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Autore: ArtistaDiStrada    10/04/2017    3 recensioni
O anche dove la normalità di Stiles verrà man mano stravolta da sempre 'nuove' rivelazioni -o forse sempre la stessa...
Questa ff è ispirata a 50 volte il primo bacio, un film con una trama che per personalmente adoro, ovviamente con le dovute modifiche per i nostri amati lupetti.
Dal testo.
Scott, rimasto indietro, fu affiancato da Isaac. Il moro si stava limitando ad osservare preoccupato il suo migliore amico, ignaro. “Kira oggi l’ha chiamato per nome.” annunciò, voltandosi poi verso il riccio con aria seria. “E per quanto ne sappia Stiles, lui non l’ha mai vista.”
Non è il massimo come introduzione, lo so, ma mettere in chiaro le cose sarebbe rivelare il problema che il branco si ritrova ad affrontare e non si può, ahimè.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Il branco, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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1°   3 Aprile 2017 


Un raggio di sole alquanto fastidioso lo colpì dritto sugli occhi, costringendolo a serrarli per impedire al mondo esterno di destarlo del tutto. Quando capì che quell’infimo spiraglio tra le tende non si sarebbe chiuso da solo, impedendo quindi alla luce di filtrare, decise di abbandonare anche per quel giorno le calde coperte e si tirò a sedere, stendendo le braccia per stiracchiarsi con un sonoro sbadiglio.

Con un’occhiataccia alla tenda traditrice, la sua mente iniziò a carburare, finché in una manciata di secondi non fu abbastanza vigile da notare un particolare che sembrava richiamarlo dal fondo della sua stanza.
Poggiato sulla scrivania faceva mostra di sé un pezzo di carta, che Stiles catalogò come una foto. Si massaggiò la nuca, non ricordandosi di aver appoggiato nulla la scorsa sera, men che meno una fotografia. Perciò, con curiosità crescente, si alzò dal letto, pronto a curiosare com’era nella sua natura. Furbo e curioso come una volpe, così era solita chiamarlo la madre.

Con un sorriso mesto provocato dal ricordo della donna, era ormai prossimo a dissipare tutti i dubbi provocategli da quel misero pezzo di carta che, seppur piccolo, sembrava urlare il suo nome, brillando di luce propria. E ci sarebbe riuscito, se suo padre non fosse entrato nella stanza con un gran sorriso ad adornargli il viso e un vassoio su cui era posta quella che aveva tutta l'aria di essere la sua colazione.

“Oh. Sei già sveglio.” esclamò l’uomo sorpreso, ma fermo nel suo sorriso, quando lo vide alzato. Insolito per essere mattina, pensò Stiles, ma non ci fece molto caso. Era abituato alle stranezze di suo padre.

“Sì. Devo aver chiuso male le tende ieri.” borbottò. “Anche se sono quasi sicuro di averle controllate…”

Lo sceriffo si lasciò andare ad una risata nervosa, scuotendo la testa. “A volte mi chiedo come tu riesca anche solo ad arrivare a scuola con quella testa che ti ritrovi.”

Il ragazzo gli lanciò un’occhiataccia, che non sortì l’effetto sperato, ingozzato com’era di cibo. Eppure, non gli era sfuggito che il padre gli avesse portato su la colazione, sostituendola al solito urlo del mattino. “A cofa devo, mmh…?” chiese, infatti, a bocca piena indicando il vassoio, incerto. Possibile si fosse dimenticato una qualche ricorrenza?

L’uomo, in tutta risposta, si alzò e, quando fu ormai prossimo alla porta, gli lanciò uno sguardo d’avvertimento. “Vedi di non fare tardi a scuola anche questa volta o mi costringerai a requisirti l’auto.”

Stiles, sentita tirare in causa Roscoe, si dimenticò del resto, lanciando un urlo al padre già sceso di sotto. “Non mi separerai mai da lei!”

Dopo una decina di minuti, pronto e già con lo zaino in spalla, si precipitò di sotto, afferrò svelto le chiavi e mandò un saluto al padre, optando alla fine anche per rispondergli alla precedente conversazione. “E poi sono gli altri che sono in anticipo. Io sono perfettamente puntuale.”

 
***

 
“Scott! Scoooott!” chiamò sbracciandosi quando, parcheggiata la sua bambina, intravide il suo migliore amico.

 
“Ehi, Stiles. Come va?”

Il giovane Stilinski, con una mano sul fianco e il fiato mozzato a causa della precedente corsa per raggiungere il ragazzo, lo guardò strano. “Sei strano.” Appunto.

“Eh?” chiese quello, confuso, intento a sorreggerlo. “Che vuol dire che sono strano?”

“Quello che ho detto. Cos’era quel ‘come va?’ ?”

“Che vuoi di-”

“Ci siamo sentiti ieri al telefono! Lo sai che va uno schifo: non sono riuscito a finire il saggio per Harris e sono sicuro che quell’uomo mi ammazzerà. E mio padre venderà sicuramente la mia bambina. Amico, non posso neanche pensare che fine farà la mia piccola!”

“La tua piccola?” si intromise Isaac, affiancandoli.

Il ragazzo annuì. “Roscoe, piccola mia, non preoccuparti. Zio Scott ti salverà dalle grinfie di quell’uomo!”

“Chi è che deve salvare Scott?” si aggiunse la rossa più famosa della scuola, osservandosi distrattamente le unghie.

“Roscoe. Lo farai, vero, Scottie?” continuò imperterrito Stiles, scuotendo il suo quasi-fratello per le spalle.

L’altro annuì divertito. “Comunque non ce ne sarà bisogno. Potrai farlo tu stesso quando tornerai a casa.”

“Ma allora non mi ascolti. Sarò fatto fuori da Harris tra non meno di …” asserì controllando l’ora sull’orologio “… sei minuti e quaranta, trentanove, trentotto, trentasette… la mia vita è finita!”

Scott scosse la testa divertito dalla commedia dell’amico e provò a ribattere, ma Isaac fu più veloce. “Non te l’hanno detto?”

“Detto cosa?”

“Che Harris ha deciso di saltare parte del programma di questo mese. Siamo indietro, a quanto pare.” Gli spiegò Lydia con finto distacco, dato il piccolo accenno di sorriso che le increspò la bocca quando il giovane fece un salto, entusiasta.

“Sono salvo!” urlò incominciando a correre per il corridoio.

“Sì, amico. Lo sei.” Sussurrò mestamente Scott mentre lo seguiva con lo sguardo, guadagnandosi due paia di occhi consapevoli su di sé.
 
***
 
Stiles, intendo com’era a parlare animatamente con Scott dell’ennesima pazzia di Harris, non si accorse del corpo in movimento che si stava avvicinando pericolosamente a loro. Quando l’inevitabile contatto avvenne, il ragazzo si ritrovò a terra, con il sedere che gli doleva terribilmente e un tornado di ‘scusa’ rivolto alla sua persona.
 
“Oddio, scusami tanto. Scusa, scusa, scusa. Sono un disastro con queste scarpe. È perché sono in ritardo per la lezione, perciò correvo. Scusa, scusa ancora.”

Stiles venne stordito da quel fiume di parole che avrebbero benissimo potuto fare a gara con le sue per il primo posto. Quando alzò lo sguardo, si scontrò con una ragazza dai tratti asiatici e lunghi capelli neri che lo guardava mortificata, neanche avesse messo sotto un signore in carrozzina, andiamo!

“Oh, nono. Non ti scusare. È stata colpa mia… credo. Anzi, molto probabilmente. Comunque io so-”

A sentire quelle parole, la ragazza si sentì sollevata e non gli diede tempo di continuare, bloccandolo. “Ora devo andare o farò tardi a lezione. Scusa ancora, Stiles!” gli urlò, già intenta a correre verso un’aula, lanciando un sorriso colpevole allo sguardo torvo del professore una volta arrivata.

Quando Stiles si voltò verso Scott, lo trovò intento a guardare intenerito il punto in cui la ragazza era sparita. Il castano scosse un paio di volte la testa, confuso. “Ehm… amico? Ehilà… Scott!”

L’altro si riscosse e finalmente lo guardò. “Cos’è che dicevi?”

Il ragazzo strabuzzò gli occhi, balbettando. “No, io non… non stavo dicendo nulla. Ma per caso la conosci?”

Il moro sgranò impercettibilmente gli occhi. “Cosa? No, c-certo che no!”

L’altro, a quella risposta così affrettata, lo guardò sospettoso. “Mmh… comunque conosceva il mio nome. Ma io non ci ho mai parlato. Non mi pare almeno. Anzi, credo sia nuova: non l’ho mai vista.”

Dire che Scott era sbiancato sarebbe stato un eufemismo, ma fu veloce a riprendersi, mettendo svelto un braccio intorno alle spalle del ragazzo e spingendolo verso gli spogliatoi. “Forse ti ha visto alle partite.”

“Mmh… forse.” gli concedette il castano, dirigendosi verso il proprio armadietto.

Scott, invece, rimasto indietro, fu affiancato da Isaac. Il moro, preoccupato, non aveva staccato gli occhi di dosso al suo migliore amico, ignaro. “Kira oggi l’ha chiamato per nome.” annunciò, voltandosi verso il riccio. “E per quanto ne sappia Stiles, lui non l’ha mai vista.”


***

 
Stiles si fiondò su per le scale e poi in camera sua. Era stata una giornata stancante. Sdraiato sul letto orizzontalmente a fissare il soffitto pensò due cose: la prima era che avrebbe dovuto dare una nuova mano di vernice al soffitto quanto prima; la seconda, che mai giorno era stato più ... strano. Sorvolando sulle stranezze del padre, Harris aveva dato il meglio di sé: non solo sembrava realmente intenzionato a saltare una parte di programma, ma era stato anche gentile! Harris! Con lui! E sebbene questo avvenimento, anche da solo, l’avrebbe resa la giornata più insolita, si era anche scontrato con una ragazza che era certo di non aver mai visto, ma che, a dispetto di tutto, invece sembrava conoscere lui. Lo stesso Stiles Stilinski che, per quanto Scott ne dicesse, rimaneva in panchina tre volte su tre. 

Sbuffò, infastidito. Non gli piacevano le stranezze. Almeno non quelle che non era in grado di risolvere. Un secondo sbuffo seguì quel pensiero. Storse il viso, serrando gli occhi e cercando di coprirsi con un braccio quando un raggio di sole lo colpì in viso. Un forte senso di déjà-vu lo colse e ripensando alla curiosità di quella stessa mattina si alzò, raggiungendo la scrivania con un balzo. La delusione che provò quando non trovò nulla sul ripiano fu tanta. Si piegò, cercando a terra nel caso la famosa foto di quella mattina fosse caduta, ma quando giunse alla conclusione che il pavimento fosse sgombro, iniziò a rovistare tra le carte sul tavolo.
 
Non sapeva perché, ma la sparizione improvvisa di quella foto lo scombussolava alquanto. Voleva trovare quel dannato pezzo di carta che sembrava star giocando a nascondino. Quando si arrese al fatto che in camera sua non ve ne fosse traccia, decise di ricorrere al suo asso nella manica.

“Papà!” urlò, cercando di richiamare l’attenzione del genitore al piano inferiore. “Hai per caso visto una fotografia in camera mia?”

Non ricevendo risposta, si incamminò di sotto, superando gli ultimi due gradini con un salto. Trovò il padre in salotto intento a guardare la televisione e, certo che non l’avesse sentito, pose nuovamente la domanda. Le spalle dell’uomo si irrigidirono più di quanto già non fossero.

“No. Non ho visto nessuna foto. Perché?”

Il ragazzo sospirò nervoso. “L’ho notata questa mattina sulla mia scrivania, ma quando sono andato a cercarla poco fa non l’ho più trovata. Sei sicuro di non averla vista? Non mi pare fosse molto grande.” spiegò cercando di riprodurre le dimensioni del foglio con le mani, ma lo sceriffo scosse la testa.

“L’hai… l’hai vista?” si arrischiò a chiedere l’uomo, cercando di ostentare sicurezza. Stiles non si accorse del sospiro di sollievo che l’uomo tirò quando gli disse di non essere riuscito a vederla. L’uomo gli diede una pacca di consolazione sulla spalla, tornandosene poi davanti alla sua partita di basket e lasciando uno Stiles insoddisfatto.
 
 
***

 
Stava tagliando le patate da mettere nella teglia assieme al pollo che stava già cuocendo, quando udì il campanello suonare. Sentì il padre avvisarlo che se ne sarebbe occupato lui e tornò a concentrarsi sulla cena. Con molte probabilità si trattava di un collega del genitore. Gli erano sempre interessati i casi di polizia, specialmente quelli più movimentati e per essersi recati a casa dello sceriffo doveva essere qualcosa di importante, così alla fine provò a concentrarsi sulla conversazione dei due, sebbene poco gli arrivasse vista la sua postazione.

“Che cosa…” “… in mente?!” sentì dire dal padre. La voce che seguì, però, non gli fu familiare. Probabilmente si trattava di una nuova recluta.

“Mi dispiace, non ho ragionato…” “… mai fargli del male.” Storse il naso indispettito quando non gli arrivarono tutte le parole. Era frustante.

“Non deve più…” “… una cosa del genere. Intesi?”

“Ma signore-”

“Niente ‘ma’. Intesi?”

“Sì, …” “… come sta?”
“Non sono affari tuoi, …” “… tornatene a casa tua e stai lontano…” “… lui!”

Prima che il padre potesse cacciare definitivamente il povero ragazzo dalla voce molto sexy, a detta della vocina nella sua testa, afferrò uno strofinaccio e, ancora intento a pulirsi le mani, si avvicinò al genitore.

“Papà,” incominciò a pochi passi dalla porta “vuoi che aggiunga un piatto in più a tavola? Il tuo amico potrebbe fermar-” ma si interruppe quando vide l’uomo chiudere di botto la porta con sguardo allarmato. Quando si voltò nella sua direzione, aveva negli occhi colpevolezza e rabbia.

“Che cosa fai qui?”

Stiles gli lanciò uno sguardo confuso. “Ero venuto a vedere se dovessi aggiungere un posto a tavola, ma a quanto pare…”

“No! Non serve.” quella risposta affrettata fece indietreggiare il ragazzo. Ooook, questo era strano, persino per suo padre.

“Cosa ti ha fatto quel ragazzo? Gli hai chiuso la porta in faccia!” lo sgridò, cambiando argomento Stiles, poco contento delle maniere usate dal padre. Tutte quello che disse, però, non fece che far diventare lo sceriffo più bianco di quanto già non fosse.

“L’hai visto?”

“Cosa?”

“Hai visto quel ragazzo?” lo aggredì l’uomo, afferrandolo per le spalle, ma senza stringere troppo. Stiles scosse la testa, pietrificato. Non aveva mai visto il padre così spaventato; perché l’uomo non era arrabbiato, era solo tanto tanto spaventato. Troppo per essere normale, anzi, non lo sarebbe proprio dovuto essere. Chi era quel tipo?

Raccolse l’asciugamano, che non si era accorto di aver fatto cadere, con gesti lenti, come si fa con gli animali quando si cerca di non allarmarli. “Papà…”

L’uomo però sventolò una mano, dirigendosi nervoso verso il salone. “Lascia perdere, Stiles. Dimentica tutto.” Le sue spalle sobbalzarono alle sue stesse parole, ma non aggiunse altro, così il ragazzo si trovò costretto a rinunciare ad ottenere risposte e si diresse ancora scosso in cucina, dove un pollo bruciato lo aspettava nel forno. 







Note dell'autrice.
Ciaoo! E grazie, perchè se state leggendo queste note vuol dire che siete arrivati fino a qui. Allora, piccoli accorgimenti: come scritto nell'intro, questa storia si ispira al film "50 volte il primo bacio" che, a chi non l'ha visto, consiglio vivamente. Ovviamente gli assomiglia in tutto e non gli assomiglia in niente, in quanto il mondo di Teen Wolf è ben lontano dalle commedie americane, ma a noi questo mondo piace, perciò ben venga. 
E' il primo capitolo e a primo avviso sembra ... strano -o almeno è questa l'intenzione che volevo dare. Ovviamente per iniziare a capire la portata del problema un capitolo non basta, ma niente paura! Già dal secondo si potranno iniziare a fare ipotesi su ipotesi, che, per chi conosce il film, porteranno ad una sola conclusione. 
Quasi dimenticavo: è una STEREK, perchè la sterek è LA ship e merita di essere raccontata almeno nel mondo delle fanfiction. 
Spero che come primo capitolo vi abbia incuriosito. Ho già scritti un paio di capitoli e l'aggiornamento dovrebbe essere settimanale -si spera. Ogni tipo di recensione è ben accetta, manco a dirlo quelle positive un po' di più ;) 
Penso di essermi dilungata abbastanza. Al prossimo capitolo! :*)
 
   
 
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