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Autore: Mellybonf    11/04/2017    0 recensioni
Questa è la mia prima FanFiction, spero vi piaccia. Parla di me, della mia vita, della mia famiglia e ovviamente delle nostre amate TMNT.
Tratto dal primo capitolo: "Ognuno di noi è diverso dall’altro, nell’aspetto e nel carattere. Ognuno di noi è unico ma non sempre ci si sente speciali, spesso ci si sente solo sbagliati.
La parola diverso ha il potere di farti credere di essere distinto e completamente imparagonabile a chi ti circonda. Credi di essere inadeguato nei confronti di qualsiasi cosa. [...]
Per un ancor più ristretto numero di persone particolarmente sensibili, anche la propria famiglia può apparire come una relazione troppo dolorosa da sopportare. Per quanto l’ amore per la famiglia sia grande, per quanto loro ricambino il tuo amore e cerchino di proteggerti, istintivamente chiudi ogni porta e ogni spiraglio del tuo guscio. Inconsciamente entri in uno stato di chiusura. [...]
L’Autismo è questo.
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Cap. 9- È più facile parlare degli altri.

 
Ok, adesso basta! Il contatto si è interrotto da parecchio e non si decidono a riprendersi…” Era la voce di Raffaello, anche se distante mille miglia e ovattata, Michelangelo riconosceva il suo tipico tono impaziente.
 
“Non si saranno fusi il cervello? Sapete, tipo un computer surriscaldato…” Questa era la voce di Luca, tono sarcastico facilmente riconoscibile.
 
“No. Hanno solo bisogno di riprendersi, il loro respiro è regolare.” Analisi di Donatello, sicuramente.
 
“Non solo, c’è anche un altro aspetto interessante. Le loro energie sono più armoniche rispetto a prima, concordi Sensei?” Ecco Leonardo, con quel tono sempre uguale, da tipico asceta in erba.
 
“Sono del tuo stesso parere, ma devono riprendersi…inizierei da Michelangelo, credo sia il più pronto dei due.” La voce di suo padre suonava calma, adesso era chiaro che si stavano riferendo a lui e a Nadia.
Cominciava a ricordarsi: aveva appena avuto la sua prima sincronizzazione, si era vissuto una cosa potente: tante piccole sensazioni lo invasero facendogli rivedere l’immagine di quella distesa infinita dai toni azzurrognoli. Poi le finestre, varco nero e…
 
Proviamo a svegliarlo a modo mio…TERRA CHIAMA MIIIIIIICK!” *(1) gli urlò ad un orecchio Raf.
 
“AHAAA! Ma che DIAMINE hai da urlare?!?” Michelangelo si riprese scuotendo la testa. Passò lo sguardo intorno a se con fare confuso. Si rese conto solo in quel momento che era a terra, sulle ginocchia, con la giovane connettore tra le braccia appoggiata all’incavo del suo collo, priva di sensi. Sembrava così indifesa, i capelli biondo ramato nascondevano quasi completamente i lineamenti, ma si intuiva quanto fosse provata; aveva un’aria davvero dolce, come una bambina.
Si irrigidì vistosamente per l’imbarazzo, come diavolo era finito a stringersela al petto? Era troppo vicina, ne sentiva il tepore, il profumo.
 
“Alla buon’ora testone! È da mezzora che cerchiamo di farti riprendere.” Continuò il rosso dandogli una pacca sulla testa.
 
“Ahio!”
 
“Te la meriti! Ci hai fatto preoccupare, ma…capisco che non avessi voglia di svegliarti, la situazione sembra interessante.” Proferì con tono divertito, lanciando un’occhiata a Nadia.
Mick lo guardò tra il sorpreso e l’infastidito, ma lo ignorò subito dopo, qualcosa lo stava facendo ondeggiare in modo agitato.
La causa era Marco, continuava a scuotere la sorella in ansia tentando di svegliarla. “Nadia, Nadia, Nadia!”
 
“Non fare dello spirito Raf, non si è ancora ripresa…” disse Don analizzando le condizioni fisiche della ragazza. Sfilò le dita dalla vena carotidea, il battito era ancora accelerato “Luca, Mick, datemi una mano. Meglio stenderla a terra.” Il ragazzino si tolse la felpa, l’appallottolò per creare un cuscino e ci adagiarono la testa della giovane.
Quando i capelli scivolarono via dai lineamenti, a nessuno sfuggì il labbro gonfio e il livido vicino al mento. Sicuramente stava avendo difficoltà nel risveglio a causa dello stress fisico a cui era stata sottoposta; l’urlo di Raf avrebbe svegliato gli abitanti del New Jersey se si fosse trovato in superficie.
 
“Mick, puoi spiegarci cos’è successo durante la sincronizzazione?” chiese il leader.
 
“Ecco…non so Nadia, ma io credo di aver visto un sogno.”
 
Quel sogno?” chiese Luca intuendo a cosa si riferisse. Sua cugina sembrava vittima di un’aggressione violenta. Dalle immagini che aveva intravisto durante la sincronizzazione sulla nave Utrom, i segni che aveva sul viso non potevano avere altra spiegazione.
 
“Credo di si. Un vero incubo!” rispose teso.
 
Dopo aver costatato che Nadia non aveva niente di grave, la portarono in laboratorio per stenderla sul lettino. L’imbarazzo nel riprendere la ragazza in braccio era palese sul viso dell’arancio: era a disagio e teso.
Luca non si fece sfuggire un solo gesto attento del più giovane dei fratelli Hamato e lo squadrò furbesco. Quanto diventano scemi gli adulti quando hanno una cotta?
Lasciarono riposare la giovane nell’angolo più distante del laboratorio e si allontanarono in direzione del computer. Mick raccontò dello spazio sconfinato, della sensazione provata, delle finestre e del sogno.
I fratelli e il Sensei si fecero ancora più tesi sentendo la descrizione dell’aggressione. Era chiaro cosa avesse visto Mick: loro quattro e Luca sotto gli effetti del Nemico. Marco invece…rimaneva un mistero; come rimaneva inspiegabile perché Nadia non fosse finita sotto il controllo della nebbia.
 
“Davvero vi siete fermati al primo livello? Dalla reazione di Nadia, credevo foste andati oltre.” proferì Luca grattandosi la testa.
 
“A cosa ti riferisci ragazzo?” chiese il Maestro.
 
“Sappiamo che le nostre coscienze hanno tre livelli distinti: nel primo si trovano i ricordi più razionali, quelli che si possono capire anche solo osservando e hanno l’aspetto di grandi finestre. Nel secondo si rievocano le esperienze fisiche forti, spesso si tratta di traumi ed è necessario viverle sulla propria pelle, lasciarsi attraversare dalle sensazioni di quell’esperienza anche a livello fisico. Mentre nel terzo si percepisce l’emozione, tutto ciò che non si spiega né razionalmente né con le sensazioni corporee, una sorta di coinvolgimento più…profondo e doloroso. Con Marco ci siamo inoltrati fino all’ultimo livello, ma ne abbiamo parlato poco e non so spiegarlo meglio di così. Credo che Mick, vedendo il sogno di Nadia, l’abbia portata a riviverselo sulla propria pelle.”
 
“È impossibile ragazzino. Questo non è il suo vero corpo, è una replica…non può riviversi le stesse sensazioni.” Proferì Raf a braccia conserte, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
 
“Sono d’accordo. Inoltre, si tratta di una visione onirica, non è percepibile dai nostri sensi come reale. La reazione di Nadia, sarebbe spiegabile solo se avesse subito qualcosa di simile.” Asserì Don.
 
“Esatto, non è successo per davvero, non è mai stata attaccata da noi e non accadrà!” Fece Mick con convinzione. Vedersi mentre afferrava Nadia per il viso, sbatterla violentemente contro il muro e scaraventarla lontano, lo aveva sconvolto. Non lo avrebbe mai fatto!
 
“Non ne sono certo figli miei.” Proferì il saggio topo portando una nuova agitazione nell’aria.
 
“A cosa si riferisce Sensei?” chiese Leo.
 
Il saggio topo prese un profondo respiro “Nei mesi precedenti all’arrivo dei connettori, durante le meditazioni più intense, sono venute a farmi visita tre ombre colorate molto simili ai nostri giovani ospiti: la figura bianca era alta e sottile come Marco, quella gialla un giovane teenager identico a Luca, mentre l’ombra azzurra una ragazza con la stessa costituzione di Nadia. Ognuna mi ha aiutato e sostenuto in modo sottile, intensificando e guarendo i miei chakra. Mi stavo domandando cosa o chi fossero, ma quando vi ho visto e riconosciuto dentro alle teche, ho capito che avevo avuto una sorta di premonizione sul vostro arrivo.”
 
“Chiedo scusa, ma non capisco…tutto questo cosa c’entra con mia cugina e il suo sogno?” chiese Luca.
 
“Ho la netta sensazione che i sogni di Nadia siano della stessa natura: tramite le visioni oniriche tua cugina ha delle premonizioni, la replica ha sfruttato la sincronizzazione e la curiosità di Michelangelo per avvertirla. Questo corpo sostitutivo è stato creato nello stesso tessuto spaziotemporale in cui avverrà il fatto ed essendo creata su misura per l’essenza, rimanda le sensazioni con maggiore intensità.” Proferì facendosi ancora più serio. “Dovrò proporre a Nadia delle sedute di meditazioni aggiuntive, potrebbe avere altre visioni e vanno lette e affrontate nel modo giusto. Non possiamo permettere che il Nemico infetti nessuno di voi, abbiamo bisogno di ogni possibile informazione.” Le parole del Maestro suonarono come una certezza, ed era difficile non prenderle per tali conoscendo le sue capacità.
I sette davanti allo schermo fecero scorrere i dati inseriti da Don, il rilevatore e i chip non avevano segnalato nulla di anomalo, come se quanto accaduto fosse assolutamente normale, ma il genio decise comunque di salvare tutto per fare un confronto con la prossima sincronizzazione. Il rivelarsi dei simboli aranciati sul corpo di Mick, era un fatto da non sottovalutare.
La cosa che lasciava perplesso Donatello, era che suo fratello stava meglio di prima. Dato il massiccio consumo di energie e le possibili implicazioni negative, era una cosa sorprendente.
 
“Sei il solito fortunato! Ti cimenti in cose assurde e ti va sempre bene.” Fece Raf. 
 
“Non è fortuna, è stile fratello!” rispose l’arancio, con tono più allegro.
 
“Quanta modestia…” proferì Don con un angolo della bocca sollevato.
 
“Non sarebbe Mick, se non si desse delle arie ogni due minuti.” Incalzò Luca con il suo solito ghigno.
 
“Ehi, io non mi do delle arie, constato la realtà! Sono il più coraggioso, simpatico e divertente mutante della storia. Ahio!” Raf aveva tirato un’ulteriore scappellotto sulla nuca del fratellino, facendo fare a tutti una risata. Marco era quello più divertito, continuava a saltellare dando delle leggere pacche in testa a Mick, voleva dirgli di abbassare i toni.
L’arancio sorrise, i modi di fare del diciannovenne erano spontanei, forse cominciava a fidarsi. Decisamente preferiva il Marco che lo infastidiva, al ragazzo chiuso e impaurito del giorno precedente.
All’improvviso si bloccò e gli occhi azzurri furono attraversati da una saetta aranciata. I presenti lo fissarono un po’ tesi mentre si avvicinava al lettino dove riposava Nadia con passo deciso.
 
“Mickey, che hai?” chiese Leonardo.
 
“Nadia si sta riprendendo.” Proferì serio.
 
“Come lo sai?” chiese Don, la ragazza era ancora immobile sul giaciglio e non dava segni di ripresa.
 
“Non so esattamente come, ma lo so. Percepisco una sensazione simile a quella provata nel processo.” Asserì convinto.
 
Nadia aprì gli occhi di scatto, mettendosi seduta con un gesto secco; fece una smorfia di dolore tenendosi un fianco. Una fitta all’altezza delle costole le rendeva difficile ogni minimo movimento, anche respirare.
 
“Non fare gesti bruschi, ti sei appena ripresa.” proferì Mick facendola stendere nuovamente, appoggiando delicatamente la mano sulla spalla. Nadia lo guardò confusa, ma si lasciò condurre. Il tepore emanato dal tocco le ricordava qualcosa, una sensazione provata prima di perdere i sensi.
Tutti si avvicinarono, quegli sguardi fissi su di se rendevano la ragazza solo più confusa e nervosa. Odiava far preoccupare le persone e detestava essere di peso.
 
“Come ti senti Nadia?” chiese Luca con una nota d’ansia, Marco le prese la mano preoccupato.
 
“Bene…credo.” Disse poco convinta. “Hai visto quel sogno, vero Michelangelo?” chiese passandosi le dita sul labbro ferito.
 
“S-si, mi dispiace. N-non immaginavo che…”
 
“Non potevi saperlo Mick, non fartene una colpa.” Disse Leo appoggiandogli una mano sulla spalla.
Nadia fece un sospiro sottile, era sollevata dai modi di Leo; quello che aveva visto nella mente di Mick l’aveva resa tesa, non sapeva più chi aveva di fronte…erano cambiati molto, ma quel gesto la tranquillizzò. Forse erano un po’ più induriti, ma sempre loro.
 
“Leonardo ha ragione Michelangelo, non ti preoccupare. Come vedi sto bene.” Fece per rassicurarlo, ma il più giovane dei fratelli vide oltre al tirato sorriso e si rabbuiò. Sentiva chiaramente che la ragazza stava provando un senso di peso all’altezza del petto, come se ci fosse qualcosa che non andava; inoltre, stava parlando in modo forzato. Quelle sensazioni, quel modo di fare, quegli atteggiamenti, erano una reazione a qualcosa che conosceva bene.
 
“Quindi, la replica ha subito gli stessi effetti che avrei vissuto nel sogno…ma com’è possibile?” chiese Nadia rivolta a Don, cercando di fare un minimo di chiarezza.
 
“Non lo sappiamo, ma abbiamo capito che potrebbe essere una sorta di visione.” Chiarì il genio controllandone le pupille con una piccola torcia.
 
“Ti dispiace smettere di accecarmi?” fece proteggendosi gli occhi con una mano.
 
“Lasciami fare. Hai un paio di costole incrinate e sei stata colpita alla testa, devo valutare se hai subito un trauma cranico.” Proferì Don continuando a puntare il fascio luminoso.
 
“Come ho detto, sto bene. Non c’è motivo di preoccuparsi e sono perfettamente in grado di capire se ho bisogno o meno di qualcosa.” Continuò ad insistere nervosamente e allontanando la torcia.
 
“Da come ti comporti non si direbbe! Sembri una bambina!” disse con tono spazientito Mickey. Tutti si voltarono nella sua direzione con aria sorpresa: non era da lui rimproverare gli altri, di solito si limitava a fare una battuta. Forse la sincronizzazione aveva dato degli effetti inaspettati.
 
“Fatti visitare da Don senza ribellarti, hai più di vent’anni e lo puoi capire da sola che siamo preoccupati per te! Smettila di sentirti un peso!” continuò ad insistere l’arancio. L’argomento gli dava particolarmente ai nervi.  
 
“Un peso?” chiese Luca. “Ancora con questa storia Nadia?” il dodicenne aveva l’aria alterata. “Ma quando la pianterai? L’ultima volta non ti è bastato? Non sei invincibile, stupida!”
 
“Cosa c’entra l’ultima volta? Quella è tutta un’altra cosa! E non darmi della stupida, cerco solo di proteggervi.” Replicò la ragazza.
 
“E da cosa, precisamente, vorresti proteggerci?” chiese sarcasticamente il dodicenne.
 
“Da quello che può ferirvi! Non voglio darvi responsabilità non vostre.”
 
“I tuoi problemi e le responsabilità, possono ferirci? Sono forse mine antiuomo? Strano, qualche responsabilità me la sono presa e non sono ancora saltato in aria!”
 
“Smettila di fare lo scemo!”
 
“Perché dovrei? È normale che sia agitato, sono preoccupato per te! Sono piccolo, ma non sono così rincoglionito! Sai una cosa? Sei davvero cretina a nascondere quello che provi!”
 
Stupida e cretina,  adoro farmi insultare!” proferì sarcastica e alzando il tono di voce. Quella conversazione stava prendendo una brutta piega. “Vedi di darti una regolata peste! Nessuno ti ha chiesto di preoccuparti, ai miei problemi ci penso da sola!”
 
“Nessuno me lo ha chiesto e nessuno può impedirmi di farlo! Non sei sola, come facciamo io e Marco a fartelo capire? Solo una persona che si crede superiore non ci arriva! Sei proprio una stronza!” Luca era sul punto di urlare, aveva le guance rosse.
 
“Luca Amato, modera immediatamente il linguaggio!!!”
 
“Basta, BASTA, BASTA!” urlò Marco conficcando le unghie nelle braccia di entrambi.
 
“Ahia! Marco!” esclamò Nadia.
 
“Ma sei scemo?” chiese Luca massaggiandosi la parte lesa.
 
“B-basta, p-per piacere…” proferì a mezza voce, anche se con lo sguardo alterato. Odiava le discussioni, soprattutto quando non portavano a niente. Non si poteva risolvere il problema a quel modo e i suoi familiari sapevano bene come la pensava. Nadia e Luca fecero un sospiro rassegnato, ci erano cascati un’altra volta: finivano sempre a litigare, senza mai arrivare da nessuna parte e facendolo arrabbiare inutilmente.
 
“Marco ha ragione, alzare la voce non serve. E anche Luca non ha torto, con quello che c’è in gioco non ti puoi permettere il lusso di agire di testa tua.” Disse Leo guardando Nadia con una nota di tenerezza “Cerca di riposare, dopo vi porteremo a casa. Nelle tue condizioni è meglio evitare giri per i tetti.”
Tutti iniziarono ad uscire dalla stanza, ma Nadia bloccò Mick afferrandolo per il polso. “Ti puoi fermare un momento?”
 
“Perché?” chiese un po’ teso.
 
“Non c’è un motivo, o meglio c’è ma non so spiegartelo. So solo che se ti sento vicino mi sento bene.” Proferì mettendosi più comoda nel lettino e non lasciando la presa dalla mano a tre dita.
 
“Ehm, ok rimango. Dici che questa tuo sentirti bene dipende dalla sincronizzazione?” chiese l’arancio mettendosi comodo sulla sedia.
 
“Può darsi…ma forse dipende anche da un altro motivo.” Proferì con tono lento e rallentato, aveva gli occhi chiusi e il respiro si stava facendo più regolare. Era completamente rilassata grazie alla presenza di Mick ed esausta a causa del processo, di lì a poco si sarebbe sicuramente addormentata.
 
“Da un altro motivo?” chiese Mick, di tutt’altro umore. Le parole pronunciate da Nadia nascondevano un’informazione e lui desiderava sapere, anche se non sapeva precisamente di che cosa si trattasse.
 
“Ah-ah, da una cosa che ti e mi riguarda.” Pronunciò lei già nel dormiveglia.
 
“E da cosa?” insistette, ma Nadia non rispose. Si era già addormentata, con la mano ancora serrata alla sua e con un’espressione ancora più delicata e indifesa di quanto non avesse nel Dojo.
Mick si passò la mano libera sulla faccia con fare nervoso. Come diavolo faceva quella ragazza ad essere così tranquilla in sua compagnia? L’aveva appena presa a male parole dopo un’esperienza traumatica, facendola anche litigare con Marco e Luca…perché diamine non era stato zitto? E perché lei non se l’era presa? Più stava in sua compagnia e meno ci capiva, di lei ma anche di se stesso.
Forse, si era lasciato influenzare da quel senso di peso che Nadia si portava nel petto. Era così simile al suo. Che anche lei potesse viversi quell’oppressione costante, quel senso di inadeguatezza, quel fastidioso senso di colpa, lo faceva imbestialire; ma in fondo neanche lui non era stato in grado di fare nulla, se lo portava ancora dietro. Era dannatamente facile parlare degli altri, ma decisamente più difficile occuparsi di se stesso.
……
Il Sensei si stava dirigendo in camera con l’intento di contattare Mortu per tenerlo aggiornato e per rimettersi in contatto con il Daimyo; il suo amico aveva avuto delle visioni simili alle sue nei mesi trascorsi e dato che la situazione si stava chiarendo, tenerlo aggiornato gli sembrava una cosa utile. Si soffermò sull’uscio notando del movimento, Raffaello si stava dirigendo a passo veloce su per le scale, inseguendo Leonardo.  

“È facile parlare agli altri dei propri limiti, vero Leo?” la voce di Raf lo sorprese mentre si dirigeva in camera. Erano entrambi sulla passerella del rialzamento sopra il laboratorio.

“Mi sembrava strano che non avessi nulla da dire…a cosa ti riferisci?” chiese infastidito Leonardo.

“Che dovresti riflettere sulle tue parole! Quella discussione mi è sembrata…molto familiare.”

“Con chi credi di parlare? In questi mesi ho riflettuto su quello che è successo, sui miei errori. Quando mi sono rivolto a Nadia, non ho aperto bocca per farle prendere aria.” Ribatté infastidito.

“Ma come al solito, non hai parlato con noi dei tuoi pensieri…cos’è cambiato da cinque mesi fa Faerless?” chiese a braccia conserte.
Si scambiarono uno sguardo teso, sarebbe bastato un niente per iniziare una nuova discussione.

“Scusa per prima Marco…” la voce di Luca portò entrambi e il Sensei ad osservare nella sua direzione. I due Amato erano di fronte al televisore acceso, uno di fianco all’altro sul divano.

“Lo so che non sopporti vederci litigare, ma Nadia mi ha fatto davvero incazzare! Se continua a non parlare si sentirà di nuovo in trappola, esattamente come due anni fa.”

“Nono, due anni fa no!” esclamò teso Marco scuotendo l’indice.

“Lo so, è stato un inferno, soprattutto per te…hai rischiato di perdere anche lei, non solo gli zii, cioè, i tuoi genitori. Non ha imparato nulla da quell’esperienza. È proprio infantile quando insiste a fare tutto da sola, sembra non si fidi di noi.”

“Stanno parlando di Nadia o di te?” chiese ironicamente Raf.

“Ssst! Potrebbero sentirti. Evitiamo di fargli credere che li stiamo spiando, ok?” cercò di zittirlo.

“Perché, non è quello che stiamo facendo?”

Un sorriso si delineò sul volto del saggio topo, poi si infilò nella propria camera; la presenza dei tre giovani stava aiutando i suoi figli a smantellare i muri che si erano innalzati qualche mese prima, era sempre più convinto che la loro presenza fosse un segno e una sorta di benedizione. Ma come genitore e Maestro, il suo compito non era quello di osservare, aveva un altro obiettivo.

I due fratelli Hamato, continuarono ad osservare la scena: Marco, fisso con lo sguardo verso il televisore, allungò una mano per stringere quella del più piccolo che stranamente non si ritrasse.

Luca fece una mezza risata “Lo so, sono uno stupido. Lei si fida di noi, ha solo paura di non essere capace di aiutarci, fa fatica a farlo con se stessa.” Il dodicenne si stava passando una mano sulla fronte con fare nervoso, quel discorso era davvero pesante. Ma poi fece un sorriso. “Sai? Sto pensando che forse è stato un colpo di fortuna che abbia fatto la sincronizzazione con Mick, adesso è costretta a dire sempre come sta. Nadia sarà anche un po’ chiusa, ma Mickey non molla.” Il ragazzino si mise in piedi di scatto “A proposito…” proferì con un ghignetto, dirigendosi verso la porta del laboratorio di soppiatto.
 
“Cosa vorrà fare?” chiese Leo a Raf.
 
“Dare un’occhiata ai due…aspiranti innamorati multidimensionali.” Fece con un mezzo sorriso.
 
“Di che parli?” chiese allibito.
 
“Non hai notato le particolari attenzioni di nostro fratello verso la bionda?”
 
Leo piegò gli occhi in un’espressione scettica. “Secondo me, hai frainteso.”
 
“Non credo…” proferì “Forse sei tu che non vuoi farci caso.”
 
“Non ci provare Luca!” esclamò Donni, bloccando il dodicenne dall’aprire la porta del laboratorio afferrandolo per la felpa.
 
“Andiamo Genio, non ho fatto niente!” Provò a difendersi il ragazzino.
 
“Se spiare la gente ti sembra niente, allora ti ho impedito di fare niente.” Asserì il viola trascinandolo per la collottola lontano dalla porta.
 
“Non li stavo spiando, volevo solo controllare! Mick ha messo gli occhi su mia cugina e deve superare diversi test prima di fare qualsiasi cosa.” chiarì furbamente.
 
“Primo: sono un convinto sostenitore della privacy, non abbiamo il diritto di disturbarli. Secondo: non credo che mio fratello sia interessato a tua cugina come pensi, ma in quel caso sarebbero fatti loro, tu non c’entri.” Concluse lasciando la presa e guardandolo negli occhi. “Hai bisogno di distrarti. Perché non chiedi a Raf di farti vedere la sua moto, scommetto che muori dalla voglia di vederla.”
 
“Bravo Don, molla la peste a me!” proferì infastidito ad alta voce Raf, scendendo dalle scale insieme a Leo.
 
“Sarebbe fantastico!” Esclamò Luca entusiasta “Per piacere, per piacere, per piacere…mi fai vedere la tua moto?” chiese speranzoso con le mani giunte in preghiera. Raf alzò gli occhi al cielo e fece segno di seguirlo nel garage. Le due serrande erano proprio alle loro spalle.
 
“Si!” esclamò il più piccolo con un gesto d’esultanza.
 
“Azzardati a toccare qualcosa e giuro…”
 
“Non toccherò niente, promesso!” si affrettò ad aggiungere, correndo per precederlo.
 
Una volta che si furono allontanati, Leo si rivolse a Don “Che ne pensi?”
 
“A proposito di cosa?”
 
“Di quello che ha detto Luca, anche Raf mi ha fatto notare che Mick ha degli atteggiamenti particolari nei confronti di Nadia.”
 
“Come ho detto a Luca, sono fatti loro. Perché ti preoccupi?”
 
Leo si passò una mano sulla testa con fare nervoso, stava per toccare un tasto delicato, per suo fratello e in modo diverso…per lui. “Oltre all’implicazione che siamo mutanti…Nadia non è di questo universo, dovrà tornare a casa prima o poi.”
 
Don sgranò gli occhi per poi piegarli in un’espressione triste. “Rimango della mia idea, non abbiamo il diritto d’intrometterci, anche se significa veder soffrire Mick. Per favore, non fare il fratello maggiore apprensivo, lasciagli vivere quello che sceglie. Non sarebbe giusto privarlo di…questo. Come sai, parlo per esperienza personale.”
 
Marco, rimasto fino a quel momento davanti alla tv, si avvicinò ad entrambi un po’ incerto “Tanto male…” proferì con voce sottile. Stava studiando in modo attento e coinvolto le espressioni dei due.
 
“Non preoccuparti Marco, sono cose che ci faranno sempre male, ma stiamo meglio di qualche mese fa…” chiarì Leo con un sorriso tirato.
 
Ci faranno sempre male?” chiese Don. Non sapeva che Leo avesse provato qualcosa di simile. A dire il vero, non sapeva quasi più nulla di suo fratello, negli ultimi anni aveva viaggiato molto e dal litigio non si erano più rivolti parola.
 
Leo sbuffò, gli era sfuggito qualcosa di troppo. “Senti, mi rendo conto che dovrei parlarne, ma non ci riesco. Ho sempre risolto i miei problemi da solo e per il momento voglio continuare a farlo. Mi dispiace Don…” concluse allontanandosi.
 
“Solo…da solo.” proferì a mezza voce Marco, con lo sguardo fisso sul leader.
Il genio si voltò verso di lui sorpreso. La voglia di entrare in contatto con quel ragazzo, capire cosa provasse e cosa gli passasse per la testa, stava diventando sempre di più fondamentale, un elemento importante. Avere la sua stessa sensibilità, o aiutarlo a renderla di più chiara comprensione sarebbe stato molto utile.
Cogliendo quella parola, Marco aveva capito il nocciolo della questione: Leonardo si era sentito distanziato a causa del ruolo, finendo in una situazione di puro isolamento, solo contro il mondo. Ma era una cosa che tutti loro avevano sperimentato, anche Don sapeva cosa significasse sentirsi soli e sicuramente anche gli altri fratelli e i tre connettori avevano sperimentato una cosa simile. In fondo, tutti ci sentiamo soli al mondo.
Era un filo conduttore e se dovevano analizzare le loro difficoltà prima di incontrare il Nemico, era un argomento che andava affrontato.
Un’idea si fece strada nella sua testa.
……
“Che figata!” esclamò Luca davanti alla moto di Raf con gli occhi entusiasti.
Nera e rossa fiammante, dal design aggressivo, una moto da strada di cilindrata potente, perfetta per il suo proprietario. Quanto avrebbe voluto farci un giro, ma era troppo piccolo, ne sarebbe rimasto schiacciato. Ancora una volta, essere troppo giovane si stava rivelando un problema.
 
“Bene, ora che l’hai vista, torniamo indietro…” proferì insofferente Raffaello.
 
“Oh, andiamo! Fammela ammirare qualche minuto. Non la sto toccando!”
 
“Ci mancherebbe altro!” esclamò prendendo una chiave inglese da dodici. “Dato che vuoi fermati qui, ne approfitto per dargli una sistemata: ho sentito uno strano rumore durante la ronda dell’altro giorno.”
 
“A proposito…” cominciò Luca accomodandosi su un barilotto in alluminio poco distante. “Quando ci porterete di ronda con voi?”
 
“Mai ragazzino! Si rischia la vita di notte, non sarete mai pronti!” fece secco e aprendo la copertura del motore.
 
“Ma non è giusto! Veniamo addirittura da un’altra dimensione e non ci fate fare neanche un giro con voi?”
 
“È per la vostra sicurezza, di gente che si caccia in situazioni difficili ne abbiamo conosciuta parecchia e non tutti ne sono usciti indenni.” Proferì con una nota di tristezza. Mettendo le mani nelle parti meccaniche si imbrattò le dita d’olio, maneggiava il motore con maestria, Luca lo osservava affascinato.
 
“E di Casey che mi dici? Non è mai stato un combattente esperto, però lo portavate con voi.”
 
“Vero, ma Casey è un caso particolare: se si mette in testa qualcosa non riesci a fargli cambiare idea; e poi, anche lui ha deciso di smettere. April è in cinta di otto mesi e Shadow ha solo quattro anni, è diventato un capofamiglia.” *(2)
 
“Ha già figliato? Cazzo, non ha perso tempo!”
 
“Diamine, alla tua età non avrei mai usato quel linguaggio, non ad alta voce almeno. Ripeto: hai davvero dodici anni?”
 
“Che ho detto di male? Ha avuto una figlia da April, ne aspetta un altro e si è sposato solo quattro anni fa. Un killer, ad ogni colpo un cadavere!” proferì furbamente.*(3)
 
“Hehe, sei tagliente ragazzino! Comunque non è come pensi, Shadow  l’hanno adottata.”
 
Luca si irrigidì vistosamente, quell’argomento lo seguiva dappertutto, anche in quella dimensione. Sembrava un’autentica maledizione.
 
“È la figlia di una vecchia amica di Casey: quando un cancro se l’è portata via,  i due novelli sposi hanno deciso di adottarla. Quella piccola non aveva padre, nonostante avesse appena un anno, morta Gabe è rimasta completamente sola.” Proseguì la spiegazione il rosso. Alzò lo sguardo per vedere cosa stesse facendo Luca. Era diventato troppo silenzioso, la cosa era sospetta. “Tutto ok?” gli chiese.
 
“Si, certo…” proferì il piccolo fingendosi interessato agli attrezzi che aveva vicino.
 
“Guarda che riconosco quando mi si nasconde qualcosa, ho passato anni a cercare di capire i mutismi di Leo.”
 
“Io non ti nascondo proprio nulla, ti sto evitando una scocciatura. Non sembri interessato a conoscermi, perché dovrei parlarne con te?” proferì un po’ acidamente.
 
“Hai ragione, non devi, probabilmente non sono la persona giusta. Cercavo solo di ascoltare, secondo i miei fratelli non lo faccio, non mi metto nei panni degli altri, ma con te mi è venuto spontaneo. Per certi aspetti mi somigli molto, nel carattere e nel modo di reagire sembriamo la stessa persona.”
 
“Forse ci somigliamo, ma non è un buon motivo per costringerti a capirmi. È una fregatura mettersi nei panni degli altri; quando inizi, senti il dovere di stare attento a quello che gli altri provano, ma non è mai una cosa reciproca. Con i miei genitori ho fatto dei tentativi, ma non sono proprio riuscito ad accettare che se ne siano andati. Perché si aspettano che lo facciamo?”
 
Raf alzò lo sguardo dal suo lavoro “Non lo so, forse lo fanno per cercare di aiutarci; a mio parere parlare e dare buoni consigli agli altri, è molto più facile. Ma su una cosa hai ragione Luca: è una fregatura.”
 
Il dodicenne sorrise. “Che hai per fare quella faccia compiaciuta?” gli chiese il rosso.
 
“Oh, niente…mi hai chiamato per nome. Forse, cominci a fidarti.”
 
“Non farci l’abitudine, è stato un caso.” Ribatté con un ghignetto.
 
“Sarà…ma se vuoi parlare, se vuoi essere ascoltato, puoi contare su di me.” Proferì avvicinandosi e tendendo una mano in direzione del mutante.
Raf rimase sbalordito, dodici anni e si stava proponendo. Solo Casey e in maniera diversa i suoi fratelli lo avevano fatto, da una persona tanto giovane e appena conosciuta non se lo aspettava.
 
Rispose alla stretta proferendo “Va bene Luca. Ma vale anche per te, non credere che lasci perdere il mutismo di poco fa.”
Luca alzò un angolo della bocca, era il primo adulto che non si arrendeva ai suoi modi spinosi, il primo che volesse capire.
….
Mick continuava a fissare il volto di Nadia, era così rilassata mentre dormiva, così fiduciosa di chi le era accanto. Lo percepiva da ciò che rimandava, era come se averlo vicino e il tocco della sua mano, le desse la sensazione di un’immersione in un liquido tiepido, profondamente protetta e avvolta.
Non capiva come fosse possibile. Anche se non ne avevano parlato, sapeva perfettamente che Nadia aveva visto il ricordo del loro litigio sopra il tetto fatiscente di cinque mesi prima. Aveva percepito distintamente la sensazione della pioggia, quel freddo dentro e fuori che ancora faticava ad allontanare durante le sue notti insonni.
Era stato la causa della morte di due giovani amici, era stato il motivo della discussione e del loro allontanamento. Come poteva fidarsi di un tale immaturo e sconsiderato mutante?
 
“Mick…” Leo era sporto oltre l’uscio del laboratorio “Come sta?” chiese entrando.
 
“Bene credo. Si è addormentata appena siete usciti. Se mi avesse lasciato la mano, vi avrei raggiunto ma...ho preferito non svegliarla.”
 
“A quanto vedo, aveva decisamente bisogno di riposare. Senti, ho delle cose che vorrei chiederti, hai voglia di fare due chiacchiere?” si era procurato l’altra sedia del laboratorio mettendosi vicino al fratellino, ad intendere che non aveva nessuna intenzione di accettare un no come risposta.
 
“Va bene…” rispose poco convinto il minore.
 
“Ti è ricapitato di percepire qualcosa di strano mentre non c’eravamo? Hai presente quando gli occhi ti sono diventati aranciati nel sentire il risveglio di Nadia, o il fatto che sembri in grado di leggerle i pensieri?”
 
“Bhe, no non è più successo. O almeno non credo, ma dalla fine del processo mi sento diverso, questo si. Perché mi fai questa domanda?” Era da tanto che Leonardo non gli parlava, poteva essere un buon segno, ma una parte di se sapeva che c’era dell’altro, una questione urgente che desiderava affrontare.
 
“Perché sono preoccupato, non voglio che questa situazione con Nadia possa…degenerare.”

Mick si irrigidì, aveva visto giusto, c’era un motivo e a suo parere era anche inopportuno; Leonardo si stava addentrando in un discorso che non aveva alcun diritto d’affrontare. Anzi, non c’era nulla d’affrontare, nemmeno lui sapeva cosa si stava vivendo e sicuramente suo fratello non lo poteva sapere.

“Non ti seguo…” proferì vago.

“Andiamo Mick! Sei qui, vicino a lei, le tieni la mano per farla dormire…è un atteggiamento inequivocabile!” Leonardo stava perdendo la pazienza, anche se non se ne era accorto subito come gli altri, in quel momento era evidente che Mick si stava affezionando a Nadia e non come semplice amica.

Conosceva bene quell'illusione di potersi concedere una vita di coppia, un innamoramento, quel sentimento che ti fa sentire parte di qualcosa, ma che alla fine di tutto ti porta ad un nuovo scontro con la dura realtà. Non voleva che suo fratello soffrisse quanto lui, nonostante Don lo avesse avvertito, il suo istinto protettivo aveva preso il sopravvento.

“Non ti preoccupare fratellone.” L’ultima parola fu pronunciata con tono ironico, a sottolineare quanto fosse inutile fare la parte del maggiore. “Non ho intenzione di ripetere gli errori di Raf e Don. Sono consapevole della mia posizione e di quanto la missione sia più importante di qualsiasi altra cosa. Non ci tengo a rovinare tutto un’altra volta!”
 
“Non ho detto questo Mick…”
 
“Non l’hai detto, ma l’hai pensato…e per me è più che sufficiente.”
 
Leo si alzò dalla sedia, senza aggiungere altro sull’argomento. Una volta che aprì l’uscio proferì “Avviso gli altri e prepariamo il Tarta-corazzato. Sveglia Nadia, ci vediamo al garage tra pochi minuti.”

L’interpellata in realtà si era già svegliata; nel momento in cui Mick si era irrigidito, una sorta di calore dietro alla nuca, rabbia per la recisione, l’aveva svegliata definitivamente dal torpore che l’aveva invasa; ma aveva preferito rimanere con gli occhi chiusi. Quella discussione la fece sentire in colpa, in qualche modo il loro arrivo stava portando a galla tante questioni rimaste in sospeso; c’erano troppi elementi ancora non detti, problemi non affrontati, confusioni e fastidi che impedivano la libertà di confronto.
Ma l’aspetto che la fece preoccupare di più era quella sensazione di profondo legame instaurato con Mick. Adesso era chiaro: i sentimenti che viveva il mutante erano parte di lei e probabilmente avveniva anche l’inverso; capire dove cominciava la mente dell’uno o dell’altro nei momenti dove i sentimenti prendevano il sopravvento era un’impresa quasi impossibile.
Urgeva del tempo per capire come affrontare la situazione. Avevano davanti un lavoro enorme, prima che arrivasse il Nemico.
 

Zona dell’autore:

Ciao a tutti!
Spero che questa volta vi siate anche divertiti, la scena di Luca che va a curiosare mi è sembrata adatta allo scopo. Il bello, è che in questo capitolo i miei personaggi si sono mossi da soli, ormai parlano al posto mio.
Spero che le dinamiche tra tutti vi abbiano coinvolto, mi sono inspirata a eventi realmente accaduti per ognuna delle discussioni.
Il Litigio tra i tre giovani Amato ha fatto intuire un po’ le dinamiche familiari a cui anche loro dovranno dare un risvolto al positivo, se vogliono affrontare il Nemico con nuova consapevolezza. Mi rendo conto che la reazione di Marco forse non è stata affrontata in modo chiaro…se ci fosse bisogno di un chiarimento fatemi sapere.
Nadia e Mick sono entrati in sintonia e cominciano a capire che si è instaurato un legame più profondo di quanto si potessero immaginare; ma come si è visto l’interesse di Mick verso la giovane connettore non è passato inosservato.
Don comincia a percepire l’importanza di Marco e della sua sensibilità; è solo una sensazione per il momento, ma gli ha fatto nascere un’idea che vedremo evolversi nei prossimi capitoli.
Luca inizia a rilassarsi e anche Raf si dimostra attento nei confronti del ragazzino…l’unico che rimane ancorato alla sua sensazione di solitudine è Leonardo, chissà se riuscirà a lasciarsi un po’ andare.
Passiamo alle spiegazioni:
*(1) L’urlo fatto da Raf è un richiamo al primo incontro tra le Tartarughe e April, quando Mick si mette ad ascoltare la musica mentre gli altri cercano di far riprendere una giovane April ancora svenuta. L’ho sempre trovato divertente quel momento, come se Michelangelo fosse sempre in una dimensione diversa rispetto ai suoi fratelli. Raf tra tutti è il solo che cerca di riportarlo alla realtà con i suoi modi anche spinosi, ma che nascondono anche la voglia di avere il fratellino più coinvolto.
*(2) Qui parlo di Shadow, la bambina adottata da Casey nel fumetto americano originale. La storia di Casey e Gabe mi ha lasciato l’amaro in bocca, ma la piccola l’ho sempre trovata adorabile; nella mia storia ho dato un risvolto differente: Gabe e Casey non sono mai stati amanti, solo amici. Figuriamoci se  April non accoglierebbe a braccia aperte un’orfana. Ecco come nasce una famigliola New Yorkese dai trascorsi vari e inquieti. La famiglia Jones entrerà mai in contatto con i connettori? Vedremo…
*(3) Luca dice che Casey si è sposato solo quattro anni fa, perché secondo una mia ricostruzione il matrimonio è avvenuto nell'anno della maggiore età delle tartarughe: con il terminare della serie animata si è dato il via libera al film Turtle forever, che segnerebbe la fine del periodo Teen-ager. In altre parole: con l’ultima puntata della serie Back to the siewer siamo nei diciotto anni dei quattro, ma con il film siamo nei diciannove.
Se qualcosa non fosse chiaro, sono sempre e comunque disponibile. Come sono sempre e comunque felice che mi stiate leggendo!
Alla prossima!
Mellybonf.
   
 
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