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Autore: TwistedDreamer    29/03/2017    0 recensioni
«Cioè, fammi riassumere un attimo la situazione. Il famoso "punto" della questione è che Brian voleva solo scopare e tu ti sei innamorato?»
«Dom, perché nei tuoi riassunti io sembro sempre la ragazzina sedotta e abbandonata?»
«Perché lo sei, Matt!!! Sei una fottuta ragazzina! Come ti salta in mente di innamorarti di Brian Molko? Dopo che lui ti ha chiaramente intimato di non farlo, per di più!»
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota preliminare: se non ci capite niente con i tempi, alla fine del capitolo troverete una legenda, che se non vi interessa potete saltare.


Capitolo 1

Nel buio assoluto della sua camera da letto, una luce intermittente e fastidiosa martella nel cervello di Brian Molko, attraversando le sue palpebre chiuse. Lui infila la testa sotto il cuscino per cercare di ignorarla, godendo dei centimetri freschi di lenzuolo che ha appena scoperto, ma quel dannato led del cellulare continua a lampeggiare nella sua mente. Dopo appena un minuto, con un ringhio frustrato, maledicendo se stesso e la propria curiosità, allunga un braccio alla cieca, lasciandolo vagare sul comodino finché non incontra la superficie liscia e fredda del telefono. Se lo trascina sotto il cuscino e dà un'occhiata allo schermo.
Stefan gli chiede di richiamarlo e ha due messaggi vocali in segreteria.
Non ha voglia di ascoltarli, ne conosce già il mittente e il contenuto. Lancia un'occhiata alle tende spesse, tirate davanti alla finestra, poi, con un sospiro stanco, si alza e le scosta.
L'accecante luce di un mezzogiorno estivo lo colpisce in pieno volto, costringendolo a strizzare le palpebre per abituare gli occhi gradualmente. Davanti a lui si dipana l'immagine di una Parigi frenetica, inondata di lavoratori e di turisti. Sposta lo sguardo dalle piramidi del Louvre al Jardin des Tuileries, quindi prosegue per osservare in lontananza gli Champs-Élysées e fa un respiro profondo, riempiendo i polmoni dell'aria fresca del condizionatore acceso.
Uno dei vantaggi di un conto in banca stratosferico, pensa, è quello di avere un po' di case sparse per il mondo e, di conseguenza, quello di avere tanti posti in cui rifugiarsi quando la sua casa principale non è più frequentabile. Certo, dovrà tornare a Londra, prima o poi, ma per il momento preferisce cullarsi nella sensazione di pace e calore che Parigi gli dà. Richiude la tenda e si lancia di nuovo sul letto. Non appena la temperatura all'esterno diventerà più tollerabile, uscirà; farà una lunga passeggiata, mangerà un pacchetto intero di macarons e poi cercherà qualche mostra interessante da visitare. Al momento, però, il pensiero di uscire da quell'oasi fresca che ha creato - mettendo a repentaglio le sue corde vocali e non curandosene minimamente ‐ lo scoraggia enormemente. Il caldo estivo di una città continentale e metropolitana non è qualcosa che si affronta, a meno che non vi si sia proprio costretti, e lui è in vacanza. Da solo.
Nessuno può costringerlo a fare alcunché.
 
***
 
Dominic Howard dà un lungo tiro alla sua sigaretta, poi si pizzica la fronte.
«Fammi capire, Brian Molko?»
«Sì, Dom, ma…»
«Quel Brian Molko? Il cantante dei Placebo?»
«Dom…»
«Quello che appena siamo diventati più famosi di lui ha cominciato a sparlare di noi con chiunque gli capitasse a tiro?»
«Sì, ma…»
«Quello che una volta a una festa si è avvicinato, ubriaco, e ti ha sputato nel cocktail dicendoti che magari la sua saliva magica ti avrebbe aiutato a smettere di strillare nel microfono?»
«Dom, non è questo il punto.»
«Come non è questo il punto? Vai con le donne da quando ti conosco, poi mi annunci di avere una pseudo relazione segreta e ora che cerco di capire perché sei a pezzi mi riveli che Brian Molko, la versione più vicina a un bullo in gonnella che hai incontrato in età adulta, ti ha spezzato il cuore? Quale credi che sia il punto?»
«Ok, hai ragione. Comunque sono passati anni, siamo cresciuti, siamo cambiati e sinceramente avevo anche rimosso l'episodio dello sputo. Possiamo tornare all'argomento principale?»
Il batterista annuisce, socchiudendo gli occhi.
«Ok. Quindi Brian Molko ti ha spezzato il cuore.»
«Non mi ha spezzato il cuore, Dom. La smetti di trattarmi come se fossi tua nipote quindicenne che ha deciso di frequentare un teppista?»
«Va bene, va bene.» si arrende quello. «Allora magari mi racconti tutto dall'inizio?»
Matt sospira, sprofonda nel divano e comincia a raccontare.

*
 
Sei mesi prima.
20 gennaio.
Matt aprì il portone col piede a fatica e, attraverso la roba che spuntava dallo scatolone che portava in braccio, vide chiudersi in lontananza le porte dell'ascensore.
«Un attimo!!» gridò, dando una spallata alla porta e cominciando a correre.
Dalle due porte ormai quasi chiuse spuntò una mano che le fermò e le costrinse a separarsi di nuovo.
«Grazie.» ansimò, arrancando fino all'ascensore. Entrato nel piccolo abitacolo, abbassò lo scatolone che gli copriva la vista e per poco non lo lasciò cadere a terra.
«Molko!» esclamò «Che ci fai qui?»
Brian Molko gli stava davanti e lo fissava con un misto di alterigia e sorpresa.
Pigiò con noncuranza il pulsante numero sette, senza minimamente accennare a fargli la cortesia di chiedergli a che piano fosse diretto lui, e poi si rivolse a lui con tutta la flemma di cui era capace.
«Dovrei essere io a chiederlo a te, Bellamy. Questa è casa mia.»
«Ma dai!» esclamò quello in risposta «Ho appena comprato l'appartamento al quinto piano! Che coincidenza inaspettata!»
«Mh.» accennò l'altro, inespressivo. Matt ebbe un brivido e cominciò a percepire l'imbarazzo del trovarsi in un ambiente tanto piccolo con una persona che non intendeva contribuire alla conversazione. E quando Matthew Bellamy era imbarazzato, di solito diceva idiozie che lo imbarazzavano ancora di più.
«Allora se avrò bisogno di un po' di zucchero saprò a chi suonare.» tirò fuori con un sorriso a trentadue denti.
Ecco, appunto.
«Non ti azzardare. Ma chi ti conosce?» fu la sprezzante risposta.
Matt lo fissò attonito; l'imbarazzo aveva fatto un po' di posto allo sbigottimento.
«Te l'ha mai detto nessuno che fai paura?»
«Molte persone in realtà. Sono arrivato, buona permanenza.» annunciò con una formalità che sfiorava l'insulto, poi si dileguò.
Matthew rimase a guardare il punto dov'era sparito Brian, mentre inconsapevolmente rilassava le spalle e premeva il tasto numero cinque, assorto.
Il cantante dei Placebo aveva la fama di essere una persona terribile con la maggior parte degli esseri viventi e una persona meravigliosa con i pochi che gli andavano a genio. Evidentemente, lui non rientrava nella cerchia degli eletti. Non che avessero mai avuto tutte queste occasioni di incontrarsi, in passato, a parte il backstage di qualche festival e una premiazione di MTV che pesava come un macigno.
Ad ogni modo, mentre girava la chiave nella toppa del suo nuovo appartamento, Matt fu improvvisamente contento di aver scelto proprio quel palazzo. La sfida insita nel cercare di piacere a Brian Molko lo allettava.
Brian Molko lo allettava, a dirla tutta.

 
***
 
Brian ringrazia in francese la donna paffutella che gli porge il sacchetto pieno di dolci da sopra il bancone ed esce dalla piccola pasticceria, addentrandosi in un parco per cercare una panchina all'ombra su cui sedersi e divorare il contenuto ipercalorico dell'involto, che sta minacciando di farlo svenire col suo profumo. Proprio mentre addenta un dolcetto ripieno, sente la tasca vibrare. Controlla il nome sul display e poi, con un sospiro, risponde.
«Lo so, lo so. Avrei dovuto richiamarti, sono una persona orribile…»
«Brian.» lo interrompe una voce che fatica a contenere la collera «Dove cazzo sei?»
«Mmh…» fa quello, con una noncurante quanto finta ingenuità «al momento sono su una panchina parigina a gustare una cosa che avrà almeno mille calorie per ogni morso.»
«Parigi?» gli fa eco l'altro, strozzato.
«Stefan, so che ormai hai assunto questo ruolo, ma smetti per una volta di comportarti come se fossi mia madre.»
«Ok, allora mi comporto come un tuo collega di lavoro. Fra tre giorni si parte per il tour, fatti trovare pronto davanti al portone di casa alle 9 del mattino, non mi interessa altro.»
Il tono del bassista non lo preoccupa più di tanto: la rabbia di Stefan è sempre un fuoco di paglia e quella, nello specifico, è solo la maschera di tanta preoccupazione.
«Mi conosci, Stef. Sono nato pronto.» replica piatto.
«Sì, come no… ah, Brian?»
«Mmh?»
«Ovviamente intendo la tua casa di Londra, non quella di Calcutta.» e chiude la conversazione.

***
 
«Quindi è stato un colpo di fulmine?»
«No Dom. Non lo so. Non è che pensassi a lui in questi termini, in quel momento.»
«Mh, ne sei sicuro?»
«No.»
Il sorriso del batterista la dice lunga.
«Dom, continui a non cogliere il senso principale del racconto.»
«Scusa, scusa. Continua!» dice, alzando le braccia in segno di resa.

*
 
2 febbraio.
Mentre suonava il terzo giro di accordi, Matt si rese conto che qualcosa non quadrava. C'era un suono sbagliato che rovinava tutta l'armonia che aveva creato, ma non riusciva proprio a capire da dove provenisse.
Le dita erano nella posizione giusta. La chitarra era collegata bene.
Smise un attimo di suonare e improvvisamente tornò alla realtà. Tornò a vedere la stanza e i mobili intorno a sé e si rese conto che il suono che lo disturbava era quello del campanello.
Si sfilò con calma la tracolla di dosso e si diresse nell'ingresso per aprire la porta. Sulla soglia trovò davanti una delle Furie incarnata nel corpo di Brian Molko.
«Cosa. Cazzo. Credi. Di. Fare?!?!?»
Matt sgranò gli occhi shockato e accennò un: «Io?»
«Sì, tu, pezzo di deficiente. Sai che ore sono?» riprese l'altro spingendolo dentro con una manata in pieno petto.
«Ehm, saranno le dieci e mezza.» fece Matt guardando distrattamente l'orologio a muro.
«Sono le dieci e venticinque! Esattamente mezz'ora dopo che sono riuscito a convincere mio figlio ad andare a dormire, comincia a risuonare per il palazzo un rumore terribile di animali alieni agonizzanti e ho passato almeno dieci minuti a chiedermi chi potesse essere a produrlo, finché non mi sono ricordato che ti sei trasferito qui. Fai insonorizzare la stanza o tutta la dannata casa, ma non rompere l'anima agli altri! Non hai mai vissuto in un condominio?»
Matt lo guardò mortificato.
«Scusa, hai ragione. Non mi sono reso conto dell'orario e ancora non ho avuto il tempo di fare insonorizzare lo studio. Però sai com'è quando ti parte l'ispirazione,» fece con aria complice sperando che forse, tirando fuori un argomento comune, sarebbe riuscito a farlo scendere dal piedistallo «non potevo trattenermi, non capivo più niente. Succederà anche a te, immagino.»
Brian affilò lo sguardo.
«Anche se mi succedesse, saprei trattenermi, perché io, a differenza tua, ho un cervello funzionante!»
«Ehi!» fece Matt, quasi offeso, aggrottando le sopracciglia.
«Te lo meritavi. E ora smetti di produrre inquinamento acustico, mentre io vado a cercare di far riaddormentare mio figlio.» l'attacco non accennò a diminuire di intensità, anche mentre Brian si voltava e faceva per andar via.
«Se vuoi posso venire a suonargli una ninnananna, per farmi perdonare.»
Matt ricevette uno sguardo scandalizzato.
«Non se ne parla, Bellamy. La ninnananna gliela so suonare anch'io.»
«Al pianoforte no, però.» lo rimbeccò con un sorriso sornione.
«Mi basta una chitarra.»
«Dai, voglio farmi perdonare.»
«Ti farai perdonare evitando rumori molesti.»
«Ok, dai. Vorrà dire che vi inviterò a cena, una sera di queste.»
«Non contarci Bellamy. Addio.»
Matt, sghignazzando, lo guardò salire le scale.
«Quanto sei melodrammatico.» mormorò rientrando in casa e chiudendo la porta.
Andò a spegnere l'amplificatore sentendosi leggermente in colpa.

 
*
 
«Ti sei messo a suonare alle dieci di sera con gli amplificatori al massimo?»
Matt assume un'aria imbarazzata.
«Sì, Dom, che vuoi? Mi sentivo ispirato!»
«Lo sapevo che non sarebbe stata una buona idea per te, vivere in mezzo alla civiltà. Dovevi tenerti la tua casa in campagna nel mezzo del nulla inglese, con le galline, le pecore e tutto il resto.» Matt lo guarda risentito.
«Posso continuare o hai ancora osservazioni inutili da fare?»
«Vai. Continua. Anche se ho quasi paura di sapere dove ci porterà questo racconto…»
«Ci porterà a oggi, quando hai fatto irruzione in casa mia ordinandomi di raccontarti tutto "perché così non si può continuare".» conclude scimmiottandolo.

***
 
Il sole è ormai tramontato e il cielo si appresta a diventare completamente nero quando Brian rientra in casa. Sale fino al suo attico, si richiude la porta dietro le spalle e, ignorando completamente la cucina, ancora sazio di tutti i dolci ingurgitati durante il pomeriggio, si dirige in camera e si lascia cadere sul letto a braccia spalancate.
Quanto ama l'aria condizionata! Tutto il calore e l'umidità dell'esterno si annullano nel momento in cui entra in casa, perché, sì, lascia sempre il condizionatore acceso. Odia troppo il caldo per non riservarsi quel paradiso di freschezza e tenerlo sempre pronto.
Improvvisamente, nella sua testa compare l'immagine di un paio di occhi impossibilmente blu che lo guardano con aria di rimprovero e di una voce familiare che lo sgrida per tutti i danni all'ambiente che lui e quelli come lui procurano. Scuote la testa e decide di far cambiare rotta ai suoi pensieri, non tanto per mettere a tacere la coscienza quanto per la forma che quella coscienza aveva assunto.
Partire per il tour sarà sicuramente positivo, pensa. Tante cose da fare, zero tempo per pensare.
Tempo prima aveva concordato con Helena che Cody sarebbe partito con lui per quei due mesi in giro per l'Europa, ma poi non hanno mai definito i dettagli. Si ripropone di chiamarla il giorno dopo, preparandosi a una sfuriata esasperata per quella mancanza di preavviso e per il solito poco riguardo verso i programmi degli altri. Sospira, insofferente al solo pensiero. Se c'è una cosa bella dell'essere in tour, è la totale assenza di incombenze, a parte salire sul palco all'ora stabilita. La sua vita, i suoi pasti, le sue ore di sonno, persino la quantità di mutande pulite nella sua valigia sono completamente gestite da altri.
I tour estivi, poi, in giro per i festival europei, sono un grande raduno di amici e colleghi, di buona musica, di chiacchiere e risate. Dentro di lui comincia a farsi strada un certo entusiasmo al pensiero della gente che incontrerà, finché la realtà non lo colpisce in pieno: anche i Muse saranno in tour quest'estate. Tra gli amici e i colleghi che incontrerà, cercare di evitare Matt Bellamy sarà davvero molto difficile.



Legenda:
Come anticipato nelle note del prologo, questa storia è costruita su tre livelli temporali, che ora vi indicherò (perchè entrambe le persone che hanno letto in anteprima hanno trovato molto difficile capirci qualcosa, quindi spero con questo di rendervi tutto più facile):

1- linea temporale presente, in carattere Arial (questo che vedete qui), dal POV di Brian e con tempi al presente. Si svolge da giugno in poi.

2- flashback, in carattere Courier New in grassetto, caratterizzata da una data prima di ogni paragrafo compresa tra gennaio e maggio (se non c'è la data, è perchè prosegue il racconto dell'ultima data indicata), dal POV di Matt e dai tempi al passato

3- un'unica, lunga, scena, che percorre tutta la storia e che si svolge orientativamente a fine maggio/inizio giugno, costituita da un dialogo tra Matt e Dom in cui Matt racconta all'amico ciò che leggete nei paragrafi di flashback (che per questo sono visti dal suo POV). Anche questa è scritta con 
Courier New in grassetto.

Detto ciò, spero ci capiate qualcosa. Se avete problemi a raccapezzarvi, scrivetemi anche in privato o chiedete delucidazioni in una recensione oppure, male che vada, aspettate che io finisca di pubblicarla e leggete prima tutto ciò che è scritto in Courier New e poi tutto ciò che è scritto in Arial XD
 
  
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