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Autore: Orunida    31/03/2017    0 recensioni
Questa è la storia di un paese, delle sue tradizioni secolari, è un racconto di vecchie abitudini, di vicende quotidiane e di amori. Lidia è una ragazza qualunque che trascorre ogni estate al paese in compagnia della sua vecchia e saggia nonna. Ma c'è un evento che spezza la monotonia del luogo, un vecchio rito estivo che profuma di magia e che farà conoscere a Lidia qualcuno di veramente speciale ...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inna, lungo il fiume, 31/07/2006


<< In tempi molto remoti su quella collina verdeggiante si potevano vedere da lontano piccole e rurali case di contadini disposte in modo sparso, campi arati di diversi colori, steccati dall’aspetto rustico, robusti mulini e ponti traballanti a segnare il corso di un piccolo e scrosciante ruscello. Gli abitanti di quel luogo in origine erano pochi, vivevano con un povero ma sano stile di vita; gli uomini passavano le ore nei campi a lavorare fino a sera la terra, le donne con i frutti che questa produceva preparavano i loro pasti frugali, mungevano le vacche, pulivano le proprie case e aspettavano che arrivasse sera per tessere qualche ricamo, che poi finiva immancabilmente su una tovaglia, sul lembo di un cuscino o sul lenzuolo da corredo di una delle figlie di famiglia.
Il villaggio però vantava una incommensurabile ricchezza. Nei suoi campi infatti crescevano bellissimi e lunghi fili dorati che una volta all’anno producevano pepite dal valore inestimabile : non era altro che il nostro comunissimo grano. Ma ai tempi, nei paraggi, pochissimi altri villaggi erano in possesso di grano, o almeno non in quelle enormi quantità.
Purtroppo nei primi anni del novecento, in un terribile e afoso agosto, la  siccità fece prosciugare il ruscello, i campi di grano morirono e diventarono neri come il carbone, la fame e la carestia si propagò come una peste e i poveri contadini e gli abitanti piombarono nella miseria più totale che li costrinse a scendere nelle città più vicine.
Una ragazza, rimasta orfana, dopo quell’annata disastrosa decise comunque di rimanere nel villaggio. Sua madre era conosciuta ai più come la “santona”del luogo; faceva stregonerie di ogni tipo, prediceva il futuro, la buona e la cattiva sorte e leggeva l’animo di chiunque avesse di fronte solo guardandoli negli occhi. Ovviamente non aveva una buona reputazione ma spesso anche i più scettici si recavano di nascosto da lei per farsi fare qualche oracolo o per bersi qualche mistura di erbe rinvigorente, che produceva lei stessa.
Fatto sta che la giovane ragazza con la sua breve carriera da stregona impartitale dalla madre tentò il tutto per tutto e l’anno seguente alla carestia eseguì con perizia quel rito che ancora oggi qui chiamiamo “la magia del grano”, portando l’unico cesto di grano rimasto presso un piccolo tempio,ormai distrutto, sulla montagna.
Non si sa quale stregoneria o quale sortilegio fece con quel grano, ma esattamente un anno dopo la carestia, il ruscello si colmò talmente tanto che divenne un fiume, i campi di grano tornarono a splendere più di prima del loro fulgore dorato e i contadini tornarono e con loro i figli e molti altri abitanti dei paesi vicini, attirati da quell’eden verdeggiante, di nuovo accogliente e nuovamente ricco di risorse.
Così nacque e crebbe il nostro paese  ma quello che vedi oggi non ha più niente della sua originale semplicità, della vita parca e sana che conducevamo, niente più. Guarda, guarda ora quanto cemento …>>
Nonna Lora si risistemò sull’erba, un po’ risentita, si aggiustò la lunga gonna bianca a fiori azzurri che per un attimo le aveva lasciato scoperte quelle gambe chiare e fragili, un tempo robuste e  forti che chissà quante volte avevano calcato quel tappeto d’erba e sassi lungo il fiume.
 Gli occhi vitrei e verdi puntavano il paese non molto lontano, sembravano stanchi e tristi, ma guardavano anche oltre, furbi ed un po’ ammiccanti, come chi è già a conoscenza di quel trucco dietro alla mirabolante esibizione del misterioso fattucchiere.
Lidia staccò lo sguardo dal suo volto e li puntò invece sui propri piedi, immersi nella acqua limpida del fiume fino alla caviglia. Lo scroscio imperterrito copriva il momentaneo silenzio calato su di loro, sentiva un po’ freddo ora che il sole stava per sorgere, allora piegò le gambe verso le ginocchia e asciugò i piedi un po’ intirizziti sull’erba ancora calda di sole estivo.
Accanto a lei c’era il suo cesto di vimini, con i fiori che avevano raccolto, belli e gialli come piacevano molto al nonno, ogni sabato li andavano a raccogliere lungo il fiume ed il giorno seguente li portavano sulla sua tomba.
<< Nonna … >> fece Lidia voltandosi nuovamente verso di lei. I lunghi capelli castani dai riflessi dorati e bronzei le ricaddero leggeri sulla schiena scoperta.
<< Dimmi Lidia. >> Rispose Lora, con lo sguardo ancora rivolto al paese e le mani dinoccolate giunte sul grembo. Stringeva un mazzo di lavanda.
<< Come si chiamava la ragazza ? Quella della magia del grano intendo …>>
Finalmente Nonna Lora si voltò verso di lei, un grande sorriso stampato in volto le fece apparire rughe dappertutto e piccole fossette proprio sotto agli occhi e con un cenno del capo, a sottolineare alla nipote il fatto che fosse sciocco non esserci ancora arrivata, disse :
<< Ma si chiamava Inna! Naturalmente. >>
Risero e poco dopo si alzarono insieme; Lidia balzando con scatto felino sulle sue gambe lunghe, abbronzate e tornite che spuntavano dal vestito corto di lino color terra bruciata, la nonna facendo carico del suo peso sul braccio saldo della nipote che con mossa svelta la tirò su senza molte difficoltà.
<< Torniamo a casa Lidia, domani comincia la festa del grano e…>>
<< E abbiamo tante cose da preparare, lo so nonna, lo so …>> Concluse Lidia con un mezzo sorriso e un piccolo accenno di sbuffo.
Le due figure continuarono la strada uscendo dal sentiero, verso il piccolo paese incorniciato da boschetti di querce e abeti, sulla cui sommità si ergeva una piccola torretta finestrata,non imponente ma solitaria. Tutt’intorno i tetti delle case e delle chiesette di paese disegnavano le linee delle strade principali sulle quali si affacciavano. In cielo danzavano stormi di uccelli stagliati contro l'imbrunire, non c’era nemmeno una nuvola.
Lidia camminava in silenzio accanto a sua nonna Lora, attraversarono la piazza principale del paese, dove un piccolo bar accoglieva qualche anziano signore, sedevano a parlare prima di tornare dalle mogli a cena. Lidia sapeva già che da domani quella piazza sarebbe stata più affollata.
 Seguirono la salita che portava verso casa ed una volta lì accompagnò sua nonna fino al loro giardino, davanti al pollaio, per dare il becchime a quelle  tre galline rimaste in loro possesso.
<< Nonna io voglio andare un po’ in camera mia prima di cena, voglio finire di leggere quel libro … >> Esclamò Lidia prima che sua nonna le chiedesse di raccogliere qualche pomodoro nell’orto.
<< Va bene, vai. Penserò io a preparare qualcosa per cena. Non dimenticare di mettere a bagno i fiori per nonno.>>
Lidia si liberò del pesante sacco con il becchime, corse in casa e dopo aver messo alla rinfusa i fiori nel lavandino pieno d’acqua, salì saltando due a due le scale verso camera sua.
 Nella mansarda al piano di sopra, c’era tutto il suo mondo, un luogo sicuro dove si rintanava a pensare, a leggere, ad ascoltare musica, in quelle lunghe estati ad Inna in compagnia di sua nonna. C’era una finestra accanto al letto singolo dove dormiva, anzi un oblò, che dava proprio sul giardino e davanti ad essa un grande abete  accompagnava con il suo frusciare rilassante tutte le sue notti, fin da quando era bambina.
Un piccolo comodino di legno con sopra l’abat jour,una madia ai piedi del letto e una sedia a dondolo; niente di più essenziale, niente di più semplice e accogliente esisteva nella sua vita come quella stanza.
Si stese a pancia in giù sul lenzuolo fresco e  cominciò, senza accorgersene, a muovere le gambe avanti ed indietro, come su un’altalena.
Tirò fuori dalla federa del cuscino a fiori il vecchio telefonino rosa che sua nonna pensava di averle nascosto con cura, ma che lei trovò il giorno seguente al suo sequestro nella dispensa della cucina al piano di sotto.
Con un sorriso appena accennato e la mano un po’ tremante, Lidia scorse il menù ed andò sulla casella dei messaggi.
Scrisse : “ Allora domani sei qui ?”
Era diretto a F. 
   
 
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