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Autore: cin75    11/04/2017    8 recensioni
Che cosa accadrebbe se i due Winchester , bugiardi per lavoro, si trovassero a che fare con il dott. Cal Lightman, che invece, di professione studia l'espressioni facciali per capire chi mente?
Non credo si metterebbe bene!
Genere: Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Chi sono quei due?!” chiese Lightman.

“Erano sul posto quando la polizia è arrivata. Stavano per svignarsela, ma sono riusciti a fermarli in tempo, prima che se la filassero con la loro macchina!” rispose l’agente dell’FBI al suo fianco e indicando l’auto in questione. “Dobbiamo chiarire la loro presenza qui anche se non abbiamo niente per trattenerli a lungo.”

Lo studioso facciale, guardò ancora per un attimo i due fermati e poi spostò lo sguardo verso l’auto indicata.

“Wow!!” esclamò sorpreso e affascinato. “Una meraviglia di auto, oserei dire. Una Chevy Impala del 67, uscita dalla General Motors quasi per sbaglio. Credo che i caporioni dell’epoca ancora si mangino le mani per non averla pubblicizzata come si meritava. Quell’auto è un vero pezzo di storia, Reynolds.” Fece ammirando con adulazione, la macchina ferma in sosta.

Il federale lo guardò stupito di scoprire quel lato del suo pseudo collega di lavoro. “Bene! Ora che ha finito di fangerlare per quell’auto, puoi degnarmi della tua attenzione?”

“Certo!” lo assecondò Lightman. “Ma voglio quei due nella sede della Lightman Group e non all’FBI!”

“Cosa?...e perché?!”

“Perché hanno tanti segreti quanto sono alti!” rispose criptico e un secondo dopo si infilava nella sua macchina.

“E tu lo hai capito guardandoli da quaggiù?!” gli gridò dietro Reynolds.

“Sono pagato e anche profumatamente dai tuoi capi per capire certe cose!” e andò via, lanciando un ultimo sguardo malinconico alla Chevy.


 

Circa un ora dopo, Sam e Dean, erano seduti negli uffici della Lightman Group. Stanze separate ovviamente, su richiesta di Cal Lightman, il titolare.


 

Sam, seduto al tavolo bianco della stanza in cui si trovava, si guardava intorno fissando le grandi vetrate a specchio da cui sicuramente qualcuno stava osservando anche lui. Pensava e ripensava a tutto ciò che era accaduto, a come avevano quasi risolto l’ennesimo caso – dato che il collega del mostro di turno era riuscito a sfuggirli e loro erano stati fermati dalla polizia, quella vera però! - a quello che doveva dire per cercare di tirarsi fuori dai guai, perché, per stare lì dentro, erano decisamente nei guai .

E soprattutto , pensò a quanto erano stati incoscienti e stupidi a non svignarsela subito dopo aver fatto fuori il loro obiettivo soprannaturale.

John Winchester si sarebbe , o meglio, di certo, si stava rivoltando nella tomba, a vedere come erano stati stupidi i suoi due figli.


 

E mentre era concentrato su quei pensieri, la porta della piccola stanza si aprì e una ragazza dai lunghi capelli neri vi fece ingresso. Lei lo guardò appena e con una sottile indifferenza poggiò i fascicoli e l’agenda che aveva tra le mani dinnanzi a lei, poco distanti dal giovane fermato.

“Salve, agente Collins!” fece la ragazza guardandolo con attenzione.

Sam, sbattè talmente impercettibilmente gli occhi che forse nemmeno si rese conto di averlo fatto.

“Sempre se questo è il suo nome!” proseguì la ragazza.

Il cacciatore deglutì. “Certo che lo è!”

Lei alzò un sopracciglio compiaciuta.

“No. Decisamente non è il suo nome!” asserì convinta lei, appuntando qualcosa sulla sua agenda.


 

Ma chi cazzo è questa??, si ritrovò ad imprecare Sam nella sua testa.


 

“Signorina….”

“Già, mi scusi. Mi chiamo Ria Torres e sono qui per farle qualche domanda. Giusto per chiarire la sua posizione in questa indagine e riguardo l’omicidio su cui lei e il suo ..collega.. dite aver indagato.” riassunse brevemente.

“Signorina Torres, le vorrei solo dire che state trattenendo degli agenti FBI sotto copertura senza alcun valido motivo e questo….” Provò a farsi valere il cacciatore in incognito.

“E questo mi creda potrebbe allarmarmi se lei e il suo cosiddetto collega nell’altra stanza foste dei veri agenti FBI. Ma vede, il fatto è che noi lavoriamo molto spesso con il Bureau e possiamo facilmente avere notizie sugli agenti con cui veniamo a contatto. Ma da come reagisce credo che non troveremo nessun Sam Collins o Dean Gabriel nei loro schedari…” continuò l’interrogatrice , soddisfatta della reazione facciale , sempre più impanicata, che leggeva sul volto del giovane che aveva di fronte. “E mi lasci dire che , sono giovane , è vero, ma i Genesis li ascoltavo anche io! Collins? Gabriel? Sul serio?!” detto questo, chiuse la sua agenda e si alzò dal tavolo, intenda ad uscire dalla stanza. Prima di uscire però, si voltò appena verso il ragazzo seduto.

“Devo parlare con il mio capo. Lei , nel frattempo, pensi a qualche altro nome famoso o magari…magari potrebbe dirmi il suo. Quello vero, intendo!!” e uscì, notando chiaramente, gli occhi di Sam che si strinsero su di lei, le spalle che si tirarono indietro come per cercare più sicurezza, la mano che si contrasse istintivamente ma nervosamente sul tavolo.


 

Cazzo!!, esalò mentalmente Sam.


 

Se quella aveva sgamato lui, che di solito era quello più lucido e diplomatico in quelle situazioni con le forze dell’ordine, che diavolo sarebbe successo o stava succedendo con Dean?

Di certo il fratello maggiore, si sarebbe sentito come Luke al cospetto di Darth Vader e il suo controllo mentale.

Il che sarebbe stato un casino. Un vero e proprio casino!!


 

Poco fuori dalla stanza bianca, Torres raggiungeva i suoi colleghi in ascolto, Loker e Foster.

“Allora?!” fece la ragazza alla collega.

“Cavolo, quel ragazzo è un libro aperto sulle bugie.”

“E l’altro non è da meno!” aggiunse Locker , indicando lo schermo da cui venivano le immagini di Lightman in compagnia di Dean.


 

Cal fissava Dean con aria quasi seccata. I suoi occhi sembravano scrutare ogni centimetro del suo viso ma anche dei movimenti del suo corpo. Ogni tanto sembrava che stesse per dire qualcosa, ma poi tirava indietro le spalle e scivolava meglio sulla poltrona su cui era seduto.

Poi un leggero sorriso sornione.

Dean arcuò un sopracciglio e decise di mettere fine a quella specie di gioco del silenzio.

“Ok!, capo. Sono certo di averlo già detto, ma l’ultima volta che qualcuno mi ha guardato così, ci sono finito a letto. Lei è un bel diavolo, ma onestamente ha qualcosina in più che davvero non mi interessa.” disse indicando con il dito indice verso i paesi bassi coperti dal tavolo di legno. “Quindi perché non la smettiamo con questo giochetto dell’intimidazione silenziosa e mi dice perché io e il mio collega siamo finiti qui?!”

Cal gli sorrise ancora e poi si tirò su dritto sulla sedia su cui era seduto in maniera decisamente poco composta come era suo solito.

“D’accordo!”

“Fantastico!” si accodò uno strafottente Dean.

“Chi è il ragazzo nell’altra stanza?!” chiese semplicemente.

“Il mio collega.” disse subito dopo aver impercettibilmente deglutito.

“No, stai mentendo. Chi è ?”

Dean deglutì a quell’asserzione così decisa ma anche lui decise di mantenere la sua posizione menzognera. “Glielo ripeto, lui è….”

“No. Menti ancora.”

“Ma cosa…”

“Il tuo migliore amico?” lo anticipò Cal.

“Senta, non so cosa lei…”

“Il tuo compagno di sotterfugi ?!”

Dean vacillò appena, ma la cosa non sfuggì allo specialista. “Non pensavo si dicesse ancora “sotterfugi”!” provò a svicolare.

“O magari è solo il tuo compagno?!” sembrò volerlo provocare Cal.

“Mi creda è davvero fuori strada. Lei non sa…” stava per dire Dean quando Lightman lo incalzò ancora e fece centro.

“Un parente?”

Sorriso in risposta.

“Un cugino di qualche grado?!” continuò la lista di possibilità fissando ancora quel leggero sorriso sulle labbra del suo interrogato.

“Magari è tuo fratello?!”

Dean tacque improvvisamente, punto nel vivo di quella verità.

“Comincio a stancarmi di questo giochetto, chiunque lei sia, amico. Ora basta!!” si fece improvvisamente serio il cacciatore ancora in incognito.

“Bingo!!! E fratello sia.” asserì soddisfatto Cal. “Maggiore o minore ?”

Il cacciatore sbattè i palmi delle mani sul tavolo di fronte a lui e con aria di sfida fissò gli occhi verdi furenti di frustrazione sull’uomo che aveva di fronte.

“Ne ho abbastanza amico. O lo accusa di qualcosa o lo lascia andare e ce la vediamo tra noi!” sbottò l’interrogato.

“Interessante!!” fece interessato Lightman. “Lui è il minore. Quindi questo , data la tua reazione, nella tua visione delle cose , fa di te…”

“Cosa ?, il fratello maggiore, genio?!” ironizzò Dean, anticipandolo.

“Stavo per dire “quello sacrificabile”!” lo spiazzò Cal.

Dean fece un respiro profondo dopo quella frase. Cercò di riprendere il controllo della situazione e di cercare di essere almeno alla pari con la mente contorta di quel tipo che sembrava essere una macchina della verità di ultima generazione.

Contò piano. Nella mente. Si sforzò almeno di arrivare fino a cinque, ricordando le parole di suo padre John.

Quando sei alle strette, conta fino a dieci e riprendi il controllo. Se non funziona , a cinque , spara!!

Ma data la situazione strana, Dean, credette che il cinque fosse un traguardo più che accettabile per ritornare il freddo cacciatore che perfino l’Inferno temeva. Anche senza fare fuoco.

Anche perché era disarmato.


 

“Che cosa vuole?!” chiese serio e senza più ombra di indecisione.

“La verità!” rispose Lightman.

“Mi creda. La verità , quella che vuole sentire da me, non le piacerebbe.”

“Non mi deve piacere. La devo solo sapere.” Convenne lo specialista.

“E se le dicessi che è una verità che non può sapere?! Che sarebbe così assurda da non sembrare nemmeno la verità?!” sembrò provocarlo Dean.

“Tu mi piaci. È stuzzicante parlare con te, ma questo non cambia quello che sei e che sai e quello che sono e che voglio sapere io.”

“Mi sa che siamo ad un punto morto allora!” fece Dean poggiandosi con la schiena alla spalliera, mentre Cal lo fissava con compiacimento.


 

“Cazzo, lo sta sfidando!” esclamò Locker al di là della stanza. “Era da anni che non avevamo uno scontro del genere. Il ragazzo ha capito il gioco!” disse quasi ammirando il loro “prigioniero”.


 


 

Nell’altra stanza, quella in cui era Sam, Ria era tornata per riprendere il suo interrogatorio.

“Allora Sam, dove eravamo?”

“Alle presentazioni.” replicò ironico Sam, sorridendole.

“Già. A quanto pare lei e suo fratello avete lo stesso stile!” colpì per vedere la reazione del ragazzo che naturalmente non le sfuggì.

“Mio….” ma si fermò e deglutì. “Non so di che cosa…..”

“Oh!!! Tranquillo. Dean non l’ha tradita. Abbiamo solo un modo tutto nostro per capire le cose e Dean da bravo fratello maggiore ha provato a tenerla fuori da questa situazione.”

“Qui non c’è nessuna situazione da cui io debba essere tenuto fuori!”

“Vedremo!” e poi con più decisione. “Da quanto tempo lei e suo fratello ve ne andate in giro per il paese ad immischiarvi in quelli che sembrano essere strani omicidi!?” azzardò furbamente.

“Non ho mai detto che ce ne andiamo in giro per il paese, né che ci immischiamo in quelli che sembrano essere strani omicidi!” sembrò quasi farle il verso Sam.

“Sa che ripetere con sarcasmo una domanda posta è il primo indizio che ciò che si è chiesto è parte della verità?!” lo provocò Ria.

Sam deglutì. “Piccola figlia di….” si ritrovò a pensare. Troppo gentiluomo per dirglielo in faccia??!!

“Senta, finiamola con questa pagliacciata alla Mentalist. Che cosa volete da noi? Non avete prove che ci colleghino a qualsiasi cosa voi crediate che siamo collegati. E le ripeto che noi siamo….”

“Cosa? Agenti FBI? Sottocopertura?” ma prima che Sam potesse mentire ancora, la ragazza continuò. “Ok! Allora mi dia un qualsiasi numero di telefono che mi possa mettere in contatto con un vostro superiore che confermi la vostra posizione.” lo spiazzò passandogli il taccuino e la penna.


 

Fossero stati i bei vecchi tempi, Sam, non avrebbe esitato a tirar fuori il bigliettino con il numero dell’agente superiore Willis ossia uno dei tanti alias del caro vecchio Bobby.

Oppure quello più recente del giovane “boss” FBI “Kevin freaking Solo”.


 

Ma oramai entrambi quei suoi due amici non c’erano più e tutte quelle volte che si erano dovuti infilare nei panni di due agenti federali avevano avuto l’intelligenza di sparire prima dell’arrivo dell’autorità. Quella vera.

Questa volta, però, non tutto era andato secondo i piani, perché quel cavolo di mostro c’aveva messo molto impegno a non farsi ammazzare in fretta e il suo complice era scappato e magari era già pronto da qualche parte a colpire di nuovo.

E loro si erano ritrovati con un cadavere da giustificare e ogni via di fuga impedita.

Ora , a quanto pare, stavano avendo a che fare con delle specie di specialisti della verità.


 

Erano anni che non avevano a che fare con la verità. A meno che non si trattava della verità che legava lui a Dean.


 

“Che cosa volete?!” si ritrovò a chiedere il giovane finto agente.

“La verità.”

“Mi creda. La verità , quella che vuole sentire da me, non le piacerebbe.”

“Non mi deve piacere. La devo solo sapere.” Convenne la ragazza.

“E se le dicessi che è una verità che non può sapere?! Che sarebbe così assurda da non sembrare nemmeno la verità?!”

“Vorrei saperla lo stesso.”

“Ok! Ma ad una sola condizione!”

“Non è nella posizione di dettare condizioni, lo sa questo?!” ribadì Ria.

“Si, ma se non mi fate vedere mio fratello, col cavolo che vi dirò quello che volete!” e questa sì che era la verità.

Ria lo fissò. Nessun battito di ciglia, nessuna titubanza, nessuna variazione nel tono di voce, nessun impercettibile senso di colpa.

La richiesta come la minaccia era assolutamente vera.


 

“Avvisate Cal!” fece Foster, al di la dello schermo che le mostrava quello che accadeva nella stanza.


 

Circa cinque minuti dopo, un addetto della Lightman Group entrò nella stanza in cui Cal e Dean erano ancora intenti a fissarsi e studiarsi come due predatori pronti a scattare uno verso l’altro.

“Dott. Lightman?”

“Sì?!” fece questi senza distogliere lo sguardo dall’uomo di fronte a lui.

“La dottoressa Foster richiede la sua presenza nell’altra stanza.”

“Donne!!” esclamò ironicamente Lightman.

“Sempre sul più bello!” convenne con altrettanta ironia Dean.

“L’ho detto che mi piaci!?, Sì, credo di sì.” Fece mentre si alzava dalla sua sedia.

“Ma non si affezioni troppo, perché andrò via molto presto!” lo provocò ancora , l’altro.

“Non esserne certo, Dean!”

“Lo vedremo.” Rispose il cacciatore mentre il suo strano interlocutore usciva dalla stanza.

Non appena la porta si chiuse, lo sguardo di Dean mutò radicalmente.


 

“Guardate!” esclamò Locker. “E’ passato dalla spudoratezza alla preoccupazione in un battito di ciglia.”

“Naturalmente.” esclamò Cal appena giunto. “E’ preoccupato che sia accaduto qualcosa a suo fratello. Non deve essere una sensazione nuova per lui, dato che ha reagito così velocemente dopo che sono uscito dalla stanza.” E poi guardando Foster, la donna accanto a lui, continuò: “A proposito! Perché sono dovuto uscire dalla stanza?!”

“Perché Sam ha detto a Ria che dirà la verità solo in presenza di suo fratello!” rispose lei.

“Vuole parlare avendo l’appoggio del maggiore?!” ipotizzò Locker.

“In parte. Io credo che questi due condividano molto di più che un semplice lavoro.” Asserì pensieroso. Poi , dando un altro sguardo veloce ma comunque attento ai due ragazzi nelle diverse stanze, ordinò cosa fare. “Diamogliela vinta. Mettiamoli insieme e vediamo quale è la loro verità e se ci prenderanno per il culo, lo capiremo.”


 

Quando Sam fece ingresso nella stanza in cui c’era Dean, chi li osservava dal di fuori, potè notare la non velata sorpresa da parte dei due di vedersi lasciati soli.

Ciò che videro ancora fu un leggero accenno ad un sorriso da parte di Sam e le spalle di Dean che si rilassavano anche se non completamente.


 

Il giovane si sedette accanto al maggiore, tra loro solo sguardi. Gli impercettibili, non per Cal, movimenti degli occhi di Sam verso la porta di uscita.

I leggeri assensi da parte di Dean.

Uno sguardo fugace di tutti e due all’orologio ai loro polsi e poi quello sguardo.

Cal ne fu profondamente colpito. Era uno sguardo preoccupato, ansioso. Era lo sguardo di chi aveva qualcosa da fare ma che sapeva di non poter fare. Era come guardare due soldati pronti all’attacco a cui veniva negata la possibilità di agire.

Due tigri in gabbia.

“Questa è bella. Questa è proprio bella!!” sussurrò solo, prima di avviarsi verso la stanza in cui c’erano i due ragazzi.


 

Quando entrò , gli occhi dei sospettati furono puntati immediatamente su di lui. Fece finta di niente e si accomodò di fronte a loro. O meglio, come al solito, si stravaccò sulla sedia appoggiando il capo su una mano.

“Avanti! Avanti ditemi quello che vi siete appena detti!” comunicò con nonchalance.

I due strabuzzarono gli occhi per la sorpresa di quella richiesta e poi si guardarono reciprocamente. Possibile una cosa del genere?

“Ok, so che possiamo sembrarle tante cose, ma di certo, non siamo stupidi e sappiamo che siamo circondati da microfoni e telecamere. Perciò se va a riguardarsi i video di appena dieci secondi fa, potrà vedere che non abbiamo aperto bocca!” intervenne Dean sporgendosi appena verso il tavolo.

Cal imitò il suo movimento e guadando di sottecchi Sam, rispose.

“Amico, non ho bisogno di parole per capire quando due o solo una persona vuole dire qualcosa. Vedi adesso, per esempio….” fece indicando con il lieve cenno del capo verso Sam. “Tuo fratello, comincia a capire che è inutile mentirmi e la cosa lo sorprende e lo spaventa. Tu….” continuò puntando gli occhi azzurri in quelli verdi di Dean. “Tu….hai le sue stesse emozioni solo che in più vorresti prendermi anche a pugni perché temi che io possa leggere una verità di te che nemmeno tu vuoi sapere o vuoi che sappia il tuo fratellino!”, colpì.

“Figlio di puttana, io…” scattò il maggiore e fermato prontamente dall’intervento di Sam e dalla sua mano sul suo braccio per tenerlo seduto.

“Ok! Ok! Basta così. Non ne usciremo mai da questa cosa se non iniziamo a parlare sul serio!” asserì Sam.

“Ed ecco che la mente comincia ad avere il sopravvento sul braccio!” convenne Cal, ipotizzando i ruoli dei due fratelli.

“Stronzo!” sibilò Dean.

“Me lo dicono in molti!” lo provocò Lightman. “Comunque, Sam ha ragione! Cominciamo a parlare sul serio!” fece appoggiandosi con la schiena alla sedia. “Chi siete? Che cosa fate o meglio che cosa facevate sul luogo di omicidio che dite di non aver commesso? E perché avete l’aria di due che ancora non hanno portato a termine la missione?!” chiese come se avesse appena letto la lista della spesa. Come se si aspettasse che a quelle domande venisse data la risposta più chiara e semplice possibile.


 

Dean rimase fermo a fissare il suo interlocutore. Lo sguardo imperscrutabile, o almeno lui credeva che lo fosse.

Non conosceva ancora Lightman!!


 

Sam, invece, stava riflettendo. Stava studiando al meglio la prossima mossa che dovevano fare per uscire da quella situazione. E uscirne alla meglio.

Prese un respiro profondo, lanciò uno sguardo veloce al fratello al suo fianco e poi agì.

“Siamo Sam e Dean Winchester.” iniziò indicando prima lui e poi il maggiore che strabuzzò gli occhi, fissandolo severamente.

“Sam!!” lo richiamò duramente, il maggiore.

“Siamo cacciatori ed eravamo sul luogo dell’omicidio perché quello che avete trovato morto era un mostro che doveva essere eliminato e quando dico mostro lo dico nel senso letterale della parola.”

“Sam!!” esclamò ancora e con più ammonimento Dean.

“E abbiamo l’aria di chi non ha ancora portato a termine la missione perchè quel mostro aveva un complice che purtroppo ci è scappato e sappiamo, di certo, che si sta preparando a colpire di nuovo, ad uccidere di nuovo. Perché è questo quello che fanno i mostri. Uccidono e lo fanno….” e posò per un attimo lo sguardo sul maggiore che poggiò le spalle contratte alla sedia con aria frustrata.“…e lo fanno fin quando qualcuno come noi non riesce a fermarli.” concluse Sam , quasi sollevato per quella spiegazione tanto vera quanto assurda.


 

Cal lo guardò intensamente. Studiando ogni suo lineamento. Ogni increspatura o ruga del giovane viso. Ogni possibile tremore o indecisione del tono della voce.

Studiò lo sguardo sorpreso e a dir poco furioso dell’altro.


 

“Ora Lightman chiama la neuro!” ironizzò un tecnico al di fuori della stanza, da cui Torres, Locker e Foster stavano assistendo all’interrogatorio.

“Non credo proprio!” si ritrovarono a dire simultaneamente i tre scienziati.

“Non può essere la verità!” fece Foster.

“O forse il ragazzo è paranoico e quindi è convinto di quello che dice!” ipotizzò Locker.

“Credimi, quel tipo è tutto tranne che paranoico. Anzi, è fin troppo sveglio!” replicò Torres che aveva interrogato per prima Sam.






N.d.A.: Ok! diciamo che lascio tutto nelle vostre mani e ci rileggiamo alla fine della seconda parte, che poi sarà il finale!!

Baci, Cin!


 

   
 
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