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Autore: Lanonimoscrittore93    04/04/2017    1 recensioni
Questa storia parla di un ragazzo transessuale alla quale restano pochi mesi di vita. Tutto questo non lo sa nessuno, solo il suo medico di fiducia e suo padre. Proviene da una famiglia molto ricca, fondatrice di una scuola prestigiosa e ambita da tutti. Un giorno un incontro le travolgerà l'esistenza. Cosa accadrà?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Quella di ieri era stata una giornata assurda e piena di emozioni. Nonostante la prepotenza dello psicopatico, ieri era stato bellissimo passare quel poco tempo con lui. Che mi stava facendo? Ma soprattutto, che mi stava succedendo? Non riuscivo a spiegarmelo, non mi ero mai sentita così.
Ieri, mentre ero con lui, mi batteva all'impazzata il cuore e mi sentivo così... così felice. Alla fine era solo uno psicopatico e non dovevo illudermi, ma specialmente, non dovevo cadere nelle sue grinfie. 
Quando entrai in classe lo trovai lì, seduto al suo posto e mi stava aspettando, aveva il suo solito sorriso da strafottente che mi irritava tanto.
Quando mi accomodai non fece altro che fissarmi.
Ti prego non mi guardare, non lo sopporto. 
"Allora, ti chiami Eleonora, eh?".
"Sì", gli risposi seccata e senza nemmeno guardarlo. 
"Mm... è troppo lungo come nome, da adesso ti chiamerò Elle... sì, mi piace". Era compiaciuto da se stesso ma a me non piaceva proprio quel soprannome.
Era un tipo strano e continuava a guardarmi, lo preferivo quando dormiva, almeno era carino.
Che fantasie stupide che ho.
Uno psicopatico non poteva essere carino. Insomma, un folle non può essere carino o adorabile, ma lui lo era, mi sentivo un idiota. 
"A che pensi?", mi chiese in un sussurrò mentre il professore d'arte spiegava la sua lezione. Cercai di ignorarlo, visto che non ero tipo da parlare durante le lezioni, che poi nessuno mi rivolgeva mai la parola, almeno non amichevolmente. 
"Allora?", mi incalzò. Continuai ad ignorarlo ma mi punzecchiava con la matita. Com'era irritante! 
Continuava a darmi fastidio, lo fece per tutto il tempo, qualcuno rideva alle mie spalle e il professore lo ignorava. Non capivo perché tutti i professori lo ignorassero ed avessero paura di lui. Forse sapevano che era uno psicopatico ed era meglio lasciarlo in pace. Sì, era così, non poteva essere altrimenti o altra spiegazione. Mi chiedevo perché non lo rinchiudessero in qualche clinica apposita per curarlo, di certo se lo poteva permettere o poco probabilmente ai suoi genitori non importava nulla di lui. Poverino, alla fine mi faceva un po' pena, se stavano così le cose. Probabilmente era colpa dei genitori se era diventato così.
Ero così assorta dai miei pensieri che non mi accorsi che si era addormentato. Probabilmente come avevo già pensato, faceva ogni sera tardi e poi a scuola dormiva. Di questo passo ci avrebbe rimesso la salute. Insomma, bisogna prendersi cura di sé, anche se si è giovani, non si deve fare quello che si pare, alla fine siamo dei semplici e comuni esseri umani fragili. Mamma me lo diceva sempre che bisognava prendersi cura di sé, anche perché con l'avanzare dell'età se ne risente, ma io ero un tipo goffo e quindi evitavo gli sport ma in compenso mangiavo sano.
Fui tentata di toccargli i capelli, erano così morbidi e belli, ma non volevo che scappasse da me per l'ennesima volta, così decisi di non farlo. 

Finalmente era giunta l'ora di pranzo e stavo letteralmente morendo di fame, l'unico problema era, che come ieri me ne sarei andata a mangiare in biblioteca, almeno lì non c'era nessuno che mi lanciava occhiate o rideva di me.
Dopo aver riposto le mie cose, mentre mi alzavo per dirigermi verso l'uscita, mi sentii afferrare per un braccio.
Era lo psicopatico, e adesso che altro voleva da me? "Cosa c'è?", gli chiesi seccata.
"Dove vai?".
Alzai gli occhi al cielo. "Vado alla mensa, è ora di pranzo, se non te ne fossi accorto". Nella mia voce c'era una punta acida che mi fece un po' sentire in colpa.
Si mise seduto come si deve e guardò l'ora nel suo costosissimo orologio da polso. "Sì, è ora di pranzo". Staccò gli occhi dall'orologio per poi puntarli nei miei con intensità, quando lo faceva mi sentivo persa in lui. "Pranziamo insieme". 
"Cosa?". Fu l'unica cosa che riuscii a dire, ma con voce da ebete. Io e le mie figuracce.
"Pranziamo insieme, ho fatto preparare qualcosa anche per te, spero che ti piaccia tutto". Fece una pausa per guardare un attimo la mia espressione, probabilmente avevo la bocca aperta, poi proseguì, "Vieni, andiamo in un bel posto". Si alzò dalla sedia dirigendosi verso l'uscita, quando fu arrivato con la sua solita eleganza davanti alla porta, si voltò. "Allora, vieni o no?".
Meglio non farlo arrabbiare, non voglio che mi stacchi la testa.
Lo seguii come un cagnolino per tutto il tragitto, mi fece percorre corridoi immensi e attraversare porte.
Quanto mancava ancora? Ma soprattutto, dove mi stava portando? Ero sia eccitata che spaventata.
Ad un certo punto entrammo in una stanza quadrata, era piccola rispetto alle altre, c'erano due librerie ai lati e una di fronte a noi, lui si diresse in quest'ultima. Rimasi a bocca aperta quando spostò la libreria di lato per rivelare una stanza segreta. 
"Allora ci sono davvero dei passaggi segreti", esclamai ad alta voce per poi pentirmene immediatamente. Io e la mia boccaccia. 
Mi guardò con un sorrisetto. "Vieni". Aveva un espressione che non riuscii a decifrare, ma poco probabilmente mi credeva strana o pazza.
Entrai con lui nella stanza segreta, che stranamente era circolare. All'interno non c'era molto, un gran tappeto, probabilmente costoso e molti cuscini che erano più grandi di me, c'era anche una piccola libreria. I libri nella libreria erano sia nuovi che vecchi, anch'essi avevano l'aria costosa. Sul tappeto c'era della frutta fresca tagliata alla perfezione, dei tramezzini e del succo.
Com'era possibile che avesse preparato tutto questo per me? In fondo non ero nessuno per lui, solo la ragazza che avrebbe tormentato fino alla pazzia, e io come una sciocca ero caduta nella sua trappola. Probabilmente era uno scherzo o qualcosa del genere, magari aveva messo qualcosa nel cibo per farmi stare male, sicuro. Era troppo bello per essere vero, e poi a me non succedevano certe cose belle, solo alle ragazze carine e io non lo ero di certo.
"Cosa c'è?", mi chiese ad un tratto destandomi dai miei pensieri.
"Niente", dissi in un bisbiglio. 
"Siediti", mi disse con voce autoritaria indicandomi un punto dove sedermi.
Ubbidiente mi accomodai dove mi fu ordinato e restai in silenzio, ero intimidita da lui, che aveva in mente? 
Si accomodò su un cuscino di fronte a me e mi scrutò con il suo solito sguardo intenso, mi sentii annegare.
"Mangia", mi ordinò ad un tratto. Che fare?
"Chi mi dice che non ci hai messo qualcosa di strano?".
Sbuffò. "Imboccami, così capirai che non ho messo niente nel cibo. Non ti avveleno, tranquilla, non è nel mio stile".
Decisi di fare come mi fu detto, così presi un pezzo di quella che mi sembrò un ananas, mi avvicinai con timore a lui e lo imboccai. Che cosa imbarazzante. Sperai tanto di non essere diventata tutta rossa in viso.
Masticò con gusto senza staccare gli occhi da me. "Visto, non è avvelenato il cibo".
Ripresi a respirare e presi un tramezzino, era delizioso. Ne prese uno anche lui che divorò in un attimo. Da quanto tempo non mangiava? 
Non faceva altro che fissarmi, ma io cercai di ignorarlo guardando ovunque tranne che lui.
Non capivo perché mi aveva portato qui ed organizzato tutto se non era uno scherzo. Era un tale mistero questo ragazzo, ma in fondo era uno psicopatico e non dovevo illudermi, magari potevo chiederglielo. Speravo che non si arrabbiasse o peggio ancora, mi uccidesse. 
"Allora", cercai d'attirare la sua attenzione e di trovare le parole giuste, "a cosa devo tutto questo?".
"Tu sei mia". Quelle parole fecero perdere un battito al mio cuore. "perciò, ti devo nutrire come si deve e poi, non mi piace condividere le mie cose con gli altri, così ti ho portata qui".
Ero frastornata e confusa dalle sue parole. Niente aveva senso con lui. Come potevo essere sua, ma soprattutto, perché mi considerava tale?
"Io sarei tua?".
"Sì". Il suo sguardo mi sfidava in attesa della mia prossima mossa.
"Perché?".
Gli spuntò un mezzo sorriso, guardò per terra per un istante, per poi diventare serio e lanciarmi uno sguardo tagliente. Mi sentii cadere nel vuoto. 
"Ho sempre ottenuto ciò che voglio e desidero, nessuno me lo ha mai negato". E con questo che c'entro io? "Adesso voglio te".
"Mi confondi", gli dissi boccheggiando.
"È il mio scopo", mi disse con un ghigno. 
Sbattei le palpebre confusa e frastornata. Lui mi frastornava.
"Mangia", mi ordinò. 
"Non ho fame". Il mio stomaco era chiuso in quel momento.
"Non hai quasi toccato cibo però, sei a dieta per caso? Vedi che non ne hai bisogno".
Cosa? Cos'era questo, un complimento per caso? Certo che no, e poi non poteva vedere il mio fisico con questi vestiti larghi. Probabilmente il suo piano diabolico era quello di farmi mangiare fino a farmi scoppiare, dovevo stare attenta.
Sbuffò. "Ok, come non detto, almeno sdraiati e mettiti a dormire".
Lo guardai storto. Credeva veramente che fossi così ebete? Decisi di ignorarlo come prima, così imparava. 
"Sei una seccatura". Si sdraiò e si mise a dormire. 
Aspettai qualche minuti prima di fare qualsiasi movimento, non mi fidavo di lui, con i psicopatici non si era mai fin troppo prudenti.
Quando fui certa che dormisse, mi diressi nella piccola libreria a dare un occhiata. Anche se era piccola era piuttosto ricca e interessante, c'era un po' di tutto, dai classici, come Romeo e Giulietta al fantasy. Lo psicopatico aveva buon gusto.
Lessi alcune pagine di un classico della letteratura inglese, dall'aspetto sembrava parecchio costoso, era meglio stare attenti a non strapparlo.
Mentre leggevo sentii un brivido percorrermi lungo la spina dorsale.
Voltandomi mi accorsi che mi aveva colto in flagrante. Era la mia fine me lo sentivo.
"Ti piace leggere?". Quella domanda mi spiazzò completamente. 
"Sì, la lettura è tutto per me".
Mi indicò di avvicinarmi a lui, con titubanza esegui l'ordine. Mi accomodai su un cuscino morbido facendo attenzione a non sfiorarlo. 
"Perché leggi?".
Che strana domanda. "I libri sono i miei unici amici, quando mi sento sola e triste leggo e tutto passa, è come se facessi parte della storia". Perché gli stavo raccontando questa cosa? Non me ne capacitavo.
Era pensieroso, il suo sguardo non era come al solito, era come se non sapesse se dirmi qualcosa o meno. "Io leggo per scappare dalla mia realtà, dal mio mondo". Il suo sguardo era così triste, era come la prima volta che lo incontrai, c'era sofferenza in lui. Perché mi sentivo così triste, come se mi avessero strappato via il cuore? Cosa mi stava succedendo? 
"Perché scappi?".
"È complicato".
"Spiegami allora".
Sospirò. "Non devi sapere i miei fatti, nessuno li deve sapere". Si mise a sedere e guardò l'ora. "Dovresti andare, l'ora è quasi finita".
Di già era passata quasi un'ora? Come volava il tempo. 
"Sì, andiamo a lezione".
"No, solo tu, io devo fare una cosa". Non capivo, cosa doveva fare? "Ho detto va'", quasi urlò.
Prima che si arrabbiasse con me, andai via da quella stanza segreta.
C'era qualcosa che non andava in lui, qualcosa che lo faceva soffrire, né ero certa e l'avrei scoperto in un modo o nell'altro.


Nota autore:
Spero che la mia nuova storia vi stia piacendo, se vi va lasciate un commento ;)
  
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