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Autore: Tormenta    27/03/2017    4 recensioni
[Destiel | AU]
Castiel è un angelo, Dean nulla più d'un normale essere umano e la loro storia è raccontata interamente in rima. Dal testo:
Accadde un giorno: dopo aver combattuto una lunga guerra, / l’angelo di nome Castiel si ritrovò bloccato su questa Terra. / Tutta colpa d’un’ala ferita, / tale poiché in battaglia era stata colpita. [...] / Doveva dunque restare, rimettersi in sesto, / e pensò che se fosse rimasto immobile e muto / lì, sul cemento del vicolo dov’era caduto, / allora il processo di guarigione sarebbe stato più lesto. / Si mise quindi silenziosamente a sedere; / come unico compagno, le gocce fredde che piovevano da nuvole nere.
Genere: Poesia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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7.
Where we belong





L’uomo che abitava in fondo al viale
viveva ad un ritmo lento ed abitudinale.
Della famiglia, della cara auto e del lavoro
faceva umilmente tesoro
e di ciò che aveva non si sarebbe mai lamentato,
ma – chiunque l’avrebbe notato –
non era affatto appagato.
Le sue giornate erano piatte, prive di prodigi,
e in quel vuoto risonava il mancar all’appello
d’uno sperduto, adorato, angelico tassello,
senza il quale gli pareva di veder tutto in una scala di grigi
e a cui a stento riusciva a rivolgere il pensiero
tant’era corrosivo, pericoloso e nero
il senso d’angoscia e perdita che puntualmente l’invadeva per intero
e che comunque non l’abbandonava mai, non per davvero.
Non riusciva a pregare, frenato dalla disperazione
e dall’incapacità di trovar le parole per via della commozione;
in più, con nessuno discuteva dell’argomento:
alle domande a riguardo rispondeva con risentimento
e amici e parenti s’erano ormai tristemente arresi,
dacché lui era fermamente arroccato in quel silente degradamento
e non mostrava i miglioramenti tanto attesi.
A quel modo, erano trascorsi mesi.
Certo aveva capito che alla situazione doveva fare il callo,
ma comunque, impotente, restava in uno stato di stallo:
pur sapendo quanto l’aspettativa fosse falsa e viziosa,
c’era un innominato qualcosa
che non poteva non bramare –
il rincontro che continuava a sognare.
Gli capitava infatti di percepir il suono di passi
e: “Dean” si sentiva chiamare,
ma se si voltava, dolorosa era la prassi:
trovava solo un niente beffardo
che gli graffiava nel petto quel cuore sprovveduto
che sempre, anche se consapevole dell’azzardo,
si gonfiava istintivamente d’auspicio, cocciuto.
Ogni volta, frustrazione e delusione erano maggiori
e l’uomo si diceva: “Mai più!”
ma poi si ripresentavano i familiari rumori
ed ecco che s’infrangeva subito la sua virtù.
Era immensamente stanco d’esser così bloccato
e fu scrutando il fondo dell’ennesimo bicchiere svuotato
che alla fine decise, seppur colpevole e amareggiato,
che di fronte alla vana speranza davvero non si sarebbe più prostrato.
 
 
 
Erano passate alcune settimane da quel sin lì mantenuto giuramento
quando un giorno, rientrato da poco in casa,
credette d’udir alle proprie spalle un ovattato movimento:
la sua volontà di girarsi non era persuasa,
ma non poté non bloccarsi all’istante,
tendendo i muscoli nel rinnovato silenzio assordante.
«Dean» vibrò il suo nome, chiaro,
e lui sussultò, con l’animo già pronto ad illudersi, somaro,
perché il tono immaginario
non era mai stato tanto forte e lapidario.
Ma no, avrebbe resistito ai mentali soprusi;
ricercò la calma prendendo un bel respiro ad occhi chiusi
e l’avrebbe trovata, non fosse stato per il metallico clangore
prodotto da qualcosa d’indubbiamente reale che cadeva:
di scatto spalancò le palpebre quanto più poteva
e si voltò colmo d’ansia e di terrore –
entrò come in apnea, nello scorgere il suo angelo del Signore.
Era lì e lo fissava, Castiel, morbido e rapito
e Dean, pur disorientato, agì di riflesso:
gli fu subito appresso,
messo in allarme e atterrito
perché sui vestiti e in viso
l’amico era tutto macchiato e annerito,
e non solo – era visibilmente affaticato, ingobbito
e teneva un pugno serrato:
dall’altro, pensò l’uomo, doveva essergli scivolato
il lungo coltello che ai suoi piedi era rotolato.
«Cas?» osò mormorare con incredulità nella voce
prima di trovarsi le braccia piene d’angelo dall’entusiasmo feroce;
angelo che comunque si sarebbe ritirato presto
se lui non avesse prontamente accolto il suo gesto
come per l’appunto fece: lo strinse con la mente in corsa
mentre la sorpresa, l’eccitazione e il sollievo
gli avvinghiavano lo stomaco in una morsa.
E quel loro abbraccio sarebbe stato incredibilmente longevo,
considerato quanto entrambi apprezzarono sentir l’altro vicino
in carne e ossa, caldo, vivo – oh, che stato divino! –
se solo le narici di Dean fossero state invase da profumo
invece che dal pungente odore di fuoco e fumo.
Fu lui ad allontanarsi: giusto il minimo necessario,
mentre in parte ancora si meravigliava
del fatto che Castiel fosse vero, e non un abbaglio.
«Cosa ti è successo?» chiese con la gola che tremava
analizzando con occhio preoccupato
il suo essere tutto sporco e scarmigliato;
aveva forse dovuto affrontare una vicenda inaspettata?
O era sceso in campo, e la guerra era già terminata?
«Ho combattuto» fu la conferma che ottenne, roca
e pronunciata con pesantezza – non poca;
«Desideravo tornare sin da prima, da subito,
ma dovevo, volevo lottare per estinguere il debito».
«Quale debito?» l’interrogò Dean, confuso,
ma Cas non elaborò il concetto a cui aveva alluso;
semplicemente, stremato, mostrò il palmo chiuso
e l’aprì, rivelando ciò che tra le dita teneva racchiuso:
l’antica fiala di vetro argentato.
«Cos’è?» gli fu immediatamente domandato
e lui ribatté: «È un oggetto che mi è stato donato.
In tutto il tempo che ho trascorso all’Inferno
non ho mai smesso di pensare a quando l’avrei usato».
Certo era ancora profondamente diviso
tra Terra e Paradiso
e probabilmente lo sarebbe stato in eterno,
ma non aveva più incertezza nell’indicare
dove e con chi desiderava stare.
Tornò a nasconder la piccola ampolla nella mano, attento,
poi sibilò: «Alla fine, è giunto il momento».
Non appena ebbe terminato la frase,
dalle labbra gli sfuggì un basso gemito;
immediatamente, con fremito,
un braccio gli passò dietro la schiena, e vi rimase
per spingerlo ad avanzar piano,
guidandolo perché raggiungesse il divano.
Lì, l’uomo lo fece sedere, poi l’affiancò col battito a mille
e tenendo su di lui incollate le pupille,
turbato dal suo esser così debilitato e distrutto,
optò per chiedere, prima di tutto:
«Sei ferito?»
L’angelo annuì, esalando un secondo grugnito.
«Cas— non ti ho mai visto così malmesso.
Perché ho il sospetto che questa volta non sia solo un problema d’ali?»
«In realtà, si tratta a malapena di tagli superficiali.
Solo, io non sono più lo stesso».
Non sapendo se allietarsi o meno,
Dean indagò ancora, in un baleno:
«Cosa vuoi dire?»
L’altro esitò; «Che fatico a guarire.
La mia Grazia si è molto indebolita».
«E quella—» incerto, l’uomo accennò alla fialetta celata tra le dita
«serve a ricaricare la tua batteria prima che sia finita?»
«Tutto il contrario» negò Castiel, arcano,
prima di confessare, in un soffio: «può rendermi umano».
Dean s’immobilizzò, sbarrò gli occhi e corrucciò l’espressione
con la mente che, incapace di processare l’informazione,
nel caos, minacciava il collasso –
cioè, in breve, ci restò di sasso.
«Umano. Tu. Cosa— È possibile?»
bofonchiò, a malapena comprensibile,
«E non è, uh, illegale? Punibile?»
«È possibile, sì» assicurò Castiel con tono sottile;
«Mi è stato sempre insegnato quanto fosse sbagliato e vile
e per me non l’ho mai considerata un’opzione—»
della dolorosa caduta e della rinascita non fece menzione
«—ma quando ho toccato il fondo come guerriero
mio Padre, attraverso un messaggero,
mi ha fatto avere questa». Sulla fiala, strinse la presa
terminando: «Una possibilità di discesa
e una rassicurazione, perché anche se sono cambiato
come figlio non mi ha rinnegato».
Dopodiché, si raccolse in un silenzio serio
e l’uomo, con la testa ancora comandata da un gran putiferio
all’interno del quale si sentiva smarrito,
colse l’occasione per ripetere, poiché non era sicuro d’aver capito:
«Tuo Padre. Nel senso—» indicò verso l’alto, tossicchiando,
«il grande e potente. È di Lui che stiamo parlando?»
L’angelo annuì, estorcendo uno stridulo «Oh mio Dio»
a cui replicò: «Sì, esatto» candido e senza fare una piega;
e se al che il cervello di Dean chiuse bottega
cortocircuitando d’ogni idea il matto frullio,
non gliene si poteva certo fare una colpa
dacché oltre alla confusione, già di per sé molta,
in quel frangente non c’era verso che riuscisse a gestire
anche quella buffa ingenuità che lo sapeva addolcire –
la stessa che gli era mancata da matti
e che, insieme al modo in cui Cas gli rivolgeva lo sguardo,
gli riempì il petto d’un affetto gagliardo
capace di spingerlo a tentar di controllare i pensieri disfatti.
Prese dunque un bel respiro, poi scandì, pacato:
«In pratica— sei stato congedato».
A dirlo, mise veramente a fuoco la questione
e si gonfiò di speranza, tant’era per lui una liberazione
immaginare che l’altro non dovesse più rischiare
e potesse prendersi del guadagnato tempo per riposare.
Solo un concetto lo lasciava sospettoso –
per l’appunto, riferendosi alla fiala, fece, dubbioso:
«Non sei obbligato a usare quella. O sbaglio?»
Castiel, parendo in conflitto, tentennò
prima di bisbigliare: «Obbligato? No.
Ma voglio».
«Ma sei un angelo» sottolineò Dean d’istinto,
per poi proseguire, veloce e tutto convinto:
«sei più forte d’un uomo e hai le ali,
puoi curarti e non ti ammali;
potresti vivere per sempre!»
«Anche l’anima umana è immortale»
appuntò l’altro con voce abissale.
«Ma tu sei migliore di noi povera gente!
E non fraintendere:
se vuoi lasciare il Paradiso, t’appoggio e capisco perché –
senz’offesa: lassù non meritano uno come te!
Quello che hai, però, non lo devi svendere:
puoi assistere alla storia, visitare l’universo—»
«La bellezza della conoscenza e del creato è certo indicibile,
ma se credi che questo – quello che è qui sia meno incredibile,
allora sei in errore, perché è l’inverso.
Tu stesso me l’hai mostrato!
Mi hai insegnato
quanto l’umanità sia generosa,
quanto sia meravigliosamente complicato ciò che può regalare;
la mia natura era inerte, ora è curiosa:
c’è così tanto che vorrei ancora imparare
ed è vivere sulla Terra che m’ha fatto cambiare,
non vedere la storia, non le stelle o il sistema solare!»
«Ma, rifletti—»
«Rifletti?» l’interruppe l’angelo, facendosi triste e scuro
come s’avesse udito un osceno spergiuro:
s’indurì la sua espressione, e arsero gli occhi stretti
parendo urlare: “Come ti permetti?”
«Quelli che per te sono stati mesi, per me sono stati anni
trascorsi negli inferi, tra demoni e malanni;
se ho resistito è grazie al pensiero che, tornato, avrei vissuto;
quindi fidati: ho riflettuto».
Gemette nuovamente a causa del distraente dolore
e, rapido com’era venuto, sparì il buio nel suo umore
rimpiazzato da un fragile ardore.
«Dean» chiamò, flebile e contrito
«come angelo il mio esistere è misero
e tutto ciò che desidero
è essere libero.
Credevo che tu, tra tutti, avresti capito».
Mentre tenevano gli sguardi incatenati
l’uomo fu schiacciato da sensi spiacevoli che ritenne meritati;
affondò i denti in una guancia, poi boccheggiò
e fece per mettere insieme qualche sillaba, però—
si bloccò
perché le ciglia di Castiel calarono
a coprir iridi che di blu per un istante brillarono.
«Questo è quello che voglio» lo sentì ribadire,
poi, sulle note d’un altro mugugno
una fioca luce iniziò a provenir dal suo pugno
e notandola, Dean non poté che impallidire.
«Cas?» s’agitò, allarmato,
e quando come unica risposta al suo chiamare accorato
quello prese ad inalar aria ansando,
lui esplose senza riserve in un sonoro «Cristo santo!»
perché non era nemmeno sicuro che l’angelo avesse mai respirato.
«Cas!» ripeté col tono che traballa
stringendogli un braccio e poi la spalla;
di nuovo, nessuna replica verbale:
solo un mezzo sbuffo e un lamento baritonale.
Si sforzò per restar razionale,
ma non poté concentrarsi
visto che fu distratto e rischiò d’accecarsi
per via della fiala che l’altro lasciò scivolare:
come un sole sembrava bruciare
e, rotolata sul suo tappeto,
lo costrinse ad avanzare a tentoni, inquieto,
finché non l’ebbe recuperata
(emanava calore e vibrava, come fosse animata).
La cacciò sbrigativo sotto a un cuscino
poi a Castiel, veloce, tornò a stare vicino:
lo ritrovò scomposto e collassato
col viso stravolto, ma rilassato.
E forse per farlo reagire avrebbe strepitato
se solo, basito, non avesse realizzato
che, semplicemente, s’era addormentato.
 
 
 
Per prima cosa, Dean recuperò e mise a buon frutto una coperta.
Dopodiché, teso come una corda di violino
e con tutti i sensi a dir poco all’erta,
si piazzò su una poltrona accanto al serafino.
Era probabilmente sull’orlo del panico
e senza dubbio preda d’uno sbigottimento titanico –
giaceva sul suo sofà, Cas, tranquillo
e lui poteva osservarlo, sfiorarlo, saperlo al sicuro;
era quasi irreale, dopo il lungo periodo oscuro
durante il quale la preoccupazione era stata un costante assillo.
Dunque, si sentiva certamente alleggerito,
ma lo scombussolava il pensiero di quel lume sconosciuto
il cui significato credeva d’aver recepito,
e lo lacerava la discussione che con l’altro aveva appena avuto.
Castiel era… umano, adesso?
Dopo esser stato all’Inferno, dopo aver combattuto
aveva scelto, così come gli era stato concesso
e lui gli aveva dato contro; che fesso!
Non che il suo avesse voluto essere un rifiuto:
era solamente incerto, solamente perplesso
perché Cas meritava il meglio, e pure qualcosa in eccesso –
temeva, però, che il significato inteso non fosse pervenuto.
Lo divorarono il rimorso e la colpa
un piccolo morso alla volta,
mentre, esagitato, attendeva navigando nei flutti
di mille impulsi che tra loro, vorticando, si sovrapposero tutti.
 
 
 
Quando Castiel, con un lieve sospiro, riaprì gli occhi,
era buio, poiché la sera già calata da un pezzo
e dacché al risveglio lui non era avvezzo
lo assalì un’ansia coi fiocchi.
Riuscì a restar più o meno saldo
solo perché notò Dean poco lontano,
intento a sonnecchiare respirando piano,
e poté associarlo alla coperta che lo stava tenendo al caldo.
Caldo – percepì con forza quella sensazione
insieme col passar dell’aria che gli gonfiava ciascun polmone
e subito, colto dalla realizzazione,
volle prestar all’ambiente più attenzione:
fece vagar lo sguardo, scalmanato,
e con meraviglia, vide come la promessa d’un mondo rinnovato.
Colori più veri e vivaci,
suoni più affilati,
odori significativi come non lo erano mai stati –
tutti raccolti da sensi incredibilmente efficaci.
«Dean» chiamò commosso
una, due volte, con tono scosso
e in risposta l’uomo sussultò, spalancando le ciglia di getto:
trovando Cas sveglio, presto scattò e fu al suo cospetto.
«Stai bene?» domandò, dalla stanchezza appesantito,
e l’altro «Sì» replicò, per poi aggiungere: «Io— ho dormito».
Per un attimo, sollevato, Dean fu tentato di scherzare
sottolineando che non aveva nemmeno smesso di respirare,
ma poiché era pazzesco che avesse cominciato a farlo in primo luogo
alla propria lingua, alla fine, lui diede altro sfogo:
«Già, hm. Significa che sei—»
«Ufficialmente umano, direi»
completò Castiel al posto suo,
prima d’aggrottarsi di colpo, sbottando: «La mia— dov’è
Con un cenno, Dean gli comunicò di restare in sé
e immaginando il problema, recuperò la fiala fluo:
sotto al cuscino la cercò senza guardare
e trovatala (era ancora tiepida e danzante)
gliela porse con le palpebre serrate, curandosi d’affermare:
«Questa? Cavolo, è accecante!»
Cas, che vedeva il chiarore imbottigliato rigorosamente spento,
chiese, spiazzato: «Davvero credi sia luminoso?»
«Scherzi? Non riesco a tenere gli occhi aperti!» ribatté l’altro, grintoso
e lui, nascondendo la Grazia tra i palmi per risparmiargli un tormento,
bisbigliò: «Grazie» toccato e timidamente contento;
e fu proprio perché lo trovò così gioioso
che Dean capì d’avergli fatto un qualche angelico complimento.
Tentò di bofonchiar un “Prego”, ma fallì miseramente
a causa d’una scioltezza in quel momento inesistente;
si limitò allora ad osservarlo attentamente,
finché, perso in sguardi calorosi,
decise che almeno dei chiarimenti erano doverosi.
Perciò scandì: «Io— prima, quello che ho detto—
non era perché non ti rispetto.
Ero solo… preoccupato».
«Credi ancora che questo sia sbagliato?»
Dean esitò, percorso da brividi in scosse,
poi ammise: «Non ho mai creduto lo fosse.
Solo—» meriti di più, pensò ma non disse; «Sei pentito?»
Castiel rifletté, come se quel concetto non l’avesse nemmeno concepito
e decretò: «È tutto così diverso. Niente Grazia, niente ali
e i miei sensi ora sono così materiali—»
Abbastanza, in effetti, da rendere del tutto sfocati
i ricordi dei cieli, delle battaglie, dei tempi passati:
quasi, quei millenni, pareva se li fosse solo immaginati;
ciò lo fece tremare, scioccato
e ridusse la voce a un filo, col volto adombrato,
per confessare per l’appunto: «Sono terrorizzato.
Ma pentito? No – mai.
Sapevo a cosa avrei dovuto rinunciare, se fossi sceso
e desidero davvero questa esistenza. Imparerò a viverla, vedrai».
Siccome, poi, non era sua intenzione imporsi come peso,
restò inespresso un pensiero; una domanda: “Mi aiuterai?”
D’ogni parola, però, la sua morbida espressione fece le veci,
tanto che Dean lo scrutò incantato per un secondo, due – dieci,
del tutto ammutolito
e col battito che impennava, imbizzarrito;
stava giusto per aprir bocca, colto da un sentimentale formicolio
quando l’atmosfera deragliò di botto per via d’un affamato brontolio.
Cas, resosi conto d’esser del suono la sorgente,
pur intrigato da quella fame terrena,
abbassò il capo e s’imbarazzò appena;
fu però scacciato il suo disagio, prontamente,
allorché il padrone di casa mormorò, semplicemente
tendendogli una mano: «Vieni – ti preparo la cena».
 
 
 
Convennero presto che la Grazia necessitava d’un contegno,
per la comodità di Dean e il bene della sua vista;
la riposero dunque in una piccola scatola di legno
che Castiel, sulla linea tra paura e stupore com’un equilibrista,
volle tenere accanto mentre, zittito,
attendeva seduto a tavola come gli era stato suggerito.
Nella luce pallida, risaltava il suo essere ancora macchiato e annerito
e non era invisibile il peso del dramma di cui era munito;
l’altro certo lo notò: ragion per cui fu costantemente distratto
intanto che, col poco che aveva, cucinava un semplice piatto.
«Ti ringrazio, Dean» proferì Cas quando fu servito
sfoggiando grandi occhioni da cerbiatto;
quelli, e soprattutto il modo in cui scintillarono
boccone dopo boccone con apprezzamento lampante,
allietarono l’uomo, e della scelta fatta lo ricompensarono
(gli aveva riservato la porzione più abbondante).
«Troverò un modo per ripagare ogni tua gentilezza.
Lo prometto» sussurrò poco più tardi Castiel con accortezza,
mentre Dean toglieva le posate dal mezzo.
«Non mi devi ripagare» ribatté quello;
avrebbe voluto aggiungere: “Perché averti qui non ha prezzo”,
ma non riuscì, e coi piatti, tristo, affondò lo sguardo nel lavello.
A quel punto, lo percorse un invitante solletico
dato dal riemergere del sentimento, e quasi si sentì patetico.
Quasi, perché nel momento in cui si voltò
scoprì Cas vicino, alle proprie spalle,
e leggera gli scorse una matta frenesia sottopelle
in risposta all’occhiata che lui gli lanciò:
grezza, lucida, sincera, dedicata –
“Magari—” lo spinse a sospirar tra sé e sé, sognante;
magari ora sperare non era più così delirante
e non doveva essere per forza condannata
quella sua affezione che non accettava di venir accantonata.
La stessa che vibrò, quando Castiel asserì, asciutto:
«Mi sento in debito, Dean. Io ti devo tutto».
Lo avvolse, strisciando, una dubbiosa oscurità –
«Volevo così tanto tornare, che nella foga ho tralasciato
quella che sarebbe stata la portata della mia incapace inutilità.
Senza la mia Grazia sono totalmente disastrato,
e guarda la tua generosità!»
Gli era piombato in casa com’un turbine, senz’avviso
e aveva ricevuto in cambio conforto e cibo,
perché Dean era un brav’uomo – era un amico;
a tal proposito, bisbigliò, eternamente grato:
«Nei miei confronti, non voglio tu ti senta obbligato
e giuro, non mi tratterrò un secondo in più del primo in cui t’avrò intralciato».
Macerava nel frattempo in una turbolenta sensazione blu
poiché la verità era che il suo animo, ingordo, bramava di più:
covava un desiderio preminente ed indicibile,
da umano, molto più che da angelo, irresistibile.
«Nessun obbligo» fu rassicurato dall’altro
«e non sei inutile, Cas: devi solo ambientarti, e se vuoi
ti aiuterò. Senza contare, poi—»
Esitò, incontrando uno sguardo vacillante ma scaltro –
sguardo che fu il primo d’una serie di lunghi, visivi scambi
durante i quali lo spazio tra loro andò assottigliando;
e Dean notò chi stava avanzando:
prima Castiel, poi lui, poi entrambi.
Alla fine, la distanza non poteva più dirsi solo amichevole
e lui s’irrigidì per via della trepidazione
perché, a giudicar dall’illuminata e presa espressione,
anche Cas ne era perfettamente consapevole.
«Poi—?» fu spronato a continuare;
dovette schiarirsi la voce, per riuscire a borbottare:
«Pensavo— cioè, credevo fosse implicito, ma
capisco, se— uh, se non ti va.
Però, ecco, se vuoi fermarti qua
non deve per forza esserci una scadenza».
«Parli… della mia permanenza?»
«Sì. Siamo praticamente già stati coinquilini, e io—»
Non terminò la frase, optando piuttosto per un mezzo mugolio
a cui seguì un soffio – un fioco: «Cas, resta».
E non fece in tempo a dirlo che già gli girava la testa,
perché Castiel annullò tra loro ogni lontananza
poggiando la fronte sulla sua in fretta, pur non senza vigilanza;
Dean, in fibrillazione, non oppose resistenza
e quasi gli tolse il respiro
scorgere in quelle iridi zaffiro,
al di là della riconoscenza,
il gioire vasto, incontrollato e ben distinto
di chi mette a fuoco di non esser stato respinto.
Non l’ingannava la vista? Era tutto vero? Non un sogno?
«Cas?» chiamò, allarmato, in un interrogativo mugugno
e: «Dean» fu mollemente interpellato di rimando
con tono basso e sentito;
al che biascicò, vulnerabile e basito:
«Ti prego, dimmi che non mi stai solo ringraziando.
Dimmi—» deglutì «dimmi che sai cosa stai combinando».
Lo sapeva, Castiel? Non ne era certo –
in quell’ambito non poteva proprio dirsi un esperto.
Semplicemente, voleva Dean vicino; anche per ringraziarlo ancora,
ma soprattutto per stringerlo e toccarlo come mai aveva fatto fino ad allora.
A parole, avrebbe senza dubbio fallito nello spiegare,
perciò agì d’istinto – uno nuovo di zecca, parte del pacchetto mortale:
posò le labbra sulle sue, tenendogli fermo il volto.
Una parte di lui temeva, tesa e in ascolto,
ma fu scacciata quando l’altro, palpitante, passò da rigido a sciolto
premendo a sua volta con trasporto.
Fu un contatto breve, gentile
accompagnato da un abbraccio spontaneo e febbrile;
come una promessa di ciò che era a venire –
un momento che, stupefatti, quasi faticarono a concepire.
«Se posso, mi piacerebbe restare»
mormorò fremente Cas, ritiratosi appena;
in risposta, contenendo l’esaltazione a malapena,
 Dean lo strinse, incapace di parlare –
in particolare, con le palpebre fermamente calate,
mantenne il viso accanto al suo; le loro guance l’una all’altra poggiate.
Inalò a fondo, mentre lo scuoteva una sgomenta felicità:
Castiel era lì, l’aveva baciato, ed era tutta realtà;
anche se umano, arruffato e affumicato,
poteva dire d’aver ritrovato il suo angelo – e che sarebbe restato!
Ogni tassello era al suo posto, se erano insieme
ed entrambi si lasciarono accarezzare e travolgere dall’ebbrezza
data da ciò che in petto sbocciava con gran fierezza,
pensando che da lì in poi sarebbe andato tutto bene.
 
 
 
 


 


 
Certo all’inizio non fu facile prendere il via,
tra assestamenti, incomprensioni e la ricostruzione d’una sinergia
e anche poi, come in ogni altra vita quotidiana,
per i due non sempre fu tutto perfetto:
in alcuni momenti la rabbia regnò sovrana
e più d’una volta si fecero dispetto.
Restò però sempre saldo tra loro l’affetto,
nutrito dal perdono, dalle condivise avversità,
dal desiderio di proteggere le reciproche fragilità
(e, nell’intimità, da rappacificamenti a letto).
Cosa più importante di tutte, poi,
orgogliosi e lieti d’essere un noi,
avanzando lungo la strada mano nella mano
mai smisero d’imparare l’uno dall’altro –
s’amarono, insomma, il cocciuto e leale umano
e colui che con meraviglia era venuto dall’alto.
 
 

 
 

The end






 
Angolo di Tormenta
Happy ending per tutti! ♥
Spero che le motivazioni e la scelta finale di Castiel (combattere un’ultima battaglia e poi ritirarsi) risultino convincenti. È un personaggio molto fedele al proprio ruolo, e ci tenevo a non snaturarlo/banalizzarlo. Per il resto: mi auguro d’esser riuscita a rendere giustizia ai sentimenti e ai temi trattati, indubbiamente per quel che riguarda la transizione angelo/umano, ma anche per la situazione di Dean e l’atmosfera generale della conclusione. Se vi va di farmi sapere che ne pensate, mi farebbe molto piacere. :)
 
Detto ciò – mi sono divertita un mondo a scrivere questo piccolo racconto, e sarei davvero contenta se nella sua semplicità fosse riuscito a regalarvi qualcosa! c: Vi ringrazio moltissimo per aver letto, seguito, preferito, e in generale avermi accompagnata fin qui! :) Baci e alla prossima storia,
T. ♪

 
P.S.: Se siete anche solo un pochino puntigliosi come me, magari vi state chiedendo come diamine Cas può inserirsi in società dal nulla senza, tipo, documenti, o un cognome, o una data di nascita. Ecco, in tal caso – diciamo che presto gli vengono recapitate tutte le carte del caso, e che queste gli forniscono un’identità. Perché Chuck in questo universo è così tanto un bravo papà. c:
   
 
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