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Autore: ClaryWonderstruck    03/04/2017    3 recensioni
[ Il cielo sembrava un’estesa massa di luci vorticanti, di scie circolari che si inondavano le une sulle altre in un concatenarsi quasi eterno. Vigilavano sulla cittadina mercantile che dormiva quieta, nel silenzio della notte, accompagnando i loro sogni con il brillare delle stelle che vi si specchiavano ... ]
[ ... Marinette avrebbe potuto osservare quel dipinto per ore, per giorni, rimanendone rapita come la prima volta]
E se i dipinti di Van Gogh non fossero stati l'unica fonte di luce, quella notte ? Si sa, la luna è compagna dei felini che si aggirano in cerca di compagnia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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oo Cold.
 
 
 
 
Un leggero fruscio pungente, di quelli provenienti dall'area scandinava, accarezzava il volto disteso di Adrien, il quale osservava beatamente l'alba dal balcone di villa Agreste. Indossava una mera camicia di flanella imbevuta del profumo che aveva sponsorizzato pochi giorni prima, godendosi il sorgere del sole come un meraviglioso spettacolo teatrale in procinto di spalancare il sipario. 
La vista da lì era magnifica: spicchi di raggi si infiltravano dappertutto, generando complicate alternanze d'ombra e luce che parevano frutto di un dipinto impressionista. Assistere ad un evento tanto semplice quanto unico nel suo genere lo faceva sentire privilegiato in un certo senso. Come se tutto il mondo fosse la finestra di casa sua e d'un tratto Adrien potesse perlustrarlo senza problemi.
Non aveva freddo, né fretta di liberarsene. 
Veniva cullato dal vento, trascinato, sbandante, verso qualche posto che la sua mente stava vibratamente plasmando.
La magia diffusa dalla Tour Eiffel e le sue maglie di ferro ripagavano di tutti i brividi causati dalle bassissime temperature. 
Calmo e rilassato, Adrien realizzò lentamente che l'indomani avrebbe dovuto partecipare al banchetto organizzato dal padre in vista della nuova collezione primaverile. Una di quelle feste lussuose alla quale non tutti potevano permettersi di parteciparvi, non almeno durante la notte di Natale. Una decisione non troppo scioccante , secondo Adrien, dato che a Gabriel Agreste non importava affatto del Natale, né di qualsiasi cosa riguardante la vita di altre persone che non orbitassero attorno il suo gigantesco ego di plastica.
Era semplicemente non curante. Perdeva di vista i piccoli dettagli che mano a mano s’accumulavano formando pile sempre più fitte e alte.
 
Le preparazioni delle feste firmate "Agreste" poi, erano veri e propri simposi, perciò imponevano una programmazione ferrea e assolutamente impeccabile che aboliva le ferie ai propri sottoposti. 
Oggi tutto il mondo festeggiava insieme ai propri cari sotto il vischio, mentre la cucina scoppiettava di rumori buffi e la tavola profumava di sapori agrodolci, magari accompagnati da qualche aneddoto ripetuto costantemente durante l’intero periodo natalizio. 
Possibile che Adrien non conoscesse più il sapore di quella felicità? La spensieratezza, dov’era? Le luci, i canti, persino quella stupida chitarrina che da piccolo suonava ad oltranza svegliando l’intero vicinato… che fine avevano fatto?
Distratto dalle polemiche che quelle riflessioni avevano scatenato, si accorse solo in un secondo momento della presenza del suo piccolo amico volante. 
Svegliato probabilmente dal chiasso del piano sottostante, Plagg sembrava reduce di una serata all'insegna dell'alcol, sbadigliando rumorosamente e fluttuando nell'aria in modo discontinuo.
<< Tutto bene amico? >>
Adrien si era permesso di rompere quell'innaturale armonia pronunciando parole amare. Una richiesta di risposta che di prima mattina rischiava di tramutarsi in una scena d'isterismo coi fiocchi. 
D'altronde di mattina non si è disposti ad abbandonare il torpore facilmente, soprattutto se strappati con forza da esso a causa di rumoracci stridenti.
Plagg sbatté le palpebre vigorosamente << Tutto BENE AMICO?! Quelle teste vuote qui sotto non fanno altro che disturbare il mio sonno di bellezza, braccando l'ingresso per la cucina! >> vaneggiò in tono ora supplichevole << Capisci? Comprendi? Adrien, non posso stare senza mangiare! >> 
 
Il ragazzo frugò nelle tasche della tuta, trovando una caramella alla frutta che fece rapidamente borbottare lo stomaco del kwami. Prese a sventolarla sotto il naso del piccolo, desideroso Plagg, il cui olfatto sviluppato tendeva a trascinarlo verso la carta brillante che avvolgeva la caramella. 
Lo aveva praticamente in pugno, ormai. 
 
<< Dimmi Plagg, vuoi mangiare?>> 
 
Era una domanda talmente retorica e subdola che quasi Adrien si complimentò con se stesso. Mentre il kwami pareva ignorare le intenzioni reali del proprietario, annuendo energicamente con insistenza, Adrien affilava gli artigli e l'astuzia. 
 
<< Bene, allora sarebbe proprio un peccato se io gettassi via questa succosa caramella alla frutta... non è così ?>> 
 
Continuava a sfruttare quello stratagemma impiegando tecniche di ipnosi sublimi. 
Peccato che Plagg fosse un gatto vecchio miliardi di anni, prima di diventare un divoratore convulsivo di formaggi e dolci fatti in casa. 
 
<< Non ti dirò nulla dei Miraculous. È inutile provare ad ingannare l'ingannatore>> 
 
Adrien sbuffò di conseguenza, stringendo in un pugno l'arma del ricatto. Non aveva trovato uno straccio di informazione durante le scappatelle in biblioteca, e l'unica soluzione disponibile sembrava dover spillare qualche dettaglio dall'incuranza del proprio kwami. 
Marinette sembrava nelle sue stesse condizioni. Che anche il suo kwami si rifiutasse di darle una mano?
 
<< Ma perché ? Sai che potremmo concludere questa faccenda molto prima se tu ci dicessi qualcosa!>> si lamentò di tutta risposta. Era arcistufo della sua ignoranza in merito. 
Plagg si leccò i baffi, silenziando il morso della fame << Non ci è permesso! Quante volte ancora te lo devo ripetere? E poi cos'è questa storia tra te e Ladybug ? Non avevi detto che era sparita da settimane?>> 
Già, lo era. Eccome se lo era. Così come il suo appetito e la voglia di rimanere confinato entro quelle quattro mura opprimenti.
<< Sai che ho firmato un patto con Marinette >> ribatté lui, sorridendo leggermente al pensiero della ragazza. Per lui stava diventando una sorta di calmante istantaneo: afferrava quel sentimento, quella luce, e la custodiva nel petto tirandola fuori quando si sentiva perso.
Plagg alzò gli occhi al cielo con fare esausto << Ah, giusto. Sei convinto sia Ladybug, come dimenticarselo! E Marinette qua, e Marinette là... >> 
Adrien lo interruppe divertito << Lei è Ladybug, non ci sono dubbi >> 
La sicurezza che aveva mostrato non fece altro che accrescere il panico nella ossa fragili del piccolo kwami. 
<< Sai su cos'altro non dovresti dubitare? >> svolazzò paonazzo << Sul fatto che mi stia autodigerendo! HO F-A-M-E! >>
 
Qualche broncio supplichevole, accompagnato da una serie infinita di borbottii elettrici, convinse il ragazzo a trovargli qualcosa di più sostanzioso della semplice caramella. Per quanto desiderasse cavargli informazioni, era chiaro come il sole che non gli avrebbe detto una singola parola.
Anche quando divorava le fette di Bree che Adrien era riuscito a trovare nel frigo, non si degnava di dargli una risposta.
Così il ragazzo lo osservava masticare avidamente il suo pasto, accoccolato sul materasso soffice del divano ad angolo che precedeva il gigantesco televisore al plasma HD. La sua stanza era l'unica della villa sopravvissuta al chiasso perpetuo delle stagiste, che scorrazzavano indaffarate manco stessero pianificando qualche gran ballo reale. 
 
In quel momento Adrien ripensò ai veri Natali passati in famiglia, quelli in compagnia  della madre e dei cuginetti sparsi per mezzo globo. La signora Agreste era solita discorrere con tutti amorevolmente, sentendosi a suo agio persino in mezzo a totali sconosciuti. Possedeva questa strana abilità di rendersi gradevole a pelle, strappando un sorriso persino a quel burbero del padre. Senza contare che fosse incredibilmente portata per le lingue, dunque le veniva abbastanza bene conversare con chiunque si trovasse nei paraggi. Adrien la vedeva lì, seduta, proprio accanto il suo divano, mentre lo osservava pensare ed immaginare vecchi ricordi ammuffiti.
 
Non erano state mai serate all'insegna della noia, del dovere, piuttosto grandi banchetti celebrati con lo scopo di divertire e stupire. L'unica cosa che stupiva il piccolo Adrien, a quanto ricordava,  era la sua mancanza di virtù e coraggio paragonato alla virtuosità della madre, la quale animava le feste solo entrando in scena. 
Ora che il grande Adrien si trovava costantemente sotto la luce dei riflettori, non invidiava più tanto i talenti della madre. E sebbene detestasse quella totale privazione di spazio personale, odiava ancora di più l'eventualità di passare un altro Natale circondato da estranei e un piatto freddo di poltiglia "alla moda". 
Certe volte gli mancava così tanto che non poteva evitare di sfogliare i vecchi album di famiglia riposti sulle mensole alte. Era un'arma a doppio taglio quella: da una parte curava momentaneamente la nostalgia dirompente, dall'altra finiva per condannarlo ad una depressione insormontabile. 
Quando la malinconia dei vecchi tempi sembrò catturarlo permanentemente tra le sue grinfie, il telefonino che teneva nella tasca dei jeans prese a vibrare con veemenza. Adrien afferrò il dispositivo, guardando il nome del disturbatore sullo schermo del cellulare: Marinette. 
Ok, le soluzioni potevano articolarsi in due interpretazioni differenti: o Marinette aveva bevuto pesantemente, oppure quello era il secondo telefono che Adrien aveva comprato esclusivamente per il suo alter ego. 
Optò per la seconda opzione, quando cercò le parole esatte per salutare propriamente la ragazza. 
 
<< Vedo che non hai perso l'abitudine di dormire poco ... >> disse Adrien, notando con la coda dell'occhio un Plagg più che disgustato. Addirittura gli faceva il verso e simulava le sue - a detta del kwami - patetiche espressioni facciali da pesce lesso innamorato. 
 
<< Vedo che sei spiritoso già di prima mattina! Giornata allegra? >> 
 
Sentire la sua voce gli fece immediatamente galoppare il cuore a mille.
“Cristo, sembro un ragazzino iperattivo” si continuava a ripetere tenacemente.
Più che allegra, la sua giornata si presentava come una lenta e peggiorativa decadenza interminabile. 
Sospirò un momento, con l'intento di concentrare l'aria nei polmoni e sgomberare la negatività. Lui era Chat Noir, non poteva farsi annebbiare dal nero.
<< A cosa devo questa piacevole chiamata? Bontà natalizia ? >> 
<< Non mi pare ti sia comportato bene, kitty, ma sorvoliamo. Ho una pista, più o meno >> 
 
Adrien sgranò gli occhi. 
 
<< Come hai ...? >> 
 
La voce di Marinette lo interruppe immediatamente << Storia lunga. Vediamoci da qualche parte e ti spiegherò tutto >> 
 
<< Fai la misteriosa adesso? >> 
 
Il silenzio infastidito dall'altra parte della cornetta lo spinse a dire qualcos'altro per rimediare. 
 
<< Casa è libera? I tuoi dovrebbero essere rientrati >> 
 
Forse detto ad una normale compagna di classe con lo stesso tono malizioso, questa avrebbe reagito più che scandalizzata. Un’oscenità, penserete, domandare di poter incontrare la propria cotta senza la costante paura dell’allarme genitoriale, tuttavia abbastanza verosimile. Non che fosse una richiesta veramente di quel genere, però ad Adrien piaceva pensare che fosse così. Solo per un singolo istante gli era concesso di potersi beare di una fantastica ragazza che non lo vedeva solo attraverso i cartelloni giganti appesi per tutta Parigi?
 
<< I miei non torneranno a Natale. I voli sono stati soppressi a causa di una tempesta di neve >> ribatté in tono secco e comprensibilmente dispiaciuto.
 
Così anche Marinette avrebbe passato le festività da sola proprio come lui – si disse sconsolato – con la differenza che lui desiderava volontariamente isolarsi da quel mondo di tessuti e finti sorrisi.
 
<< Ci vediamo nella pasticceria fra mezz'ora. Vedi di arrivare puntuale >> 
 
Categorica e precisa come un orologio svizzero, era questa la sua Ladybug. Quasi gli faceva venir voglia di riconsiderare il Natale. 
 
 
 



***


 
 
 
Arrivare nella pasticceria Dupain-Chang era stata la cosa più complicata che Adrien avesse mai fatto. Non tanto per l'accortezza di rimanere nell'ombra, o le condense di ghiaccio che rendevano scivolosi i tetti dove era solito zompare, quanto per le persone che incontrava con lo sguardo ogni qual volta superava un nuovo vicoletto. 
Bambini, famiglie, persino anziani che passeggiavano in compagnia, riempiendo il giorno di un non so che di magico.
Ad Adrien mancava quella magia. 
Perciò la traversata che normalmente gli avrebbe impiegato cinque minuti, riuscì a trattenerlo più del dovuto, intrappolandolo in qualche nebbia di vecchi ricordi polverosi. 
Malgrado la mancata attenzione, raggiunse in orario l'ingresso della pasticceria, ed incappucciato come un ladro in cerca di guai, fu accolto da una furtiva Marinette. Questa lo spinse dentro accertandosi che nessuno potesse vederli o sospettare qualcosa, chiudendo persino il locale nel momento stesso in cui vi mise piede. 
 
Quegli incontri clandestini sembravano sempre più una lotta contro l'invisibile: armati di santa pazienza, arrangiavano qualsiasi appuntamento con l'accuratezza di veri professionisti. Persino Nino e Alya ( da sempre famosi per il loro fare impiccione ) erano stati esclusi brillantemente da qualsiasi collegamento.
 
Adrien notò che sul lungo bancone spoglio stagliava un unico piatto con alcuni cioccolatini glassati al pistacchio. Se non fosse stato per quell'unico tocco di colore, l'intero locale pareva intrappolato in un film muto dalle tinte spente. 
Indicando il piatto, Chat Noir si voltò verso Marinette << È per me ? >> 
 
La ragazza lo fissò, infilandosi il mazzo di chiavi nella tasca << No, per il fioraio qui accanto. >>
 
Indossava una maschera di ghiaccio per essere una fanciulla prettamente elettrica. La serietà che palesava il suo volto, tuttavia, si frantumò non appena incontrò lo sguardo ombrato del gatto.
 
<< Ti sto prendendo in giro! Avanti, dimmi com’è …  >> 
 
L'entusiasmo con cui ancora provava ad indovinare i gusti segreti del ragazzo rendeva quella degustazione più speciale del solito. Erano settimane che gli proponeva piatti su piatti, fallendo miseramente ogni volta. Non che fossero cattivi, ma non erano i suoi preferiti.
Adrien assaporò il cioccolatino avidamente, guardando negli occhi Marinette solo dopo aver finito definitivamente.
Era evidente che avesse riconosciuto la sua tipica espressione del "ritenta e sarai più fortunato", non appena le avesse indirizzato quello sguardo così comunicativo. 
 
<< Dannazione. Cosa ci mangi con quel cavolo di cioccolato!? Le sardine!? >> sbuffò Marinette, masticando anch'essa qualche morso di pistacchio. 
Vestiva con un maglione molto natalizio, di quelli morbidi al tatto e dai disegni in tema, che a causa dell'estrema lunghezza portava praticamente come vestito. 
Chat Noir stava decisamente rivalutando le feste. 
 
<< Non diciamo blasfemie. Sarebbe come l'ananas sulla pizza! Non scherziamo con queste cose >> 
Marinette gettò il piatto nel cestino, posando entrambi i gomiti sulla superficie pulita del bancone. << Di sicuro più invitante della serata che mi toccherà passare. In completa fusione con la televisione, davvero rassicurante >>
 
<< Potrai fare quelle che ti pare! Non ti pare purrr-fetto? >> 
Era quello che faceva sempre lui, dopotutto. Ma davvero lo considerava piacevole come decantava?
La ragazza prese a picchiettare le dita contro il bancone, suscitando in Adrien la voglia invadente di capire cosa frullasse per la sua testolina blu. 
<< Ah certo, non fare niente è molto invitante. >> 
Chiaro, per quanto non lo desse visibilmente a vedere, l'assenza accidentale dei genitori l'aveva abbastanza abbattuta. 
<< Non hai nessuno qui a Parigi? >> 
 
Le parole gli erano scappate prima che potesse frenarle. Il problema di quella domanda stava nelle clausole del patto, che limitavano qualsivoglia tipo di conoscenza approfondita. Dovevano rimanere individui distinti, complici, ma emotivamente lontani. 
Peccato che ultimamente il suo autocontrollo stesse perdendo colpi. 
Allora Marinette fece per dire qualcosa, però si morse il labbro anticipando l'azione della lingua. Il suo volto regolare, dolce, incorniciato da una cascata di capelli ora legati disordinatamente in una treccia, stava diventando paonazzo e agitato. 
Adrien non era intenzionato a metterla in crisi, sebbene avesse involontariamente violato uno dei paletti del contratto.
<< Nemmeno io festeggerò il Natale, se può consolarti >> 
Se prima si trovava con la schiena premuta sul bancone a guardare le tende pastello  coprenti gli infissi bianchi delle finestre, adesso aveva rivolto la sua attenzione alle mani di Marinette, che giocavano ancora con gli anelli compiendo movimenti eleganti e riflessivi. 
Erano sporche di gessetti colorati e pittura acrilica. Ciò significava che prima del loro incontro era stata colta da un attacco d'arte fulmineo, di quelli che raramente la investivano durante le lezioni all'accademia. Sul perché si fosse impegnata a disegnare praticamente durante le prime luci del mattino, non aveva trovato risposta plausibilmente verosimile.
 
<< Mio padre è occupato al lavoro, ed il resto della famiglia ha inventato scuse abbastanza idiote per non venire. >> disse ancora, cercando di mantenere un tono freddo.
 
Era stato molto furbo da parte sua rimediare al danno fornendo informazioni sulla sua persona. D'altronde il patto non diceva assolutamente riguardo i dati personali del ragazzo, probabilmente perché si dava per scontato che un supereroe ci tenesse a mantenere la sua identità segreta. 
Peccato che Adrien avesse il dono della totale e irrefrenabile incoscienza. Era un po' come quei gattini appena nati che, malgrado gli ammonimenti, si aggiravano senza paura sporcando tutta casa con la sabbietta della lettiera.
Marinette continuava ad osservare il duro materiale imperterrita << I tuoi sono separati ? >> 
 
Il ragazzo sorrise. Tutto ciò che aveva aspettato, che aveva sperato di fare, ruotava attorno quella piccola domanda innocente. Poteva sentire il suo cuore applaudire per la grande idea, quella di trascinare nella suo dolore anche un’altra persona. Sapeva che non era corretto, che lui poteva bastare per saziare la tristezza, ma proprio non ce la faceva ad affrontarla da solo.
Un semplice e delicato sorrisetto a denti stretti gli rigò le labbra, lasciando intravedere leggermente i canini aguzzi. Quel tanto sufficiente a strappare Marinette dalla sua glaciale ipnosi. 
<< Magari! >> sbadigliò poi, sedendosi con un balzo sulla superficie del bancone << L'avrei ancora qui con me >> 
 
***
 
 
 
Un senso di nausea disgustosa serpeggiava nello stomaco sottosopra della ragazza, la quale si sentiva intrappolata in qualche macabro universo alternativo dove tutto il suo tatto era andato a farsi friggere letteralmente. 
Benché avesse frequentato quel gattaccio per oltre due anni nei panni di Ladybug, ed ultimamente persino da tenera Marinette, nulla l'aveva preparata ad una simile scoperta. Questo la face dubitare sulla profondità del loro rapporto.
Come aveva fatto ad ignorare una ferita tanto grave? Era corretto definirsi partner sebbene conoscessero a stento gli scheletri dei propri armadi? 
Si domandò quanta sofferenza avesse patito in silenzio e quanta soffocato sotto amabile sarcasmo. 
“Sono una stupida. Una cretina totale
Forse poteva ancora rimediare, e per una buona volta lasciar intravedere uno spicchio di se stessa che custodiva celato a tutti. Non doveva per forza mettere a nudo ogni cosa, non ne era emotivamente pronta, ma sentiva di doverglielo. Dopo tutto quel tempo non poteva fingere di ignorare un legame sempre più ingarbugliato attorno al cuore.
 
<< Sai perché i miei partono ogni Natale? >> sospirò retorica Marinette. 
Chat non rispose affermativamente, come da copione. 
 
<< Mia mamma è nata da madre canadese e padre cinese, perciò ha vissuto tutta l'infanzia in un paesino vicino Pechino. Non avevano molto, e quando la nonna è morta di polmonite, lei fu spedita in Francia a studiare la lingua. Il nonno non si è mai spostato da allora, per cui non ci vediamo granché, però ogni 23 Dicembre celebrano l'anniversario di morte in pieno stile cinese... >> 
 
Mentre raccontava quello che a lei era sempre stato detto come una favola, le brillarono gli occhi di un sentimento strano, incomprensibile. 
Chat Noir la guardò intontito, addolorato e al contempo carico di affetto. Sembrava che la stesse conoscendo per la prima volta ancora e ancora. 
 
<< Non so cosa voglia dire perdere qualcuno di così importante, però lo vedo con mia madre e ti assicuro che per quanto tempo sia passato, sembra sempre angosciante quanto il primo giorno >> continuò, sfiorando consapevolmente la mano del partner << L'importante è che tu sappia di non essere solo. I miei dicono che siamo ciò che i nostri ricordi hanno fatto di noi, per cui sono sicura che tua madre sia con te in qualunque momento. >> 
C'era qualcosa in quel tocco che la mandò in totale confusione. Pareva aver appena sfondato un portone di marmo con la sola forza del pensiero, affondando le dita in un interminabile e piacevole mare di sentimenti inaspettati. Si sentiva ipocrita nell’approfittare della sua fragilità in quel modo, oppure era il senso di colpa a parlare?
La mano del ragazzo era affusolata, provata forse dalle continue battaglie, eppure si manteneva perfettamente delicata. I suoi occhi, invece, presero a condensarsi in colorazioni sempre più intense, tendenti al verde foresta con qualche pagliuzza dorata ad illuminargli il volto. 
"È così familiare " si disse immediatamente Marinette, osservandolo crogiolarsi in un momento di grande affettività. 
Le piaceva come le sue dita d'artista si compenetravano perfettamente nelle sue, c'era da ammetterlo. 
<< Quando la smetterai di fare tardi la notte? >>
La giovane sapeva che Chat avrebbe trovato una risposta in grado di evadere da quell'intimità a tratti spaventosa. Avrebbe lei stessa fatto lo stesso. 
 
<< Quando ci darai un taglio col sarcasmo, penso. Ergo... aspettati il peggio >> 
<< Cos'è tutta questa cattiveria? A Natale dovresti comportarti da brava ragazza >> replicò il gattaccio stuzzicandola un po', mentre sfiorava gli anelli che Marinette teneva sull'indice destro. Le pizzicava la pelle, la stessa pelle che avvolgeva un turbine di pensieri come una pellicola aderente.
<< Questa cattiva ragazza ha appena scoperto un paio di cosucce interessanti, se ti può importare ... >> s’affrettò ad aggiungere, cercando di ignorare le spinte di calore che le si ammassavano attorno le gote.
Chat rimase interdetto. 
<< Quanto è grave ? >> 
<< Oh, non ne hai idea >>
 
 
Marinette scivolò oltre il bancone, frugando tra i cassetti dove solitamente tenevano i set da tea più pregiati del servizio. Aveva nascosto un mazzetto di fotografie sparse, di quelle stampate alla meno peggio tramite il computer di casa sua che mancavano persino del colore originario.
Diciamo che la sua stampante non aveva voglia di lavorare, né tantomeno Marinette di mettersi a cercare un negozio che vendesse cartucce il giorno di Natale. 
Va bene che sarebbe rimasta da sola, però ogni cosa aveva il suo limite. 
Con uno scatto richiuse il cassetto, facendo traballare un po' le assi della mensola a muro che reggevano le varie alzate da portata e quadretti asimmetrici. 
Conseguentemente le posizionò l'una accanto all'altra sul bancone, in modo tale da renderle riconoscibili anche al partner. La reazione di Chat Noir fu immediata: sgranò le pupille, arrabbiato, per poi afferrarne una ed osservarla in cagnesco. 
Marinette non si aspettava tanto astio.
Evidentemente Chat Noir conosceva bene entrambi gli individui catturati nelle foto, e palesemente non gli andava proprio giù quello che stava sfilando sotto i suoi occhi. Un'ipotesi del genere – si disse Marinette - implicava che sotto la maschera nera si celasse qualcuno che lei stessa, magari anche indirettamente, conosceva. 
Oppure c'era sempre quell'1% di probabilità ( da lei ripudiato ) che Chat fosse proprio la persona ritratta nelle fotografie. 
 
<< Il maestro Fu alcuni anni fa, mentre inaugurava la sua palestra >> indicò  l'omino orientale che sorrideva beatamente. Chat le aveva parlato blandamente di un certo maestro Fu, per cui indagare su di lui le era sembrato meno sospetto di quanto potesse sembrare. Ultimamente doveva andarci calma con la sua identità segreta.  
<< Non riesco a riconoscere proprio tutti gli invitati... però uno di questi continua spiacevolmente a ronzarmi attorno >> continuò indicando un altro volto più giovane. Era bello, sorridente ed incredibilmente cosciente del suo magnetismo.
Chat non si soffermò su di lui come fece Marinette, anzi, sistemò le fotografie in un mazzetto ordinato, adottando un atteggiamento quasi trattenuto e diffidente.
Non le piacque per niente quella sensazione di latente menzogna. 
Era vero che nascondendo le proprie identità non facevano altro che mentirsi di continuo, però questa volta era diverso. 
Tecnicamente firmando quel patto avevano acconsentito a dirsi quanto meno i dettagli essenziali alla ricerca. Se Chat faceva ostruzionismo in qualche modo, la situazione non poteva prendere una piega proprio piacevole. 
<< Conosci Finn. >> disse la ragazza, senza alcun accenno di domanda. La sua era una diretta osservazione basata sulla reazione del partner. 
 
Chat Noir annuì << Non capisco che ci faccia con Fu. È un tipo pericoloso >> 
 
<< Qualche giorno fa li ho visti discutere in piazza, così mi sono rimboccata per trovare queste foto. Non chiedere come ci sia riuscita >> 
Effettivamente le costava caro ammettere di essere andata al municipio esclusivamente per cercare i vecchi articoli di giornale con l'obiettivo di spiare l'unica persona che avrebbe voluto evitare. Si sentiva una stalker coi fiocchi. 
<< Mhh ... è sicuramente coinvolto nella storia dei Miraculous. Dovrò investigare al riguardo >> asserì Chat Noir, riluttante. 
Marinette rettificò << Dovremo investigare. Questa faccenda mi puzza di bruciato >> 
Chat Noir ridacchiò ironico, fingendo un falso sorriso. 
 
<< Feeerma principessa. Niente azione, ricordi? Lascia che me ne occupi io. >> 
 
La giovane si era lasciata talmente tanto coinvolgere dalla faccenda, che quasi dimenticava le clausole del patto che lei stessa aveva redatto. 
 
<< Potrei essere veramente d'aiuto in questo caso. Lo "conosco" dopotutto, non sarebbe difficile avvicinarmi >> 
 
Chiaramente l'eventualità di legare con quel teppistello giovava a Chat ancor di meno che alla diretta interessata. Non lo infastidiva solamente, ne era disgustato. 
 
<< Marinette, se non ti conoscessi abbastanza bene, direi che non stai pensando di agire sotto copertura. Peccato che tu sia un'incosciente certe volte, almeno tanto quanto me, quindi ti chiedo di lasciar stare. Quel tipo porta solo guai, non è il caso tu rimanga coinvolta >> 
 
Le parole uscirono dalle orecchie della giovane così come erano entrate: in un fruscio incomprensibile che preferì ignorare. 
L'unica cosa che prendeva a ronzarle in testa era la possibilità di trovarsi vicina alla soluzione dell'enigma. E poi c'era sempre quel tarlo in testa che continuava a giocare con la sua confusione mentale, rendendole il divieto un modo per evadere dalla gabbia. Che quello fosse una sorta di ammonimento dettato non solo dalle premure, ma anche contenente un pizzico di gelosia? 
 
<< Ok, va bene >> 
Chat la guardò interdetto << Va bene? >>
 
<< Sarei incoerente altrimenti, non ti pare? Però se il tuo piano fallisce, si fa a modo mio. Andata ?>> 
 
Gli mostrò una mano per suggellare il patto, sicura di doverlo eventualmente rompere. Non tanto nei panni di Marinette, perché effettivamente Finn poteva rivelarsi abbastanza pericoloso, piuttosto in quelli di una super eroina esperta e furtiva.  Probabilmente Tikki l'avrebbe sgridata urlando a squarciagola qualche ammonimento riguardo la sua incoscienza. 
 
<< Mhh, non la smetterai se non cedo?>>
 
La smorfia che le si disegnò sulle labbra fu sufficiente come risposta. 
 
<< Tra un paio di giorni ci aggiorneremo sul da farsi. Non ti cacciare nei guai >> 
 
Strabuzzando le palpebre come una dannata, Marinette si indicò il petto << Io? Sono sempre stata io quella responsabile tra i due !>>
 
L'aria calda che sbuffava dalle stufette elettriche a muro le appannò la vista per qualche istante, impedendole di studiarsi un piano di riserva capace di sistemare i danni che la sua boccaccia aveva provocato. 
Si era bellamente tradita. 
Se Chat avesse colto quell'ennesima allusione correttamente, avrebbe potuto benissimo dire addio alla sua fantastica identità segreta. 
Il gatto si stiracchiò interamente sulla superficie del bancone: pareva uno di quei micetti che si nascondono nelle scatole delle scarpe per poi venire riesumati dopo secoli. Sbadigliando si ritrovò addirittura steso supino su di esso, mentre Marinette sedeva sullo sgabello con le mani strette al petto. 
Sperava con tutto il cuore di non aver innescato un meccanismo autodistruttivo. 
Il profilo di Chat era impressionante, ora che prestava più attenzione alla sua figura. Se la magia dei Miraculous non le avesse impedito di riconoscerlo, avrebbe giurato di averlo già visto da qualche parte. 
D'altronde la sua voce vellutata le ricordava un qualcosa di estremamente familiare. 
 
<< Mi piace come ti sta la treccia >> disse poi, voltando il capo verso lo sguardo della ragazza. Questa non si irrigidì completamente, eppure le parole le morirono in bocca ancora prima di dare aria sufficiente. Era stato uno dei suoi rari commenti genuini e inaspettati che riuscivano sempre a spiazzarla.
Abituarla a pane e sarcasmo rendeva certe particolarità più speciali di quanto non sembrassero. 
 
<< Che c'è? >> domandò a denti stretti << Il gatto ti ha mangiato la lingua?>>
Marinette era talmente tanto raccapricciata da quella battuta tristemente pessima che le venne bene in mente di prendere carta e penna per appuntare qualche ingrediente da comprare in vista della riapertura stagionale. Non le piaceva fare i conti in casa, tuttavia le indicazioni materne erano state decisamente precise. 
 
<< Avanti! Non era così malvagia!>> ridacchiò Chat Noir, giocando col pennacchio colorato culminante la penna della giovane. Era un gattaccio molesto.
 
<< È Natale Chat, non farmi dire cose che non vorrei dire >> 
Il super eroe raggiunse la mano dell'artista scendendo lentamente verso il basso, finché le sue dita feline non incontrarono i palmi morbidi di Marinette. 
 
<< Che genere di "cose"? >> 
A Marinette mancò un battito netto.
"Strano" si disse, considerando che lo aveva sempre visto in modo del tutto indifferente. Quella reazione era tutt'altro che indifferente: sembrava quasi a disagio. Lei a disagio?
La stessa persona che l'aveva accolto a casa sua con il pigiama, medicandogli la schiena nuda centimetro dopo centimetro? Impossibile.
<< Scemo di un gatto >> ciancicò rifilandogli una frasetta fatta, una di quelle riservate esclusivamente come esche per camuffare il suo latente imbarazzo.
<< Tutti hanno bisogno di quell'amico idiota e meravigliosamente sarcastico che illumina le giornate con la sua sola presenza, non credi?>> 
 
<< L'unica cosa che riesci ad accendere è il mio istinto omicida >> replicò sulle sue, ripensando a quando, non molto tempo prima, aveva passato sulla sua schiena la lozione cicatrizzante. All’epoca era stato del tutto normale, quasi fraterno, ma se ora fosse stata obbligata a farlo nuovamente, certo non avrebbe potuto fermare le palpitazioni.
Marinette detestava essere adolescente.
Detestava quell’assurda debolezza sempre teatralizzata e spacciata come chissà quale disastro apocalittico. Odiava sentirsi esattamente come qualsiasi ragazza della sua età, soprattutto quando le frullavano in mente idee del genere.
Non sapeva etichettare ciò che sentiva, malgrado volesse solo imballarlo e gettarlo in qualche scatola in fondo al suo cervello. Perché ammetterlo era spaventoso e delicato. Poteva schiantarla contro un benedetto autocarro nel bel mezzo dell’autostrada, o affondarla con tutta la nave in lenta deriva verso il completo nulla.
<< E’ sempre bello poter sperare >> bisbigliò poi, prendendole la mano.
Marinette si sentì sul punto di poter esplodere dentro e fuori. Avrebbe voluto spingersi oltre e contemporaneamente cacciarlo senza alcun tipo di attaccamento sentimentale.
L’eventualità di lasciarlo andare, però, la feriva più di qualsiasi altro boccone amaro.
<< Spero tu possa passare un buon Natale, Chat >>
<< Lo spero anche io >>
  
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