il braccio
dal petto, in un movimento casuale e, si augurava, poco sospetto. Le
sue dita non fecero in tempo a sfiorare la superficie porosa
dell'arancia che un alito di vento, nato dal nulla, gliela fece cadere
in mano con un tonfo attutito, come se qualcosa ne avesse rallentato la
caduta. Prima che lo stupore potesse fermarla, le gambe la condussero
via, rapide come mai lo erano state, con una brezza tiepida che
sembrava cavalcare al loro fianco e sospingerle.
Quando pensò d'essere abbastanza lontana, si
appoggiò sulle ginocchia per riprendere fiato. Fissava
l'arancia incredula, senza riuscire a capacitarsi di quello che era
successo. L'elementale dell'aria l'aveva aiutata! Era da quando aveva
attinto al suo potere per scappare da quei briganti che non si era
più manifestato e adesso...
- Grazie, grazie, grazie! - baciò il frutto, lo
innalzò verso il cielo e cominciò a saltellare
per la strada.
Si sentiva felice come non lo era da molto tempo. Persino il ciondolo,
che di solito captava e attenuava le sue emozioni, divenne a malapena
tiepido, come se anche lui avesse deciso di farle godere di quel
sentimento che non provava da troppo tempo. Quando la raggiunsero Altea
e Hirad, l'euforia era talmente tanta che Nemeria li
abbracciò entrambi.
- Sei stata grandiosa! - si complimentò Altea,
scompigliandole i capelli.
- E sei anche velocissima! Non credevo che dentro quel corpicino
gracile si nascondesse una maratoneta di questo calibro. -
scherzò Hirad e avrebbe anche aggiunto altro, se Altea non
gli avesse fatto segno di tacere e non si fosse frapposta tra loro e i
due ragazzi che stavano avanzando verso di loro.
- Ehi, tu, quell'arancia è nostra. -
Quello che aveva parlato era il più alto dei due, aveva la
pelle scura come l'ebano e i lobi di entrambe le orecchie tagliate.
Qualcosa in lui mise subito in allarme Nemeria, che però non
lasciò la presa sul frutto.
- Oh, la bimba deve essere sorda o stupida. - sbuffò con un
sorriso crudele e divertito stampato sulle labbra, - Aspetta, Shaya,
lei non l'ho mai vista. Non pensavo che quel coglione di Dariush
accogliesse nuovi membri nella sua combriccola da quattro soldi. -
- Si vede che pensa che ampliandola forse riuscirà a farci
paura. - gli rispose ridacchiando l'altro, superandolo.
Altea arretrò, così anche Hirad. Entrambi erano
tesi e i lineamenti induriti del viso erano testimoni fin troppo
evidenti della loro paura. Nemeria, invece, non riusciva a smettere di
studiarli. Li sentiva in qualche modo affini a lei e, allo stesso
tempo, percepiva un'aura di pericolo provenire da loro.
- Nemeria, dagliela. - la incitò Altea sottovoce.
- E anche in fretta, altrimenti ci pestano. - ribadì Hirad.
- Ti conviene dare retta ai tuoi amici, bambina. - Shaya
affiancò il compagno e incrociò le braccia sul
petto, - Non ci piace picchiare le donne, ma se saremo obbligati a
farlo non ci tireremo indietro. Dunque, fai la brava e obbedisci. -
Dopo un momento, Nemeria passò oltre Altea e si
inginocchiò, facendo rotolare l'arancia fino ai loro piedi.
La pietra di luna era divenuta rovente, quasi le bruciava la pelle, ma
quel dolore non era sufficiente a reprimere la rabbia che sentiva
irradiarsi in ogni fibra del suo essere. La stessa brezza che prima
l'aveva accompagnata nella corsa si tramutò in una folata di
vento che spazzò il vicolo, fece turbinare la sabbia e
sferzò i visi dei presenti come una frusta.
Shaya e il suo compagno alzarono appena la testa, con un sorriso che
non prometteva niente di buono. Fu allora che Nemeria si accorse che
parte della loro iride era parzialmente nera. Un brivido freddo le fece
accapponare la pelle.
Shaya si piegò e raccolse l'arancia, per poi tirarla un paio
di volte per aria con aria tronfia.
- Bene, vedo che sei una bambina intelligente. Per questa volta vi va
bene, ma se vi ribecchiamo a rubare al di fuori del vostro sudicio
quartiere... - lasciò la frase in sospeso, poi diede loro le
spalle e insieme sparirono nell'ombra, così com'erano
apparsi.
- Siamo stati fortunati, molto fortunati. Ora sbrighiamoci a tornare al
campo, oppure Dariush ci farà neri. - li incitò
Altea, sospingendoli con dei colpetti sulla schiena fuori dal vicolo.
Hirad non se lo fece ripetere due volte e scattò, mentre il
cervello di Nemeria ci mise qualche istante di più prima di
ricordarsi come camminare. Durante il tragitto verso casa, la sua mente
fu occupata soltanto dal pensiero di quello che aveva appena visto e
dalla paura causata dagli occhi scuri dei due ragazzi, crudeli e freddi
come quelli del brigante che aveva tentato di ucciderla. Come quelli di
un Jin.