12
SOGNANDO
Parte seconda
Per qualche istante, Keros provò una
sensazione nuova. Sentiva i suoi sensi appagati, soddisfatti. Ma subito
dopo
sopraggiunse qualcosa di molto diverso. Percepì dolore,
bruciante dolore, e si
sentì respingere in malo modo. Stordito, capì che
Nasfer lo aveva colpito,
ferendolo lungo il petto e sul braccio sinistro.
“Sei completamente impazzito?”
ringhiò il
giovane figlio di Alukah, sputando un paio di volte per terra
“Ti sei bevuto i
neuroni? Cosa pensavi di fare?!”.
Keros cercò di rispondere, ma
riuscì solo
a balbettare qualcosa, ancora confuso e dolorante.
“Tu…” riprese Nasfer
“…tu sei figlio della
meravigliosa Carmilla! Creatura che dopo secoli è ancora nei
ricordi e nelle
fantasie di molti. Tu… Sei figlio di colui che veniva
descritto come il più
bello degli angeli!”.
Il principe rimase in silenzio,
consapevole del fatto che tutti lo credessero figlio di Lucifero.
“Ma tu… Come puoi avere tale
genetica in
corpo?!” la voce di Nasfer era decisamente infastidita
“Tu… Coso strano! Come
puoi essere stato concepito da simili creature?!”.
“Nasfer… io…”.
“E, soprattutto, pensavi davvero che un
coso come te potesse avvicinarsi ad uno come me e restare impunito? Una
roba
con quei disegni assurdi addosso ed un ridicolo nome da
femmina!”.
“Keros non
è…”.
“Come speri di poter fare il tentatore?
Non potresti farlo nemmeno fra un milione di anni!”.
“Io…”.
“Non posso credere che tu lo abbia fatto
per davvero. Ma che pensavi? Che fossi gentile per un qualche motivo
che
andasse oltre l’interesse per il fatto che sei il principe e
mi tocca obbedire?
La sola idea che tu possa diventare re mi
disgusta…”.
“Scusami”.
“Ed ora pure chiedi scusa? Che demonietto
patetico che sei. Ma poi… Sei veramente un demone? Per me
Carmilla ti ha trovato
in qualche buco sperduto ed ha avuto pietà.
Chissà che miserrima creatura era
la tua genitrice. Gli altri demoni non fanno che ridere di
te”.
Keros non sapeva che rispondere. Vide
Nasfer agitarsi e ringhiare infastidito, e distolse lo sguardo. Non
sapeva che
fare. Si sentiva in imbarazzo, anche lui incapace di capire
perché avesse
compiuto un simile gesto. Il figlio di Alukah si allontanò,
con fare deciso. Il
principe girò gli occhi verso i cadaveri degli umani che
erano stati la loro
cena. Giacevano in terra, uno accanto all’altro. Con un
sospiro, capì che era
tempo pure per lui di rientrare, o avrebbe rischiato di ritrovarsi in
qualche
guaio.
Giunto a palazzo, Keros si affrettò a
rinchiudersi nella sua stanza. Tolse l’abito che indossava,
squarciato ed
insanguinato, e tentò di darsi una sistemata.
Passò ben poco tempo prima che un
bussare deciso alla porta lo costringesse ad accelerare quel che stava
facendo.
Gettò gli abiti sotto al letto e si assicurò di
aver ben coperta la ferita.
“Avanti… È
aperto” esclamò poi.
Come immaginava, nella camera entrò il
re,
con un mezzo sorriso.
“Hai fatto tardi” gli disse.
“Mi ‘spiace.
Io…”.
“Te lo facevo solo notare. Dove sei stato
di bello? Ti sei divertito?”.
Keros raccontò a grandi linee quel che
aveva fatto prima che tramontasse il sole. Lucifero intanto osservava
gli
oggetti che il principe aveva portato dal mondo umano.
“Cos’è questa
roba?” si chiese, indossando
uno dei cappelli con la piuma.
“Va di moda fra gli uomini”
spiegò Keros
“Viene considerato molto elegante”.
“Ah, queste manie
moderne…”.
Il demone annusò le candele e le spezie.
“Quelle pensavo di distribuirle fra le
donne del palazzo” spiegò il principe.
“Ma che bravo…”.
“Ed il libro è per
te”.
“Per me?”.
Il re si stupì. Prese con cura il volume
fra le dita ed iniziò a sfogliarlo con delicatezza.
“Sto lavorando per mantenere la promessa
che ti feci tempo fa. Sto riscrivendo tutti i libri che ti ho rovinato
da
piccolo. Però quando ho visto quello, ho pensato che potesse
piacerti”.
“Deve essere costato una
fortuna”.
“Nulla che un principe non possa
barattare…”.
“Ti ringrazio. Ma
raccontami… com’é il
mondo di sopra? Sarà almeno un secolo che non ci
vado…”.
Keros iniziò a raccontare ma poi
Lucifero
lo fermò, con un gesto della mano. Annusando
l’aria, il demone si voltò verso
il ragazzo con aria interrogativa.
“Sento odore di sangue” disse.
“Sì. Mi sono
nutrito…”.
“Sento odore di sangue non umano. Sei
ferito? Sono stati gli angeli?”.
“Cosa? Gli angeli? Ma no!”.
“E allora cosa è
successo?”.
Il principe tentò di non spiegare
l’accaduto ma lo sguardo del re era potente e lo costrinse a
svelare il nome di
Nasfer.
“Ma non è stata colpa
sua” si affrettò ad
aggiungere.
“Certo…”
sbottò il re, scettico “…ti ha
ferito per sbaglio…”.
“È una storia lunga”.
Keros non aveva alcuna intenzione di
scendere nei particolari ed abbozzò un sorriso. Lucifero
alzò un sopracciglio e
si fece silenzioso.
“E va bene…” disse
infine il re, alzando
le spalle “A ognuno i suoi segreti. Ti lascio riordinare le
tue cose. E torno
alle mie faccende. Sarai stanco”.
Il principe annuì, sbadigliando per
finta.
“Buona notte…”.
Quando finalmente il demone fu uscito
dalla stanza, il giovane tirò un sospiro di sollievo. Si
lasciò cadere
sull’ampio letto nero e lì rimase, incapace di
dormire ma con nessuna voglia di
fare altro.
Non sapeva dire quante ore erano
trascorse. Era rimasto immobile, a fissare il soffitto affrescato. Fu
la voce
di Lilith a riportarlo alla realtà.
“Il re mi ha mandato a controllare la
ferita” spiegò, entrando in camera.
“Il vecchio si preoccupa sempre
troppo”
rispose Keros, restando steso.
“È che non sei sceso per la
colazione. Non
è da te”.
“Ero stanco. E poi ieri mi sono nutrito
parecchio”.
“Anche oggi andrai in giro con
Nasfer?”.
“Non credo che lui voglia rivedermi di
nuovo…”.
“Oh… Allora chissà
perché è stato convocato
d’urgenza”.
Il principe balzò a sedere di colpo,
ripetendo l’ultima frase in tono interrogativo. Alla conferma
di Lilith, lasciò
le comode lenzuola del matrimoniale e abbandonò la stanza.
Si precipitò lungo le scale, ripide ed
in
pietra, e si ritrovò davanti alla porta segreta che si
apriva sulla sala
ricevimenti. Da lì il re raggiungeva gli alloggi privati e
Keros sbirciò. Vide
Nasfer inginocchiato e, poco più indietro, suo padre Alukah
con sul volto un’espressione
preoccupata.
“È solo un ragazzo,
altezza” stava dicendo
proprio Alukah e Lucifero lo fissava, accigliato.
Il principe cercò di capire qualcosa di
più, ma si erano unite troppe voci confuse. Sul trono,
Lucifero sembrava in
collera. Al suo fianco, serio, stava Asmodeo. Era in piedi, con le
braccia
conserte dietro alla schiena. Sulla porta, molti curiosi si stavano
radunando.
“Che succede qui?” ebbe
finalmente il
coraggio di dire Keros, entrando.
“Faccio rispettare le leggi del regno. Mi
pare ovvio” gli rispose il re, senza voltarsi a guardarlo.
“Le leggi? Di cosa? Non sarà
mica per la
faccenda di ieri? Fatti gli affari tuoi! Ti ho già spiegato
che non è stata
colpa sua”.
“Keros… il mio compito
è mantenere la
disciplina in questo regno. Disciplina che si ottiene solo con il
rispetto
della gerarchia. Tu sei il principe e nessuno di rango inferiore deve
osare toccarti”.
“Ma sono cazzi miei di chi mi tocca, dove
e perché…”.
“Keros…”.
“Non è stata colpa di Nasfer.
Se vuoi
punire qualcuno, punisci me. Sono qui!”.
“A quello provvederò dopo, se
proprio ci
tieni”.
“Che cosa hai intenzione di
fargli?”.
“Lo sai che la pena per simili atti
sovversivi è la morte”.
Keros rise. “Scherzi, vero? Per un
graffio?”.
“Non è la conseguenza da
punire, bensì il
gesto in sé”.
Il principe si avvicinò al trono,
salendo
sui pochi scalini che lo separavano da terra. Giunto dinnanzi al re, si
chinò
ed allungò la mano, sfiorandone il viso ed aprendo su esso
un lieve graffio.
“Uccidimi” mormorò.
Lucifero si passò un dito sulla ferita,
dalla quale era uscita una goccia di sangue, e se lo portò
alla bocca.
“Ti prego. Lascia che d’ora in
poi le mie
faccende me le risolva da solo” continuò Keros
“Lascia che ti dimostri che sono
in grado di ottenere il giusto rispetto, senza che qualcuno lo pretenda
per
me”.
Il demone rimase in silenzio qualche
istante.
“Alukah” chiamò poi,
ed il vampiro alzò lo
sguardo “Porta via tuo figlio. Insegnagli un po’ di
disciplina, perché la
prossima volta non sarò così clemente.
Andatevene”.
Alukah si inchinò più volte e
portò via
Nasfer, che riuscì solo ad incrociare per qualche istante lo
sguardo di Keros. Il
principe approfittò della confusione che
seguì, fra proteste per chi sperava in
un’esecuzione e chi lodava il re per la
sua bontà, per tornare nelle sue stanze. Il re, reggendosi
la testa con una
mano, con il gomito poggiato al bracciolo del trono, alzò lo
sguardo verso
Asmodeo.
“L’adolescenza è una
brutta età” parlò il
capo delle guardie, intuendo i pensieri di Lucifero.
“Già. C’è
chi fa scoppiare una guerra in
Paradiso e tenta Eva e chi invece graffia il diavolo. Ad ognuno il
suo… Ma lui è
ancora un bambino”.
I due si fissarono e si scambiarono un
sorriso.
“Sto invecchiando per queste
cose…”
concluse il re, facendosi portare da bere.
“Papà, non è stata
colpa mia!” ripeteva
Nasfer.
“Può anche essere colpa di
Gesù Cristo,
non me ne frega un cazzo!” lo rimproverò Alukah
“Keros è il principe! Lo
capisci? Qualsiasi cosa sia successa, qualsiasi ordine ti abbia dato o
qualsiasi azione abbia commesso… Tu obbedisci e stai zitto!
È così che funziona!
Se hai voglia di soverchiare il potere, sappi che è una
guerra persa in
partenza. Nessuno può sconfiggere il re e mettersi contro
suo figlio è la più
grande stronzata che tu possa fare”.
“Ma che stai dicendo?!”.
“Mettiamola così… Se
il principe, o il re,
ti ordinano di toglierti i pantaloni e farti fottere, tu togli i
pantaloni e ti
fai fottere. Chiaro?!”.
“Ma perché?!”.
“Perché è
così che vanno le cose!” sbraitò
Alukah “Il re si trova in quella posizione perché
ha sconfitto, e può
sconfiggere, ogni singolo demone esistente. E forse pensi che il
principe sia
debole ma ti sbagli. Io lo percepisco. È più
potente di te. Perciò smettila. E
chiedi a Lilith di porgere le scuse a Keros da parte tua”.
Nasfer tentò di protestare, senza
successo.
Dal canto suo, Keros credeva che la
questione fosse chiusa ma purtroppo il re non gli dava tregua. Una
volta
raggiunto il ragazzo, iniziò a chiedere cosa fosse successo
esattamente. E,
soprattutto, perché il ragazzo non avesse reagito dinnanzi
ad un attacco.
“Sei più forte di
lui” gli stava dicendo
“Perché non lo hai massacrato? Non aveva nemmeno
un graffio!”.
“Sono affari miei”
arricciò il naso il
principe.
“Gli affari tuoi sono anche affari
miei!”.
“Non
necessariamente…”.
Lucifero si fece più assillante. Keros
sospirò. Dopo un bel po’ di insistenza, il giovane
si arrese e raccontò quanto
successo. Il re rimase in silenzio, non aspettandosi una cosa simile.
“Non so cosa mi sia preso”
ammise Keros,
seduto sul letto “Finito di nutrirmi, mi sono sentito
così strano… Era come un
sogno. Provavo un desiderio assurdo. È normale?”.
“È del tutto
normale” lo rassicurò
Lucifero, serio “Capita a tutti”.
“Davvero?”.
“Certo. Solo che crescendo riesci a
controllare quella sensazione ed incanalarla nella giusta
direzione”.
“Nella giusta direzione?”.
“Sì. Magari picchiando
qualcuno o scopando
qualcuno di consenziente. Non sei più un bambino. Me ne
accorgo, forse, un po’
tardi”.
“Capisco…”.
“C’è altro che vuoi
chiedere?”.
“Non vorrai mica farmi discorsi stile api
e fiori, vero?!”.
“Ti servono? No perché mi pare
che le cose
ti siano state mostrate in modo più che esplicito fin da
bambino”.
Keros si lasciò sfuggire una risatina.
Poi
tornò serio. Il re stava di nuovo giocando con la piuma del
cappello, che il
principe aveva poggiato su una scrivania.
“Io sono veramente figlio di
Carmilla?”
chiese poi, volgendo lo sguardo altrove.
“Ovvio!” sbottò il
re “Gli somigli
tantissimo”.
“Davvero? Perché lei era
bellissima…”.
“E tu forse non lo sei? Chi ti ha messo
in
testa certe idee? Quella rana di Nasfer?”.
“Oh, andiamo. Sono così
strano”.
“Definisci il termine strano”.
“Non sono molto demoniaco, no? Dai, non
fare finta di non capire!”.
“Bene. Definisci il termine
demoniaco”.
“Mi sfotti? Io sono piccolo, con questi
disegni orrendi e…”.
“Smettila. Ogni creatura che vive
all’Inferno è unica ed irripetibile, particolare
in qualche modo. Non permetto
che tu ti senta inferiore a loro, non ne hai alcun motivo. Il corpo che
hai è
magnifico e devi avere rispetto di esso. Io un tempo ero il
più bello degli
angeli, vuoi che mi metta a fare i paragoni rispetto a ciò
che sono ora? Ognuno
di noi nasce in modo diverso, ognuno di noi ha cose belle e uniche.
Quei
disegni che porti sul corpo sono unici, sono magnifici. Tutto quel che
tu sei è
magnifico. Devi esserne fiero. E portarne rispetto”.
“Ma che parli a fare tu? Non hai mai
avuto
problemi del genere!”.
Lucifero lasciò trascorrere qualche
istante. Poi si scosto un grosso ciuffo di capelli dagli occhi e
distolse lo
sguardo.
“Lascia che ti racconti una
cosa” mormorò
poi, tornando a fissare il principe.
Il giovane si stupì. Il demone gli
mostrò
la mano sinistra, su cui si notava un anello inciso a motivi
intrecciati.
“Quando ero in
cielo…” iniziò a raccontare
il re “…ero il più bello ed il primo
creato. Ma assieme a me era nata un’altra
creatura. Sophia”.
“La parte femminile di Dio?”.
“Sì. Meravigliosa. Splendida.
Perfetta. Ed
io me ne innamorai. Al tempo non c’erano certo tanti
precedenti, perciò non
capii minimamente quel che mi stesse accadendo”.
“Che hai fatto allora?”.
“Ho parlato con mio padre. Non vedevo
alternative. Al tempo mi era sembrata la cosa più
giusta”.
“Uh, che cosa
brutta…”.
“Già. Puoi immaginare la
reazione. Mi
sentii dire che provavo una cosa sbagliata, che dovevo pentirmi, che
commettevo
peccato e via dicendo. Ed io mi sono sentito davvero strano, fuori
posto,
colpevole…”.
“Ma lei…?”.
“Ovviamente, nonostante le ore passate a
pentirmi, i sentimenti che provavo per lei non accennavano a mutare.
Anzi! Si
facevano più forti! Così decisi di confessarle
tutto, anche perché per cercare
di guarire da quello che mi sembrava una grave anomalia, eravamo stati
separati. Rivedendola, ho capito che non era un peccato. Era amore, e
non
l’amore che gli angeli provano per Dio. E l’ho
baciata”.
“Wow…”.
“Ci siamo regalati questi anelli come
segno di legame eterno. E detti tante di quelle stronzate da far
ribrezzo allo
zucchero. Mi spingeva a rimanere fedele ai miei ideali, a lottare per
ciò che
volevo…”.
“Quindi eravate innamorati. E poi? Cosa
è
successo?”.
“Non lo so. So solo che io sono qua. E
lei
è rimasta in cielo”.
“Ti ha spinto ad iniziare la guerra
contro
Dio e poi non è rimasta al tuo fianco?”.
Lucifero alzò le spalle, con un mezzo
sorriso. “Come vedi… tutti prima o poi hanno
problemi simili”.
“Ma l’amore che
cos’è?”.
“Un’utile sopravvalutazione di
un semplice
istinto necessario per la sopravvivenza della specie”.
“Eh?”.
“Lascia stare. Piuttosto, non farti
troppe
seghe mentali. Un giorno troverai la persona che ti accetta per quello
che sei
e che anche a te piacerà. Ma fino a quel
momento… Fai pratica! E ricorda che
amore e sesso sono due cose ben distinte. La prima è un
casino. Concentrati
sulla seconda”.
Keros fissò il demone con aria piuttosto
confusa. Lucifero rise.
“Ora io devo tornare al lavoro, Keros.
Che
dici se domani andiamo a caccia?”.
“Davvero? Io e te da soli?
Bello… Come
mai?”.
“Per tirarti su il morale”.
Il principe annuì, mentre il re si
avviava
verso la porta.
“Ah… È vero che
Keros è un nome da donna?”
riuscì a chiedere il giovane.
“Per alcune tradizioni sì. Ma
non per quella
che ho scelto io. Si tratta di un nome ebraico che significa "curva di
disonestà". Carino, no? Per i greci invece è il
nome di un’isola e deriva
dal nome di una divinità legata alla fertilità.
Quel Nasfer dice un sacco di
stronzate. Non darci troppo peso”.
“Non ci do peso..”.
“Nella vita incontrerai tante persone.
Molte di esse le troverai insopportabili, alcune le apprezzerai, certe
le
vorrai uccidere ed altre le ucciderai per davvero. Fa tutto parte della
vita.
Vai avanti. Tutto scorre, mai sentito?”.
Keros annuì.
“Non hai fatto nulla di male”
concluse il
re, con un ghigno “Se era intelligente, ne avrebbe
approfittato. Sei comunque
il principe!”.
Rimasto solo, Keros si fissò il braccio
tatuato con un certo fastidio. Era davvero schifato da quei segni.
Ruotò gli
occhi, quando alla porta qualcuno bussò.
“Basta gente per oggi. Lasciatemi in
pace!” si lagnò e nella stanza entrò
una donna.
“Le camere del re sono al piano
superiore.
Avete sbagliato stanza” le disse, dopo averla inquadrata.
Lei rise, divertita.
“Voi siete il principe,
giusto?” chiese,
con voce dolce.
“Sì. Il principe
strambo…”.
“Allora non ho sbagliato
stanza”.
“Prego…?”.
“Sono un regalo. Da parte del
re”.
La donna scostò un velo semitrasparente
che portava attorno al collo. Keros rimase qualche istante in silenzio,
con
un’espressione da ebete.
“Rilassatevi, principe. E ditemi che
posso
fare voi”.
“Che cosa
dovrei… Cioè…”.
Il giovane tentò di formulare una frase
compiuta. Lei rise.
“Voi sapete che faccio nella vita,
immagino” sorrise la donna, allungando un braccio coperto da
morbidi veli “Sono
una Succubus, una demone del sesso. Nulla può imbarazzarmi.
Chiedete pure tutto
quel che volete”.
“Io…”.
Keros la osservò. Era così
bella e così
aggraziata! Fra i lunghi capelli portava perle e catenine
d’oro, intrecciate
fra i ciuffi di un’intricata pettinatura. Indossava una veste
composta da
diversi veli sovrapposti, di colori diversi, che andavano a creare
sfumature in
continuo movimento. Era scalza, ai piedi portava solo una cavigliera
collegata
all’alluce con una catena. Se ne stava ferma, con le gambe
leggermente
incrociate, come pronte per danzare.
“Qual è il vostro
nome?” riuscì infine a
chiedere il principe.
“Il mio nome?” si
stupì la donna.
“Sì. Dovete averlo un nome,
no?”.
“Certo. Mi chiamo Raija. Ora potete darmi
del tu, vi va?”.
Lui annuì, salutandola con un baciamano.
“Coraggio” incitò
lei “Come posso
soddisfarvi?”.
“Io… non lo so. Non ho
mai…”.
“Non è un problema. Lasciate
che vi faccia
rilassare un po’…”.
La donna invitò Keros a chiudere gli
occhi
ed iniziò a massaggiargli le spalle, complimentandosi per la
bellezza di quei
capelli rossi.
“Hai avuto tanti uomini,
Raija?”.
“Uomini, donne... È il
mio lavoro, principe”.
“Ma io come
potrei… insomma… Non sono capace
di…”.
“Il sesso è come scrivere.
Più si fa
pratica e meglio è. Ed io sarò lieta di
insegnarvi. Sono la migliore”.
Il principe arrossì. Lei
tentò di dargli
un bacio, ma lui la fermò. “Niente baci sulle
labbra, per favore”.
La demone obbedì e lo baciò
sul collo.
Keros sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
“Come siete teso, signore.
Rilassatevi…”.
Keros non riusciva proprio a sciogliere i
nervi. Continuava a pensare a quanto successo con Nasfer e la sua mente
vagava
altrove.
“Permettetemi di togliere un velo per
voi”
mormorò lei, spogliandosi di una delle stoffe che la copriva.
“Sei molto bella, Raija” ammise
il
giovane.
“Grazie. Ed adoro dare e ricevere
piacere.
Perciò lasciate che vi mostri quel che so fare”.
Il principe annuì, non sapendo che altro
fare. Era tutto così diverso… Quando si era
ritrovato ad osservare Lucifero in
determinate situazioni, lo aveva visto sicuro di sé,
perfettamente consapevole
di quel che voleva ottenere e come ottenerlo. Keros non pensava che
fosse così
difficile fare lo stesso. Era come impietrito, spaventato. E se lei poi
reagisse come Nasfer? Che doveva fare per non farsi attaccare?
La demone ignorava quei pensieri e con
mani esperte scopriva il petto di lui.
“Oh, giovane
principe…” disse, con tono
dispiaciuto “…che vi hanno fatto qui?”.
Prima passò un dito sulla ferita e poi,
lentamente, usò la lingua. Keros trattenne il fiato.
“Che buon sapore avete, mio
signore”
sussurrò Raija.
“Posso assaggiare il tuo?” si
ritrovò a
dire il ragazzo.
Lei non rispose. Scoprì il collo e
lasciò
che il demone vampiro vi affondasse i denti. Lanciò un
gemito e Keros lo trovò
molto eccitante. Era solo un assaggio, qualche sorso di prezioso
sangue, ma
quel poco gli bastò per annebbiare in parte il suo giudizio.
La morse di nuovo,
questa volta sulla spalla. Poi ne scoprì un seno e
lasciò il segno dei canini
anche su di esso.
“Ti faccio male?” si
preoccupò e lei
scosse la testa.
Un po’ impacciato, il giovane ne cinse la
vita, invitandola a danzare. Raija danzò e, ad ogni
piroetta, uno dei veli che
la copriva cadeva in terra e scivolava lungo la pelle della succubus.
L’ultimo
di essi, color del cielo, la donna lo usò per abbellire le
sue movenze. Lasciò
che ne accarezzasse la pelle e poi lo avvolse attorno al collo di
Keros, che lo
annusò.
“Vi piace il mio profumo?”
domandò lei “Lo
volete su di voi?”.
Il principe sorrise, ma bloccò la mano
di
lei che tentava di spogliarlo. Prima di lasciarla fare, spense le poche
candele
della camera. Raija ammise di non riuscire a vedere nulla.
“Sarà come un gioco”
le spiegò lui “Spero
ti piaccia…”.
In realtà, il giovane voleva celare i
tatuaggi ad occhi indiscreti. Non lo aveva mai fatto prima, ma quella
sera non
si sentiva a suo agio. La demone si lasciò trascinare a
letto e riuscì a capire
di trovarsi sopra al principe.
Lui rise, più per l’imbarazzo
che per
qualsiasi altra cosa.
“Sto cercando una cosa”
cantilenò lei,
tastando con le mani chi stava sotto di lei.
Keros intanto si godeva la nuova
sensazione che un seno nudo gli donava sulla pelle. Era piuttosto
piacevole il
tocco vellutato delle dita di lei, che scendevano sempre più
in basso e si
insinuavano fra stoffe e vesti. Lui
rimase immobile, chiudendo gli occhi. Come demone vampiro, era
perfettamente in
grado di vederla nel buio totale. Però non gli sembrava
giusto, così decise di
serrare le palpebre. Si lasciò sfuggire un gemito quando
lei, risollevando il
busto, permise al principe di penetrarla.
“Le piace come gioco?”
sussurrò la demone.
“Oh, sì!” gemette
lui.
“Sono brava?”.
Lui non rispose. Era sopraffatto dalle
sensazioni piacevoli che provava. Dal profumo e dal sapore di lei, dal
suo
muoversi ritmico e da quella voce. Quelle parole, che poi divennero
gemiti e
sospiri di piacere, cancellavano ogni altro pensiero. I denti da
vampiro si
mostrarono d’istinto, mentre gli artigli si piantavano fra le
lenzuola. E capì
per quale motivo Lucifero apprezzasse tanto quel gioco.
Ciao
a tutti! Il mio aggiornamento prima di Pasqua. Avevo in mente una scena
finale
ben più esplicita, ma avere la bambina sempre attaccata
peggio di un
koala… diciamo che smorza l’entusiasmo!
Cercherò di rimediare presto!