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Autore: CassidyKeynes    11/04/2017    0 recensioni
[Skandar Keynes]
roba datata 2009
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una volta terminato il servizio l’istinto irrefrenabile di andare a parlare con quel ragazzo dall’incredibile familiarità, mi travolse come un treno in corsa, ma non appena mi girai verso il punto in cui era rimasto durante i miei scatti, non lo vidi più. Lo cercai per un po’. Non capivo nemmeno perché lo facessi, era assurdo cercare con tanta assiduità uno sconosciuto! Scossi la testa cercando di dimenticare quegli occhi incantatori.

Prima che potessi andare a cambiarmi, Lindsay mi prese sottobraccio

–Brava Lucy, ottimo lavoro!

Sorrisi –Grazie!- risposi. Poi senza nemmeno pensarci chiesi –Scusa, ma quel ragazzo di prima chi era? Non mi pareva di conoscerlo.

“Eppure sento che l’ho già incontrato…” pensai automaticamente.

Forse non avrei dovuto fare quella domanda. Non sapevo nemmeno perché l’avevo fatta, mi era venuto spontaneo chiederlo.

-Ah, si!- Esclamò Lindsay –Si vede che non vai al cinema, eh!- mi disse ridendo.

Non capivo perché ridesse. Si, ok, non andavo spesso al cinema e non ero aggiornata sui nuovi film ecc, ma che ci potevo fare se dovevo comporre nuovi canzoni? Mia madre, alias la mia manager, non mi lasciava un minuto di respiro, dovevo comporre, comporre, comporre… Come potevo permettermi di andare al cinema con una vita così?

-Beh, lui è Skandar Keynes, avrai sentito nominare il film Le Cronache di Narnia, no?- continuò Lindsay.

“Skandar Keynes…” il suo nome riecheggiava nella mia testa come il rintocco delle campane nel silenzio della notte.

Poi mi resi conto di dover una risposta a Lindsay, che mi guardava come se fossi scema

–Ehm… veramente no…- dissi un po’ imbarazzata per la mia poca conoscenza in questi campi.

Lei si portò una mano sulla fronte, scuotendo la testa.

-Lo sai che non ho tempo per queste cose!- dissi io sbuffando. In fondo sapeva che ero molto impegnata e che non avevo il tempo per leggere un bel libro, andare a vedere un film o anche solo uscire per una passeggiata! Almeno in questi tempi, visto che ero appena al secondo disco dovevo darmi da fare, almeno così diceva mia madre. Beh, ma in fondo mi aveva anche detto che dopo il terzo saremmo potute andare con un po’ più calma. Ormai il disco era completo, ma mia madre continuava comunque a riempirmi di impegni: concerto qua, concerto là, vai a questa trasmissione, fai queste interviste, fai questi servizi fotografici… Sempre la stessa storia, tutto per la promozione di questo terzo disco della malora.

Forse Lindsay non poteva capirmi, il lavoro di un fotografo era molto più semplice di quello di un cantante o un attore, bastava scattare foto.

Lindsay mi prese per le spalle e mi scosse con vigore fino a farmi venire voglia di vomitare

–Esci da questo corpooooo!!- urlò lei scuotendomi ancora.

Che era pazza era un dato di fatto ormai.

Mi lasciò andare e mi guardò piegando la testa di lato, come se la pazza fossi io e non lei.

-Devi divertirti ragazza mia- annunciò lei con un sorriso

Mi girava la testa e mi sentivo come un frappé: frullata.

-Non posso divertirmi se mi uccidi prima- mi lamentai io

Lindsay rise. Aveva una risata cristallina e contagiosa.

Non potevo dire che Lindsay fosse mia amica, ma ci conoscevamo da tre anni ormai, da ancora prima del mio debutto e sapevo di potermi fidare di lei. Certo, era un po’ pazza, sbadata e urlava sempre (cosa che, oltretutto, non ho mai capito perché facesse), ma era una brava persona, precisa nel suo lavoro come pochi e sapeva ascoltare.

La salutai ed andai a cambiarmi d’abito, tornando ad indossare i miei comodi jeans chiari e la mia camicia blu a quadri, il mio classico abbigliamento da tutti i giorni, specialmente per quando sapevo di dover fare servizi fotografici o dovevo andare in posti in cui mi avrebbero cambiata d’abito. Guai ad indossare i miei jeans per un’intervista! Mia madre mi avrebbe uccisa, come minimo.

Sapevo che il grande capo (sempre mia madre) mi aspettava in macchina per trascinarmi chissà dove. Sospirai e una volta recuperata la mia borsa formato gigante uscì. L’aria fredda d’inizio febbraio mi colpi in faccia come uno schiaffo e ciò che vidi davanti ai miei occhi fu ancora peggio di quello schiaffo.

Vidi il ragazzo di nome Skandar che rideva con un altro ragazzo alto, magro, biondo e dagli occhi incredibilmente azzurri.

Il sorriso di Skandar era così splendente da farmi quasi chiudere gli occhi per l’abbaglio.

Non chiedetemi perché provassi quella strana attrazione per uno sconosciuto, non lo sapevo nemmeno io. Forse era solo perché era carino, molto carino, forse troppo per me.

Mi era già capitato di innamorarmi, di provare forte attrazione per un ragazzo, ma mai a prima vista, certo, molte volte mi ero avvicinata ad un ragazzo solo perché lo trovavo bello, e forse il fatto di essere così attratta da quegli occhi, da quel sorriso, era solo perché era, appunto, estremamente bello.

Entrambi si girarono verso di me, forse perché attirati dallo sbattere della porta dello studio.

Il biondo rimase impassibile, mentre posso giurare di aver visto Skandar spalancare di poco gli occhi e sussultare vedendomi.

Piegai leggermente la testa di lato, non capivo quella sorpresa nel vedermi, in fondo l’altro ragazzo era rimasto impassibile. Mi portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e cercai con lo sguardo l’auto. Dove diamine si era cacciata quella cavolo di mia madre sbadata che mi ritrovavo?

Ero bloccata in quel punto, come se l’asfalto sotto i miei piedi si fosse sciolto e io fossi rimasta intrappolata nel catrame.

Skandar e l’altro ragazzo non ridevano più. Ogni tanto confabulavano sottovoce. Skandar mi lanciava qualche sguardo accusatore di tanto in tanto, mentre l’altro fissava impassibile un punto indefinito dell’orizzonte. Mi chiedevo il perché di quegli sguardi da parte di Skandar, in fondo non ci conoscevamo nemmeno, cosa avevo fatto io per meritarmi quegli sguardi freddi?

Dopo altri due minuti l’ì impalata al freddo e altri sguardi di Skandar la rabbia mi prese dentro. Mi avvicinai a grandi falcate a quei due e puntai i miei occhi su quelli di lui. Ero infuriata e si vedeva, cosa diamine voleva dalla mia vita? Prima mi incantava con quei suoi profondi occhi scuri e poi mi lanciava quegli sguardi come se avessi tentato di spingerlo sotto un treno.

-Scusa, ce l’hai con me?- chiesi puntando le mani sui fianchi

Lui sgranò gli occhi come se gli avessi detto che avevo un alligatore dentro la mia borsa.

L’altro ragazzo invece si limitò a squadrarmi dall’alto al basso. Il suo viso poi esplose in un sorriso –Scusa, niente affatto, è che gli ricordi una persona, tutto qui.- disse il biondo con un altro sorriso –io sono William Moseley, molto piacere- disse tendendomi la mano –e tu sei…?

Rimasi leggermente a bocca aperta. Io ero andata lì e me l’ero presa con quel povero ragazzo, quando mi stava guardando così solo perché gli ricordavo una persona, magari una persona che gli stava poco simpatica visto le occhiate che mi lanciava.

-Ehm… Mi dispiace di essere stata scortese…- mi scusai immediatamente sia con Skandar che con il ragazzo che aveva detto di chiamarsi William Moseley. –Io sono Lucila, Lucila Kingston, piacere mio…- dissi stringendo la sua mano.

Vidi Skandar spalancare ancora di più gli occhi quando pronunciai il mio nome. Non ci feci più di tanto caso e gli tesi la mano con un sorriso.

Lui indugiò per due secondi, per poi stringere la mia mano –Skandar Keynes, piacere- disse lui.

La sua voce era come musica nella mia testa, mi ammaliava come un incantatore di serpenti incantava il suo animale.

Riuscimmo ad intavolare una mini discussione. Scoprì che entrambi erano due dei quattro protagonisti del film Le Cronache di Narnia. Non ne avevo mai sentito parlare, ma improvvisamente mi era venuta voglia di vedermi questo film.

Sentì il rumore della pota alle nostre spalle e vidi spuntare una testa bionda e subito riconobbi il viso di Lindsay –Will, Ska!- urlò facendo un movimento con la testa, invitandoli ad entrare.

Sorrisi a Linz (a volte mi capitava di chiamarla così) che si sorprese a vedermi ancora lì.

Il suono di un clacson mi fece girare in direzione della strada. Finalmente mia madre era arrivata.

Mi voltai verso i due ragazzi e con un mega sorriso li salutai.

-E’ stato un piacere conoscerti- mi disse William.

Mi voltai verso di lui e con un leggero rossore sulle guance (mi accadeva sempre quando ero in imbarazzo) gli risposi –Anche per me, spero di rivedervi!

Alzai la mano salutandoli e sorridendo tornai alla mia macchina.

Mia madre come al solito stava parlando, anzi strillando, al cellulare. Non mi chiese chi erano i due ragazzi, non mi chiese com’era andato il servizio, non fece alcuna domanda. In genere un genitore normale faceva domande di questo genere, ma lei no, non gliene importava nulla probabilmente, ma ormai non ci facevo più caso. Sapevo bene che l’unica cosa che le importava era che fossi sempre più famosa per avere sempre più soldi, ormai avevo capito com’era mia madre. Non che mi importasse qualcosa dei suoi comportamenti, poteva fare come gli pareva, tanto io ero diventata una cantante ed avevo realizzato il mio sogno, era solo quello l’importante.

Ripensai a Will e Skandar. Erano entrambi ragazzi meravigliosi, belli come dei greci. Peccato che Skandar fosse così silenzioso, aveva scambiato si e no due parole e quelle mi erano bastate per far partire il mio cuore per la tangenziale. Era strano come quel ragazzo potesse avere quell’effetto su di me.

  
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