Ancora
qualcosa da desiderare
di Breed 107
Capitolo secondo
Senza sorpresa,
Akane sentì qualcuno bussare: sapeva esattamente chi fosse. Sospirò ed alzò gli
occhi verso la porta “Va' via!” sbottò tra i denti, certa che comunque lui l'avesse sentita.
“Apri questa porta
Akane.”
“Ti ho detto di…”
“Ho sentito. Non
andrò via, quindi se non apri tu lo farò io.”
Akane sbuffò e si
strinse ancor di più contro le gambe, racchiudendosi a riccio. Ranma aprì la
porta con calma, leggermente sorpreso dal fatto che lei non l'avesse chiusa a
chiave: che lo stesse aspettando?
Fece qualche passo
verso la ragazza rannicchiata contro il proprio letto, illuminata solo dal
fascio di luce proveniente dal corridoio. Lei non lo degnò di uno sguardo, la
rabbia palese sui suoi lineamenti contratti; Ranma le si mise
dinanzi con le braccia incaricate al petto e sul volto un'espressione
indecifrabile.
“Guardami per
favore” le chiese, la voce tanto calma da spingerla ad ubbidirgli.
“Non le voglio le
tue solite scuse!” gli disse velocemente, tornando a guardare il cielo stellato
che sembrava dare il meglio di sé fuori dalla
finestra. Era certa che fosse lì per quello, per scusarsi, magari dicendole
qualcosa tipo: non so il motivo, ma comunque ti chiedo scusa… già, il solito.
“Non voglio
scusarmi, anzi, sono qui per avere le tue di scuse.”
Akane lo fissò con
occhi sgranati “Cosa?!” lieto di avere ora tutta la
sua attenzione, Ranma ritornò vicino alla porta e la richiuse, accendendo poi
la luce per illuminare la stanza.
Nabiki sbuffò
“Accidenti! Kasumi, portami un bicchiere!”
“Hai sete
sorellina?”
La seconda delle
sorelle Tendo roteò gli occhi “No, certo che no! Non
riesco a sentire nulla così, ma se appoggio un bicchiere alla porta…”
Kasumi aggrottò perplessa le sopracciglia, poi sospirò “Ne volete
uno anche voi, signor Saotome? Papà?”
I due uomini,
nascosti poco più dietro rispetto alle due ragazze, uscirono allo scoperto,
ridendo imbarazzati “No, cara che vai pensando? Io… io
passavo di qui per caso!” asserì Suon, mentre Genma annuiva vigorosamente.
“Anch'io! Non volevo mica spiare i due ragazzi!”
“Mi fa piacere
sentirtelo dire, tesoro.”
La voce calma
della signora Nodoka, comparsa silenziosamente in cima alle scale, alle spalle
del piccolo gruppo di spioni, li fece sobbalzare “Ehm, cara – Genma deglutì
nervoso, gli occhi puntati sulla moglie – stavo per…
per raggiungerti di sotto!”
“Bene. Che ne dite di continuare a guardare quel film che la
telefonata ha interrotto? Di certo è più interessante che starsene in un
corridoio con l'orecchio attaccato ad una parete, non credete?”
Non occorse
nemmeno che Nodoka sfoderasse la spada, bastò il suo tono deciso ed il suo sorriso più dolce per far desistere i due e anche Nabiki
si arrese, conscia di non potersi confrontare con la signora Saotome. 'Riuscirò comunque a scoprire se accade qualcosa tra quei
due…' si disse scendendo tranquilla verso il piano inferiore. In fondo poteva
ritenersi soddisfatta: aveva già guadagnato 2500 yen solo rispondendo ad una
telefonata e presto o tardi Kuno si sarebbe fatto sentire per dargliene degli
altri.
Intanto, ignara di
quanto accadeva nel corridoio, Akane fissava ancora stupita il suo impassibile
fidanzato che continuava a stare dritto dinanzi a lei. “Perché cavolo ti dovrei
chiedere scusa?!” la sua aria tanto tranquilla la
faceva imbestialire almeno quanto quella richiesta assurda di scuse: se
qualcuno doveva scusarsi, quello era lui! Certo non lei!
“Per quella
scenata di sotto, naturalmente.”
“Scenata?! Io non
ho fatto nessuna scenata!”
Ranma inarcò un
sopracciglio, segno della propria perplessità “Come lo chiami
allora quello che hai fatto? Io la chiamo scenata di gelosia bella e buona.”
Akane strinse i
pugni e lo fissò con stizza “Gelosa di te? Sogni!”
Sospirando come
per stanchezza, Ranma si inginocchiò in modo da
poterla guardare dritto in viso “Credevo che tre mesi fa l'avessimo finita con
queste storie. Non hai motivo per essere gelosa di Ukyo,
né di nessun altra.”
“Il fatto che la
tua fidanzata carina ti chiami a casa
non deve darmi fastidio?!”
“Non è lei la mia
fidanzata carina!” stavolta anche nella voce del ragazzo risuonò una chiara
nota di stizza, segno che la calma ostentata fino a quel momento stava per
diventare un ricordo.
Akane abbassò gli occhi “Ma lei non lo sa…” sussurrò dolente con un filo di
voce, più triste ora che arrabbiata.
Ranma sedette
definitivamente a terra, guardando la ragazza imbronciata con pazienza “Vuoi che le dica come stanno le cose ora? E' questo che vuoi
Akane? Che vada lì e dica ad Ukyo che sei tu quella
che ho scelto?” le domandò con voce pacata, pacatezza che certo doveva
costargli molto sacrificio.
Akane rialzò gli
occhi verso di lui, riabbassandoli però quasi subito
“Sai cosa accadrebbe, vero? – continuò Ranma – Ne abbiamo
parlato altre volte in questi tre mesi.”
“Lo so, lo so! La nostra vita diventerebbe un inferno, con
quelle tre matte che attenterebbero alla mia vita ed i nostri padri che
organizzerebbero un matrimonio dietro l'altro. Lo so!” Non solo lei e Ranma ne avevano parlato altre volte dopo quel fatidico giorno, ma
lei stessa si era ripetuta migliaia di volte le stesse cose, fino a farle
diventare quasi una dolorosa nenia.
“E allora fammi le
tue scuse: dimmi che sai che non è colpa mia se Ukyo
ha chiamato qui, dimmi che hai fiducia in me e che quella scenata era inutile
dopo quello che ci siamo detti il giorno del tuo compleanno!” Akane restò in
silenzio per quella che sembrò un’eternità ad entrambi.
Ranma annuì,
conscio che non avrebbe avuto scuse da lei e si alzò; dopo un ultimo sguardo
alla ragazza tenacemente zitta, si avviò verso la porta. “Stavolta devi essere tu a scusarti, Akane, non verrò da te. Devi
essere tu a farmi vedere quanto ti fidi di me” le disse
volgendole le spalle, poi sempre accompagnato dall'ostinato silenzio di lei
uscì.
Appena sola, Akane
guardò la porta chiusa e la vista le si offuscò per il
velo di lacrime che le stava coprendo i grandi occhi scuri. Afferrò un cuscino
e lo lanciò contro quella stessa porta “Stupido!” urlò interrompendo solo
allora il suo silenzio.
--- --- ---
Il cuore le
batteva tanto forte da farle quasi male in petto. Protetta dal buio della notte
Akane piangeva in silenzio, accorta a non emettere
alcun suono. Le lacrime calde le correvano lungo il viso, per poi perdersi
nelle morbide pieghe del cuscino.
Mai come quella
notte si sentiva sola, anche P-Chan era sparito chissà dove lasciandola con il
proprio dolore. Se almeno avesse potuto odiarlo quel
maledetto di Ranma! E invece no: raggomitolata nel suo
letto piangeva il suo amore per lui e, fatto che aumentava rabbia e dolore,
sapeva che stavolta Ranma aveva ragione…
Si morse il
labbro, reprimendo un singhiozzo più violento e serrò gli occhi su nuove
lacrime: era lei da biasimare, non lui. Chi era stato a dirgli di far pace con
Ukyo, tanto per cominciare? Lei! Certo, lo aveva fatto pensando a lui, sapeva
quanto gli mancasse l'unica amica che avesse mai
avuto, ma cosa poteva farci poi se quella stessa Ukyo non si era rassegnata e
continuava ad amarlo? Del resto… già, del resto lei stessa lo avrebbe amato,
sempre e comunque.
Aveva accusato più
volte Ranma di non esser capace di chiarezza, d’essere troppo indeciso, dando
così troppe speranze ad ognuna delle sue spasimanti con la sua
irrisolutezza, ma ora lei sapeva.
Conosceva i suoi sentimenti e soprattutto comprendeva il coraggio che lui
doveva aver raccolto per fare il primo passo, tre mesi prima.
Allora perché,
nonostante tutto questo, continuava ad essere così gelosa? Era certa dei
sentimenti di Ranma e contrariamente a quanto lui potesse
credere in quel momento, aveva fiducia in lui… era solo che…
'Perché non posso amarlo liberamente?'
--- --- ---
Ranma sospirò. Non
ne aveva certo tenuto il conto, ma stimò che quello
fosse almeno il centesimo sospiro da quando ore prima, era andato a letto. Il
sonno tardava a giungere, ma non era strano…
Accomodò meglio il
capo sulle mani intrecciate dietro alla nuca e tornò a fissare il soffitto su
cui, grazie alla luce della luna, poteva osservare il proiettarsi delle ombre
dei rami del nespolo giù in giardino.
Quella camera gli
piaceva sempre più. Ormai la occupava da quasi tre mesi… Tre
mesi.
Il giorno dopo il
suo compleanno, una domenica assolata e splendida, Akane ed il suo sorrisetto
divertito erano apparsi nel dojo dove lui stava
allenandosi, nonostante i resti della strampalata festa a sorpresa che Kasumi
aveva organizzato. Festa che per qualche motivo sconosciuto era quasi andata a monte.
Quando lui ed
Akane avevano aperto la porta del dojo si erano
ritrovati dinanzi una scena decisamente assurda, anche se non inaspettata né
insolita, visto il loro abituale stile di vita: sua madre stava
minacciando suo padre, brandendo la katana; Soun Tendo invece piangeva a
dirotto perché la piccola Akane stava
diventando grande; Nabiki tentava di strozzare il vecchio maniaco(ci fosse
almeno riuscita!) e il dottor Tofu stava versandosi l'acqua da un vaso di fiori
scambiandola per saké, gli occhiali più appannati che mai…
In quella
baraonda, nessuno aveva avuto la lucidità di gridare sorpresa, ad esclusione di Kasumi che poi, come se nulla fosse, aveva
abbracciato la perplessa sorella minore.
Comunque, quella domenica Akane era apparsa sulla
porta del dojo, sorridendo in maniera furba “Che c'è?”le aveva chiesto
interrompendo i suoi kata.
“Mmm, niente… Ho
una cosa per te.”
Ranma,
preoccupato, aveva inarcato un sopracciglio “Non hai cucinato qualcosa, vero?”
le aveva chiesto spaventato: Akane soleva dimostrare il suo affetto cucinando
(provandoci per lo meno) e dopo quanto successo il
giorno prima, non sarebbe stato strano se avesse preparato qualche suo
manicaretto…
“No, stupido. E non fare quella faccia sollevata! Sei il solito, non ti
mostrerò quello che io e Kasumi abbiamo preparato per
te!” Ora la curiosità stava rodendolo: il fatto che Kasumi fosse implicata lo
rassicurava molto!
“Ok, non importa”
aveva detto, riprendendo i suoi esercizi e fingendo disinteresse; se avesse
insistito Akane si sarebbe intestardita, la conosceva bene.
“Uff… dai seguimi, scemo, tanto lo so che stai morendo dalla
curiosità” anche lei lo conosceva bene.
L'aveva seguita in
casa ed era stato sorpreso quando lo aveva condotto
fino alla piccola mansarda che fungeva da soffitta. Gli scatoloni accumulati
negli anni erano spariti ed il posto era stato ripulito da cima a fondo; in un
angolo ora c'era un futon ed un piccolo armadio. Uno specchio ed una scrivania
con sedia completavano il sobrio arredamento della mansarda.
Ranma perplesso aveva
guardato la ragazza, sul cui viso il sorriso era andato allargandosi “Ecco, è
tutta tua!” aveva detto allargando le braccia.
“La… soffitta?”
“Sei proprio stupido allora! Ho pensato che fosse ora avessi anche tu una camera tutta tua… e che magari lasciassi
ai tuoi genitori un po' di privacy – gli aveva fatto un veloce occhietto – così
ho chiesto a Kasumi di darmi una mano per risistemare questo posto. Non è
grandissima, ma ha una finestra – l'aveva indicata con
enfasi – da qui ti sarà più facile andare sul tetto come fai sempre! Non ci
sono molti mobili, anzi, è proprio spoglia, ma con il tempo potrai metterci
quel che ti pare… Allora, che ne dici?”
Ranma era rimasto
in silenzio per la sorpresa e la gioia. Aveva osservato la piccola camera
centimetro per centimetro, incredulo. Sulla scrivania
c'era un vasetto con un unico fiore… un pensiero della stessa Akane per
ravvivare la sua camera probabilmente.
Akane si era morsa
il labbro e timidamente aveva preso ad osservarsi la punta dei piedi nudi “Ti…
piace?” gli aveva chiesto con un filo di voce.
“Sì, è… – aveva
cercato le parole adatte – è come te.”
Lei l'aveva
guardato, incerta “Cioè?” sembrava temere che quelle
parole celassero un'offesa .
“Beh – le guance
di Ranma erano divampate – è carina… ed ora è mia.”
Sul viso di Akane si erano alternate varie emozioni: lo stupore,
dapprima, la gioia e la soddisfazione infine. Gli aveva regalato il più caldo
dei sorrisi e poi, sollevandosi sulla punta dei piedi, gli aveva dato un
piccolo bacio su una guancia “Sono contenta che ti piaccia” aveva detto
scostandosi, Ranma però l'aveva presa per le spalle
attirandola nuovamente verso di sé per baciarla ancora, sulle labbra stavolta.
Era stato un bacio importante quello, il primo che si fossero
mai scambiati in quella casa.
--- --- ---
Sospirò. 'Cento e uno…' pensò, stendendosi su un fianco; ogni volta
che ripensava a quel giorno, a quel momento, il cuore gli si stringeva in petto
per l'emozione. Era stato un pensiero così dolce e gentile da parte di Akane, un pensiero tanto affettuoso…
Perché tra loro
non poteva essere sempre così, come quando lei gli
aveva mostrato la sua nuova camera? Perché non poteva
sempre sorridergli in quel modo che gli attorcigliava lo stomaco, ma che lo
faceva sentire così dannatamente bene? Il calore di quel sorriso poteva fargli
tremare le gambe.
Ripensò
all'espressione risentita di Akane di poche ora prima,
alle sue parole. In verità non gli spiaceva che Akane fosse gelosa, non del
tutto almeno: era pur sempre segno del suo amore e lui adorava
essere amato, ma lei continuava a non fidarsi.
Non era certo
colpa sua se Ukyo continuava a volergli bene: aveva provato ad allontanare
l'amica, ma era stata proprio Akane a chiedergli di
far pace con lei, ora che voleva?
'L'ha fatto per te.' Ecco che tornava la vocina
fastidiosa della sua coscienza: sceglieva sempre i momenti più inopportuni
quella maledetta!
'E' il mio lavoro'
ribatté la vocina con tono stizzito. Ranma scosse il capo, ci mancava pure che
si mettesse a discutere con la propria coscienza!
Si rigirò nuovamente
rimettendosi supino e lasciò vagare gli occhi per la camera, la sua camera, il
dono di Akane…
'E va bene! Domani le chiederò
scusa…' Stranamente pochi minuti dopo aver preso quella decisione, Ranma si
addormentò sereno, l'animo leggero.
+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+*+