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Autore: Orunida    07/04/2017    0 recensioni
Questa è la storia di un paese, delle sue tradizioni secolari, è un racconto di vecchie abitudini, di vicende quotidiane e di amori. Lidia è una ragazza qualunque che trascorre ogni estate al paese in compagnia della sua vecchia e saggia nonna. Ma c'è un evento che spezza la monotonia del luogo, un vecchio rito estivo che profuma di magia e che farà conoscere a Lidia qualcuno di veramente speciale ...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inna, camera di Edi, 1/08/2006, dopo il tramonto


<<  Lidia, cazzo, ma vuoi svegliarti ? Quello non ti parla da un secolo e tu gli chiedi se viene qua ? Questa non la dovevi fare! Gli stai sbavando alla grande e ai ragazzi, specialmente ai tipi come lui, non piacciono questi atteggiamenti. Non ti si filerà mai quest’estate …  >>
Lidia stava, buttata, sulla sedia all’angolo della camera, girandosi fra le dita una collanina dell’amica e guardava, ogni tanto e senza troppo coinvolgimento, Edi che nel mentre era intenta a truccarsi in modo esagerato e a contemplarsi  nel suo rilucente specchio a parete tappezzato di brillantini, attaccati da lei stessa in un pomeriggio di noia.

Ai piedi della sedia la valigia dell’amica, leggermente aperta era ancora traboccante di vestiti.  Lidia vide Edi voltarsi di scatto e con fare intimidatorio rivolgerle il pennello del trucco in direzione della sua testa, mirandola alla fronte.
<<  Insomma Lì dimmi che ti è passato per la testa o questo pennello te lo faccio passare attraverso …!  >>
Uno sbuffo uscì dalle labbra di Lidia come un afflato di dolore e pentimento per aver rivelato all’amica quello che aveva fatto.
<<  Senti io, io non so che mi è preso … Insomma è vero che fra me e lui non c’è mai stato niente ma ci siamo scambiati i numeri l’anno scorso e per un periodo mi ha scritto, pensavo che insomma … Un minimo d’interesse ci fosse. E poi non riesco a levarmelo dalla testa, mi sono tormentata un anno intero per quella sera che … Dai ti ricordi . >>
Edi scoppiò in una risata .
<< Ah sì, quella volta che ti ha chiesto di annusarti !! >>

Lidia arrossì e le lanciò uno sguardo di sfida ma poi cedette alla risata contagiosa e quasi pianse per quegli scoppi travolgenti di ilarità.  Edi nel suo vestitino nero succinto le si avvicinò e con fare seducente, ma velando lo scherno, le sussurrò in un orecchio : “ voglio sentire il profumo dei tuoi capelli …”


In un attimo Lidia tornò lì ; l’odore dell’erba la inebriò, il rumore del fiume in lontananza unito ai suoi passi, quelli di F. accanto a lei, su quel viottolo sterrato di campagna, per sbaglio si erano trovati lì, o forse no. Ricordò il muretto vicino al grande faggio e lo stridio incontrastato delle cicale dietro di loro. Rivide il suo viso paonazzo mentre lui si passava la mano fra i capelli neri e setosi e si voltò di nuovo a guardare la sua mano tremare quando impercettibilmente sfiorò quella di lui. Sentì ancora il suo sguardo penetrante venirle incontro quando lei teneva gli occhi chiusi per non cedere alle sue labbra che fremevano dal desiderio. Provò di nuovo la sensazione del suo fiato caldo sul collo, dell’orecchino di F. che le sfiorava i capelli e di quella voce così piena, eccitante, roca e adulatrice …

<<  Se vabbè ciao Lidia, stai di nuovo in trance mistico ? >>
Urlò Edi tirandole una ciocca di capelli.
<<  AHIA ! Ma sei impazzita ? Ero sovrappensiero .. !  >> tuonò Lidia strofinandosi la cute dolorante.
<<  Senti tesoro, adesso tu ti levi queste … Cose …  >> Edi indicò disgustata il jeans sdrucito dell’amica,  sul quale aveva abbinato male una canottiera giallo ocra.
<<  … E ti metti uno dei tanti vestiti che ho portato, anche in previsione del tuo vestiario da nonna, poi usciamo e, senza andare nel mondo dei sogni come al tuo solito, vediamo cosa succede con il tuo amico dal “naso lungo”, se c’è, altrimenti ce la spassiamo, okay ?  >>
Lidia mosse la testa in su e in giù, in segno di assenso; era abituata ormai al carattere senza freni di Edi, ma sicuramente senza di lei non sarebbe neppure uscita di casa. Si sentiva stupida e aveva molta paura di incontrare F. quella sera e di non avere parole neppure per salutarlo. Avrebbe voluto sotterrarsi in quel momento.

Si sentì arrivare addosso un vestito, lo raccolse e lo osservò : era un abitino di seta non troppo corto, di un rosso porpora sfrenato, con uno scollo a V molto profondo e delle spalline dai ricami sottili e delicati. Le piaceva, nonostante per lei fosse già molto vistoso. Non amava essere guardata, preferiva usare vestiti che non le risaltassero le poche forme che aveva.

Edi aveva solo un anno in più di lei ma il suo seno abbondava e i suoi fianchi erano accentuati e gloriosi come quelli delle statue greche che Lidia studiava a scuola. Talvolta la guardava con un’ammirazione mista ad invidia, perché tutti i ragazzi di Inna – e non solo –  le sbavavano dietro mentre Lidia, nel suo corpo così magro e fragile, sentiva di essere poco attraente per il genere maschile.  A lei piacevano solo le sue gambe, che anche Edi diceva sempre di invidiarle, così lunghe, dritte, tornite e forti.

<<  Allora ? Ci diamo una mossa ?  >> Tuonò Edi seduta sul suo letto, guardandosi le unghie affilate, mentre aspettava che l’amica uscisse dal bagno.
Lidia aprì la porta piano, aveva i capelli raccolti e alcune ciocche  le ricadevano sulle spalle, sfiorandole appena, il vestito le era come cucito addosso; il piccolo seno si affacciava dallo scollo con i suoi acerbi lineamenti punteggiati da seducenti nei sparsi qua e là, le sottili ed esili braccia le ricadevano sui fianchi un po’ sporgenti fino a lasciar spazio a quelle gambe così lunghe e bronzee risaltate da uno strepitoso paio di décolleté nero fornito, ovviamente, da Edi.

<<  Come sto ?  >> Chiese guardandola incerta.
<<  Mi sa che stasera lo stendi . >>
Il rossetto fu l’ultima mossa prima di uscire, poi si incamminarono per le vie acciottolate del paese. Edi camminava sicura, Lidia un po’ meno.

Inna, quella stessa sera, la Piazza.


La piazza in lontananza era già affollata, le luminarie per strada coronavano le pareti delle case di colori al neon, qualcuno stava già suonando una chitarra nei pressi del monumento di fronte al bar dal quale entravano ed uscivano fiumane di ragazzi con qualcosa da bere in mano.  Edi e Lidia intravidero subito Ginevra che le aspettava nel solito ritrovo, l’angolo fra il bar e la scuola dove a volte i ragazzi giocavano a calcetto, anche lei era molto bella, indossava un vestito azzurro come i suoi occhi di ghiaccio e le chiamava da lontano con la mano.

Accanto a lei c’era Gregorio, uno dei loro più cari amici, un ragazzo dal viso tondo, gli occhi sorridenti, i capelli ricci e la parlantina.
Gregorio soffocò Lidia, che non aveva ancora visto, con un abbraccio caloroso, facendo completamente eclissare il saluto di Ginevra, la quale si spostò in silenzio accanto a lei.

<<  Allora Lidia ! Che cosa mi racconti eh ? tu che stai qui da più tempo di noi saprai certamente qualche pettegolezzo in più su questi ultimi mesi … Nuove coppie ? La parrucchiera poi è andata a vivere dal macellaio ? E tua nonna come sta ? Sarà sicuramente sempre molto in forma, me la immagino già. Ma perché non rispondi al telefono ? Ti ho chiamata cinque volte oggi e niente, sei sempre la solita che se la tira eh Lidia …  >>

Lidia cominciò a balbettare cercando di memorizzare tutte le domande di Gregorio quando, senza preavviso,  le arrivò dritta nel fianco, una gomitata. Così si girò verso Ginevra che, con occhi allarmati e cenni della testa alquanto visibili, le intimava di guardare oltre la spalla di Edi, proprio davanti a lei.

E in effetti, non molto lontano, appoggiato con un braccio alla ringhiera della scalinata della piazza, c’era lui.

Lidia si immobilizzò, come una cariatide e lo osservò parlare animatamente con uno dei suoi amici ; F. aveva un paio di pantaloni neri e una camicia bianca un po’ aperta sul petto, i capelli corti neri a spazzola, decisamente spettinati, teneva una mano in tasca che puntualmente estraeva nei momenti in cui doveva gesticolare, l’orecchino gli brillò per un secondo  colpito da un raggio improvviso di una delle luminarie. Alzò il braccio per sistemarsi i capelli e in quell’esatto momento si voltò, passando in rassegna le persone che aveva intorno. I suoi occhi scuri, a mandorla, leggermente socchiusi le avevano sempre dato l’idea che F. fosse un tipo misterioso, imperscrutabile, incredibilmente attraente. Gli occhi grandi e dolci di Lidia si scontrarono per un secondo con i suoi. Lei non pensò più a niente, era svuotata, la sua anima un immenso oceano prosciugato, di sabbia e sassi , pronto ad accogliere fortissime ondate di emozioni dopo una grande siccità. Gli occhi di F. erano quel cielo da cui voleva essere inondata.

Così per un attimo le labbra di Lidia si contrassero e divennero un ampio e luminoso sorriso, la sua mano si sollevò involontariamente e accennò un saluto.

F. però non le concesse un minimo sguardo, ma tornò di nuovo a parlare con il suo amico e la visione dei suoi occhi sparì lasciando Lidia indolenzita, come assuefatta da un fumo tossico.

<<  Ehi … Tutto bene ?  >> le sussurrò Ginevra.
Edi rimase in silenzio guardando Lidia che se ne stava ancora impalata, con la bocca aperta.
<<  No …  >>

Lidia camminò piano, fino all’inizio della piazza, con le amiche al suo seguito. Poi con gesto repentino, assicurandosi che nessuno la vedesse in volto, si accovacciò, si tolse i tacchi e cominciò a correre, fino a casa.

F. vide una scia di colore rosso illuminare, come una cometa ardente, la strada di fronte ai suoi occhi.
   
 
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