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Autore: Stella Dark Star    27/03/2017    0 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo quattro
Il fuoco della passione
 
Qualcuno doveva averle lanciato una maledizione, non vi era altro modo di spiegarlo. Quando aveva sposato Piero, lo aveva fatto con gioia, felice di essere unita ad un amico col quale era cresciuta, ad un ragazzo dal cuore d’oro che con lei era sempre stato gentile. Aveva giurato di fronte a Dio di amarlo, onorarlo ed essergli fedele. E poi era bastato incontrare un altro uomo per infrangere quelle promesse in un soffio. A dire il vero, la terza ancora non era stata infranta, poiché tra lei e Pazzi non vi era stato nulla di sconveniente. Non troppo, almeno. Non era stata tra le sue braccia, non aveva assaporato le sue labbra, non gli aveva concesso di far visita al proprio intimo giardino. Non ancora.
Le campane avevano rintoccato le cinque già da un po’, ma lei non aveva intenzione di tornare a casa. Era uscita per schiarirsi le idee e invece si era ritrovata sotto Palazzo de’ Pazzi e lì era rimasta per tutto il tempo, con il viso sollevato, gli occhi puntati sulle finestre da cui forse aveva sperato di vedere lui. Per lo meno il buonsenso le aveva consigliato di coprirsi col cappuccio, in modo che nessuno la riconoscesse.
Scosse il capo, si sentiva così ridicola: “Lucrezia, sembri una ragazzina al primo amore.” Si schernì, per poi fingere di andarsene. Cosa che non fece. Ogni volta che provava a muovere un piede sentiva una fitta al petto che la costringeva a bloccarsi. Se l’indomani lui fosse partito, senza conoscere i suoi sentimenti, e gli fosse accaduto qualcosa…
Strinse i pugni per ritrovare la forza e mise un piede di fronte all’altro. Il problema era che, invece di tornare a casa, si diresse all’ingresso di Palazzo de’ Pazzi.
Fu accolta da quella che doveva essere la governante, una donnina dai capelli ormai quasi tutti grigi e delle rughe attorno agli occhi, ma da un sorriso caldo e sincero, la quale si premurò subito di prenderle il mantello.
“Prego, Madonna, attendete qui. Vado subito ad avvisare il mio Signore.” Le disse con tono gentile, quando giunsero all’anticamera.
Lucrezia si guardò attorno distrattamente, anche se quella dimora era di una bellezza seducente e particolarmente luminosa, i sensi di colpa le diedero un brivido alla schiena. Non sapeva nemmeno lei il perché si trovasse lì.
Quasi subito udì il rumore della porta che si apriva e, credendo fosse la governante, preparò un sorriso per ringraziarla della sua gentilezza. Ma le labbra incurvate ricaddero in una linea retta nel vedere che si trattava di Andrea. Non era pronta a vederlo così presto.
Dal canto suo, Andrea non si sarebbe mai aspettato di ricevere una visita proprio da lei, dopo quanto era accaduto alla Cattedrale. Lasciò la porta aperta dietro a sé e fece qualche passo per andare incontro a lei. Non riuscì a mascherare la propria sorpresa: “Madonna Lucrezia! Una visita davvero inaspettata, la vostra.”
Lei era come paralizzata dall’emozione, il respiro quasi ansante le gonfiava il petto e sentiva di avere le gote in fiamme.
Vedendola così in imbarazzo, Andrea riprese la parola: “Posso fare qualcosa per voi?”
Lucrezia dischiuse le labbra, ma non vi uscì alcun suono. Tutto ciò che voleva era…era…
“Che Dio mi aiuti.” Gridò nella propria testa, per poi gettarsi su di lui e baciarlo con trasporto. Gli gettò le braccia al collo, possessiva, impaziente di scoprire tutto ciò che immaginava da giorni, quanto fossero morbidi i suoi capelli, quale sapore avesse la sua bocca, quanto fosse possente il suo corpo sotto i vestiti.
Andrea, inizialmente spiazzato da quel gesto, si lasciò andare e l’avvolse in uno stretto abbraccio, rispondendo al suo bacio famelico. Anche senza parlare, capì che al bacio sarebbe seguito qualcosa di molto più approfondito. Il fatto che stesse accadendo davvero, senza un apparente motivo, era solo la prova che invece di dimenticarla dovevano assecondare quella passione che li legava. In qualunque modo fosse nata, avevano tutto il diritto di viverla fino in fondo.
In breve si ritrovarono in camera da letto, dove si scoprirono strato dopo strato, sia nel corpo che nell’anima. Lucrezia esplorò con interesse quel corpo virile, più forte di quanto avesse sperato, e assorbì il calore che emanava come se volesse sciogliersi su di lui come ghiaccio vicino al fuoco. Allo stesso modo, Andrea si deliziò di lei, del suo corpo snello, le gambe lunghe, i seni prosperosi nei quali affondò il viso più volte per saggiarne la morbidezza e per risucchiarli tra le labbra come frutti maturi e succosi. Solo dopo questa prima esplorazione si lasciarono ricadere sul letto e Lucrezia gli cinse i fianchi tra le cosce con malizia, in un chiaro invito. Lui la prese con passione, navigò nel suo mare caldo e confortevole tracciando la rotta da buon Capitano. Più andava a fondo, più sentiva che lei era sua, completamente e senza riserve. Lasciò che fosse lei a naufragare nel piacere per prima e le concesse anche la scelta della posizione successiva, poiché una volta sola non sarebbe bastata a nessuno dei due. Lucrezia si lasciò guidare dall’istinto quando si stese sulla pancia, sostenendosi sui gomiti, e non ebbe bisogno di parole per invitare lui ad adagiarsi nella medesima posizione, cosa che Andrea fece premurandosi di sostenersi con le braccia per non darle peso sulla delicata schiena. Un nuovo viaggio ebbe inizio.
La luce infuocata del tramonto si spargeva su di lei, mentre dalle sue labbra s’innalzava una melodia dettata dal piacere che lui le stava donando.  Il viso di Andrea che talvolta sfiorava la sua chioma chiara e ondulata, le labbra che stampavano rapidi baci sul suo collo sottile, durante i movimenti della frenetica danza. Giungendo all’apice del piacere, Andrea diede tutta la forza sulle braccia, tanto da far gonfiare i bicipiti per lo sforzo, il viso immerso sull’incavo della spalla di lei nel tentativo di soffocare un suono di gola, mentre lei invece lasciò ricadere il capo all’indietro per liberare quell’ultimo grido d’estasi.
Dopo la paradisiaca fatica, Lucrezia trovò rifugio tra le braccia di lui, la sua anima divisa in due e in lotta tra la sensazione di completezza e il rimorso per ciò che aveva fatto. O forse no. Più che essere pentita per il tradimento, la sua paura era che Piero lo scoprisse e decidesse di ripudiarla. In quel caso avrebbe perso tutto. Ma ne sarebbe valsa la pena per amore?
*
Sguardo glaciale e cappotto di pelliccia che rendeva ancora più imponente la sua figura, Rinaldo era prossimo ad uscire dal palazzo quando la voce di suo figlio lo richiamò: “Padre, dove stai andando?”
Si voltò, la sua voce riecheggiò tra le mura: “Vado da Pazzi. Voglio sapere per quale motivo è così in ritardo. Tu dì al cuoco di tenere le portate in caldo per quando rientrerò con quell’idiota.”
Ormanno fece un cenno col capo e andò a riferire.
Essendo Palazzo degli Albizzi molto vicino a quello dei Pazzi, Rinaldo impiegò pochi minuti ad arrivare e, caso volle, che fece in tempo a vedere una figura incappucciata che usciva alla chetichella proprio da lì, guardandosi attorno con circospezione e tenendo il cappuccio ben calato sul volto. Era comunque evidente che si trattava di una donna e lui non faticò a riconoscere Lucrezia dalla figura alta e snella, soprattutto sapendo che tra lei e Andrea era scattato qualcosa che, a quanto sembrava, nessuno dei due era riuscito a fermare. Strinse i pugni ed imprecò tra i denti: “Maledizione.”
Essendo un ospite abituale, non incontrò alcun ostacolo ad entrare e tantomeno nel dirigersi nell’ala delle stanze private. Spalancò la porta della camera da letto e, alla luce del candelabro che teneva in mano, sorprese Andrea addormentato e nudo come un verme su un letto decisamente disfatto. La vista lo irritò particolarmente.
“Pazzi!” Tuonò adirato, con la sua voce già grossa di natura.
Ovviamente Andrea si risvegliò di soprassalto, gli occhi rossi e assonnati si guardarono attorno in cerca di qualcuno che non era più lì, per poi alla fine posarsi sulla figura dell’amico. La voce gli uscì roca: “Rinaldo… Perché siete qui?”
“Perché, dite?” Rinaldo camminò fino ai piedi del letto, dove si fermò torreggiante con tanto di mano al fianco: “La cena, avete dimenticato? Vi avevo invitato per discutere di alcuni argomenti importanti prima di partire per la guerra con mio figlio. Ma visto il forte ritardo sono venuto a vedere cos’era accaduto.”
Resosi conto della propria nudità, Andrea aveva già provveduto a coprirsi parzialmente con il lenzuolo, mentre l’amico lo rimproverava, ma quel senso di stordimento dovuto al sonno interrotto sembrava non volerlo abbandonare. Si passò una mano sugli occhi diverse volte, mentre cercava di sostenersi a fatica con l’altro braccio. Con uno sforzo si mise seduto e tentò di parlare con voce più chiara: “Avete ragione, lo avevo dimenticato. Sono stato impegnato con alcuni affari e…”
Rinaldo ridacchiò amaramente: “Affari? Andrea, vi prego, questa stanza puzza di sesso e di costoso profumo femminile!”
Andrea cercò di minimizzare: “Non è contro la legge cercare compagnia femminile. In fondo sono un uomo e anch’io ho i miei svaghi.”
“Non prendetevi gioco di me, Pazzi.” Ringhiò Rinaldo, sempre più adirato: “Ho visto quella puttana Medici uscire di qui come una ladra!” E puntò il dito accusatore verso l’esterno.
Le grida avevano contribuito a ridargli lucidità, perciò Andrea riuscì a fissare lo sguardo su quello di lui e a rispondere a tono: “Rinaldo, non capisco il motivo di questa scenata. Mi risulta che Lucrezia non sia né vostra parente né la vostra amante. Quindi perché siete furioso?”
Rinaldo aveva gli occhi quasi fuori dalle orbite, tanto era contrariato, ma invece di continuare a gridare, ridusse la voce ad un sussurro minaccioso: “Sapete che i Medici hanno rovinato la mia famiglia, un tempo. E sapete quanto sia stata dura per me risollevarmi dal fango. E ora voi osate calpestare la nostra alleanza e la nostra amicizia per una sgualdrina che si è unita ai miei nemici?”
Aveva un’innaturale ossessione per quella famiglia, un odio primordiale che nessuno riusciva a comprendere fino in fondo. Ma il punto restava uno e doveva decidersi a capirlo. Per questo Andrea, portando con sé il lenzuolo per proteggere la propria nudità,  si sollevò dal letto e andò dritto a guardare in faccia Rinaldo.
“Io non sto calpestando nulla. Sono e rimango vostro alleato e vostro amico. Ma come vi ho già detto una volta, la mia vita privata non vi riguarda.” La voce tagliente e lo sguardo di chi non accetta proteste.
Rinaldo spostò lo sguardo altrove e, di punto in bianco, si rasserenò. Mentre s’incamminava verso l’uscita della stanza, disse in tono quasi gioviale: “Vestitevi. L’invito a cena è ancora valido!” Posò il candelabro sul ripiano di un mobile e uscì.
Chiusa la porta alle proprie spalle, la sua espressione mutò.
“Se voi non volete farlo, mi occuperò io di questa faccenda. Personalmente.” Sibilò nel buio.
  
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