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Autore: Lanonimoscrittore93    06/04/2017    1 recensioni
Questa storia parla di un ragazzo transessuale alla quale restano pochi mesi di vita. Tutto questo non lo sa nessuno, solo il suo medico di fiducia e suo padre. Proviene da una famiglia molto ricca, fondatrice di una scuola prestigiosa e ambita da tutti. Un giorno un incontro le travolgerà l'esistenza. Cosa accadrà?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Che giornata assurda! Era successo di tutto. Lo psicopatico, Sam, mi aveva portata in una stanza segreta, nonostante ciò, mi era piaciuto passare quel poco tempo in quel posto con lui, come ieri, e poi aveva preparato tutto quel cibo per me, ma alla fine non dovevo illudermi. Come mi aveva detto, io ero sua, più che altro mi considerava come un oggetto di sua proprietà, e quando si sarebbe stancato di me, mi avrebbe gettata via.
C'era dell'altro in lui però, c'era un motivo se era così e l'avrei scoperto. Non capivo perché mi interessasse così tanto, ma poco probabilmente avevo il cuore troppo tenero.
Adesso si era messo in testa che dovevo fargli da tutor e da un momento all'altro sarebbe venuto qui a casa mia. Già mi immaginavo la scena, lui che sfondava la porta e con una motosega in mano annunciava la mia fine. Sarei diventata uno spezzatino, che bella fine. Nella mia lapide scriveranno: Qui giace, Eleonora lo spezzatino.
Però oggi era stato gentile, quando mi ero persa era venuto a cercarmi.
Eleonora non cadere nella sua trappola! 
A lui non importava un bel niente di me, altro che gentile, aveva una mente perversa e diabolica. Probabilmente aveva in mente un piano malefico. Che mi avrebbe fatto? Già tremavo al solo pensiero. 
Mentre continuavo a fantasticare, suonarono il campanello, quel suono mi fece accelerare il battento cardiaco, mi stava per venire un colpo. 
Velocemente andai ad aprire la porta, sicuramente non gli piaceva aspettare.
Quando aprii la porta restai incantata da lui, come al solito era vestito di nero. Ripensandoci bene, una ragazza normale resterebbe incantata, nel mio caso, probabilmente ero rimasta imbambolata come un ebete e come ciliegina sulla torta, avevo la bocca aperta.
Mi guardava in modo strano, che stesse trattenendo il suo divertimento verso di me? Era possibile che mi trovasse buffa?
Con arroganza entrò dentro casa, destandomi dai miei pensieri poco normali.
Seccata da lui e dal suo comportamento poco educato e incivile, chiusi la porta con la delicatezza di un elefante.
Mi voltai per guardare la sua espressione, ed aveva un sopracciglio alzato. 
"Ehm... colpa del vento", cercai di trovare una scusa sensata.
"Non c'è vento". Volevo sparire dalla vergogna. Non me ne capitava una giusta. "Allora", richiamò la mia attenzione, "studiamo o no?".
"S-sì". Ero agitata.
Ci sedemmo alla scrivania nella mia stanza, si mise a scrutare ogni minimo particolare, solo che adesso la camera era piena delle mie cose. Che imbarazzo. La mia stanza non era un granché, c'era il mio letto, la libreria con i miei inseparabili libri consumati dalle tante letture, e per finire, c'era la mia anonima scrivania.
Mi schiarii la voce per richiamare la sua attenzione. 
"Che c'è?", mi chiese con aria... non sapevo se era seccato o semplicemente volesse farmi esplodere la testa con la sola forza del pensiero. 
"Ehm... iniziamo a studiare".
Brontolò. "Va bene, tutor". La parola tutor la disse con una strana enfasi. 
"Dobbiamo prepararci per i test del mese...".
"Non li faccio mai", mi disse interrompendomi.
Che cosa strana, come faceva ad essere sempre promosso se non faceva praticamente niente? Poco probabilmente la sua famiglia pagava una lauta somma per farlo passare sempre avanti. Queste cose non andavano affatto bene, non avrebbe mai imparato nulla in questa maniera, ma da adesso, grazie a me, avrebbe studiato come si deve.
"Dunque, dobbiamo prepararci per i test di; storia, arte e di economia aziendale". Dalla sua espressione sembrava un tantino seccato ma non obiettò. Proseguii, "Iniziamo con storia...".
"Va bene, tutor". Sembrava ancora seccato e se ne stava con il pugno poggiato sulla guancia, come a reggersi il capo.
"Abbiamo circa 40 pagine da studiare, ce la puoi fare". Cercai di incoraggiarlo.
"Ok, dammi il libro e le pagine che devo studiare". Allungò la mano con entusiasmo, ero basita dal suo comportamento. 
Quando mi ripresi dallo shock, presi il libro di storia e gli indicai le pagine che doveva studiare, così ci mettemmo all'opera. Neanche il tempo di finire di leggere la prima pagina, e io ero velo, lo sentii dire che aveva finito. 
"C-cosa?", balbettai incredula.
"Ho finito". Aveva un'aria divertita, che si stesse prendendo gioco di me? Da uno psicopatico c'era d'aspettarsi di tutto. 
"Com'è possibile che tu abbia finito così in fretta?".
"Mia cara, tutor, devi sapere, che, sono molto intelligente". Se credeva di essere divertente, si sbagliava di grosso. 
"Su avanti, basta scherzare, dobbiamo studiare". Mi stava stufando il suo giochetto, credeva davvero che ero così credulona? 
Fece un sospiro seccato. "Dammi il libro d'arte, tu nel frattempo continua a studiare storia".
Adesso ero seccata più che mai. "Non mi piacciono certi giochetti".
"Ma io non sto giocando".Era divertito da me.
"Se come dici tu, hai già imparato le pagine da studiare, non avrai nessun problema se ti interrogo, dico bene?". Adesso vediamo chi è il più furbo fra noi due, mio caro. 
"Come vuoi".
Non riuscii a credere alla mie orecchie. Sapeva praticamente il libro a memoria, non era assolutamente possibile, sicuramente stava imbrogliando. Chiusi il libro in modo brusco. "Tu stai imbrogliando, probabilmente hai un auricolare e qualcuno ti sta suggerendo".
"Hai una fervida immaginazione, mia cara tutor". Rise di me. Aveva un bel sorriso. 
Riprenditi Eleonora, non è il momento!
"Se è così, fammi controllare".
"Come vuoi". Allargò le braccia per farsi perquisire.
Dovevo toccarlo? Se lo avessi fatto ci sarei rimasta secca e non l'avrebbe fatto lui con le sue diaboliche mani ma con il suo fascino e per l'effetto che mi faceva, già avevo le palpitazioni. 
"N-no, t-ti credo". Sembravo un idiota, più del solito, si intende. 
Aveva un'aria compiaciuta, ma non gliel'avrei data vinta. Gli passai il libro d'arte indicandogli le pagine da studiare. Questa volta l'osservai. Osservava la pagina con concentrazione per qualche secondo per poi passare all'altra. Alzò il capo, mi guardò per qualche istante con il suo solito sguardo intenso che mi faceva perdere, per poi dirmi: "Ho finito, vuoi interrogarmi anche questa volta?".
"Sì".
Come prima sapeva la lezione alla perfezione, iniziavo a credere che fosse davvero molto intelligente.
Passò al libro di economia aziendale che imparò con altrettanta facilità.
Non capivo, se era così intelligente, perché voleva un tutor? Perché proprio me poi? Probabilmente anche questo faceva parte del suo piano diabolico per farmi impazzire. 
"Se sei così intelligente, perché mi hai chiesta come tua tutor?". Come al solito parlavo troppo, speraì tanto che non se la prendesse, ma soprattutto, che non mi uccidesse. 
"Te l'ho detto, tu sei mia".
"E con questo cosa c'entra?". Mi faceva ancora uno strano effetto sentire quelle parole. 'Tu sei mia'. Il mio cuore faceva le capriole quando le pronunciava.
"Probabilmente quell'idiota d'insegnante di storia ti avrebbe assegnato un tutor esterno, senza sapere poi il tuo grado di preparazione e le tue capacità, così, ti ho proposta come mia tutor".
"Sì, in effetti aveva fatto la richiesta per un tutor...". Continuavo a non capire cosa c'entrasse il fatto che ero sua.
"Ti vedo perplessa, vuoi chiedermi qualcosa?". Stranamente era cortese, ma era sempre meglio stare allerta. 
"Cosa c'entra questo con il fatto che sono tua?".
Bruscamente si alzò dalla sedia per avvicinarsi a me, quasi mi venne un colpo dallo spavento. 
Il suo viso era troppo vicino al mio. Troppo vicino. Sentivo il suo respiro su di me, profumava di cioccolata fondente. 
"Credi che ti lascerei ad un altro? No, tu sei solo mia, non devi ne parlare e ne interagire con nessuno, hai capito?". Le sue parole erano un sibilo che mi incantava e frastornava, annuii ubbidiente al suo volere. Avevo voglia di baciarlo, d'assaggiare le sue labbra e sentire quel sapore di cioccolata fondente e perdermi in quel contatto. 
Eleonora, datti un contegno, tanto lui non ti vorrà mai in quel modo! Dopo essermi rimproverata per l'ennesima volta, costai il viso dal suo. 
"Tu studia storia, io nel frattempo mi metto a dormire", mi disse spostandosi da me e andando a sdraiarsi nel mio letto, era davvero seccante. 
"Stai sempre a dormire, non dovresti fare tardi la notte", gli dissi seccata ed irritata allo stesso tempo, per poi pentimi di ciò che avevo appena detto. 
"È questo quello che pensi di me, che faccio tardi la sera?".
Aiuto, adesso mi avrebbe uccisa. Annuii impercettibilmente. 
"Vieni qui", mi ordinò.
Non sapevo se andare da lui o meno, non era sicuro. 
"Vieni", insistette.
Oh no! Meglio non farlo arrabbiare.
Con passo lento e titubante, andai a sedermi in un angolo del letto lontano da lui.
"Più vicina", mi ordinò. 
Smisi di respirare. Voleva uccidermi brutalmente, ne ero certa. Chiusi gli occhi aspettandomi la fine.
"Sei sorda per caso? Ho detto, più vicina".
Lo sentii avvicinarsi a me e tirarmi verso di sé e cadere entrambi sul letto. Era la fine.
Sentivo uno strano calore, era così bello, mi sentivo al sicuro, protetta da tutto. Ero tra le braccia dello psicopatico, avrei dovuto sentirmi in pericolo ma non era così, non riuscivo a capacitarmene. Volevo stare per sempre fra le sue braccia. Così stretta a lui riuscivo a sentire i battiti del suo cuore... che strano però, erano irregolari i suoi battiti. 
Mi staccai da lui per mettermi seduta, quando lo feci lui emise uno strano suono gutturale, era come un lamento.
Ci guardammo per qualche istante e come al solito il suo sguardo mi fece sentire persa.
Distolse lo sguardo per poi mettersi più comodo. "Sdraiati qui con me", mi ordinò e senza pensarci un attimo feci come mi fu detto. 
"Non faccio tardi la sera", mi disse voltandosi verso di me e guardarmi.
"Quindi non esci con gli amici?".
"No, e poi non ho amici, non ne ho mai avuto bisogno". Non capivo, non si sentiva solo? 
"Non ti senti solo?". Mi sentivo così triste per lui.
"Ho i miei libri", mi rispose senza guardarmi.
"Guardami". Questa volta fui io ad ordinare e lui ad eseguire. I suoi occhi erano due pozze blu dove potevo specchiarmi ed annegare.
"Tutti hanno bisogno di qualcuno, anche se affermi di non averne bisogno". Non mi rispose. "Dici di avere i tuoi libri, loro possono aiutare, certo, ma non colmeranno mai quel vuoto che hai dentro, quell'affetto che ti manca, che ti può dare un amico o un amante".
"Amante?".
"Sì, la persona che ami".
Sembrava confuso.
Mi guardò sospirando. "L'amore non m'interessa, è da stupidi".
L'amore è da stupidi! Questa è bella. Da quando in qua era da stupidi? E poi lui era quello che possedeva una vasta collezione di libri con le storie d'amore più belle di tutti i tempi. "L'amore non è da stupidi, è la cosa più bella che si possa avere".
"Sarà...", mi disse per poi voltarsi dall'altra parte annoiato. Volevo picchiarlo ma mi trattenne dal farlo, solo perché sapevo che mi avrebbe uccisa senza alcuna pietà. 
Sbuffai, tanto con lui era tutto inutile. 
Si girò di scatto spostandosi su di me. Non avevo via di scampo dalle sue grinfie. Il suo sguardo non era come al solito, era diverso e indecifrabile. Cosa voleva da me adesso?
"Hai mai amato?". Cosa? Che strana domanda. Amare era una parola grossa, alla fine avevo solo diciassette anni, ma da quel che avevo imparato, l'amore non aveva età e nessuna logica, era imprevedibile. Se avessi amato in passato era certo, e la risposta era no. Questo era prima di aver incontrato lui, ma adesso? "No", la mia voce era quasi impercettibile.
Era pensieroso, che volesse dirmi qualcosa?
"Io... non so cosa significhi amare... ho cercato di capirlo, questo spiega il fatto che possegga tanti libri romantici, ma alla fine, non ho mai capito cosa significhi amare".
Non riuscivo a capire. "Avrai provato qualche sentimento, almeno per qualcuno, insomma, siamo nella fase della crescita e siamo in un periodo che praticamente ci piace chiunque...".
"Non è nel mio caso", mi disse interrompendomi. Si avvicinò pericolosamente al mio viso, sentii di nuovo quel profumo di cioccolata fondente. "Non ho mai provato niente, nessuna emozione, sono vuoto dentro". Non so il perché, ma le sue parole mi facevano male. Non era quel male quando ti dicevano qualcosa di brutto, più che altro, era quando succedeva qualcosa di brutto alla persona che più tieni al mondo.
Institivamente poggiai la mia mano destra sulla sua guancia, quel contatto mi diede una scossa elettrica, lui come risposta al mio contatto chiuse gli occhi e inspirò, più che altro sembrava un sospiro. "E adesso, non senti niente?", gli chiesi.
Aprì i suoi occhi blu. "Non lo so", mi sussurrò richiudendoli.
Fui tentata di baciarlo ma mi trattenni dal farlo, avevo già osato troppo toccandolo.
Si scostò per poi poggiare il capo sul mio petto. "Però mi piace quando mi tocchi i capelli". Cos'era questa, una confessione per caso? 
Titubante gli accarezzai i capelli, erano così morbidi. Era rilassato e non minacciava di uccidermi, non ancora almeno. Chiusi gli occhi per bearmi di quel momento.

Sentivo caldo e un peso che mi opprimevava il petto. Aprii gli occhi e capii cos'era, era lo psicopatico. Mi ero addormentata senza rendermene conto, anche lui dormiva, ma su di me e mi stava schiacciando. Cercai di sgusciare via da sotto di lui ma era troppo pesante ed io troppo debole. Optai per un altro approccio, ma era estremamente pericoloso. Cercai di svegliarlo. Lo scossi un po' ma sembrò non funzionare, così iniziai a toccargli i capelli, l'ultima volta si era svegliato. Dopo poco tempo lo sentii muoversi, si stava svegliando.
"Svegliati", gli sussurra continuando ad accarezzargli i capelli morbidi.
Emise un lamento. "No, ho sonno".
"Devi svegliarti".
"No", si lamentò. Trovai quella scena buffa.
"Su dai, mi stai schiacciando e poi tra un po' torna mia madre". Lo sentii sbuffare.
Si mise seduto stropicciandosi gli occhi, sembrava un bambino piccolo, aveva anche i capelli un po' arruffati.
"Ben svegliato". Mi guardò storto per poi alzarmi il dito medio. Come osava! Per tutta risposta lo spinsi, facendolo cadere dal letto. Era la mia fine.
Si alzò da terra ed aveva un'espressione da folle.
"Ti uccido", sibilò.
Presi un cuscino per farmi da scudo. "Ti prego, non mi uccidere", lo supplicai terrorizzata.
"Solo ad una condizione, magari anche più di una".
Spostai un po' il cuscino per guardarlo ma stavo bene allerta per un suo eventuale attacco. Aveva un ghigno stampato in faccia, cosa aveva in mente? 
"Che condizione?".
"Spogliati, voglio vederti".
Cosa!? Era impazzito per caso!?
Come risposta gli lanciai il cuscino che avevo in mano ma prontamente lo afferrò. Fortunatamente ne avevo un altro a mia disposizione, così iniziò una battaglia di cuscini. Prendersi a cuscinate era divertente e fu inevitabile non ridere, stranamente anche lui si stava divertendo, anche per il fatto che stesse vincendo. Peccato che il gioco durò poco. Il campanello suonò, sicuramente era mamma. Oh no! Si era raccomandata di non portare a casa nessun ragazzo.
Come se qualche ragazzo fosse interessato a me.
"È mia madre!".
"E allora?", disse tra una cuscinata e l'altra. 
Gli tirai il mio cuscino in pieno viso, be', almeno ci provai, visto che lo parò con il suo.
"Mia madre non vuole nessun ragazzo in casa, se ti vedesse qui darebbe di matto". Scesi dal letto per andare da lui e trascinarlo verso la finestra. 
"Cosa stai facendo?".
"Ti faccio uscire dalla finestra", gli risposi mentre lo spingevo a fatica, stava opponendo resistenza. 
"Sei impazzita?".
"Tranquillo, basta arrampicarsi dal tubo di scolo".
"Tubo di scolo!". Era allarmato, non credevo fosse possibile.
"Tu va', io placco mia madre, non ti deve vedere qui".
"E le mie cose?". Più in fretta che potei, presi le sue cose gettandole dalla finestra.
"Va!".
Uscii dalla stanza e trovai mia madre con la cena che aveva comprato in qualche ristorante vegano. 
"Mamma!".
Mi guardò con un sorriso che solo una mamma poteva avere. "Tesoro, ho comprato la cena". Alzò il sacchetto con la cena dentro per mostrarmelo.
"Bene, avevo fame". Sperai tanto che non notasse il mio nervosismo, ma soprattutto, che lo psicopatico fosse uscito dalla mia stanza.
  
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