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Autore: SagaFrirry    07/04/2017    4 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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SOGNANDO

Parte seconda

 

 

Per qualche istante, Keros provò una sensazione nuova. Sentiva i suoi sensi appagati, soddisfatti. Ma subito dopo sopraggiunse qualcosa di molto diverso. Percepì dolore, bruciante dolore, e si sentì respingere in malo modo. Stordito, capì che Nasfer lo aveva colpito, ferendolo lungo il petto e sul braccio sinistro.

“Sei completamente impazzito?” ringhiò il giovane figlio di Alukah, sputando un paio di volte per terra “Ti sei bevuto i neuroni? Cosa pensavi di fare?!”.

Keros cercò di rispondere, ma riuscì solo a balbettare qualcosa, ancora confuso e dolorante.

“Tu…” riprese Nasfer “…tu sei figlio della meravigliosa Carmilla! Creatura che dopo secoli è ancora nei ricordi e nelle fantasie di molti. Tu… Sei figlio di colui che veniva descritto come il più bello degli angeli!”.

Il principe rimase in silenzio, consapevole del fatto che tutti lo credessero figlio di Lucifero.

“Ma tu… Come puoi avere tale genetica in corpo?!” la voce di Nasfer era decisamente infastidita “Tu… Coso strano! Come puoi essere stato concepito da simili creature?!”.

“Nasfer… io…”.

“E, soprattutto, pensavi davvero che un coso come te potesse avvicinarsi ad uno come me e restare impunito? Una roba con quei disegni assurdi addosso ed un ridicolo nome da femmina!”.

“Keros non è…”.

“Come speri di poter fare il tentatore? Non potresti farlo nemmeno fra un milione di anni!”.

“Io…”.

“Non posso credere che tu lo abbia fatto per davvero. Ma che pensavi? Che fossi gentile per un qualche motivo che andasse oltre l’interesse per il fatto che sei il principe e mi tocca obbedire? La sola idea che tu possa diventare re mi disgusta…”.

“Scusami”.

“Ed ora pure chiedi scusa? Che demonietto patetico che sei. Ma poi… Sei veramente un demone? Per me Carmilla ti ha trovato in qualche buco sperduto ed ha avuto pietà. Chissà che miserrima creatura era la tua genitrice. Gli altri demoni non fanno che ridere di te”.

Keros non sapeva che rispondere. Vide Nasfer agitarsi e ringhiare infastidito, e distolse lo sguardo. Non sapeva che fare. Si sentiva in imbarazzo, anche lui incapace di capire perché avesse compiuto un simile gesto. Il figlio di Alukah si allontanò, con fare deciso. Il principe girò gli occhi verso i cadaveri degli umani che erano stati la loro cena. Giacevano in terra, uno accanto all’altro. Con un sospiro, capì che era tempo pure per lui di rientrare, o avrebbe rischiato di ritrovarsi in qualche guaio.

 

Giunto a palazzo, Keros si affrettò a rinchiudersi nella sua stanza. Tolse l’abito che indossava, squarciato ed insanguinato, e tentò di darsi una sistemata. Passò ben poco tempo prima che un bussare deciso alla porta lo costringesse ad accelerare quel che stava facendo. Gettò gli abiti sotto al letto e si assicurò di aver ben coperta la ferita.

“Avanti… È aperto” esclamò poi.

Come immaginava, nella camera entrò il re, con un mezzo sorriso.

“Hai fatto tardi” gli disse.

“Mi ‘spiace. Io…”.

“Te lo facevo solo notare. Dove sei stato di bello? Ti sei divertito?”.

Keros raccontò a grandi linee quel che aveva fatto prima che tramontasse il sole. Lucifero intanto osservava gli oggetti che il principe aveva portato dal mondo umano.

“Cos’è questa roba?” si chiese, indossando uno dei cappelli con la piuma.

“Va di moda fra gli uomini” spiegò Keros “Viene considerato molto elegante”.

“Ah, queste manie moderne…”.

Il demone annusò le candele e le spezie.

“Quelle pensavo di distribuirle fra le donne del palazzo” spiegò il principe.

“Ma che bravo…”.

“Ed il libro è per te”.

“Per me?”.

Il re si stupì. Prese con cura il volume fra le dita ed iniziò a sfogliarlo con delicatezza.

“Sto lavorando per mantenere la promessa che ti feci tempo fa. Sto riscrivendo tutti i libri che ti ho rovinato da piccolo. Però quando ho visto quello, ho pensato che potesse piacerti”.

“Deve essere costato una fortuna”.

“Nulla che un principe non possa barattare…”.

“Ti ringrazio. Ma raccontami… com’é il mondo di sopra? Sarà almeno un secolo che non ci vado…”.

Keros iniziò a raccontare ma poi Lucifero lo fermò, con un gesto della mano. Annusando l’aria, il demone si voltò verso il ragazzo con aria interrogativa.

“Sento odore di sangue” disse.

“Sì. Mi sono nutrito…”.

“Sento odore di sangue non umano. Sei ferito? Sono stati gli angeli?”.

“Cosa? Gli angeli? Ma no!”.

“E allora cosa è successo?”.

Il principe tentò di non spiegare l’accaduto ma lo sguardo del re era potente e lo costrinse a svelare il nome di Nasfer.

“Ma non è stata colpa sua” si affrettò ad aggiungere.

“Certo…” sbottò il re, scettico “…ti ha ferito per sbaglio…”.

“È una storia lunga”.

Keros non aveva alcuna intenzione di scendere nei particolari ed abbozzò un sorriso. Lucifero alzò un sopracciglio e si fece silenzioso.

“E va bene…” disse infine il re, alzando le spalle “A ognuno i suoi segreti. Ti lascio riordinare le tue cose. E torno alle mie faccende. Sarai stanco”.

Il principe annuì, sbadigliando per finta.

“Buona notte…”.

Quando finalmente il demone fu uscito dalla stanza, il giovane tirò un sospiro di sollievo. Si lasciò cadere sull’ampio letto nero e lì rimase, incapace di dormire ma con nessuna voglia di fare altro.

 

Non sapeva dire quante ore erano trascorse. Era rimasto immobile, a fissare il soffitto affrescato. Fu la voce di Lilith a riportarlo alla realtà.

“Il re mi ha mandato a controllare la ferita” spiegò, entrando in camera.

“Il vecchio si preoccupa sempre troppo” rispose Keros, restando steso.

“È che non sei sceso per la colazione. Non è da te”.

“Ero stanco. E poi ieri mi sono nutrito parecchio”.

“Anche oggi andrai in giro con Nasfer?”.

“Non credo che lui voglia rivedermi di nuovo…”.

“Oh… Allora chissà perché è stato convocato d’urgenza”.

Il principe balzò a sedere di colpo, ripetendo l’ultima frase in tono interrogativo. Alla conferma di Lilith, lasciò le comode lenzuola del matrimoniale e abbandonò la stanza.

 

Si precipitò lungo le scale, ripide ed in pietra, e si ritrovò davanti alla porta segreta che si apriva sulla sala ricevimenti. Da lì il re raggiungeva gli alloggi privati e Keros sbirciò. Vide Nasfer inginocchiato e, poco più indietro, suo padre Alukah con sul volto un’espressione preoccupata.

“È solo un ragazzo, altezza” stava dicendo proprio Alukah e Lucifero lo fissava, accigliato.

Il principe cercò di capire qualcosa di più, ma si erano unite troppe voci confuse. Sul trono, Lucifero sembrava in collera. Al suo fianco, serio, stava Asmodeo. Era in piedi, con le braccia conserte dietro alla schiena. Sulla porta, molti curiosi si stavano radunando.

“Che succede qui?” ebbe finalmente il coraggio di dire Keros, entrando.

“Faccio rispettare le leggi del regno. Mi pare ovvio” gli rispose il re, senza voltarsi a guardarlo.

“Le leggi? Di cosa? Non sarà mica per la faccenda di ieri? Fatti gli affari tuoi! Ti ho già spiegato che non è stata colpa sua”.

“Keros… il mio compito è mantenere la disciplina in questo regno. Disciplina che si ottiene solo con il rispetto della gerarchia. Tu sei il principe e nessuno di rango inferiore deve osare toccarti”.

“Ma sono cazzi miei di chi mi tocca, dove e perché…”.

“Keros…”.

“Non è stata colpa di Nasfer. Se vuoi punire qualcuno, punisci me. Sono qui!”.

“A quello provvederò dopo, se proprio ci tieni”.

“Che cosa hai intenzione di fargli?”.

“Lo sai che la pena per simili atti sovversivi è la morte”.

Keros rise. “Scherzi, vero? Per un graffio?”.

“Non è la conseguenza da punire, bensì il gesto in sé”.

Il principe si avvicinò al trono, salendo sui pochi scalini che lo separavano da terra. Giunto dinnanzi al re, si chinò ed allungò la mano, sfiorandone il viso ed aprendo su esso un lieve graffio.

“Uccidimi” mormorò.

Lucifero si passò un dito sulla ferita, dalla quale era uscita una goccia di sangue, e se lo portò alla bocca.

“Ti prego. Lascia che d’ora in poi le mie faccende me le risolva da solo” continuò Keros “Lascia che ti dimostri che sono in grado di ottenere il giusto rispetto, senza che qualcuno lo pretenda per me”.

Il demone rimase in silenzio qualche istante.

“Alukah” chiamò poi, ed il vampiro alzò lo sguardo “Porta via tuo figlio. Insegnagli un po’ di disciplina, perché la prossima volta non sarò così clemente. Andatevene”.

Alukah si inchinò più volte e portò via Nasfer, che riuscì solo ad incrociare per qualche istante lo sguardo di Keros.  Il principe approfittò della confusione che seguì, fra proteste per chi sperava in un’esecuzione e chi lodava il re per la sua bontà, per tornare nelle sue stanze. Il re, reggendosi la testa con una mano, con il gomito poggiato al bracciolo del trono, alzò lo sguardo verso Asmodeo.

“L’adolescenza è una brutta età” parlò il capo delle guardie, intuendo i pensieri di Lucifero.

“Già. C’è chi fa scoppiare una guerra in Paradiso e tenta Eva e chi invece graffia il diavolo. Ad ognuno il suo… Ma lui è ancora un bambino”.

I due si fissarono e si scambiarono un sorriso.

“Sto invecchiando per queste cose…” concluse il re, facendosi portare da bere.

 

“Papà, non è stata colpa mia!” ripeteva Nasfer.

“Può anche essere colpa di Gesù Cristo, non me ne frega un cazzo!” lo rimproverò Alukah “Keros è il principe! Lo capisci? Qualsiasi cosa sia successa, qualsiasi ordine ti abbia dato o qualsiasi azione abbia commesso… Tu obbedisci e stai zitto! È così che funziona! Se hai voglia di soverchiare il potere, sappi che è una guerra persa in partenza. Nessuno può sconfiggere il re e mettersi contro suo figlio è la più grande stronzata che tu possa fare”.

“Ma che stai dicendo?!”.

“Mettiamola così… Se il principe, o il re, ti ordinano di toglierti i pantaloni e farti fottere, tu togli i pantaloni e ti fai fottere. Chiaro?!”.

“Ma perché?!”.

“Perché è così che vanno le cose!” sbraitò Alukah “Il re si trova in quella posizione perché ha sconfitto, e può sconfiggere, ogni singolo demone esistente. E forse pensi che il principe sia debole ma ti sbagli. Io lo percepisco. È più potente di te. Perciò smettila. E chiedi a Lilith di porgere le scuse a Keros da parte tua”.

Nasfer tentò di protestare, senza successo.

 

Dal canto suo, Keros credeva che la questione fosse chiusa ma purtroppo il re non gli dava tregua. Una volta raggiunto il ragazzo, iniziò a chiedere cosa fosse successo esattamente. E, soprattutto, perché il ragazzo non avesse reagito dinnanzi ad un attacco.

“Sei più forte di lui” gli stava dicendo “Perché non lo hai massacrato? Non aveva nemmeno un graffio!”.

“Sono affari miei” arricciò il naso il principe.

“Gli affari tuoi sono anche affari miei!”.

“Non necessariamente…”.

Lucifero si fece più assillante. Keros sospirò. Dopo un bel po’ di insistenza, il giovane si arrese e raccontò quanto successo. Il re rimase in silenzio, non aspettandosi una cosa simile.

“Non so cosa mi sia preso” ammise Keros, seduto sul letto “Finito di nutrirmi, mi sono sentito così strano… Era come un sogno. Provavo un desiderio assurdo. È normale?”.

“È del tutto normale” lo rassicurò Lucifero, serio “Capita a tutti”.

“Davvero?”.

“Certo. Solo che crescendo riesci a controllare quella sensazione ed incanalarla nella giusta direzione”.

“Nella giusta direzione?”.

“Sì. Magari picchiando qualcuno o scopando qualcuno di consenziente. Non sei più un bambino. Me ne accorgo, forse, un po’ tardi”.

“Capisco…”.

“C’è altro che vuoi chiedere?”.

“Non vorrai mica farmi discorsi stile api e fiori, vero?!”.

“Ti servono? No perché mi pare che le cose ti siano state mostrate in modo più che esplicito fin da bambino”.

Keros si lasciò sfuggire una risatina. Poi tornò serio. Il re stava di nuovo giocando con la piuma del cappello, che il principe aveva poggiato su una scrivania.

“Io sono veramente figlio di Carmilla?” chiese poi, volgendo lo sguardo altrove.

“Ovvio!” sbottò il re “Gli somigli tantissimo”.

“Davvero? Perché lei era bellissima…”.

“E tu forse non lo sei? Chi ti ha messo in testa certe idee? Quella rana di Nasfer?”.

“Oh, andiamo. Sono così strano”.

“Definisci il termine strano”.

“Non sono molto demoniaco, no? Dai, non fare finta di non capire!”.

“Bene. Definisci il termine demoniaco”.

“Mi sfotti? Io sono piccolo, con questi disegni orrendi e…”.

“Smettila. Ogni creatura che vive all’Inferno è unica ed irripetibile, particolare in qualche modo. Non permetto che tu ti senta inferiore a loro, non ne hai alcun motivo. Il corpo che hai è magnifico e devi avere rispetto di esso. Io un tempo ero il più bello degli angeli, vuoi che mi metta a fare i paragoni rispetto a ciò che sono ora? Ognuno di noi nasce in modo diverso, ognuno di noi ha cose belle e uniche. Quei disegni che porti sul corpo sono unici, sono magnifici. Tutto quel che tu sei è magnifico. Devi esserne fiero. E portarne rispetto”.

“Ma che parli a fare tu? Non hai mai avuto problemi del genere!”.

Lucifero lasciò trascorrere qualche istante. Poi si scosto un grosso ciuffo di capelli dagli occhi e distolse lo sguardo.

“Lascia che ti racconti una cosa” mormorò poi, tornando a fissare il principe.

Il giovane si stupì. Il demone gli mostrò la mano sinistra, su cui si notava un anello inciso a motivi intrecciati.

“Quando ero in cielo…” iniziò a raccontare il re “…ero il più bello ed il primo creato. Ma assieme a me era nata un’altra creatura. Sophia”.

“La parte femminile di Dio?”.

“Sì. Meravigliosa. Splendida. Perfetta. Ed io me ne innamorai. Al tempo non c’erano certo tanti precedenti, perciò non capii minimamente quel che mi stesse accadendo”.

“Che hai fatto allora?”.

“Ho parlato con mio padre. Non vedevo alternative. Al tempo mi era sembrata la cosa più giusta”.

“Uh, che cosa brutta…”.

“Già. Puoi immaginare la reazione. Mi sentii dire che provavo una cosa sbagliata, che dovevo pentirmi, che commettevo peccato e via dicendo. Ed io mi sono sentito davvero strano, fuori posto, colpevole…”.

“Ma lei…?”.

“Ovviamente, nonostante le ore passate a pentirmi, i sentimenti che provavo per lei non accennavano a mutare. Anzi! Si facevano più forti! Così decisi di confessarle tutto, anche perché per cercare di guarire da quello che mi sembrava una grave anomalia, eravamo stati separati. Rivedendola, ho capito che non era un peccato. Era amore, e non l’amore che gli angeli provano per Dio. E l’ho baciata”.

“Wow…”.

“Ci siamo regalati questi anelli come segno di legame eterno. E detti tante di quelle stronzate da far ribrezzo allo zucchero. Mi spingeva a rimanere fedele ai miei ideali, a lottare per ciò che volevo…”.

“Quindi eravate innamorati. E poi? Cosa è successo?”.

“Non lo so. So solo che io sono qua. E lei è rimasta in cielo”.

“Ti ha spinto ad iniziare la guerra contro Dio e poi non è rimasta al tuo fianco?”.

Lucifero alzò le spalle, con un mezzo sorriso. “Come vedi… tutti prima o poi hanno problemi simili”.

“Ma l’amore che cos’è?”.

“Un’utile sopravvalutazione di un semplice istinto necessario per la sopravvivenza della specie”.

“Eh?”.

“Lascia stare. Piuttosto, non farti troppe seghe mentali. Un giorno troverai la persona che ti accetta per quello che sei e che anche a te piacerà. Ma fino a quel momento… Fai pratica! E ricorda che amore e sesso sono due cose ben distinte. La prima è un casino. Concentrati sulla seconda”.

Keros fissò il demone con aria piuttosto confusa. Lucifero rise.

“Ora io devo tornare al lavoro, Keros. Che dici se domani andiamo a caccia?”.

“Davvero? Io e te da soli? Bello… Come mai?”.

“Per tirarti su il morale”.

Il principe annuì, mentre il re si avviava verso la porta.

“Ah… È vero che Keros è un nome da donna?” riuscì a chiedere il giovane.

“Per alcune tradizioni sì. Ma non per quella che ho scelto io. Si tratta di un nome ebraico che significa "curva di disonestà". Carino, no? Per i greci invece è il nome di un’isola e deriva dal nome di una divinità legata alla fertilità. Quel Nasfer dice un sacco di stronzate. Non darci troppo peso”.

“Non ci do peso..”.

“Nella vita incontrerai tante persone. Molte di esse le troverai insopportabili, alcune le apprezzerai, certe le vorrai uccidere ed altre le ucciderai per davvero. Fa tutto parte della vita. Vai avanti. Tutto scorre, mai sentito?”.

Keros annuì.

“Non hai fatto nulla di male” concluse il re, con un ghigno “Se era intelligente, ne avrebbe approfittato. Sei comunque il principe!”.

 

Rimasto solo, Keros si fissò il braccio tatuato con un certo fastidio. Era davvero schifato da quei segni. Ruotò gli occhi, quando alla porta qualcuno bussò.

“Basta gente per oggi. Lasciatemi in pace!” si lagnò e nella stanza entrò una donna.

“Le camere del re sono al piano superiore. Avete sbagliato stanza” le disse, dopo averla inquadrata.

Lei rise, divertita.

“Voi siete il principe, giusto?” chiese, con voce dolce.

“Sì. Il principe strambo…”.

“Allora non ho sbagliato stanza”.

“Prego…?”.

“Sono un regalo. Da parte del re”.

La donna scostò un velo semitrasparente che portava attorno al collo. Keros rimase qualche istante in silenzio, con un’espressione da ebete.

“Rilassatevi, principe. E ditemi che posso fare voi”.

“Che cosa dovrei… Cioè…”.

Il giovane tentò di formulare una frase compiuta. Lei rise.

“Voi sapete che faccio nella vita, immagino” sorrise la donna, allungando un braccio coperto da morbidi veli “Sono una Succubus, una demone del sesso. Nulla può imbarazzarmi. Chiedete pure tutto quel che volete”.

“Io…”.

Keros la osservò. Era così bella e così aggraziata! Fra i lunghi capelli portava perle e catenine d’oro, intrecciate fra i ciuffi di un’intricata pettinatura. Indossava una veste composta da diversi veli sovrapposti, di colori diversi, che andavano a creare sfumature in continuo movimento. Era scalza, ai piedi portava solo una cavigliera collegata all’alluce con una catena. Se ne stava ferma, con le gambe leggermente incrociate, come pronte per danzare.

“Qual è il vostro nome?” riuscì infine a chiedere il principe.

“Il mio nome?” si stupì la donna.

“Sì. Dovete averlo un nome, no?”.

“Certo. Mi chiamo Raija. Ora potete darmi del tu, vi va?”.

Lui annuì, salutandola con un baciamano.

“Coraggio” incitò lei “Come posso soddisfarvi?”.

“Io… non lo so. Non ho mai…”.

“Non è un problema. Lasciate che vi faccia rilassare un po’…”.

La donna invitò Keros a chiudere gli occhi ed iniziò a massaggiargli le spalle, complimentandosi per la bellezza di quei capelli rossi.

“Hai avuto tanti uomini, Raija?”.

“Uomini, donne... È il mio lavoro, principe”.

“Ma io come potrei… insomma… Non sono capace di…”.

“Il sesso è come scrivere. Più si fa pratica e meglio è. Ed io sarò lieta di insegnarvi. Sono la migliore”.

Il principe arrossì. Lei tentò di dargli un bacio, ma lui la fermò. “Niente baci sulle labbra, per favore”.

La demone obbedì e lo baciò sul collo. Keros sentì un brivido corrergli lungo la schiena.

“Come siete teso, signore. Rilassatevi…”.

Keros non riusciva proprio a sciogliere i nervi. Continuava a pensare a quanto successo con Nasfer e la sua mente vagava altrove.

“Permettetemi di togliere un velo per voi” mormorò lei, spogliandosi di una delle stoffe che la copriva.

“Sei molto bella, Raija” ammise il giovane.

“Grazie. Ed adoro dare e ricevere piacere. Perciò lasciate che vi mostri quel che so fare”.

Il principe annuì, non sapendo che altro fare. Era tutto così diverso… Quando si era ritrovato ad osservare Lucifero in determinate situazioni, lo aveva visto sicuro di sé, perfettamente consapevole di quel che voleva ottenere e come ottenerlo. Keros non pensava che fosse così difficile fare lo stesso. Era come impietrito, spaventato. E se lei poi reagisse come Nasfer? Che doveva fare per non farsi attaccare?

La demone ignorava quei pensieri e con mani esperte scopriva il petto di lui.

“Oh, giovane principe…” disse, con tono dispiaciuto “…che vi hanno fatto qui?”.

Prima passò un dito sulla ferita e poi, lentamente, usò la lingua. Keros trattenne il fiato.

“Che buon sapore avete, mio signore” sussurrò Raija.

“Posso assaggiare il tuo?” si ritrovò a dire il ragazzo.

Lei non rispose. Scoprì il collo e lasciò che il demone vampiro vi affondasse i denti. Lanciò un gemito e Keros lo trovò molto eccitante. Era solo un assaggio, qualche sorso di prezioso sangue, ma quel poco gli bastò per annebbiare in parte il suo giudizio. La morse di nuovo, questa volta sulla spalla. Poi ne scoprì un seno e lasciò il segno dei canini anche su di esso.

“Ti faccio male?” si preoccupò e lei scosse la testa.

Un po’ impacciato, il giovane ne cinse la vita, invitandola a danzare. Raija danzò e, ad ogni piroetta, uno dei veli che la copriva cadeva in terra e scivolava lungo la pelle della succubus. L’ultimo di essi, color del cielo, la donna lo usò per abbellire le sue movenze. Lasciò che ne accarezzasse la pelle e poi lo avvolse attorno al collo di Keros, che lo annusò.

“Vi piace il mio profumo?” domandò lei “Lo volete su di voi?”.

Il principe sorrise, ma bloccò la mano di lei che tentava di spogliarlo. Prima di lasciarla fare, spense le poche candele della camera. Raija ammise di non riuscire a vedere nulla.

“Sarà come un gioco” le spiegò lui “Spero ti piaccia…”.

In realtà, il giovane voleva celare i tatuaggi ad occhi indiscreti. Non lo aveva mai fatto prima, ma quella sera non si sentiva a suo agio. La demone si lasciò trascinare a letto e riuscì a capire di trovarsi sopra al principe.

Lui rise, più per l’imbarazzo che per qualsiasi altra cosa.

“Sto cercando una cosa” cantilenò lei, tastando con le mani chi stava sotto di lei.

Keros intanto si godeva la nuova sensazione che un seno nudo gli donava sulla pelle. Era piuttosto piacevole il tocco vellutato delle dita di lei, che scendevano sempre più in basso e si insinuavano fra stoffe e vesti.  Lui rimase immobile, chiudendo gli occhi. Come demone vampiro, era perfettamente in grado di vederla nel buio totale. Però non gli sembrava giusto, così decise di serrare le palpebre. Si lasciò sfuggire un gemito quando lei, risollevando il busto, permise al principe di penetrarla.

“Le piace come gioco?” sussurrò la demone.

“Oh, sì!” gemette lui.

“Sono brava?”.

Lui non rispose. Era sopraffatto dalle sensazioni piacevoli che provava. Dal profumo e dal sapore di lei, dal suo muoversi ritmico e da quella voce. Quelle parole, che poi divennero gemiti e sospiri di piacere, cancellavano ogni altro pensiero. I denti da vampiro si mostrarono d’istinto, mentre gli artigli si piantavano fra le lenzuola. E capì per quale motivo Lucifero apprezzasse tanto quel gioco.

 

Ciao a tutti! Il mio aggiornamento prima di Pasqua. Avevo in mente una scena finale ben più esplicita, ma avere la bambina sempre attaccata peggio di un koala… diciamo che smorza l’entusiasmo! Cercherò di rimediare presto!

   
 
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