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Autore: Warlock_Vampire    08/04/2017    2 recensioni
"Io, che ho conosciuto molto presto cosa fossero dolore e odio e che solo dopo molto tempo ho compreso l'amore; io, che ho imparato ad uccidere prima ancora di saper vivere; io, che ho vissuto per secoli nella profonda convinzione che ognuno può ottenere ciò che vuole, sempre e comunque, sacrificando tutto, se necessario; dopo così tanto ho davvero bisogno di mettere nero su bianco i fatti."
In queste memorie Katherine Pierce si racconta, dalla sua fragile umanità alla trasformazione in Vampiro, ripercorrendo tutte le tappe più significative della sua lunga esistenza.
AVVERTENZA: La lettura di questa storia è un contributo, una spin off, di The last challenge (il nostro crossover). Pertanto, consigliamo la lettura di The last challenge, anche se non è essenziale.
Inoltre, essendo la "nostra" Katherine, le vicende in cui è coinvolta sono frutto dell'immaginazione degli autori e nulla hanno a che vedere con la Katherine di The Vampire Diaries, pur ricalcandone l'aspetto e il carattere.
Precisato questo, buona lettura!
Genere: Azione, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elijah, Katherine Pierce, Klaus, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#pazzisgoingtokillus ...detto questo, buona lettura!

Firenze, 1478
 
Io e Rose arrivammo a Firenze nel 1472, quando la città era già sotto il controllo di Lorenzo De’ Medici, poi chiamato Il Magnifico. Abbiamo girato per qualche tempo in Europa dopo la trasformazione di Rose, un po’ perché volevo che lei si abituasse alla sua nuova natura, un po’ perché le settimane di clausura in quella bettola di Vienna mi avevano esaurita e avevo bisogno di cambiare aria, vedere posti nuovi, godermi la vita insomma.
Avevamo sentito dire che Firenze sotto i Medici era fiorita e così ci recammo lì nel 1472. Sono passati un po’ di anni da allora, ma resta il periodo più bello della mia vita quello vissuto a Firenze. Perlomeno finora.
Ci stabilimmo presso una ricca famiglia della città, com’è ovvio, ma ben presto cambiammo residenza e ci spostammo dai Medici. Il motivo? Molto semplice. Ebbi l’occasione di conoscere Lorenzo e suo fratello Giuliano ad un ricevimento e da lì poi ad altri che seguirono, danzai e conversai con lui e finii col diventare sua ospite. Rose naturalmente mi seguì.
Lorenzo era bello e incredibilmente intelligente e acculturato, nonché un ottimo stratega politico. I numerosi tentativi nemici di sovvertire il suo governo sulla Repubblica non lo aveva piegato e continuava mirabilmente ad amministrare i suoi possedimenti.
Amava le arti, scriveva versi,… aveva un’anima romantica, nonostante il suo infausto matrimonio con una donna che non amava e che non avrebbe mai saputo comprendere la sua grandezza o anche solo apprezzare la vastità del suo sapere.
Si vociferò sull’arrivo a Palazzo Medici di Rose e me, ma Lorenzo non diede adito a scandali pubblici e seppe mantenere segreto il nostro rapporto. Forse anche per questo nostro “trasgredire le regole” fu molto divertente sin dall’inizio.
Quando dovetti andarmene con Rose da Firenze, fu un dolore indicibile che mi portò quasi a pensare che forse spegnere le mie emozioni avrebbe potuto curare il mio animo ferito. Ma avevo Rose e avevo gli insegnamenti di Nikolaj, che decenni prima mi aveva messa in guardia dallo spegnere le proprie emozioni. “Essere fuori controllo è il primo passo per divenire facili prede”, diceva.
Lasciai la città e il mio adorato Lorenzo il 26 aprile 1478, a seguito della Congiura che portò alla morte di Giuliano, suo fratello.
Quella mattina mi svegliai al fruscio delle coperte del letto di Lorenzo, che si era appena alzato e che se ne stava mezzo nudo in fondo alla stanza, bevendo a piccoli sorsi un bicchier d’acqua. I nostri occhi si incrociarono e gli sorrisi.
«Dovresti alzarti, pigrona» mi redarguì scherzoso, «abbiamo la messa a Santa Maria».
«Preferisco stare qui, se questo significa che potrò continuare a guardarti, così… a torso nudo» replicai, mordendomi le labbra per soffocare un sorriso.
Lorenzo scosse la testa e si scolò il bicchiere, poi andò alla finestra e rimase a guardare per un po’ la città di fuori. Una volta voltatosi di nuovo verso di me, disse:
«Sei bellissima, Katerina».
«Adulatore» ribattei.
«Vuoi dell’acqua anche tu?» mi domandò poi, dirigendosi nuovamente verso il basso tavolino che ospitava le bevande. Non attese una mia risposta e mi riempì un bicchier d’acqua.
Io lo guardavo muoversi, rapita dai suoi movimenti sinuosi, dal contrarsi quasi distratto dei suoi muscoli. Sarebbe potuto essere un predatore, un Vampiro eccezionale; ma a Lorenzo piaceva la sua umanità, l’idea del trascorrere del tempo. Me lo aveva detto molte volte e io avevo ormai deciso di rispettare le sue scelte.
Sì, lui sapeva che io e Rose eravamo delle Vampire. Inizialmente lo avevo soggiogato perché non ne fosse spaventato, ma lui era semplicemente interessato alla cosa, non la temeva. Aveva voluto sapere tutto di me e mi aveva concesso di bere il suo sangue in molteplici occasioni. Non so se lo facesse perché temeva che avrei ucciso l’intero Palazzo o perché era un gesto così intimo e di fiducia, da consolidare ancora di più il nostro rapporto.
«Mia signora» disse col suo solito tono scherzoso, porgendomi il bicchiere pieno.
«Vi ringrazio, mio signore» risposi, reggendo il gioco.
«Effettivamente, i ruoli dovrebbero essere opposti. Dopotutto sono io che governo Firenze» rifletté a voce alta Lorenzo.
Bevvi l’acqua e poi mi alzai dal letto, incurante della mia completa nudità, raggiunsi Lorenzo che era di nuovo alla finestra e lo strinsi a me.  I suoi occhi color del ghiaccio bruciavano ardenti di desiderio e mi baciò.
Facemmo l’amore un’altra volta, prima che Lorenzo si decidesse a rivestirsi e prepararsi per la messa a Santa Maria del Fiore col cardinale.
Io tornai nelle mie stanze per rivestirmi a mia volta, e poi attesi con Rose che tutta la famiglia fosse pronta per andare alla cattedrale.
Non immaginavo nemmeno del pandemonio che sarebbe scoppiato di lì a poco.
 
Giungemmo alla cattedrale già gremita di fedeli di tutte le classi sociali e prendemmo posto tra i primi banchi, che erano per convenzione riservati ai Medici e alle altre famiglie della Signoria.
Il cardinal Riaro Sansoni iniziò la messa. L’ultima funzione a cui avevo assistito era in greco, nel Regno Bulgaro; questa invece era in latino e non capivo molto, ma ciò non era della minima importanza per me, che non ero mai stata molto credente nemmeno da umana.
Tutto fu nella norma fino all’omelia. Quando Sansoni si mosse verso il pulpito, scoppiò quel putiferio di cui ho accennato prima.
Uomini sguainarono spade e pugnali e, prima che qualcuno potesse fare qualcosa, si avventarono su Giuliano de’ Medici e lo uccisero senza pietà. Il loro secondo obiettivo era proprio Lorenzo, ma i suoi fedelissimi erano ormai pronti a reagire e ingaggiarono una lotta furiosa contro i congiurati.
Tra urla e schiamazzi l’assemblea di sciolse, il cardinale fu portato via e nella cattedrale non rimasero che le fazioni dei Medici e dei Pazzi, a combattere duramente per il controllo di Firenze. Anche le donne erano fuggite, tutte meno che Rose e me.
Il mio pensiero era tutto per Lorenzo. Così ordinai perentoriamente a Rose di mettersi in salvo da qualche parte dove poi l’avrei raggiunta; lei ubbidì, correndo fuori dalla chiesa e lasciandomi sola. A quel punto mi gettai nella mischia per cercare Lorenzo.
Lo vidi combattere, vicino all’altare maggiore, aiutato da alcuni dei suoi. Fu ferito alla spalla e tentennò per un momento, preda del dolore. I suoi movimenti con la spada si fecero più lenti. Era diventato un bersaglio facile.
Scansai un po’ di soldati, senza sapere se fossero coi Medici o contro di loro, e corsi da Lorenzo. Sarebbe morto in quel momento, se un giovane non si fosse frapposto tra lui e la spada di uno dei traditori della Signoria, sacrificandosi per lui.
Lo avevo raggiunto ormai, non senza fatica, e dopo quello che avevo visto, avevo proprio bisogno di sfogare il mio raptus omicida. Mi avventai sul soldato che aveva tentato di uccidere Lorenzo, gli azzannai il collo e, una volta nutritami, gli strappai il cuore dal petto e con uno schiaffo a velocità vampiro gli staccai la testa, che volò sull’altare.
Senza guardare in faccia nessuno, col bel vestito, che Lorenzo mi aveva segretamente regalato qualche tempo prima, sporco di sangue, presi Lorenzo per mano e corsi fuori dalla chiesa, consapevole del fatto che tutti lì dentro avevano visto ciò che avevo fatto.
Una volta fuori, individuai Rose all’angolo di una via e la raggiunsi, Lorenzo al seguito.
Gli diedi il mio sangue per curare la ferita alla spalla e poi tornammo al Palazzo dei Medici.
«Ma sei pazza, Katerina?! Ti hanno vista tutti in chiesa» esordì Lorenzo una volta raggiunto il salone d’ingresso.
«Lo so. Dovrò andarmene adesso» replicai, quasi incapace di guardare il mio adorato Lorenzo negli occhi.
«Cosa? No, Kat… non puoi andare via. Io ti amo» mi pregò Lorenzo, facendosi più vicino e prendendomi le mani nelle sue. Le mie mani, che ancora erano rosse del sangue del nemico.
«Metterei in pericolo la mia vita e la tua, se restassi. Per non parlare della tua carriera. Alla Chiesa già non piace la tua famiglia, cosa succederebbe se si sapesse che il Gonfaloniere ha una relazione clandestina con una Vampira? Verresti accusato di eresia…».
Lorenzo tacque, riflettendo sulle mie parole. Ma non c’era proprio niente su cui riflettere; non c’erano alternative per me e Rose. Sapevo che prima o poi avrei dovuto lasciarlo, anche se mi aspettavo un addio diverso per noi. Eppure non avevo potuto resistere, ero dovuta intervenire per salvarlo.
«Katerina» mi richiamò Rose, della cui presenza mi ero quasi completamente dimenticata, «non abbiamo molto tempo».
«Va’, Rose. Prepara i bagagli. Ti raggiungo subito» le ordinai.
Tornai poi a guardare Lorenzo e gli presi il volto tra le mani, baciandolo con passione. Lui mi strinse a sé per quella che sarebbe stata l’ultima volta e per l’ultima volta fissai lo sguardo nei suoi occhi color del ghiaccio, che mai avrei dimenticato.
«Non dimenticarti di me» disse lui.
«Mai» risposi.
Poi lo lasciai andare, mi voltai e corsi verso le mie stanze, senza mai voltarmi indietro.
Era tempo per me e Rose di ricominciare daccapo, di trovare una nuova casa.



In questo capitolo, il bel Torrance Coombs nei panni di Lorenzo de' Medici

  
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