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Autore: SirioR98    02/04/2017    0 recensioni
Qualcuno d’importante ha detto che non ha senso vivere la vita se non si ha modo di raccontarla. O forse non lo ha detto nessuno, e a dire il vero non è un gran che di aforismo. Però penso contenga un fondo di verità: se non la si organizza in maniera logica, la nostra esistenza è solo un susseguirsi di episodi più o meno casuali. O forse la casualità è un qualcosa che, in qualche modo, è già scritta da qualche parte e che demolisce la logica? O ancora, è forse meglio vivere la vita per quello che dà? E se... scusate, sto divagando. Ricominciamo.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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DIARIO DI UN GIOVANE ASSASSINO
CAPITOLO 13
Sento un forte botto.
Mi ritrovo in una stanza, o meglio, in una capanna, credo.
È strano, ma questo posto... questo posto mi è familiare, come se avessi sempre vissuto qui.
Vedo una donna, sulla trentina, se non più giovane, capelli di un nero corvino, occhi gentili e caldi, tinti di un color ambra indefinito. Un volto che mi ispira sicurezza, amore ed affetto.
È una strana sensazione, come se di fronte a me ci fosse... mia madre?
No, non può essere mia madre. Lei è morta tanto tempo fa, sarà solo una mia impressione. Ma vedo che si dirige verso un’altra stanza, piccola ma non angusta.
La seguo e la vedo avvicinarsi ad una culla, chinarsi verso di essa e sollevare un fagottino di fasce bianche.
Senza farmi sentire, mi avvicino alle spalle della donna e sbircio il “contenuto” del fagotto: è un neonato, ovviamente, che ti aspettavi Greg?.
Quel poppante, però, a guardarlo, ha un che di familiare, ma non riesco a capire a chi somigli...
BOOM BOOM!
Due forti colpi alla porta catturano la mia attenzione. La donna si gira di scatto, con il fagottino stretto a sé, come se ne dipendesse anche della sua vita.
Mi passa attraverso, il neonato in braccio e...un momento: ho visto bene? Una donna mi ha appena attraversato? Sono...un fantasma? Ciò che vedo è reale? O è solo frutto della mia immaginazione?
BOOM BOOM!
Altri due colpi, duri, pieni, come tuoni nella tempesta, risuonano in questa catapecchia.
La donna, impaurita, non sa cosa fare. Presumo voglia nascondere il bambino da qualche parte. Alla fine, come un’illuminazione, un idea: metterlo in un piccolo anfratto, dietro a delle armi.
Decido  anche io di nascondermi, non molto lontano dal bambino, anche perchè, reale o meno che sia, questo posto comincia a diventare pericoloso.
Una forte fitta alla testa comincia a tormentarmi. Questo non può essere uno dei miei soliti sogni a caso che faccio di solito. Non ho abbastanza immaginazione per sognare una cosa del genere. Dev’esserci qualcosa in più...
Vedo la donna mettersi in posizione di difesa al centro della capanna, ma ho la sensazione che chiunque (o qualsiasi cosa) sia dietro la porta, di sicuro non entrerà in maniera amichevole o, comunque, con buone intenzioni...
BOOM!
Un’esplosione fa tremare le mura legnose della capanna e la porta, anch’essa di legno, che prima rendeva la casa sicura da ogni pericolo, si riduce a un mucchio di trucioli e pezzi vari sul pavimento.
Non so bene chi o cosa sia, ma è come se fosse entrato qualcosa di oscuro, tenebroso e senza alcun freno. Potrei dire, come un tornado!
Non vedo quello che accade, ma quando percepisco che ‘la tempesta è passata’, vedo ciò che ha lasciato dietro di sè: i mobili buttati all'aria, i vetri delle finestre frantumati e...dov’è finita la donna?
Magari è scappata o... chi lo sa? Un pianto mi fa riprendere da quello stato di trance indotto dallo shock: è il bambino.
Mi precipito da lui e noto che, nonostante il gran trambusto, non gli è accaduto nulla.
Colgo quest’attimo per osservarlo meglio: il suo viso, sebbene mi sia familiare, è molto ordinario, con i tratti somatici ancora non sviluppati ma che lasciano presagire l’uomo che diventerà un giorno.
Due occhi verdi striati di castano.
I capelli, seppur radi vista la tenera età, sono castani, come il legno dei sempreverdi che vedo stagliarsi al di fuori della capanna, ma riprendono il nero corvino della madre.
C’è qualcosa che non mi torna. Non può essere solo una coincidenza. Solo una cosa potrebbe fugare ogni mio dubbio e, non so il perchè, so  dove cercarla: il suo polso.
Li guardo entrambi, ma non vedo niente. Poi guardo la culla da dove la madre, prima, lo aveva preso.
Appeso, c’è uno strano acchiappasogni con tanti pendagli dalle forme più svariate, dei quali mi colpisce più di tutti uno dalla forma particolare: un triangolo dal cui interno si diramano tre frecce.
Sudando freddo, metto la mano al collo, per prendere il mio ciondolo. Confronto le due forme e mi immobilizzo. È possibile che questo bambino...sia io?
Mentre divago col pensiero, sento dei passi in lontananza avvicinarsi alla capanna.
Mi nascondo, sebbene mi sia reso conto che non serva a nulla dal momento che, apparentemente, io sia invisibile.
A fatica, nella capanna, entra un uomo: alto, impostato, spalle larghe e capelli lunghi fino alle spalle. Un vero e proprio guerriero celtico, uno di quegli uomini vissuti che hanno preso parte a chissà quante battaglie uscendone indenne con i teschi dei suoi nemici infilzati sulla sua lancia....ok, sto divagando un po’ troppo.
Presumo sia il padre del bambino. È disperato. Sembra sappia ciò che è appena accaduto ma non riesce a capacitarsene.
“ÉLAN!” urla a squarciagola, ma invano.
Riconosco l’uomo ma non oso dire il suo nome. Sentendo il pianto del bambino, un sussurro flebile “...Gregory”
L’evidenza che avevo cercato di negare fino a questo momento, adesso non può essere evitata, risplende di una luce abbagliante che mi acceca.
Tutto ciò che in quei minuti si era rivelato come una contorta matassa di dubbi, ora si sbroglia: quel bambino sono io, quella donna era mia madre, quell’uomo è mio padre.
Osservo l’uomo mentre afferra il bambino ancora in fasce ed esce dalla capanna, forse sapendo dove andare, forse scappando dall’accaduto.
Decido di seguirlo nella foresta. Me la ricordavo più folta, più profonda, fatto sta che in pochi passi lo raggiungo.
Lo vedo avvicinarsi ad un’altra capanna, che mi è talmente familiare che riesco a riconoscerne gli odori e i suoni che la circondano: è la casa dove sono cresciuto...
Vedo che mio padre, con un po’ di rimorso ma con la decisione di chi non vuole indugiare, mi posa delicatamente dentro una cesta davanti l’uscio di quella capanna.
Posa una busta, contenente presumo una lettera, e il ciondolo a forma di triangolo con le tre frecce sopra di me.
“Non lo fare. Tutto questo non sarebbe successo se non lo avessi fatto. Fermati!” vorrei urlare a quell’uomo, ma la mia forma eterea non mi aiuta nell’intento. E poi, alla fine è solo un sogno, no?
Vedo quell’uomo bussare una volta. Due volte. Tre volte. E poi dileguarsi nell’ombra della foresta che adesso, solo adesso, sembra più scura di prima.
L’uomo è nascosto dietro un albero, proprio accanto a me, e osserva la scena: una vecchia signora apre la porta e vede la cesta con me-neonato all’interno, la busta contenente una lettera ed il ciondolo.
Si guarda in giro, cercando qualcuno nelle vicinanze ma, non vedendo nessuno, prende il canestro e lo porta dentro. In tutto ciò, io osservo mio padre piangere, forse una delle sue poche volte.
“Buona fortuna, figlio mio. Ci rivedremo presto, me lo sento...” e poi fugge via.
Sento che il mio tempo qui sta per finire, ma quegli ultimi attimi sembrano durare un’eternità per me, e solamente adesso mi rendo conto di quello che ho visto, ho detto e ho fatto in questi ultimi giorni.
Non mi sono mai fermato a pensare, ho sempre agito d’impulso, trasportato dalle mie emozioni. Sì, sapevo, ma non sentivo. Ma ora, ora che ho provato... io... che idiota!
TUMP! Nonostante niente mi abbia colpito, sento una sferzata sul viso, il dolore si propaga...
TUMP! Eccone un’altra, mi accascio a terra dal dolore, senza capire il perchè...
TUMP! “Non voglio andare via!”, una luce accecante mi abbaglia e...riprendo conoscenza.
Sento un forte schiaffo sulla guancia.
“SVEGLIATI!”. Me ne arriva un altro.
“SVEGLIATI GREG! TI PREGO!”. Uno di dorso.
 “IDIOTA, SVEGLIATI!”. And another.
 “TU...ESSERE IMMONDO CHE PETA SULLA MIA TESTA OGNI NOTTE!”. And another.
“SVEGLIATI, ALTRIMENTI A CHI DARÒ FUOCO ALLE SOPRACCIGLIA?! TU CHE NON FAI ALTRO CHE STARMI ADDOSSO PERCHÉ MI VUOI BENE! SVEGLIATI! SVEGLIATI!”.
Mi arriva una grandinata di schiaffi, fino a quando non blocco - ad occhi chiusi! - la mano calante sulla mia guancia, ormai rossa e gonfia.
Apro gli occhi. Cercando di mettere a fuoco, vedo alla mia destra una, due...tre Kyra? Ok, sto avendo una commozione cerebrale. Guardo a sinistra. Vedo...mio padre!? Sì, sto decisamente avendo una commozione cerebrale.
Poi avverto un leggero peso sullo stomaco, letteralmente: come volevasi dimostrare, è Kyle, che mi guarda con occhi lacrimanti. Gli dico, un po’ affaticato: “Capisco che tu ti voglia sfogare ma, per favore, non su di me, grazie.”
Prendo fiato.
“Ho fatto un sogno strano, sentivo te che mi insultavi, è possibile?”.
Kyle, con la voce rotta dal pianto, dice “ Insultarti? Io? Pff...no, certo che no. Forse...”.
Rido, in maniera affaticata, e lui mi abbraccia, come se non mi vedesse da sempre.
“E comunque, ti sto addosso perchè ho paura di tua sorella...” lui ride, ma nervosamente, come a volermi dare ragione. Di seguito Kyra mi si getta addosso, inizialmente preoccupata, mi dà un bacio, ma, di scatto, si calma.
“GREG, STAI BENE? SEI FERIT- Ahehm...felice di saperti vivo.” Mi dà una stretta di mano.
“Mi hai appena bac-?”
“-no. Io? No. Nessuno ha visto niente e nessuno può testimoniare. Vero, Kyle? Non hai visto nulla, proprio come non hai intenzione di bruciarti con le tue stesse mani, giusto?”
Mi volto a guardare Kyle, occhi sgranati che annuisce. La ragazza si alza a sedere e si spolvera i vestiti.
Cala un silenzio imbarazzante. Si sente tossire. È mio padre.
“E tu che ci fai qui, si può sapere?”
Mi mette le mani sulle spalle, nel tentativo di sollevarmi e portarmi a sè. “Gregory, non sono  bravo con le parole, ma tenterò di parlarti.
“Papà?”
“Non interrompermi: so di non essere stato il padre perfetto, praticamente non lo sono stato per nulla. Mi dispiace di averti trattato così, di aver detto tutte quelle cose su di te e sui tuoi amici, e...”
“Ehm, sì ma...”
“Ti ho detto di non interrompermi, dov’ero rimasto? Ah, sì: ...e quindi sono qui per aiutarti e magari fare quello che non ho fatto per tutto questo temp-...mi spieghi perchè non mi stai ascoltando? Cioè, sono qui ad aprire il mio cuore a te, a dirti delle cose gentili dopo tanto tempo e tu nemmeno mi ascolti?! Certo che chi ti capisce è bravo...”
Mentre con un orecchio presto ‘attenzione’ a quello che dice mio padre, la mia mente è rivolta al branco di lupi, perché sì, a quanto pare quei lupi dai quali stavamo scappando hanno deciso di aspettare che mio padre finisse il discorso e la nostra conseguente riconciliazione strappalacrime prendendosi un thé e commentando le nostre azioni.
O così sarebbe se fossimo in una commedia, ma non è questo il caso. I lupi, che stranamente non hanno ancora accennato ad attaccare, avanzano sempre più minacciosi all’insaputa di mio padre, il quale non si accorge di nulla e non sente quel soave cinguiettio di ringhi che promette urla strazianti e dolori lancinanti. La concentrazione di quest’uomo è ammirevole.
Un lupo compie un balzo per attaccare mio padre, il quale, con la massima non curanza, sfodera la spada e trafigge il lupo in pieno petto. Il tutto senza guardare.
Tira un respiro profondo.
“In poche parole: fare il padre.”
Ok, non sono sicuro di aver capito bene quello che sia successo, ma non penso di essere l’unico, data la reazione delle persone vicino a me: non sono nemmeno a bocca aperta, semplicemente non sanno come reagire, quindi non reagiscono.
Si può rivedere la scena? Non ho capito.
Kyra mi lancia arco e frecce, riesco a prenderlo in tempo. Li osservo.
“E questi da dove li hai usciti?” Sbuffa.
“Non chiedere e lotta!”
“Ma non è meglio fare un piano?” Mio padre annuisce.
“Hai ragione!” E va alla carica. Lo osservo uccidere tre lupi con estrema facilità. Scrollo le spalle.
“Oppure potremmo attaccare alla cieca. Insomma, se funziona!” Mi fiondo nel bel mezzo della battaglia, urlando con quanto fiato m’è rimasto.
Kyle, da parte sua, senza armi e senza poteri, riesce a stendere un lupo a mani nude. Non trova pace neanche adesso, in quanto l’orso che abbamo depistato prima riappare.
Il ragazzino lo guarda con tanto d’occhi: per quanto sia bravo nel combattimento corpo a corpo, affrontare un orso disarmato non è mai un’impresa facile.
Kyra è accerchiata da tre lupi, negli occhi uno strano sguardo, che non ho mai visto prima d’ora, come se un incendio sopito le si fosse riacceso dentro.
Un lupo le salta addosso.
Viene spinto via contro un albero. Il secondo lupo l’attacca alle spalle. Kyra lo prende per le zampe posteriori e lo fa roteare contro il terzo lupo. Vedo che l’abilità nel corpo a corpo è di famiglia.
“Beh, chi è il prossimo? Forza, forza! Voi sareste pericolosi? Non siete nemmeno all’altezza di quello che sto passando io adesso!” urla la ragazza ai lupi, i quali scappano via guaendo.
Kyra incrocia lo sguardo di uno spaventato Kyle, ancora alle prese con l’orso, e decide di aiutarlo.
L’orso ha messo il ragazzino con le spalle a muro e sta per attaccarlo, quando la sorella si mette tra lui e l’orso, si prende una zampata e cade a terra.
Dopo qualche secondo si rialza barcollante, con un grosso graffio in faccia.
Si asciuga la ferita, lecca le dita sporche di sangue e all’urlo di “NON SEI NEMMENO ALL’ALTEZZA DEL MIO CICLO!” si lancia addosso alla bestia, facendola fuggire nella foresta. Kyle, con uno sguardo fra lo spaventato e il riconoscente, si rialza un po’ affaticato accettando l’aiuto di sua sorella, la quale gli tende la mano ancora sporca di sangue.
“Kyra... qualche volta mi terrorizzi, lo sai? E ad ogni modo, pulisciti quella mano. Toccare il sangue mi fa ribrezzo, potrei vomitare.” Respinge un conato.
“Sta parlando quello che ha letteralmente strappato il cuore ad un uomo...” Kyle sgrana gli occhi.
“Chi avrebbe fatto cosa?! Ma tu sei matta!”
“E non solo, lo hai letteralmente ridotto in cenere.” Il ragazzino si mette le mani fra i capelli e comincia a ridere istericamente.
“Brava, bello scherzo, smettiamola ora.” Kyra scuote la testa.
“Seriamente non ti ricordi di... lasciamo perdere. E poi perché ti dovrebbe far schifo il sangue? Non ha senso! Hai combattuto tantissimi orchi e bestie e Warlord solo sa cosa!” Kyle alza gli occhi al cielo.
“Non mi fa schifo il sangue in sé, ma solo toccarlo... possiamo tornare a combattere, ora?!”
Intanto mio padre tira fendenti a destra e a manca per evitare un ulteriore assalto dei lupi e io tento di coprirlo con arco e frecce, ma mi rendo conto che le mie armi in movimento non sono così efficaci, mi servirebbe un posto da dove colpire senza essere in mezzo alla polvere.
Scorgo un muro roccioso abbastanza alto da dove poter scoccare frecce, ma il problema sta nel percorso che mi separa da questo, costellato da un gruppo di 7 lupi.
Da solo non ci riuscirei mai, quindi chiedo a mio padre di aprirmi la strada, ma prima che possa proferire qualsiasi parola lui ha già capito le mie intenzioni, semplicemente annuendo con lo sguardo, e si lancia nella mischia sbaragliando la decina di lupi davanti a noi. Arrivo alla rupe, la scalo e mi apposto in una piccola escrescenza rocciosa: finalmente ho la visuale libera.
Vedo mio padre destreggiarsi fra i lupi, Kyle e Kyra rientrano nella mischia.
Il ragazzino cerca di schivare quanti più colpi possibile.
“Perché non ho portato un – respinge un lupo con tutta la sua forza – qualche tipo di arma?!” Nicholas si volta.
“Scusa, ma tu non eri quello con i micidiali poteri cosmici?” Kyle scansa un lupo, nota dei coltellini nella tasca di mio padre, li sfila e li lancia verso la bestia che ha appena evitato.
“Primo, non sono micidiali, ma fenomenali, nonno. Secondo: hanno deciso di abbandonarmi nel momento del bisogno. Va a capire come funzionano...” Si mettono spalla contro spalla.
“Senti, vecchio, quando mi vedi in aria, passami la spada.” Nicholas gli lancia un’occhiata interrogativa, poi capisce. Mentre fa un affondo verso un lupo (1), guarda Kyle infilzare i coltelli nella schiena di un altro (2) e utilizzarlo per darsi la spinta. Una volta in aria, Nicholas gli lancia la spada, il ragazzino la afferra al volo e trafigge un lupo che, vedendolo saltare, fa lo stesso per attaccarlo (3). Atterrando, sfila la spada dalla carcassa e sferra un colpo ad una bestia lanciata all’assalto (4). Nicholas finisce l’ultimo lupo lanciando l’ultimo dei suoi coltelli, riesce a prenderlo fra le fauci spalancate.
“PENTA!” Lancio un urlo. Kyle si gira verso di me e sorride a mezza bocca, alzando una mano con tutte e cinque le dita distese.
“Cinque uccisioni di seguito, Greg! Penta-kill! Prova a battere questo!”
Mi riprendo dallo stupore e cerco di assumere un’espressione neutra. Batto le mani sarcasticamente.
“...solo fortuna. Semplice, sfacciata fortuna!” Il ragazzino pulisce la spada sull’erba scuotendo la testa.
“Tutta invidia...” Rialza lo sguardo verso di me, il sorriso scompare dal volto mentre il panico prende il posto dell’orgoglio.
“Greg! Dietro!”
Nemmeno il tempo di chiedere “Cosa?”, che sento un ringhio famelico alle mie spalle. Mi giro lentamente, sperando ancora una volta, invano, di ritrovare la mia vecchia amichetta pelosa - ...no, non Yesmallion, che schifo...la marmottina!.
Purtroppo, ancora una volta, la vita dimostra di avere sentimenti avversi nei miei confronti - diciamoci la verità: le faccio schifo...ma così però si esagera, eh?.
Credo che in tutta quella carneficina compiuta dal nano e dal mio vecchio, uno dei lupi fosse riuscito a dileguarsi senza farsi colpire, o almeno senza essere ferito in maniera letale, dal vistoso taglio sull’occhio.
Eccolo lì: un lupo grigio – più biancastro che grigio -,  con una faccia che ispira felicità da tutti i pori e peli, sta per attaccarmi.
Il tutto è condito dal fatto che io sia sull’orlo dell’ennesimo precipizio.
Una parte di me sta  pensando a quello che dovrebbe fare, un’altra a cosa abbia fatto di sbagliato per meritarmi tutto ciò, un’altra ancora scrive già le sue ultime volontà e l’ultima, infine, si fa i fatti suoi e dorme.
Sebbene abbia voglia di assecondare quest’ultima, pesco in fretta e furia l’ultima freccia dalla mia faretra e la posiziono sull’arco pronto a scoccarla.
Ma il lupo mi coglie alla sprovvista e mentre la sto per sistemare è già in aria, pronto ad azzannarmi.
La distanza è troppo ravvicinata per poter affondare la freccia in maniera letale, se la scoccassi non gli farei nulla. Forse infilandogliela a forza riuscirò a levarmelo di dosso.
Mentre penso a tutto questo, vengo letteralmente travolto dal lupo, con una forza tale che tutt’e due finiamo per cadere dalla rupe dove mi ero appostato.
Cado.
  
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