Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.763 (Fidipù)
Note: E si torna alla vita di tutti i giorni: perché ci possono
essere state rivelazioni incredibili e un cattivo che...beh, ancora del
caro Dì Ren si sa poco, in ogni caso la vita bussa alla porta e non ci
pensa neanche a rimanere fuori e quindi ecco che si ritorna allo scorrere
normale del tempo (o del capitolo). Detto ciò, direi che posso
tranquillamente lasciarvi al capitolo, dato che non c'è molto da dire su
questo (anche perché io devo tornare ai miei appunti sulle fobie e oggi
sono molto indietro con lo studio), ma come sempre ci tengo a
ringraziarvi: grazie a tutti voi che leggete, che commentate, che inserite
questa storia in una delle liste a vostra disposizione e me fra gli autori
preferiti.
Un piccolo grazie anche a Federica11 (sì, io non rispondo mai ai commenti
perché sono culopesa, ma vi stalkero XD), che mi ha segnalata per le
storie scelte: grazie davvero tantissimo! Sono veramente onorata della
cosa.
Detto ciò, ci vediamo al prossimo capitolo!.
Bridgette osservò lo specchio che, sul
fondo del magazzino di Fu, dominava la scena: quando era stata liberata da
Chi You aveva chiesto all’amico di tenere l’oggetto e non l’aveva più
voluto vedere. Almeno fino a quel momento.
Si fece largo fra le cianfrusaglie, che il cinese aveva recuperato
nel corso degli anni, e si fermò davanti la superficie riflettente,
allungando una mano e carezzando la spaccatura che si era creata
nell’esatto momento in cui Ladybug la liberava dalla presenza del demone
cinese: «Stai bene, Bridgette?» le domandò la voce stanca di Fu, dietro di
lei e la donna annuì.
«Per due secoli ho combattuto contro la sua presenza.» mormorò,
socchiudendo gli occhi e tornando indietro con la mente, quando lei non
era mai completamente sola: «Lo sentivo dentro di me, sentivo la sua presa
e lottavo per non perdere il controllo. Usavo il suo potere perché volevo
i Miraculous, in questo modo pensavo che mi sarei liberata o che sarei
morta.» strinse le dita a pugno, alzando il viso: «Volevo avere pace ed
essere libera. Non m’importava di morire…»
«Bridgette.»
«E adesso scopro che tutto ciò che ho sofferto è stato solo una mossa di
un tizio millenario, che stava preparando la sua parte di scacchiera.
Perché? Perché io?»
«Perché tu eri l’unica fra noi che potevi sopportarlo, Bri.» mormorò
Felix, entrando nella stanza e poggiandosi contro lo stipite della porta:
«Kang lo sapeva, conosceva la tua forza.»
«Non voglio parlare con te. Né vederti.»
«Bri…»
«Il mio nome è Willhelmina Hart.»
«No, il tuo nome è Bridgette Hart, Bri.» sbottò Felix, fissandola serio:
«E non mi interessa se non vuoi parlare con me, né vedermi. Io voglio
farlo: sono due secoli che aspetto di poter essere di nuovo con te, e…»
«Fu, puoi buttarlo fuori? Per favore.»
«Andiamo, Felix.» sospirò l’anziano, rimasto in silenzio fino a quel
momento: «Se ho imparato una cosa, in tanti anni, è che c’è sempre un
momento per ogni cosa. E se una donna non vuole parlare, non parlerà
finché lei non lo deciderà.»
«Fu…»
«Andiamo, Felix.»
Bridgette rimase in silenzio, ascoltando i due uscire dalla stanza e, solo
in quel momento, scivolò a terra: il dolore, la solitudine, la lotta
incessante con Chi You, il senso di colpa per non aver svolto il suo
ruolo…lei non aveva avuto la forza di affrontare tutto ciò, aveva lottano
all’inizio ma poi si era arresa a quel demone che la possedeva.
Per cosa?
«Ehi, babbiona. Che combini qua da sola?»
«Alex…» sospirò la donna, voltandosi e osservando il ragazzo avanzare
verso di lei: «Vorrei essere lasciata in pace.»
«Piccola domanda: tu hai avuto problemi con il tuo riflesso?»
«Cosa?»
«Mi spiego: dopo che sono stato quel figo di Mogui, per un po’ avevo
problemi a specchiarmi. Non so, magari avevo paura di rivedere quel brutto
muso…»
«Deciditi: o eri figo o avevi un brutto muso.»
«Sono talmente incredibile, che ero capace di esser figo pure con un
brutto muso come quello di Mogui.»
Bridgette sorrise, scuotendo il capo: «Solo tu, Alex. Solo tu.» mormorò,
fissando il proprio riflesso: «Ho problemi anche ora. Ogni volta che vedo
me stessa allo specchio, temo che quest’altra prenda vita e mi parli come
faceva quell’essere: la sua compagnia, per tanto tempo, deve avermi
segnata.»
«Fu dice sempre che ciò che ci segna, ci rende forti. E solo chi non
combatte non ha cicatrici.»
«Fu dice anche che la fantasia hawaiana sta bene su tutto.»
«Vero anche questo.»
La donna sorrise, voltandosi verso il ragazzo, chino accanto a lei, e
allungò una mano per carezzargli la testa: «Sei diventato veramente
maturo, Alex.»
«Lo sono sempre stato, ma non ve ne siete mai resi conto.»
«E passi troppo tempo con Adrien e Rafael.» sbuffò Bridgette, incrociando
le braccia: «Stesso narcisismo ed egocentrismo, se ora si aggiunge anche
quell’altro di là…»
«L’altro di là è qui alla porta.» sbuffò la voce di Felix, attutita dal
legno dell’uscio: «Con Fu.»
«Dovevi per forza dirgli che c’ero anch’io? Maledetto!»
«Se la sarebbe presa con me e basta, altrimenti. Poi siamo compagni d’arme
e bisogna condividere gioie e sofferenze.»
«E quando mai saremo stati compagni d’arme? Ogni volta che c’era da
combattere, te ne stavi appollaiato da qualche parte e…»
«Controllavo la situazione e vi dirigevo. Cavolo, non c’era nessuno che
avesse un minimo di esperienza militare! Forse Pavao. Forse.»
«Vorrei andare a casa mia…» sospirò Bridgette, scambiandosi un’occhiata
con Alex: «Ma per farlo dovrei passare da quella porta e fra quei due…»
«Anche io vorrei andare in camera mia e per farlo dovrei fare la stessa
cosa. E ho pure lasciato il cellulare di là.»
Balzò sul tetto dal lato opposto della piccola strada, tenendo d’occhio la
persona che, con tutta la tranquillità del mondo, stava camminando a pochi
metri di distanza da lei: sapeva benissimo di non essere una buona
pedinatrice, i fallimenti avvenuti quando seguiva Rafael erano stati un
segno di questa sua mancanza, ma voleva studiare la ragazza millenaria che
il suo migliore amico – e idiota – si era trovato.
Voleva essere certa che non finisse nuovamente nelle mani di chissà quale
nemico.
Sì, certo. Nemmeno lei ci credeva a quello che diceva.
«Che cosa sto facendo?» si domandò da sola, scuotendo il capo e osservando
la ragazza cinese voltare l’angolo poco più avanti: che fare? Continuare a
seguire Xiang e vedere dove l’avrebbe portata oppure…
«Ci fermiamo?» domandò la voce tranquilla di Hawkmoth, dietro di lei,
facendola sobbalzare: Bee si voltò, incontrando lo sguardo curioso del
giovane compagno di squadra: «Allora? Non continuiamo a seguirla?»
«Tu! Da quando…»
«Da quando ti sto seguendo?» domandò il ragazzino, inclinando la testa e
soffermandosi un attimo: «Diciamo da casa del maestro. Non posso andare a
scuola ed entrare ora senza permesso, non posso tornare a casa e ho
pensato: perché non seguire Bee? Stai pedinando la tipa cinese, vero?
Perché?»
«Beh, ecco…»
«Scusa, non sta con Alex?»
«Credo di sì.»
«E tu non stai con Rafael?»
«Sì.»
«Per caso sei innamorata di entrambi?»
«Cosa? No, io amo solo Rafael.»
«E allora perché vuoi pedinare la tipa?»
«Perché…»
«Hai paura che faccia del male ad Alex, vero?» domandò la voce di Xiang,
facendo sobbalzare Bee per la seconda volta: l’eroina gialla si voltò,
notando la figura della giovane poco distante da loro: «Non hai nulla da
temere, Portatrice del Miraculous dell’Ape.»
«Mi chiamerei…»
«Chat Noir dice sempre di non dire i nostri nomi quando siamo trasformati.
E anche Tortoise me l’ha detto.»
Xiang sorrise, facendo scorrere lo sguardo dal ragazzino alla giovane
donna: «Io non ho mire su Alex, Portatrice. Posso dire che provo per lui
quello che voi chiamate amicizia e non avevo assolutamente intenzione di
mettermi tra voi, io volevo solo…»
«Aspetta. Aspetta. Aspetta. Tu pensi che io e Alex…» Bee s’indicò,
scuotendo la testa: «E’ solo un amico. Un caro amico. Il ragazzo che amo è
Peacock.»
«Ah.»
«Sono preoccupata per Alex perché è come un fratello per me.»
«Oh. Chiedo scusa, io…»
Bee scosse il capo, inspirando profondamente: «No, tranquilla.» mormorò
l’eroina, abbozzando un sorriso: «Anche Hawkmoth aveva travisato: forse
sono un po’ troppo…»
«Possessiva? Invadente? Inopportuna?» buttò lì il ragazzino, elencando gli
aggettivi con le dita: «Ne ho altri, sai? Ho i voti più alti di tutta la
classe in francese.»
«No, grazie.»
Xiang osservò i due, facendo un passo indietro e chinando il capo: «Se
volete scusarmi, io andrei adesso.» dichiarò, voltandosi e facendo alcuni
passi in direzione del limite del tetto, dalla parte opposta dell’edificio
«Ah, Xiang!» esclamò Bee, allungando una mano e osservando la giovane
voltarsi e studiarla con fare curioso: «Ecco. Fra qualche giorno faremo un
ritrovo con Ladybug e Volpina, una cosa fra ragazze, dove guardiamo la tv
e chiacchieriamo fra noi. Vuoi unirti? Per conoscerci meglio e…»
«Ne sarei onorata. Grazie.»
«Perfetto. Ah, chiedo il tuo numero ad Alex, ok? Meglio non dire certe
cose…»
«Abbiamo detto il nome di Alex fino ad adesso, che sarà mai un numero di
telefono?»
«Hawkmoth, vuoi provare i miei pungiglioni?»
«No, grazie.»
«Chiederò anch’io il tuo numero, Bee.» dichiarò Xiang, sorridendo: «E
grazie per avermi accordato la tua fiducia, nonostante io volessi prendere
il tuo Miraculous.»
«Penso che ormai ci siamo abituati, alla gente che vuole i nostri
Miraculous, intendo.»
«E’ strano che tu voglia passare un po’ di tempo con me.» dichiarò Emilé,
osservando il figlio seduto nel suo salotto e sorridendo: «Vuoi bere
qualcosa? Penso di avere della birra in frigo. Credo. In verità non lo so,
l’ultima volta che ho mangiato a casa è stato prima degli esami…»
«Tranquillo, papà. Di solito non bevo mai prima di pranzo…» mormorò
Rafael, sorridendo alla vista del genitore che spariva in cucina; sospirò,
sistemandosi meglio contro la spalliera del divano e alzando la testa
verso il soffitto: «Papà?»
«Allora, ho una bottiglia di birra, un qualcosa di biologico che
sicuramente ho comprato mentre parlavo con tua madre al telefono, acqua…»
«Papà, ricordi le tue ricerche sui continenti perduti?»
Rafael rimase in attesa, ascoltando il frigo chiudersi e poi vedendo
comparire il padre sulla soglia della porta della cucina: «Stiamo parlando
di tanti anni fa.» commentò Emilè, entrando nella stanza e sistemandosi
sulla poltrona posta davanti al divano: «Eri piccolo. Di solito pretendevi
che ti raccontassi qualcosa di Atlantide, prima di dormire: la tua storia
preferita era come Poseidone aveva creato la città…»
«Oggi ho avuto una conversazione con alcune persone e mi sono tornate in
mente le tue ricerche. Tu eri convinto dell’esistenza di Atlantide, vero?»
«Sì.» mormorò l’uomo, massaggiandosi il mento e sorridendo al ricordo: «E,
devo dire, che forse ci credo anche adesso. Sappiamo così poco della
nostra storia e ci sono così tanto misteri ancora irrisolti: chi ci dice
che Atlantide non centri con il mito del diluvio universale che…»
«Che è noto a popoli distanti fra di loro.»
«Esatto. Oppure anche il culto dei sette animali…»
«Quello di cui parlava Sarah?»
«Proprio quello. Come sta la signorina Davis?»
«Sta bene.»
«La stai trattando come una regina, vero? Mi piace quella ragazza e vorrei
vederla al tuo fianco per molto tempo, possibile per sempre.»
«Sarah è la persona più importante della mia vita, papà.»
«Buono. Io pensavo lo stesso di tua madre. Sai?»
«E adesso vivete in due continenti separati.»
«Siamo entrambi molto arrivisti, figliolo. Dovresti saperlo.» sentenziò
Emilé, allungandosi e poggiando una mano sul ginocchio del figlio: «Ciò
non significa che, quando ci vediamo, ci siano i fuochi d’artificio.»
«Papà…»
«Tua madre è una vera…»
«Papà! Non voglio sapere! Non voglio avere incubi stanotte!»
«Fa uno strano effetto…» commentò Tikki, passandole alcuni peluche e
osservando Marinette riporli nella scatola: «Vedere questa stanza
svuotarsi: da quando siamo insieme siamo…» la kwami si fermò,
allargando le braccia: «…beh, siamo sempre state qui.»
«Già…» mormorò la ragazza, sorridendo dolcemente e sedendosi per terra,
osservando le pareti tinte di rosa: «Penso che mi mancherà questa camera.»
«Se Adrien ti fa arrabbiare puoi sempre tornare qui, no?» buttò lì la
kwami, tornando all’interno dell’armadio e portando fuori una piccola
scatoletta: «Guarda cosa ho trovato!»
Marinette sorrise, osservando il contenitore che la piccola le aveva
posato in grembo: conosceva quella scatola dalla fantasia a pois rosa,
ricordava ancora quanto tempo aveva passato per sceglierla e decorarla; si
sistemò meglio contro il muro della camera, sollevando il coperchio e
sorridendo al contenuto. Quando aveva iniziato a frequentare Adrien si era
sentita un po’ in imbarazzo nell’avere i muri tappezzati con i ritagli dei
giornali e così li aveva tolti, sostituendoli piano piano con le foto che
aveva fatto con il ragazzo, ma non aveva avuto il coraggio di buttare
quelle foto tagliate dalle riviste e così aveva confezionato quel
contenitore, sistemandoli tutti lì.
«Sì, certo. Se mi farebbe il favore di venire domani pomeriggio…»
Marinette si irrigidì, sentendo la voce di Adrien provenire dabbasso e
rimase a osservare la botola, finché il giovane non apparve ed entrò nella
stanza: «No, io sarò già lì. Ok, ottimo. A domani.» Adrien abbassò il
cellulare, sorridendo alla ragazza: «Buonasera, mon coeur. Posso
confermare che domani avremo parte dei nostri mobili.»
«Davvero?»
«Sì, ho appena finito di parlare con quelli del negozio: domani pomeriggio
vengono a portare e montarne una parte.» dichiarò il ragazzo, accentuando
il sorriso e notando la scatola che la ragazza aveva in grembo: «Cos’è?»
«Assolutamente niente.»
«Marinette, sai che quando dici così…» iniziò Adrien, gattonando sul
pavimento e avvicinandosi lentamente: «…istighi la mia curiosità. Cosa c’è
lì dentro?»
«Roba vecchia.»
«Voglio vederla.»
«No!» esclamò la ragazza, alzando la scatola sotto lo sguardo divertito di
Adrien che, prendendola alla sprovvista, le si buttò addosso e iniziò una
breve lotta con lei per prendere l’oggetto conteso: «Adrien, lascia.»
«Cosa nascondi, my lady?» domandò divertito il ragazzo, afferrando la
scatola per un lato mentre Marinette faceva lo stesso da quello opposto:
«Forse qualcosa di una cotta a me sconosciuta? Oppure qualcosa di…»
«Ma piantala!» borbottò la ragazza, strattonando la scatola e finendo con
il risultato di aprire la scatola e rovesciare il contenuto: «Non
guardare!» esclamò, saltando addosso al fidanzato e mettendogli entrambe
le mani sugli occhi.
«Sono per caso foto tue dove sei senza nulla? Perché in quel caso devo
assolutamente vederle.»
«Ti sembro il tipo?»
«Ehi, non ci vedo nulla di male, anzi potre…»
«Oh!» esclamò Plagg, zittendo il suo Portatore e prendendo fra le zampette
uno dei tanti ritagli: «Com’eri piccolo. E innocente. Piccolo e
innocente.»
«Plagg, per favore…»
«Voglio vedere!» esclamò Adrien, afferrando le mani della fidanzata e
abbassandole, facendo poi vagare lo sguardo sui ritagli di giornale sparsi
attorno a loro: «Ma cosa…?»
«Non è nulla. Ora li rimetto nella…»
«Sono mie foto.» mormorò Adrien, prendendone una e sorridendo: «I famosi
ritagli di giornale appesi al muro?»
«Sì» sibilò la ragazza, tirando su le gambe e osservandolo mentre li
prendeva uno a uno, riponendoli nella scatola: «Posso sperare che farai
finta di…»
«Non li ho mai visti, ogni volta che venivo qua non c’erano.»
«Li ho tolti quando ci siamo messi insieme.»
«Anche prima: non c’erano mai appesi.»
«Questo perché, Marinette ed io, eravamo velocissime nel levarli dal muro
ogni volta che facevi un’apparizione.» dichiarò orgogliosa Tikki,
ridacchiando: «Ed eravamo anche altrettanto veloci a rimetterli.»
Adrien annuì, prendendo l’ennesima foto ritagliata: «Ho una domanda, my
lady.» dichiarò, sorridendole e avvicinandosi a lei: «Ti sei mai…mh. Come
dire? Hai mai esplorato certe tue zone mentre guardavi le mie foto?» le
domandò, sussurrandole nell’orecchio e osservando allegro il volto di lei
diventare rosso.
«Adrien!»
«Cosa? Non c’è niente di male! Sai, io…»
«Non voglio saperlo!»
«Fidati, nemmeno io voglio ricordare.» bofonchiò Plagg, scuotendo il muso
e alzando gli occhi al cielo: «Ogni volta che captavo qualcosa, mi
rinchiudevo in bagno.»
«Io continuo a dire che i tuoi Portatori prendono sempre la parte peggiore
da te.» mormorò Tikki, fissando sconsolata l’altro kwami: «Guarda Adrien…»
«E’ un caso a parte.»
«E Felix?»
«E’ tornato dal regno dei morti, anche se morto non era. Va capito.»
Adrien ridacchiò, passando un braccio attorno alle spalle di Marinette e
attirandola contro di sé: «Penso che abbiamo uno squarcio di come sarà la
nostra vita fra un mesetto: io che ti prendo in giro, Tikki e Plagg che
battibeccano…»
«Annulla tutto.» sentenziò la ragazza, poggiando la testa contro la spalla
del biondo e sentendolo ridere: «Sono seria. Annulla tutto, non ci tengo a
vivere così.»
«Sicura, my lady?»
«Sicurissima.»
«D’accordo.» sentenziò il biondo, prendendo il cellulare e componendo un
numero, impedito dalla mano di Marinette: «My lady!» esclamò, voltandosi
verso di lei e fissando lo sguardo celeste che lo fissava: «Devi
deciderti: annulli tutto o no?»
«No.» mormorò la ragazza, allungandosi e posandogli le labbra sul collo:
«Possiamo stare un po’ così?»
«Appiccicati e a farci le coccole? Mi inviti a nozze, my lady. Nozze, hai
capito…»
«Sì, ho capito.» sospirò la ragazza, sorridendo e poggiando nuovamente la
testa contro la sua spalla: «Stai bene?»
«Mh. Direi di sì, il mio predecessore non è morto ma era semplicemente in
una città mitologica con la fidanzata ultramillenaria di Alex, abbiamo un
nemico che viene da Atlantide, in pratica, e sto per sposarmi con la donna
che amo. Sì, direi che sto bene. Ah, e non ho fatto alcun accenno al fatto
che pare ci sia un’energia misteriosa che avvolge il nostro pianeta…Sì,
sto veramente bene.»
«Supereremo anche questa, vero?»
«Supereremo anche questa, my lady.»
«Prima però dobbiamo convincere le nostre mamme che le colombe al nostro
matrimonio non sono un buon affare.»
«Quando hanno deciso questa cosa?»
«Prima che io salissi a inscatolare un po’ di roba.»
«Qualcuno può ricordare a mia madre che io sarei allergico alle piume?»