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Autore: ArtistaDiStrada    17/04/2017    1 recensioni
O anche dove la normalità di Stiles verrà man mano stravolta da sempre 'nuove' rivelazioni -o forse sempre la stessa...
Questa ff è ispirata a 50 volte il primo bacio, un film con una trama che per personalmente adoro, ovviamente con le dovute modifiche per i nostri amati lupetti.
Dal testo.
Scott, rimasto indietro, fu affiancato da Isaac. Il moro si stava limitando ad osservare preoccupato il suo migliore amico, ignaro. “Kira oggi l’ha chiamato per nome.” annunciò, voltandosi poi verso il riccio con aria seria. “E per quanto ne sappia Stiles, lui non l’ha mai vista.”
Non è il massimo come introduzione, lo so, ma mettere in chiaro le cose sarebbe rivelare il problema che il branco si ritrova ad affrontare e non si può, ahimè.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Il branco, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2°   3 Aprile 2017 


Stiles aprì stanco un occhio. Odiava scoprirsi stanco anche dopo un’intera nottata e in quei momenti odiava doversi alzare, abbandonando il cuscino che sembrava così morbido. Alla fine si fece forza e osservò con circospezione il padre di fronte al letto che lo fissava con un sorriso insolito, data l’ora. Il ragazzo si osservò in giro, sicuro che quella felicità mattiniera non potesse essere dovuta a lui. Strabuzzò maggiormente gli occhi quando si accorse di un vassoio su cui faceva mostra di sé un bicchiere di succo e diversi toast.
Poteva essere mai possibile che si fosse dimenticato il suo stesso compleanno? Si domandò confuso. Il genitore, da parte sua, non aiutò, poggiandogli il ripiano di legno sulle gambe.

“Oh… ehm, grazie?”

L’uomo continuò a mantenere il sorriso, sebbene gli angoli avessero perso la tendenza verso l’alto. Sentendosi in colpa, Stiles addentò svelto una fetta di pane alla marmellata di albicocca, la sua preferita. Il suo cervello lo spinse a sorridere imbarazzato, mentre intanto si arrovellava per dare una spiegazione a quell’assurda situazione.

“Ti piace?” gli domandò lo sceriffo, fermo accanto al letto. Il ragazzo ebbe come la sensazione che stesse aspettando qualcosa, così annuì con ancora la bocca piena.

Il sorriso del padre tornò raggiante, ma si spense di colpo, sebbene l’uomo avesse cercato di non darlo a vedere, quando il figlio si azzardò a chiedere una spiegazione. “A cosa devo… tutto questo?”

Lo sceriffo sospirò leggermente, sconfitto, ma continuando a sorridere, sebbene in maniera più abbattuta. Scosse la testa, avviandosi verso la porta. “A niente, Stiles. Mi ero solo svegliato prima. Sbrigati o farai tardi! Di nuovo.”

Lo Stilinski più piccolo sembrò credergli, perché gli sorrise già euforico per il buon inizio della giornata. “Grazie, Pa’!”
 

***
 

“Amico! Non sai cosa mi è successo questa mattina.”

“Ehi, Stiles. Racconta, avanti.” lo spronò il suo migliore amico, una volta trovatesi nell’atrio della scuola.

“Ok. Allora, mi sveglio e c’era mio padre in camera…”

“Ti prego, amico, dimmi che non stavi facendo cose.” quasi lo supplicò il moro, chiudendo gli occhi come a prepararsi ad un colpo.

“COSA?! Ma sei fuori? Ti pare che io faccia cose del genere…”

“O grazie al cielo!”

“… di mattina?!” finì di parlare oltraggiato il ragazzo. “Impiego ben tre minuti e venti secondi per svegliarmi del tutto. E mio padre entra in camera al minuto due. Non durerei mai così poco!”

Scott gemette. Non voleva, non voleva, sapere cosa il suo migliore amico facesse e in quanto tempo!

“Chi è che non durerebbe così poco?” si sentì dire da una voce alle loro spalle. Girandosi riconobbero Erica, che si trascinava dietro un Boyd dall’aria particolarmente incazzata, ma quella era la solita espressione del ragazzo, quindi nulla di cui preoccuparsi.

“Io!” esclamò offeso Stiles indicandosi. “Per la precisione, io imp-”

“E ok! Basta così. Davvero. Non …” troncò la conversazione Scott “ … non ci interessa. Non è importante saperlo. Vero, Erica?” tentò guardando implorante la bionda, che gli sorrise maliziosa, ma a dispetto di tutto a parlare non fu lei.

“Oh a me interessa, invece. Jackson crede di essere il dio del sesso,” si intromise nel discorso Lydia, arrotolandosi con fare civettuolo una ciocca di capelli sul dito “ma io credo che inve-”

“No.” la interruppe il moro, guadagnandosi un’occhiata oltraggiata “Non parleremo di questo.”

Lydia alzò gli occhi al cielo, stizzita. “Come se tu non l’avessi mai fatto con Allison.”

Il ragazzo con la mascella storta rischiò di strozzarsi, ma per sua fortuna intervenne Stiles a salvare la situazione.

“Ehilà! Vorrei ricordare che stavamo parlando di me, Stiles, il ragazzo sfigatello con gli occhi nocciola e il disturbo di iperattività.” rammentò a tutti sventolando una mano nell’aria in sua direzione e quando ebbe il via libero generale, riprese a raccontare di quella piacevole mattina. “Dicevo, mi sveglio e trovo papà con il vassoio della colazione che usiamo quando qualcuno di noi è malato. Mi aveva preparato e portato in camera la colazione, capisci! Senza un motivo apparente. E dopo, quando sono sceso, mi aveva lasciato dieci dollari per il pranzo. Senza contare lo shampoo nuovo che mi piace tanto. Dimmi tu se è un padre normale.”

Scott si grattò il mento, dubbioso. In effetti era strano. “Sicuro che non fosse una qualche vostra festa… che so?”, ma lo Stilinski scosse felice la testa. Prese a saltare, entusiasta dell’inizio felice che aveva preso la sua giornata, certo che non sarebbe che servito, dato quanto lo stava aspettando nella classe di chimica, precisamente quella del professor Harris. Quel pensiero gli fece scemare il sorriso come un fulmine a ciel sereno.

“Scott, e se sapesse che oggi morirò e quindi ha voluto concedermi un degno risveglio? O mio dio! Anche lo shampoo per farmi andare impeccabile contro la morte.”

Il gruppo di ragazzi non capì a cosa si riferisse, finché il ragazzo non li guardò con fare ovvio. “La ricerca di Harris… ?”

Erica parve irrigidirsi, ma forse era dovuto alla brezza non così primaverile. Scott, d’altro canto, si schiaffò una mano sulla fronte, guardandolo poi mortificato -ma neanche troppo, secondo Stiles, visto quello che gli avrebbe detto di lì a poco. “Scusami tanto, amico. Me ne ero completamente dimenticato: Harris ha rimandato la ricerca.”

Il ragazzo guardò stranulato quel suo migliore amico con la memoria di un sessantenne. “Come hai fatto a dimenticartene se te ne ho parlato ieri al telefono?”

L’altro, dal canto suo, fece un sorriso stirato, facendo scendere in campo i suoi occhioni da cucciolo. Imbroglione! Urlò la mente dello Stilinski.

“Sostiene che stiamo indietro. Sicuramente parla di voi mediocri, perché per quanto mi riguarda credo di saperne più di lui.” sospirò annoiata la rossa, ponendoli in questo modo la risposta alla fremente domanda che martellava nella testa del castano.

“Grazie dei complimenti, Lydia. Sempre modesta.” la prese in giro Stiles, ringraziandola però sul serio. La ragazza sbuffò un ‘non c’è di che’, conscia che stessero entrambi scherzando.

“Beh, sono un uomo libero allora!” si mise ad urlare Stiles, costringendo i suoi amici a tenerlo con i piedi ancorati al suolo prima che potesse mettersi a saltare per tutto l’atrio.
Dall’alto della sua felicità, il ragazzo non poté che notare due ragazzi, che, seduti di fronte su una panchina, si stavano baciando. Sarebbe stato tutto normale se non fosse stato…

“Ehi, Scott, ma quello non è Isaac?”

“Chi?” gli domandò confuso il ragazzo, facendo vagare lo sguardo per il cortile.

“Isaac. Lì! È il ragazzo che si sta baciando con quella ragazza. Quella con i capelli scuri, come quelli di Allison… O MIO DIO, ma quella è Allison!” esclamò Stiles fissando sconvolto i due ragazzi ancora intenti a baciarsi e ignari di essere il fulcro della loro conversazione. “Mi dispiace tanto, amico. Non pensavo… non credevo che dopo solo qualche settimana sarebbe tornata in carreggiata. E con Isaac! Oh, ma quel ragazzo mi sentirà ora che-”

Il moro deglutì, nervoso, ma si riscosse e assieme a Boyd riuscì a frenare Stiles dall’andare a dirne quattro ai due ragazzi. Allo sguardo confuso del ragazzo, si affrettò a rassicurarlo che per lui andava bene, che lo sapeva. Solo allora il giovane Stilinski si lasciò condurre verso l’aula di chimica, girandosi ad osservare ancora dubbioso la nuova coppia felice.
 

***
 

“Papaaaà!”

All’urlo del figlio, lo sceriffo era accorso svelto in camera del ragazzo, trovandolo seduto a gambe incrociate sul pavimento con i più svariati oggetti di cancelleria sparsi per terra.
“Dove sono finiti tutti i giornali?!” esclamò, spalancando le braccia, il ragazzo. “Li ho cercati ovunque: mi servono per un lavoro di scuola.”

Lo sceriffo perse un battito a quella domanda. Cercando di sviare l’argomento, propose l’utilizzo di cartoni di cui avevano una discreta scorta, considerando i pacchi che mensilmente inviava loro una lontana parente. Il diniego sconsolato del figlio lo spinse a cercare il modo per consolarlo. “Che ne dici se rimandi quello che devi fare a domani e ordiniamo d’asporto?”

Le spalle del ragazzo si afflosciarono, ma seppur impercettibilmente, lo sceriffo se ne accorse e morì dentro. Nessun genitore vorrebbe vedere il proprio figlio triste. Ma stavano parlando del suo Stiles, che infatti non si smentì, aprendosi in un sorriso e alzandosi, spazzolandosi poi i pantaloni con le mani. “E cibo d’asporto sia! Ma dovrai rinunciare agli hamburger che ti mangi di nascosto a lavoro.” aggiudicò, senza dimenticare le condizioni del padre.

L’uomo annuì, conscio che il figlio non potesse sapere che quei panini non li mangiava più ormai da mesi.     
 

***
 

Lo sceriffo si rilassò contro lo schienale del divano. Il figlio aveva accettato di buon grado la sua idea di ordinare cinese e la proposta della visione di uno dei dvd del ragazzo era stata la scintilla per far dimenticare al ragazzo del piccolo intoppo incontrato per il progetto scolastico.

L’uomo sospirò, passandosi una mano sul viso. Il mattino seguente si sarebbe recato all’istituto per cercare di sistemare la questione. Sapeva che quello che stava facendo non era appoggiato da nessuno, né dalle istituzioni scolastiche o da quello mediche e né tanto meno dagli amici del figlio e dai suoi. Persino Melissa si era detta contraria, sebbene l’avrebbe appoggiato qualsiasi decisione avrebbe preso.

C’erano volte in cui si chiedeva se quello che stava facendo non fosse sbagliato, ma sbagliato sul serio. Si metteva a pensare, ad immaginare cosa avrebbe consigliato se la situazione non avesse avuto niente a che fare con lui, se fosse stata estranea alla sua famiglia. Molte volte aveva l’impulso a cedere, a lasciare andare tutto, ma ogni volta veniva fermato da interventi esterni che gli dimostravano, seppur indirettamente, quanto il mondo potesse essere pericoloso per il suo bambino.

Lasciò cadere frustato un pungo sul divano accanto a lui. Odiava quella situazione. Non avevano già dovuto penare abbastanza lui e Stiles?

“Papà, va tutto bene?” si sentì chiedere da una voce preoccupata.

Lo sceriffo sobbalzò quando si accorse del figlio che lo guardava confuso dalla porta e si affrettò a rassicurarlo, aprendosi in uno dei sorrisi dietro ai quali si nascondeva ultimamente.
 

“Stiles usa il sarcasmo per difendersi, Noah. Ma è anche il primo a reagire. Tu ti difendi dietro all’illusione che ogni cosa vada bene e chiudi tutto fuori. Non va bene così, devi imparare a reagire come Stiles ha sempre fatto.” asserì Melissa, mettendoli una mano sulla spalla nel tentativo di consolarlo.
 

“Papà! Sceriffo, mi stai ascoltando?”

L’uomo si riscosse dai suoi pensieri e osservò il figlio con in mano due custodie di dvd per diversi secondi prima di capire di dover scegliere. Ne indicò uno a caso, sicuro che a Stiles non sarebbe cambiato poi molto e sbatté più volte le palpebre cercando di riprendersi.

“Sai, pa’, oggi Jackson è venuto a scuola con un’auto nuova. Il principino ha una nuova Porsche.” lo prese in giro il ragazzo “Io davvero non capisco cosa ci trovi di tanto speciale in quelle auto. Prendi ad esempio una Camaro nera. Non sarebbe molto meglio?”

Lo sceriffo sussultò a quelle parole. Perché, ad ogni dannatissimo minuto, ogni cosa doveva riportarlo alla triste realtà, perché?

“Da… da quando in qua ti interessi alle auto, figliolo?”

Stiles, intento a inserire il dvd nell’apposito lettore, non aveva notato nulla. Alla domanda del genitore si fermò, pensandoci su seriamente. “Non lo so.” convenne alla fine, dubbioso “Ho pensato ad un’auto particolarmente bella e mi è venuta in mente una Camaro. Che poi, com’è fatta una Camaro?”

Il padre scosse la testa, fingendo noia, ma dentro morì. Si permise di osservare il figlio con la coda dell’occhio, che svelto si era posizionato accanto a lui sul divano e pendeva emozionato davanti alla sigla dell’ennesimo film della Marvel.

Non avrebbe permesso a niente e nessuno di ferire il suo bambino. Non di nuovo. 







Note dell'autrice. 
Eccoci giunti alla fine del secondo capitolo e grazie a te che sei arrivato a leggere fino a queste note. 
Allora, in questo capitolo si inizia a capire sempre di più che un problema c'è e l'unico che sembra non accorgersene è Stiles. Lo sceriffo? Povero, povero uomo. Un po' di angst ci vuole sempre ;)
Quale sarà questo fantomatico problema? Probabilmente si sarà già capito o almeno ipotizzato o forse no, ma state tranquilli: dal prossimo capitolo sarà molto più chiaro e alla luce del sole per tutti... o quasi. 
Grazie a chi sta leggendo questa storia, a chi l'ha messa nelle preferite, a chi nelle ricordate, a chi nelle seguite e a Zoey Charlotte Baston che l'ha recensita. Vi adoro ;*)
Ogni parere è ben accetto, purchè sia costruttivo e, perchè no, a far felice questa povera ragazza in cerca di pareri ;)
Al prossimo capitolo! 
 
   
 
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