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Autore: lady lina 77    08/04/2017    0 recensioni
Seguito di Without you. Un anno dopo la nascita di Isabella-Rose, Ross e Demelza vivono una vita serena e felice a Nampara, insieme ai loro tre figli. Ma il destino si sa, è malefico. E un incidente scombinerà di nuovo le carte, facendoli precipitare in un tunnel di dolore, incertezza e difficoltà.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella mattina aveva lasciato Bella, ancora addormentata, alle cure di Prudie e Jud e aveva accompagnato di persona Jeremy e Clowance a scuola.

Il cielo era plumbeo, faceva freddo e sembrava che dovesse iniziare a nevicare da un momento all'altro. Il vento gelido sferzava i loro visi e Demelza strinse a se i due bambini, coperti da pesanti mantelline.

"Era meglio se oggi non ci portavi a scuola, mamma! Sai che potrei ammalarmi tantissimo?" - sbottò Clowance, che si stava facendo trascinare, come al solito per niente felice di sedersi dietro a un banco.

Jeremy ridacchiò. "Dice così perché non sa ancora scrivere il suo nome, mamma! E' una somara".

"STA ZITTO!" - urlò la bimba, liberandosi dall'abbraccio della madre per correre a picchiare il fratello.

"Ora basta!". La voce di Demelza, acuta e perentoria, pose fine a ogni discussione. "Clowance, se non vai a scuola, non imparerai mai niente!" - disse, rivolta alla figlia, prima di voltarsi verso Jeremy. "E tu smettila di prendere in giro tua sorella! E' ancora piccola e ha tutto il tempo per diventare una bravissima scolara".

Clowance sbuffò. "Ma io non voglio diventare una brava scolara, io voglio stare a casa con te e con Bella! Perché lei non va a scuola?".

Jeremy le fece la linguaccia. "Vedi che sei una somara e non capisci le cose? Lei ha un anno, come fa ad andare a scuola?".

Demelza si morse il labbro. Quella mattina la sua pazienza sembrava svanita chissà dove e il suo umore era pessimo. Odiava il lavoro che Ross avrebbe svolto alla miniera quel giorno, era preoccupata e allo stesso tempo arrabbiata con lui e con la sua imprudenza. Era un lato del carattere di suo marito che non sarebbe cambiato mai. Per quanto la amasse, per quanto venerasse i suoi figli, aveva comunque bisogno di vivere esperienze forti e oltre il limite del pericolo. Non importava quanto lei si preoccupasse, quanto rischiasse di perdere se qualcosa non fosse andato per il verso giusto, da quel punto di vista Ross non sarebbe cambiato mai. Certo, non lo voleva pantofolaio e statico a casa, però avrebbe voluto che ogni tanto, per amor suo, si frenasse un po' dal lanciarsi in attività così pericolose.

Fu proprio mentre era persa in quei pensieri così foschi, che vide Zachy venirle incontro, a cavallo. Sentì contorcersi lo stomaco alla sua vista e risvegliarsi in lei le sue più profonde paure? Che ci faceva lì uno dei minatori più valenti della Wheal Grace? Perché non era in miniera con Ross, a terminare il lavoro che avevano iniziato quella mattina all'alba? Perchè non era al suo posto di lavoro, accanto a suo marito?

"Signora Poldark!" - disse l'uomo appena le fu davanti, fermando il cavallo – "Stavo giusto venendo a Nampara".

Demelza lo guardò. Era coperto di fango e polvere fino alla punta dei capelli, il suo sguardo era stanco e sconvolto nonostante fosse solo mattina e no, non era affatto normale che stesse venendo a casa sua. "A Nampara? Perché?" - chiese, stringendo a se i figli in un gesto istintivo.

Zachy deglutì, abbassando il viso, in evidente difficoltà. "Ecco...".

"Cosa? Zachy, che è successo?" - chiese Demelza, sbottando e alzando il tono di voce.

L'uomo abbassò lo sguardo. "Signora, c'è stato un grave incidente e il signor Poldark... Ross...".

Sentì il fiato venirle meno, strinse a se le manine dei suoi due bambini che la guardavano smarriti e spaventati e poi non lo lasciò nemmeno finire di parlare. Corse come una pazza, trascinandosi dietro i suoi figli, diretta alla Wheal Grace, con lo stesso terrore nel cuore di quattro anni prima quando aveva rivisto Ross privo di sensi, in una trafficata strada di Londra, dopo il suo incidente a cavallo.

Non poteva essere, non di nuovo! Pregò Dio, pregò tutti gli angeli del cielo, pregò lo spirito di sua madre e quelli di Joshua e Grace, i genitori di Ross, che non si fosse fatto nulla di grave, che niente glielo avrebbe strappato di nuovo. Non avrebbe potuto sopportarlo, non ora che erano tanto felici insieme, che avevano ricostruito la loro famiglia e spazzato via ogni fantasma del passato, non ora che aveva tre figli che lo adoravano e idolatravano...

Non ora che lui era felice e sereno e aveva trovato il suo posto nel mondo e il suo posto nel mondo erano lei e i bambini...

Non sapeva cosa si fosse fatto, non ne aveva idea. Sapeva solo che doveva correre alla miniera, subito! E anche se si stava comportando irrazionalmente, anche se sapeva di spaventare i suoi figli, non poteva fare altro che precipitarsi da lui per scoprire cosa gli fosse successo.

Quando giunse alla Wheal Grace, un capannello di minatori coperti di fango era radunato davanti all'ingresso della miniera.

Appena la vide, il capitano Henshawe le corse incontro. Il suo sguardo era grave, colmo di preoccupazione e dolore e Demelza sentì le viscere rivoltarglisi dentro. "Cos'è successo?" - chiese, avventandosi contro di lui e prendendolo per il bavero. "Dov'è Ross? Dov'è???".

Henshawe le prese le mani, stringendole delicatamente fra le sue. "Signora Poldark, c'è stato un incidente durante l'esplosione della carica di dinamite. Uno di quegli effetti collaterali non calcolati che possono capitare, nel nostro lavoro".

Dinamite, effetti collaterali... Non ci capiva niente, non voleva capire niente!!! La vista le si oscurò e i suoi occhi si inumidirono, mentre sentiva la presa delle mani dei suoi due bambini farsi più forte, sulla sua gonna. "Dov'è Ross?" - chiese ancora, con un filo di voce.

Henshawe guardò verso l'imbocco della miniera con fare sconfitto. "Laggiù, da qualche parte. Lo stiamo cercando... Una parete è crollata e lui è caduto in un cunicolo sottostante, insieme a massi e calcinacci. Non sarebbe dovuto succedere...".

"Voglio andare da lui!" - disse Demelza, disperata, quasi straparlando.

Zachy, giunto alle sue spalle, la prese per il braccio. "Signora Poldark, ci sono già uomini valenti e vigorosi laggiù, che lo stanno cercando. E' meglio che stiate qui, al sicuro. Ross non vorrebbe che voi...".

"E' MIO MARITO!" - urlò. Che ne sapevano loro? Era suo marito quello intrappolato laggiù, probabilmente ferito o forse... Beh, non voleva pensarci! Sapeva solo che doveva andare da lui, cercarlo, salvarlo e picchiarlo per la sua avventatezza. O piangerlo... Cosa ne sapevano quegli uomini di cosa stesse provando in quel momento? Cosa ne sapevano dell'amore che la legava a lui? Cosa ne sapevano di come il suo cuore si spezzasse all'idea che poteva averlo perso per sempre? Quel suo uomo così testardo, a volte scorbutico, appassionato, dolce e sensibile... Come potevano fermarla? "Io vado da lui!" - gridò, cercando nuovamente di svincolarsi dalla stretta di Zachy. Conosceva quelle miniere, sapeva com'erano i cunicoli, una notte d'estate di alcuni anni prima in cui non riuscivano a dormire per il caldo, lei e Ross ci erano stati durante una cavalcata notturna.


"E' sempre così buio quaggiù?"

Ross rise. "Usiamo torce e lanterne, di solito".

Rispose al suo sorriso. "Sai, siamo nel cuore della terra, soli, lontani da tutto. Ma con te credo di non aver paura da nessuna parte, nemmeno qui, nel buco di una miniera".


Pianse a quel ricordo così dolce, intimo, solo loro. Rivoleva Ross, voleva sapere come stava, se era vivo o ferito, se aveva bisogno di lei. "Per favore..." - implorò.

Zachy ed Henshawe scossero la testa. "Signora Poldark, fatelo per i vostri bambini, se non volete farlo per voi stessa" – le disse infine il capitano, indicandole i due bimbi accanto a lei, pallidi e spaventati.

Demelza si morse il labbro. Odiava il senso di quella frase e l'aveva inteso benissimo. Non le stavano chiedendo di non andare per tranquillizzare Clowance e Jeremy, la stavano implorando di non rischiare di renderli orfani anche della loro madre. Davano Ross per morto! Quegli uomini conoscevano la miniera, ne sapevano calcolare costi, benefici e rischi e se dicevano che Ross... No, non poteva essere! Lui era forte, intelligente e sapeva sempre schivare all'ultimo il pericolo, si sbagliavano, DOVEVANO sbagliarsi!

Dwight arrivò in quel momento, trafelato, chiamato a casa da un minatore. "Demelza, mi sono precipitato subito qui, appena ho saputo...".

Era bello e in un certo senso tranquillizzante vedere il volto amico di Dwight, avrebbe voluto dirgli mille cose, ma non riuscì a fare nulla. Voleva solo piangere e rimanere da sola per un po' per sfogarsi e pregare, mentre quegli uomini si battevano per salvare suo marito. Si sentiva spersa, inutile, disperata e sola come non le capitava da anni, quando era arrivata a Londra dopo aver lasciato Nampara.

Si liberò dalla presa dei bambini, superò quegli uomini che la attorniavano ed entrò nell'ufficio di Ross. Era deserto, era sola davanti a quella botola aperta da cui, in profondità, sentiva arrivare le voci dei minatori.

Si sedette alla scrivania, accarezzò le carte scritte da suo marito, aprì il cassetto e rimase ad osservare la conchiglia portafortuna che Clowance gli aveva regalato anni prima e che lui aveva orgogliosamente tenuto con se, dicendole che l'avrebbe conservata per quando fosse stata grande e avrebbe preferito un altro uomo a lui... Ross la amava sopra ogni altra cosa, lei e i loro tre bambini... Non poteva essere morto, non avrebbe mai potuto abbandonarli...

Una manina si posò sulla sua. Sussultò, trovandosi accanto i suoi due figli.

Jeremy la abbracciò, come per farle coraggio. "Mamma, vedrai che sta bene! Papà è forte, non pensarla come quegli uomini. E' vivo e quando lo rivedrai, potrai sgridarlo perché non ti ha ascoltata".

Clowance annuì, salendole sulle ginocchia e rannicchiandosi fra le sue braccia. "Lui mi ha promesso che mi insegnava a scrivere il mio nome e papà mantiene sempre le sue promesse. Non è morto, vedrai".

"No, non è morto, avete ragione" – sussurrò, stringendoli a se. Avrebbe voluto che tutto fosse facile, semplice, come dicevano loro...

In quel momento delle urla fortissime provennero dalla botola. Demelza e i bambini alzarono lo sguardo, raggiunti subito da Zachy, Dwight e Henshawe. Un uomo coperto di fango comparve davanti a loro, salendo dai cunicoli. "Lo abbiamo trovato, lo stiamo portando su. Abbiamo bisogno di un dottore e con la massima urgenza".

Demelza, seguita da Dwight, si avventò su di lui. "Come sta?".

L'uomo, col fiato corto, annuì. "E' piuttosto malconcio, privo di sensi e sporco di polvere fino alla punta dei capelli. Ma è vivo!

Demelza si lasciò cadere a terra. Le gambe le tremavano e le sembrava che il mondo le vorticasse attorno. Era vivo... Solo questo era importante, il resto si sarebbe sistemato da solo, col tempo. Ferite, lesioni, tutto... Ci erano già passati una volta e potevano farlo ancora. Rilasciò il respiro, tenuto per tutti quegli interminabili minuti, da quando aveva saputo...

"Te lo avevo detto, mamma!" - esclamò Clowance, correndole accanto.

Le strinse la manina, baciandogliela. "Già".

Dwight guardò tutti i presenti. "Uscite da qui, se è ferito, avrò bisogno di spazio per prestargli le prime cure e non voglio troppa gente attorno. Ha bisogno di ossigeno e di aria".

"Io resto!" - disse Demelza, perentoria.

Dwight annuì. "Sì, tu resta".

A malincuore, Demelza costrinse i bambini a uscire con Zachy e Henshawe e poi rimase in attesa che portassero Ross fuori da quella trappola mortale.

Passarono cinque minuti che le parvero interminabili e infine sentì delle voci provenire dalla botola, sempre più vicine. Due uomini comparvero davanti a lei, col viso distrutto dalla fatica. Uno reggeva Ross sulle spalle e l'altro, dietro di lui, gli teneva le gambe. Quando furono nell'ufficio, lo adagiarono a terra e Demelza si precipitò al suo fianco. Era coperto di fango, privo di sensi, sporco come non mai, pieno di ferite ed escoriazioni dappertutto. I suoi abiti erano stracciati e macchiati di sangue, era pieno di ematomi e sanguinava dalla testa. "Ross" – lo chiamò, accarezzandogli la guancia e prendendogli la mano, senza avere risposta.

Dwight si inginocchiò al suo fianco, sfiorando il polso di suo marito. "E' debole, ma il cuore batte". Gli tastò il petto e il torace, accigliandosi. E poi diede un occhio alla ferita che aveva in testa. "Ha delle costole inclinate e dovrà stare a letto per un bel po', però nonostante tutto, come al solito, gli è andata di lusso, a prima vista".

"E allora cosa c'è che non va?" - chiese Demelza, colpita dal tono grave usato dall'amico, nonostante quelle che sembravano essere buone notizie.

"Ha una ferita in testa nell'esatto punto in cui si era ferito a Londra quattro anni fa. Spero non ci siano conseguenze".

Demelza deglutì. "Quali conseguenze?".

Dwight scosse la testa. "Potrebbero non essercene. O chissà... Difficile dirlo, finché non si sveglia non potremo sapere nulla. Ora dobbiamo portarlo a casa, qui non posso fare molto".

Demelza si alzò in piedi e si diresse verso la porta dove notò i suoi due bambini che, sfuggiti alle cure dei minatori, erano corsi a sbirciare le condizioni del padre. Gli sorrise, sforzandosi di apparire positiva. "Coraggio, avete sentito, no? Andiamo a cercare una carrozza, portiamo papà a casa".

Clowance e Jeremy annuirono.

"Visto? Lui è più forte dei massi" – esclamò Jeremy.

"E mi insegnerà a scrivere il mio nome, appena si sveglia" – aggiunse la bimba, convinta delle sue parole, spinta dall'assoluta fiducia che riponeva nel suo papà.


  
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