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Autore: Emmastory    03/04/2017    1 recensioni
Anche se il tempo continua a scorrere, le cose nell'un tempo bella e umile Aveiron sembrano non cambiare. La minaccia dei Ladri è ancora presente, e una tragedia ha ora scosso l'animo dei nostri amici. Come in molti hanno ormai capito, quest'assurda lotta non risparmia nessuno, e a seguito di un nobile sacrificio, la piccola ma coraggiosa Terra sembra caduta in battaglia, e avendo combattuto una miriade di metaforiche e reali battaglie, i nostri eroi sono ora decisi. Sanno bene che quest'assurda e sanguinosa guerra non ha ancora avuto fine, ma insieme, sono convinti che un giorno riusciranno a mettere la parola fine a questo scempio, fatto di sangue, dolore, fame, miseria e violenza. Così, fra lucenti scudi, affilate spade e indissolubili legami, una nuova avventura per la giovane Rain e il suo gruppo ha inizio. Nessuno oltre al tempo stesso sa cosa accadrà, ma come si suol dire, la speranza è sempre l'ultima a morire.
(Seguito di: Le cronache di Aveiron: Miriadi di battaglie)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Capitolo XXXI

Appesi ad un filo

La finestra era aperta, una leggera brezza spirava, e anche se da poco, una leggera e rinvigorente pioggia, panacea di piante e animali, aveva smesso di scrosciare e cadere. Aveva piovuto, e guardando fuori, non notavo che erba bagnata. Respirando a fondo, richiusi la finestra, e solo allora, qualcosa mi tornò in mente. Uno dei primi disegni di Terra, dove io, lei e suo padre sorridiamo anche se piove. Uno schizzo infantile, ma che conservavo con orgoglio e gelosia, e che al cui solo ricordo, sorrisi debolmente. Lei era con me, e guardandomi negli occhi, mi si fece più vicina. L’abbraccio che seguì quell’istante fu forte e carico di significato, e lasciando che le sue verdissime iridi incontrassero le mie, le carezzai i capelli. Poco dopo, la piccola mi lasciò andare, sedendosi al tavolo del salotto per distrarsi creando bellissimi disegni. Per quanto ne sapevo, la mia piccola Terra possedeva il dono dell’arte, ed io ne ero orgogliosa, ma pur non guardandola, mi chiesi a quale capolavoro stesse lavorando stavolta. Forse un ritratto di sé stessa, o una della sua famiglia, o forse anche un disegno di Ned e Bunny in armatura scintillante, chi lo sapeva? Io no di certo. Andando poi a sedermi in poltrona, afferrai una tazza di buon tè caldo, e sorseggiandolo lentamente, sentii tutto il mio stress scomparire dal mio corpo, sciogliendosi come fredda neve a contatto con il tiepido sole. Ero finalmente tornata alla calma, e tutto sembrava andar bene, tanto che perfino Chance si avvicinò a me zampettando tranquillo. Non appena mi fu abbastanza vicino, si sdraiò al mio fianco nella sua amata cuccia, e sbadigliando sonoramente, mostrò i denti e la rosea lingua, per poi addormentarsi. Limitandomi a guardarlo, non dissi una parola, e poco dopo, qualcuno parve bussare alla nostra porta. Quelli che sentivo erano colpi ripetuti e decisi, ai quali risposi prontamente. Svegliandosi quasi subito, Chance corse verso la porta stessa, e sfiorandone il legno con la zampa, tentò di aprirla, ma senza alcun successo. Rattristato, cominciò a uggiolare, e alzandosi in piedi, ci provò ancora. A quella vista, provai pena per lui, e volendo semplicemente esaudire il suo desiderio, mi alzai da quella poltrona. Fu allora che decisi di aprire la porta, e dopo averlo fatto, vidi Samira. Come sempre, Soren era con lei, e le teneva la mano. “Ci serve aiuto.” Disse, parlando per entrambi e non celando la vena di preoccupazione che gli corrompeva la voce. “Certo, entrate, vado a chiamare Stefan.” Risposi, facendomi da parte e invitandoli ad entrare con un gesto della mano. Limitandosi ad annuire, i miei amici fecero un passo in avanti, e non appena mise piede in casa mia, Samira avvertì un gran dolore allo stomaco. A quella vista, Soren sussultò, e affrettandomi, andai subito alla ricerca di Stefan. Era figlio di un medico, e ora che Samira stava male, il suo aiuto sarebbe stato per lei di gran conforto. Ecco, bevi questa.” Le disse, porgendole una tazza con dentro una tisana alle erbe. Non era medicina moderna, certo, ma sbirciando in uno dei vecchi manuali del dottor Patrick, avevo letto che le tisane come quella potevano essere un vero toccasana per molteplici malanni, proprio come il caldo tè che ero ormai abituata a bere. “Va meglio adesso?” le chiese Soren, sempre teso e preoccupato per lei. “S-Sì non… non preoccuparti amore, io… biascicò, non riuscendo, sempre a causa del dolore, a terminare quella frase. Difatti, questa non raggiunse mai la sua vera fine, poiché una seconda fitta di dolore le attraversò il corpo. Mordendosi le labbra, provò ad evitare di gridare, ma fallendo nel suo intento, Samira fece preoccupare anche me. Allarmata, la chiamai per nome, e continuando a lamentarsi, la mia amica mi guardò, terrorizzata. Non sapendo cosa fare, non mossi foglia. Solo allora, Chance scattò sull’attenti, e uscendo subito di casa, corse in strada per cercare aiuto. Intuendo il suo volere, chiesi a Terra di andare con lui, e annuendo, la bambina obbedì, sparendo dalla mia vista assieme al suo cucciolo. Quest’ultimo, agitato tanto quanto la giovane padroncina, abbaiava al solo scopo di attirare l’attenzione, mentre lei gridava a squarciagola. “Aiuto! Aiuto! Nonno, per favore, aiuto!” gridava, sperando segretamente di essere sentita da una delle persone più importanti della sua vita. La stessa che come suo padre l’aveva vista nascere, e che l’aveva perfino aiutata a riprendersi e guarire da alcune gravissime ferite che avevano minacciato di portarcela via, e a cui lei voleva un gran bene. Sapevo che erano molto legati, e ne ero felice, ma in quel momento, non potevo gioirne. Il tempo scorreva, e lacerata dal terrore, guardavo alternativamente il volto di Samira e il vetro della finestra. Terra era fuori da pochissimo tempo, e pur sapendolo, mi preoccupavo. Iniziando poi inconsapevolmente a tremare, presi la mano di Stefan, che intanto faceva ciò che poteva per aiutare la nostra povera amica. Intanto, il tempo continuava a passare, e notando il terrore nei suoi occhi, temetti per lei e per la sua incolumità. Non volevo crederci, né pensavo fosse possibile, ma era vero. La situazione non aveva fatto altro che peggiorare, facendoci sentire tutti inequivocabilmente appesi ad un sottilissimo filo.
   
 
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