Teatro e Musical > Les Misérables
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Autore: Christine Enjolras    02/04/2017    1 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Éponine

“Éponine! Proprio la donna che cercavo!” disse una voce maschile carica di entusiasmo proveniente dalla scala della hall. Éponine stava mettendo in ordine i registri della contabilità per suo padre quando alzò lo sguardo in quella direzione e vide Courfeyrac guardarla da metà della scalinata: portava dei calzoncini corti bianchi, una maglietta a maniche lunghe gialla e, ai piedi, delle scarpe chiodate dai colori sgargianti coprivano parte dei calzettoni giallo canarino con due righe blu in alto.

“Courfeyrac! Perché mi cercavi?” chiese subito la ragazza sorpresa. “Che poi ‘donna’… non esageriamo!”

Courfeyrac stava per scendere quando sembrò farsi trattenere da qualcosa che si trovava nascosto in cima alle scale. Éponine riusciva a sentire una vocina provenire dal piano superiore, ma non capiva cosa stesse dicendo. “Dai, non succede nulla se viene anche lei!” rispose alla voce Courfeyrac. Poi toccò di nuovo alla voce ad esprimersi: il suo tono si alzò, ma le parole furono ancora incomprensibili per Éponine. Tuttavia, la ragazza riuscì a riconoscerla.

“Gavroche qual è il problema?” gli chiese ad alta voce la ragazza. “Vieni giù a dirmelo in faccia!” Gavroche non se lo fece ripetere due volte e scese alcuni gradini della scala a passi pesanti, quasi pestasse a terra i piedi volutamente come farebbe un bambino capriccioso. Aveva una larghissima maglietta a maniche corte verde fluorescente, che copriva quasi del tutto una felpa blu scuro e i suoi piccoli jeans chiari: Éponine pensò che fosse di uno dei ragazzi del gruppo di Courfeyrac perché era troppo grande per il suo fratellino, ma non per un ragazzo della loro età.

Il bambino dai riccioli biondi si inginocchiò, prese tra le mani due pali della ringhiera e guardando la sorella disse a pieni polmoni: “Io non voglio che vieni anche tu con noi!” Éponine non riusciva a capire: andare dove? Per fare che cosa?

“Non fare il bambino! Ci serve che venga anche tua sorella!” disse dolcemente Courfeyrac arruffando i capelli di Gavroche con la mano.

“Ma io SONO un bambino, Courfeyrac!” disse deciso Gavroche spingendo via la mano del ragazzo. Courfeyrac sembrò confuso e un po’ imbarazzato ed Éponine non capì se ciò fosse dovuto al gesto di Gavroche o alla gaffe appena fatta. Poi il bambino puntò l’indice contro sua sorella e gridò: “IO NON CE LA VOGLIO QUELLA!”

 “Posso sapere di che accidenti state parlando voi due?” chiese la ragazza ancora più confusa. Mentre suo fratello e l’altro ragazzo ancora discutevano, Éponine sentì dei passi scendere dai gradini più alti della scala. Poco dopo, Marius apparve dietro al suo fratellino, sorpassando lui e Courfeyrac e guardandoli con un sorriso imbarazzato. Indossava dei pantaloni da tuta neri e una pesante felpa verde scuro con collo alto: nella sua semplicità, Éponine lo trovava molto carino.

“Ehi” la salutò timidamente il ragazzo lentigginoso.

“Ehi…” rispose lei, quasi senza fiato. “Che… che state combinando ora voi pazzi?” aggiunse sporgendosi in avanti sul bancone, coi gomiti appoggiati sul libro contabile.

“Stavamo andando al parco a giocare a calcetto” le spiegò Marius mostrandole la palla in cuoio che teneva sotto l’ascella. “Solo che ci servirebbe un arbritro e… avevamo pensato di chiederlo a te…”

“A me?”

“Sì… ti va?”

Éponine rimase spiazzata dalla proposta: avrebbe voluto dire di sì per passare il pomeriggio con Marius, ma lei di calcio non capiva pressoché nulla. Dentro di lei si sentiva combattuta e gli immensi occhi verdi di Marius che la fissavano speranzosi non l’aiutavano a scegliere oggettivamente. Ad un certo punto, la ragazza dai capelli scuri spostò lo sguardo verso la scala: Courfeyrac aveva sollevato Gavroche di peso, mettendo un braccio sotto le sue ascelle, e con una mano gli teneva tappata la bocca, in modo che il bambino non potesse esprimere il suo disappunto. Mentre i piccoli occhi scuri della ragazza si persero nel vuoto per riflettere sul da farsi, una voce si fece sentire dal piano di sopra: “Courfeyrac, Marius.” Éponine alzò lo sguardo e vide Enjolras e Feuilly scendere dalla scala. “Accompagno Feuilly a casa per cambiarsi. Ci troviamo direttamente al parco, d’accordo?”

“Certo, boss!” rispose Courfeyrac voltandosi verso di lui.

“Trovato un arbitro?” gli chiese Feuilly recuperando Gavroche dalle sue braccia per poi riportarlo dolcemente a terra. Gavroche gli sorrise, si prese un buffetto sulla testa dall’alto ragazzo dagli occhi nocciola e fece una linguaccia a Courfeyrac.

“Stiamo cercando di convincere Éponine, ma sembra inamovibile” gli rispose Courfeyrac mentre guardava male Gavroche.

“Se volete posso farlo io, ve l’ho detto” disse Combeferre scendendo al piano terra con un libro davanti agli occhi: Éponine aveva sempre pensato che quel ragazzo avesse migliori capacità di multitasking persino di una donna.

“Non ci provare! Ti ho detto che non puoi!” disse Courfeyrac voltandosi di scatto verso di lui. “Siamo cinque per squadra giusti! Non puoi ritirarti!” Éponine capì di essere la loro unica risorsa come arbitro, ma ancora una volta non sapeva se accettare o no: insomma, che figura ci avrebbe fatto davanti a Marius lei che di calcio capiva poco o niente?!

“Beh, prendete una decisione e avviatevi” disse Enjolras aprendo la porta; poi fece a Feuilly un cenno con la testa ed uscì. Enjolras era sempre stato piuttosto ruvido con Éponine, ma lei sapeva che si comportava così con tutte le ragazze: lo notava ogni volta che qualche studentessa della residenza cercava di rivorgergli la parola. Le sembrava quasi che fosse incapace di avere più di uno scambio di battute con qualsiasi ragazza o donna, nonostante cercasse di essere sempre cortese.

Éponine notò che Feuilly lo guardò uscire dalla residenza sorridendo, poi scosse il capo ad occhi chiusi, lasciandosi sfuggire una leggera risata, si girò verso di lei e le disse dolcemente: “Non farti mettere fretta da lui: hai tutto il tempo. E, ovviamente, sentiti tranquillamente libera di dire di no!” Poi si voltò salutando lei e gli altri ragazzi con un gesto della mano e raggiunse Enjolras tirando fuori dalla tasca le chiavi della sua auto. Quando i ragazzi nella hall sentirono la macchina partire, il suono del motore venne presto coperto dai passi del resto del gruppo che scendeva la scala.

“Siamo pronti?” disse Bahorel scendendo per primo.

“No, l’arbitro non ha ancora detto di sì!” disse Courfeyrac beccandosi una violenta scompigliata di capelli dal ragazzone.

“Beh, io…” disse Éponine guardandoli uno ad uno negli occhi. Adesso c’erano otto persone in quella stanza che attendevano una sua risposta fissandola con occhi sgranati: solo Combeferre sembrava non volerle mettere fretta e continuava a leggere il suo libro seduto su una delle poltroncine della hall. Gavroche continuava a fissarla come arrabbiato: forse avrebbe voluto fare lui l’arbitro, ma Courfeyrac doveva avergli detto di no.

“Per favoooooooreeeeeeeeeee!” aprì il coro di suppliche Courfeyrac sporgendosi a mani giunte dalla ringhiera: tutti, ora sembravano volerla convincere ed Éponine passò nuovamente i piccoli occhi scuri su ognuno di loro, finché non incrociò lo sguardo di Marius.

“Allora?” le chiese lui sorridendole. Perché doveva sorriderle, accidenti a lui? Quando la guardava a quel modo lei non riusciva a pensare! Continuava a guardare la dolcezza di quegli occhi e di quel sorriso e l’unica cosa a cui riusciva a pensare era ‘Digli di sì, Éponine, avanti!’.

“E va bene!” si lasciò scappare alla fine. Ancora una volta fu Courfeyrac ad aprire la serie di esultanze da parte di tutti i ragazzi, eccezione fatta per Gavroche che piantò i piedi a terra e mise il broncio, ma Éponine sapeva che prima o poi gli sarebbe passato. Guardò Courfeyrac passare un braccio attorno alle spalle del suo fratellino e stringerlo a sé, parlandogli sottovoce, ma subito il suo sguardo si spostò verso Marius e lo vide sorriderle ancora.

Il cuore le si sciolse immediatamente quando Marius, con una tenerezza che Éponine non aveva mai visto in nessun ragazzo, le disse semplicemente: “Grazie!”

Uscendo, Éponine aveva dovuto prendere la sua giacchetta di pelle marrone per ripararsi dal freddo portato dal temporale di quella notte. Durante il percorso aveva sentito particolarmente il freddo del vento che soffiava tra le vie della piccola cittadina francese. Arrivati al parco, Combeferre aveva suggerito di andare nel campetto circondato dagli alberi, in modo che questi limitassero almeno in parte il suo soffio: il campo era leggermente umido e c’era ancora qualche macchia di fango a terra. C’era una panchina in legno accanto al campetto, quindi Éponine e Gavroche vi ci sederono in attesa che i ragazzi fossero pronti per la partita. Bahorel appoggiò accanto a loro un borsone con diverse bottigliette d’acqua. Gavroche rimase lì a fissare le bottigliette, quasi avesse sete. Poco più in là, Bossuet era seduto su un’altra panchina con un braccio appoggiato dietro a Joly, mentre il ragazzo dai capelli castani era intento a imbottirsi con un paio di ginocchiere e uno di parastinchi.

“Non ti sembra… un po’ troppo?” chiese Bossuet con un po’ di indecisione nella voce: sembrava volesse evitare qualcosa, ma non riuscisse a trattenersi dal ridere.

“No” disse Joly chinato in avanti per sistemarsi la ginocchiera. “La sicurezza non è mai troppa.”

“Se lo dici tu…” cercò di non contraddirlo il suo ragazzo.

Grantaire arrivò alla panchina su cui erano seduti i due fratelli e, appoggiando un piede per allacciarsi bene una scarpa, vide Gavroche fissare le bottigliette d’acqua e iniziò: “Se avete sete, non fatevi problemi a prender…” Si interruppe lì e il suo sguardo si perse dietro di loro. “E-ehi! Eccovi…” disse sorridendo. Éponine si voltò e vide Enjolras e Feuilly avanzare verso di loro.

“Siamo pronti?” disse Enjolras avanzando verso il gruppo.

“Finalmente siete arrivati!” gli disse subito Courfeyrac alzando lo sguardo verso lui e Feuilly. Il biondino non fece in tempo a parlare che Courfeyrac corse verso di lui, lo prese per il braccio e lo tirò a centro campo urlando: “IO E ENJOLRAS FACCIAMO LE SQUADRE!”

“Perché proprio voi due?” chiese Bahorel passando dietro ai due ragazzi e coprendo violentemente la testa di Courfeyrac col cappuccio della felpa.

Couerfeyrac si tolse il cappuccio e si scompigliò i capelli per renderli meno piatti, poi rispose: “Io perché l’idea è stata mia; lui perché è il capo ed è giusto che sia così.” Detto ciò si voltò verso l’altro capitano e, allungando il pugno verso di lui, aggiunse: “Pari o dispari, capitano?”

“Vada per pari…” disse Enjolras con poca convinzione: difficile capire se fosse per il metodo infantile di fare le squadre o se per il fatto di dover essere il capitano. Una cosa Éponine l’aveva capita: quel pomeriggio Enjolras doveva essere molto stanco.

Dopo il ‘Bim bum bam’ del gioco, la ragazza non riuscì a vedere le mani dei due capitani, ma sentì chiaramente Courfeyrac urlare: “È DISPARI! EVVIVA! INIZIO IO E MI PRENDO FEUILLY!” Éponine fu d’accordo con lui: sapeva che Feuilly aveva giocato spesso all’orfanotrofio ed era diventato bravissimo a giocare a pallone. Enjolras accettò serenamente la scelta e si guardò attorno, finchè i suoi occhi non si posarono in un punto ben preciso del campo da gioco.

Non troppo distante da lui, Marius stava palleggiando con un’abilità che Éponine non era abituata a vedere: sembrava aver giocato a calcio per anni. “D’accordo: allora io prendo Marius!” disse il biondo ragazzo, sorridendo.

“E va bene…” disse Courfeyrac, chiaramente nervoso per essersi lasciato scappare Marius. “Grantaire! Sei con noi!” disse il ragazzo ricciolino ad alta voce.

“Io?” disse Grantaire: dal tono della sua voce, Éponine credette che fosse deluso. “Ma ne sei sicuro?”

“Certo!” rispose deciso Courfeyrac. “E adesso che mi sono preso l’atleta migliore, chi sceglierai, biondino? Eh? Allooooooora?”

Enjolras guardò Courfeyrac sorridendo, forse un po’ beffardo; poi si voltò a sinistra e chiamò: “Bahorel, vieni con noi?”

“Non mi perderei mai l’occasione di schiacciare quel pidocchio di Courfeyrac!” disse Bahorel avanzando verso il suo capitano.

“Al maciste non avevo pensato… ottima scelta.” Courfeyrac si guardò attorno e chiamò: “Bossuet, posso contare su di te?”

“Certo… se ne sei convinto…” disse quasi ridendo il ragazzo pelato alzandosi dalla panchina per andare da lui.

“Prendi anche Joly, non dividiamoli” disse Enjolras, facendo un cenno a Combeferre e Jehan di andare da lui. Éponine li guardò dividersi nelle due squadre stringendo il fischietto che Courfeyrac le aveva fatto tirare fuori dal cassetto del bancone. Cosa i suoi genitori se ne facessero di un fischietto non le era chiaro, ma non ne fece una questione di vita o di morte: le tornava utile, quindi non le interessava approfondire la questione. L’unica cosa a cui riusciva a pensare in quell’istante era che la partita sarebbe iniziata di lì a poco e lei non sapeva neanche come se la sarebbe cavata come arbitro. Se non altro la presenza di quel marmocchio di suo fratello, seduto con in mano due grossi pezzi di stoffa rossi che Courfeyrac gli aveva detto di usare al posto delle bandierine, tornava utile: lui, almeno, avrebbe potuto aiutarla. Tuttavia, la ragazza fu felicissima di aver accetato di uscire con il gruppo di ragazzi: lei li aveva sempre trovati molto simpatici e alla mano e le aveva fatto piacere che l’avessero coinvolta in una delle loro uscite; ma soprattutto era felicissima di essere lì a passare un intero pomeriggio con Marius. Éponine si era interessata al nuovo arrivato fin da subito, nel momento in cui lo aveva visto seduto sulla poltrona della hall: lo aveva trovato davvero carino e i suoi occhi erano talmente dolci che la ragazza non aveva potuto resistergli. Più ci parlava, più si sentiva attratta da quel ragazzo, perché era gentile, sincero, tenero, riflessivo, idealista e adorabilmente impacciato... praticamente il miglior ragazzo che Éponine avesse mai conosciuto in tutta la sua vita. Se la vedeva portare oggetti troppo pesanti per lei, Marius le correva incontro e la aiutava a portarli, si fermava sempre qualche minuto a parlare con lei, aveva sempre un sorriso gentile e una parola cordiale. Anche se lo conosceva da poco si sentiva incredibilmente a suo agio con quel ragazzo e iniziava a provare per lui un sentimento più forte della semplice amicizia.

La ragazza stava guardando Marius parlare con Enjolras, quando la sua attenzione venne attirata dall’arrivo di Bahorel che, mettendosi tra loro e poggiando le braccia sulle loro spalle, disse: “Allora: chi tra voi due resta a centro campo con me?”

“Un attimo, no!” obbiettò Courfeyrac distraendosi dalla riunione della sua squadra. “Lui mettilo in porta o ci fa a pezzi!” Bahorel sembrò quasi indignato dall’osservazione di Courfeyrac.

Enjolras si scostò leggermente alla sua destra e guardò verso sinistra, dove Bahorel ancora stava appoggiato a lui e a Marius; squadrò il robusto ragazzone da capo a piedi e disse: “E sia. Allora staremo io e Marius a centro campo.”

“Ma come?” chiese Bahorel.

“Beh, il lato positivo è che con la tua stazza in porta non entrerà neanche un pallone” disse il biondino mettendogli una mano sulla spalla.

Bahorel si girò verso Marius, che gli sorrise in risposta, poi il ragazzone guardò fisso a terra, sorrise malignamente quasi avesse avuto un lampo di genio, alzò gli occhi dorati verso Courfeyrac e disse: “Ti sei scavato da solo la fossa… ‘capitano’!” Detto ciò, si avviò alla porta fissando Courfeyrac negli occhi con sguardo malvagio. Il ragazzo dalle orecchie a sventola lo guardava allarmato, come avesse realizzato solo in quel momento la gravità del suo errore.

Tuttavia non si lasciò distrarre: si girò verso i suoi compagni di squadra e chiese: “Chi sta in porta, dunque?”

“Bossuet” disse Joly alzando il braccio del suo ragazzo. Bossuet lo fissò come se non capisse il motivo di quella proposta, quindi Joly lo fece girare e lo spinse verso la porta, aggiungendo: “Sei talmente imbranato che magari inciampando prendi qualche palla.”

“Grazie, tesoro” disse Bossuet sarcastico. “Ti amo anch’io!” Quando arrivarono alla loro porta, Bossuet si sporse verso Joly penzolando dal palo e il ragazzo dai capelli castani gli prese il viso tra le mani, sorrise e gli diede un bacio, prima di tornare al campo dagli altri. Bossuet appoggiò il polso al palo e rimase a fissare Joly in basso, sorridendo, ma Éponine non riusciva a capire cosa stesse guardando: poi, quando Joly si fermò poco più avanti, in linea con Grantaire, Bossuet si lasciò scappare un risolino e disse ad alta voce: “Il lato positivo è che la vista da qui è grandiosa, amore mio!” Joly si voltò verso di lui sospirando, ma il suo sorriso faceva capire che il commento non gli aveva dato fastidio come voleva far sembrare.

“Preparatevi a mangiare la polvere, biondino!” disse ad alta voce Courfeyrac. “Gavroche! La palla, per favore!” Il piccolo Gavroche si alzò tutto eccitato e portò il pallone in cuoio a centro campo, proprio ai piedi di Courfeyrac e Enjolras.

“Vediamo se ho capito” disse Gavroche prima di appoggiare la palla a terra. “I tuoi difensori sono il malaticcio e l’ubriacone, mentre tu e lo spilungone lavoratore siete gli attaccanti, Courfeyrac?”

“Esatto, piccolo uomo.”

“Mentre per la tua squadra, biondino, il secchione e il tipo dei fiori sono i difensori e tu e il tipo strano nuovo siete gli attaccanti, giusto?”

“Sì…” disse Enjolras un po’ confuso, probabilmente per i soprannomi usati dal bambino.

“Bene” concluse Gavroche poggiando il pallone. “Se vi sposterete senza avvisarmi dei cambi di ruolo ve la farò pagare!”

“Ehi!” disse Éponine al suo fratellino. “Sono io l’arbitro! Spetta a me dettare le regole! Tu sei il guardalinee, Gavroche!” Il bambino si girò e le fece la linguaccia: quel gesto voleva dire che non avrebbe rispettato i ruoli stabiliti, la ragazza ne era certa. “Smettila di fare il pestifero! Non è stato nemmeno carino da parte tua affibiare loro quei ridicoli soprannomi!”

“Dai, non darci peso: davvero!” le disse Marius sorridendo. “Quando sei pronta dacci pure il via!”

Il cuore le stava battendo a tremila battiti al minuto nel guardare quel sorriso, Éponine lo sentiva chiaramente. L’emozione la faceva tremare leggermente, ma cercò di calmarsi per non mostrarlo, prese il fischietto e lanciò il segnale d’inizio.

 

Per tutta la partita, Éponine non aveva capito quasi nulla di quello che avevano fatto i ragazzi: li aveva visti fare tantissimi passaggi, diversi voli a terra, alcune scivolate e un paio di calci di punizione segnalati da Gavroche. Tuttavia, la ragazza era sicura solo del fatto che la squadra di Enjolras stava conducendo la partita uno a zero. Bahorel stava assolvendo bene al suo compito di portiere: Feuilly era stato tante volte sul punto di mandare la palla in rete, ma il ragazzone non ne aveva mai fatta passare neanche una. Anche Bossuet, nella sua imbranataggine, era riuscito a evitare che Marius facesse tutti quei goal che aveva tentato, anche se con più fatica: la velocità di Grantaire rendeva molto buona la difesa della squadra Courfeyrac… o così le aveva detto Gavroche. Peccato si fosse distratto quando era stato Enjolras a tentare il tiro in rete, concedendo così alla squadra avversaria l’unico goal: Courfeyrac si era arrabbiato moltissimo. “Gli sei stato addosso tutta la partita! Proprio ora che fa goal dovevi distrarti?!” aveva urlato il ricciolino. Non passò molto tempo prima che Feuilly riuscì a infrangere la difesa di Bahorel e a segnare un goal di testa per la squadra Courfeyrac, portando così le due squadre in una situazione di perfetta parità.

Non ci furono interruzioni al gioco, finchè Courfeyrac, per sbaglio, non scivolò tra i piedi di Combeferre, facendolo cadere in avanti contro Marius. Éponine si spaventò e fermò il gioco, temendo che i ragazzi si fossero fatti male. “No, sto bene, tranquilla!” le rispose Marius mentre si puliva la guancia dalla terra, sorridendole; quando alzò lo sguardo verso Combeferre, il ragazzo dai capelli biondo rame le fece cenno di essere tutto intero. La ragazza segnalò il fallo e Gavroche si sentì costretto a concedere alla squadra Enjolras un calcio di punizione. Toccò a Combeferre tirare.

“Avanti tira!” gli disse Courfeyrac spazientito. “Sei lì da ore!”

“Lascialo fare!” rispose Enjolras da bordo campo, innervosito dall’impazienza di Courfeyrac.

Éponine, tuttavia, riusciva a capire la protesta di Courfeyrac: Combeferre era fermo davanti a quel pallone da diversi minuti, a calcolare con lo sguardo non si sapeva bene che; si era messo a cercare di capire persino quanto tirava il vento! Éponine aveva sempre saputo che Combeferre era un ragazzo analitico e molto intelligente, ma non avrebbe mai pensato di vederlo calcolare persino l’angolazione in cui tirare un pallone! Alla fine, Combeferre parve pronto per il tiro: indietreggiò leggermente per prendere una piccola rincorsa e tirò, segnando un punto per la sua squadra. Courfeyrac sembrò sconvolto dal fatto che Combeferre avesse davvero fatto goal: si girò verso Bossuet, dal quale ricevette un sorriso e un’alzatina di spalle serenamente rassegnata. Dopo delle brevi esultanze della squadra Enjolras, i ragazzi tornarono in posizione e il gioco riprese.

Mancavano ancora una ventina di minuti alla fine della partita e la situazione non era più cambiata dall’ultimo goal di Combeferre. Courfeyrac, ad un certo punto, riuscì a prendere il pallone e iniziò l’azione per fare goal… o così credette Éponine: insomma… stava correndo verso la porta… quella era l’azione, no? Comunque sia: mentre correva verso la porta avversaria, con Combeferre e Jehan pronti in difesa, Courfeyrac si fermò e urlò: “BUONA DOMENICA, PROFESSOR JAVERT!” Tutti quanti si girarono per vedere se il professore fosse lì e Courfeyrac approfittò della distrazione di Bahorel per segnare il loro secondo goal. “GO-GO-GO-GO-GO-GO-GOOOOALLLLLL!!!” gridò Courfeyrac correndo verso l’altro lato del campo con le braccia al vento.

“EHI!” urlò Bahorel quando vide il pallone ai suoi piedi. “MICA VALE COSÌ! ARBITRO!”

“Emh…” iniziò Éponine in difficoltà per essere stata interpellata, “…i-io non… non lo trovo corretto, certo…”

“Ma il regolamento non menziona l’annullamento di goal per distrazione del portiere!” disse ad alta voce Gavroche. “Quindi il goal è valido!”

“FERMO UN PO’, NANETTO!” urlò Bahorel imbestialito. “HA IMBROGLIATO!”

“Bahorel ha ragione: non è corretto!” gli diede man forte Enjolras.

“Courfeyrac! Questo è atteggiamento antisportivo!” lo riprese Combeferre. “Imbrogliare la squadra avversaria perché non accetti di essere in svantaggio è proprio un comportamento immaturo!”

“Infatti!” diede loro ragione Marius. “Così non è leale!”

“Ve la state prendendo solo perché avete subito un goal!” disse Courfeyrac a braccia conserte. “Prendete esempio da Jehan e accettate la cosa sportivamente!”

“Io… io veramente sono confuso… non ho ben capito cos’è successo…” disse Jehan continuando a girare la testa prima verso Courfeyrac, poi verso il pallone a terra e poi nella direzione in cui ci sarebbe dovuto essere il professore. Enjolras lo guardò incredulo, poi chiuse gli occhi ridendo e gli mise una mano sulla spalla; quando Jehan lo guardò, il biondino scosse la testa in modo strano, quasi gli stesse dicendo di lasciar perdere.

“Proprio tu parli di prendere la cosa sportivamente?” chiese Combeferre spazientito. “Hai ascoltato almeno una parola di quello che ti ho detto?”

“Éponine, tocca a te decidere!” lo ignorò completamente Courfeyrac.

“Courfeyrac” intervenne Feuilly dopo una breve riunione con gli altri, anche loro senza parole per quanto successo. “Non è stato un comportamento corretto… annulliamo e…”

“IL GOAL È VALIDO!” urlò Gavroche.

“La scelta spetta a me, nanerottolo!” disse subito Éponine al suo fratellino: aveva capito che Gavroche faceva il tifo per la squadra di Courfeyrac almeno tanto quanto lei tifava per la squadra di Enjolras. Per tutta la partita non aveva fatto altro che intervenire come secondo arbitro a favore della sua squadra, anche se avrebbe dovuto fare solo il guardalinee. “Non è stato un comportamento corretto!”

“Bahorel si è distratto e la palla è entrata!” disse il bambino impuntandosi sulla sua decisione. La ragazza restò a guardarlo allibita e arrabbiata insieme: avrebbe voluto prenderlo di peso e dargli una bella lezione.

“E sia: contaglielo come buono!” disse ad alta voce Enjolras dopo un po’ di silenzio. Courfeyrac iniziò a sorridere, ma tornò serio quando il biondino di avvicinò a lui, si protese in avanti verso il suo viso e disse guardandolo fisso negli occhi: “Prenditi pure questo vantaggio: ti servirà per non subire la pesante umiliazione della nostra vittoria schiacciante!” Éponine rimase sorpresa: non avrebbe mai pensato che Enjolras potesse essere tanto competitivo. Ad un certo punto, la ragazza sentì un leggero risolino a pochi passi da lei: Grantaire se lo era lasciato sfuggire guardando la reazione di Enjolras. Anche Courfeyrac doveva averlo sentito perché si voltò immediatamente versò di lui e lo fulminò con lo sguardo.

La partita riprese e ci furono tantissimi altri passaggi, diversi altri tentativi di segnare e molte cadute, durante una delle quali Jehan si sbucciò un ginocchio: Éponine vedeva il sangue attraverso il buco apertosi nei pantaloni e immaginò dovesse fargli davvero molto male, tant’è vero che il minuto ragazzino si sedette a terra a reggersi la gamba. Enjolras e Combeferre corsero subito da lui, per essere sicuri che tutto andasse bene; tuttavia, con sorpresa dell’intero gruppo, Jehan si alzò in piedi immediatamente, dicendo che stava benissimo e non dovevano preoccuparsi. Combeferre insistette per fargli almeno lavare il graffio e Jehan acconsentì senza obbiettare. Non ci volle molto e la partita potè riprendere in fretta. Non ci furono interruzioni finchè, a circa dieci minuti dalla fine, Enjolras non si accorse di avere le stringhe slacciate e dovette andare a bordo campo accanto a lei e piegarsi in avanti per allacciarle. Éponine notò che Grantaire stava per intercettare il pallone a Marius, quando, notando il biondino, era arrossito e aveva rallentato di colpo la corsa lasciando Joly da solo alla difesa. Poco prima che Marius tirasse in porta, Bossuet gridò: “TIME-OUT!”

Tutti si fermarono di colpo. Marius si voltò verso di lui un po’ deluso per non aver potuto fare il tiro. “E ADESSO CHE C’È?!” gridò Bahorel arrabbiato.

“IL VOSTRO CAPITANO DISTRAE UN NOSTRO GIOCATORE!!!” gridò Bossuet, quasi ridendo, indicando la direzione in cui si trovava Enjolras.

“E-eh? Che cosa?” chiese confuso Grantaire guardando verso Bossuet in totale imbarazzo: sembrava quasi si sentisse chiamato in causa.

“Che ho fatto?” disse Enjolras alzandosi e voltandosi verso Bossuet.

Il ragazzo pelato corse da lui, gli mise una mano sulla spalla, avvicinò il viso al suo orecchio e gli suggerì: “La prossima volta chinati invece di piegarti!” Quando finì, diede una veloce pacca sul viso di Enjolras, portando le dita sul collo e il palmo sulla guancia, e poi tornò in porta ridendo; Éponine si accorse che anche Joly stava ridendo sotto i baffi. Enjolras sembrò confuso per diversi istanti, guardando davanti a sè un punto imprecisato. Poi Feuilly si avvicinò a lui e gli agitò una mano davanti agli occhi: Enjolras sembrò tornare al mondo reale e guardò l’altro ragazzo dritto negli occhi color nocciola. Feuilly sfoderò un sorriso molto dolce, al quale il biondino rispose e la partita riprese.

Quando mancavano pochi minuti alla fine, Enjolras riuscì a intercettare la palla a Courfeyrac, ma Grantaire gli corse subito incontro per bloccarlo e il biondino fu costretto a fare a Marius un passaggio molto alto. Marius non esitò neanche per un secondo: prese la rincorsa verso il pallone e la mandò in rete con una rovesciata. Quel goal lasciò senza parole tutti quanti: dopo qualche istante di silenzio, Bahorel esultò e corse verso il ragazzo, sollevandolo sulle sue spalle trionfante; dopo di che anche gli altri componenti della squadra andarono verso di lui per complimentarsi. Persino i membri della squadra avversaria si avvicinarono per complimentarsi con lui del goal fatto.

Éponine lo guardava: era così felice portato in trionfo dai suoi nuovi amici, che il sorriso che gli si dipinse sul volto fu anche più dolce del solito. I grandi occhi verdi scintillavano per la gioia e per i pochi raggi di sole che iniziavano a farsi largo timidamente attraverso le nuvole: per la ragazza, Marius non era mai stato tanto carino quanto in quel momento.

 

 

– Fine capitolo 3 –

   
 
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