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Autore: Echocide    12/04/2017    2 recensioni
Tikki è condannata a un'esistenza immortale e susseguita di morti: è una sirena e il suo unico scopo è dare in pasto delle vite umane al Mare, suo Genitore e Sposo. Ma dopo l'ennesima morte, nel piccolo villaggio in cui si ferma, incontra qualcuno...
Plagg odia il mare che gli ha portato via la sua famiglia e odia anche la nuova arrivata, che odora di salsedine, ma allo stesso tempo non può stargli lontano...
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Plagg, Tikki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: La sirena
Personaggi: Tikki, Plagg, Altri
Genere: mistero, sovrannaturale, romantico
Rating: G
Avvertimenti: Alternative Universe, longfic, Original Characters
Wordcount: 2.300 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua con un nuovo capitolo de La sirena (storia per la quale mi sto maledicendo, perché non è per niente facile muovere un personaggio che non può parlare) e, per rispondere a chi nei commenti mi aveva chiesto se ci sarebbero stati anche Marinette e Adrien...beh sì, ci saranno. Non avranno un ruolo primario, ma ci saranno.
Ma vi lascio subito al capitolo e, come sempre, vi ringrazio tantissimo perché leggete le mie storie, le commentate (leggo sempre ogni commento che mi lasciate, anche se sono una pessima autrice e non rispondo mai. Sono pessima, lo so), le inserite nelle vostre liste e me fra gli autori preferiti.
Grazie tantissimo e di tutto cuore!



Tikki strinse le labbra, osservando l’occupante del suo letto mentre la sua mente lavorava alacremente: in verità era tutta la notte che rimuginava dato che il signorino, dopo aver detto tutto quello che gli pareva, si era tranquillamente buttato sul suo letto e si era addormentato.
Senza curarsi di ciò che avrebbe fatto lei.
Era una fortuna che, per una sirena, fosse superfluo dormire.
Tornò di nuovo a prestare attenzione all’ospite non voluto, avvicinandosi e studiandolo in volto: aveva dei lineamenti molto decisi e la pelle era bruciata dal sole, significando che passava molto tempo all’aperto. Ma dove? Nel periodo in cui era rimasta lì, l’aveva visto solamente al bar del paese.
Inclinò il capo, decidendo sul da farsi e lanciando un’occhiata sfuggevole alla sua borsa, abbandonata vicino alla porta: era ancora intenzionata ad andarsene da quel posto e poco le interessava cosa avrebbero pensato di lei gli abitanti o se il suo ospite indesiderato non guadagnasse nulla.
Non era un problema suo.
Osservò per un’ultima volta il ragazzo e poi, silenziosamente, scivolò nella camera fino a raggiungere la borsa, si chinò e strinse la presa sulla cinghia, voltandosi e controllando se il suo guardiano stesse ancora dormendo; con il sorriso sulle labbra, si issò in piedi e si sistemò la tracolla sulla spalla, allungando poi una mano verso la maniglia della porta.
Ancora poco e sarebbe potuta andare via da quel posto.
Ancora…
«Dove stai andando, sirenetta?»
La voce del ragazzo la fermò, Tikki si voltò osservandolo mentre, comodamente poggiato sui gomiti, la fissava dal letto, con lo sguardo verde che non era per niente assonato, come quello di una persona che si era svegliata dal momento: le sorrise, passandosi una mano fra i capelli scuri, spettinandoli più di quel che erano e osservandola divertito, quando un’espressione di puro disappunto le apparì in volto.
Plagg era sveglio già da un po’, per quanto la sirenetta fosse silenziosa a livello di voce, non lo era altrettanto quando si muoveva e lui era rimasto in ascolto, mentre lei si aggirava per la stanza: aveva trattenuto il fiato, quando l’aveva sentita avvicinarsi, per poi rilasciarlo quando si era allontanata.
Aveva socchiuso le palpebre, osservando la figura della ragazza avvicinarsi alla porta e, solo allora, aveva deciso di intervenire onde evitare che la sua fonte di guadagno se ne andasse: «Anche oggi sei di poche parole, noto.» dichiarò, stirando i muscoli delle braccia e sorridendo all’espressione di puro odio che la ragazza aveva in quel preciso momento: ah, se uno sguardo poteva uccidere…
Si alzò in piedi, sistemandosi la maglia e osservandola di sbieco: «Non penso che tu mi abbia detto come ti chiami, vero? Per caso è Ariel, il tuo nome?» le domandò, osservando lo sguardo blu – lo stesso colore del mare – fissarsi inespressivo su di lui, poi la ragazza incrociò le braccia, voltandosi di lato e non degnandolo di una risposta.
«Guarda, non ho nessun problema a chiamarti Ariel, sirenetta. Oppure Rossa, eh? Che ne dici?»
La ragazza alzò gli occhi al cielo, tenendo sempre le labbra sigillate e sciogliendo le braccia intrecciate, si avvicinò al tavolino ove la sera precedente aveva abbandonato il bloc notes e, chinandosi, scrisse velocemente una parola, mostrandogli poi il foglio: «Tikki…» lesse Plagg, facendo scivolare lo sguardo dalla parola, vergata velocemente, al volto della ragazza: «E’ il tuo nome?»
La rossa annuì e Plagg la imitò, rileggendo il nome e poi sorridendole: «Tikki. Perfetto. Io mi chiamo Plagg.» si presentò, posandosi il palmo aperto sul petto e osservandola mentre piegava le labbra in un sorriso, mentre una nota ilare le illuminava lo sguardo: «Trovi buffo il mio nome, rossa?»
Tikki scosse il capo, chinandosi e, dopo aver girato il foglio, scrisse velocemente qualcosa: «Mi chiamo Tikki, non rossa. E sì, il tuo nome è buffo.» lesse Plagg, quando lei gli mostrò la pagina, imbronciandosi: «Non è buffo, è un nome…beh, particolare.» La ragazza lo fissò per un secondo, scuotendo la testa e andando verso la sua borsa: «Ehi, ti ho detto…» iniziò Plagg, zittendosi quando lei alzò l’indice destro verso di lui, come a intimarlo di stare in silenzio.
Il ragazzo sbuffò, osservandola mentre recuperava una felpa e la indossava, facendo notare solo in quel momento che lei era stata con una canotta per tutta il tempo in cui avevano parlato, aveva anche pensato di uscire in quel modo e fuori, per quanto non fosse ancora freddo, non c’era certo la temperatura ideale per andarsene in giro con le braccia completamente nude: «Ma non hai freddo?» le domandò, incrociando le braccia e osservandola, mentre indossava il capo di vestiario: «Ok, il fatto che tu abbia messo una felpa dovrebbe essere una risposta affermativa, giusto?»
La ragazza sorrise, annuendo con la testa e poi legandosi i lunghi capelli rossi in una coda di cavallo e pettinandola poi con le dita, lasciandola adagiata sulla spalla sinistra: «Sai, penso che abbiano inventato una cosa chiamata pettine. Dovresti provarlo, fa miracoli contro i nodi…» Tikki l’osservò, alzando poi le spalle e recuperando il bloc notes: «Posso uscire?» lesse Plagg, quando lei gli mostrò la pagina: «Ovviamente, finché non lasci il paese, puoi fare quello che vuoi. Ed io sarò la tua fedele ombra.»
Vorrei andare in un posto. Da sola.
«Sarò la tua fedele ombra.» ripeté Plagg, sorridendo di fronte all’espressione furente che aveva assunto nuovamente Tikki: «Anzi, sai che ti dico: andiamo a fare colazione, offro io.»
La ragazza l’osservò, rimanendo ferma al suo posto mentre lui si avvicinava alla porta e l’apriva: Plagg si voltò, sostenendo lo sguardo dell’altra e, dopo una buona manciata di minuti di quella guerra, sospirò: «Senti, non è che ti chiedo di rimanere qui in eterno. Una settimana, niente di più. Il dottor Fu vuole solo che le acque si calmino e che Marie accetti che la morte del padre sia stato solo un incidente: è un villaggio piccolo questo e sono molto – diciamo – suscettibili per quanto riguarda gente estranea e cose nuove, soprattutto se combinate con la morte di uno del posto. Solo una settimana e poi potrai andartene dove più ti piace e dire addio a questo posto, mentre io intasco un po’ di soldi.»
Solo una settimana?, scrisse Tikki mostrando poi il foglio e fissandolo, in attesa di una risposta.
«Solo una settimana. Te lo prometto.» dichiarò Plagg, facendole cenno di uscire: «E ora andiamo, perché sto veramente morendo di fame.»
Tikki annuì, infilandosi il bloc notes e la penna nella tasca della felpa e, dopo aver recuperato la chiave della camera, lo seguì nel corridoio, chiudendosi la porta dietro di sé: solo altri sette giorni in quel luogo, quindi, e poi sarebbe stata libera di andarsene.
E se il Mare, in quel breve lasso di tempo, le avesse richiesto un’altra vita?
Gli aveva dato Gustav, il giorno prima, quindi non sarebbe successo niente: di solito ci voleva un po’, prima che il Mare chiedesse un altro essere umano e sette giorni erano veramente un periodo molto breve.
Non sarebbe successo niente.
Seguì Plagg fuori dall’albergo e lungo la strada principale del paese, cercando di pensare: sette giorni in cui sarebbe stata con quel tipo e ciò significava che non avrebbe potuto toccare l’acqua, altrimenti avrebbe scoperto la sua vera natura; sarebbe dovuta anche stare attenta a non emettere il più piccolo suono o Plagg sarebbe stato il prossimo pasto del Padre.
A cosa altro doveva stare attenta poi?
Che non la toccasse e sentisse quanto fredda era, rispetto a lui.
Nessuna ferita, altrimenti si sarebbe accorto delle sue capacità rigenerative.
E poi?
Ah, giusto. Niente lacrime, dato che si tramutavano in perle.
Poi? Poi cos’altro? Ah, ma perché non la lasciava stare in pace? E perché il dottore del luogo gli aveva imposto una guardia del corpo?
Socchiuse gli occhi, cercando di reprimere la voglia di piangere e urlare che aveva addosso; infilò invece le mani nella tasca della felpa, toccando il bloc notes che si era portata dietro e sorridendo: certo, doveva stare attenta a tante cose ma era bello avere di nuovo un contatto abbastanza lungo con un’altra persona.
Era bello poter parlare – per quanto quello che aveva poteva essere definito conversazione – con qualcun altro.
«Ehi, bella addormentata. Dove stai andando?»
Tikki si fermò, osservandosi attorno e notando che Plagg si era fermato parecchi metri prima di lei e la stava fissando, la mano destra ferma sulla maniglia della porta del negozio: «Ammettilo, eri già persa in chissà quale sogno ad occhi aperti, dove m’immaginavi padre dei tuoi figli e…» il bloc notes contro la faccia lo interruppe dal continuare la frase e Plagg si portò le mani al volto, osservandolo irato: «Ma che problema hai?»
Tu, scrisse velocemente Tikki, mostrandogli il foglio e poi superandolo ed entrando nella panetteria del paese, regalando un timido sorriso all’uomo corpulento al di là del bancone: «Plagg l’ha fatta arrabbiare?» le domandò una voce giovane e femminile: la rossa si voltò, incontrando un ragazzina dai capelli scuri e gli occhi azzurri che fissavano ilare il giovane uomo fuori dalla porta.
«Di sicuro è la prima che non gli cade ai piedi.» sentenziò l’uomo nel negozio, mentre si lisciava i baffi: «Gli serve qualcuna che lo rimetta al proprio posto. A proposito, io sono Tom Dupain.»
«Ed io mi chiamo Marinette.»
«E sei anche in ritardo per la scuola.»
Tikki sorrise, recuperando la pagina in cui aveva scritto il proprio nome e mostrandola ai due, abbozzando un sorriso agli sguardi che dalla parola scritta si spostavano al suo volto: «Piacere di conosceeee…» Marinette scivolò sul pavimento, nel tentativo di avvicinarsi e Tikki si lanciò in avanti, afferrandola per un braccio e impedendole così di rovinare a terra: «Grazie mille!» esclamò la ragazzina, regalandole un sorriso luminoso e abbassando poi lo sguardo sulla mano che la teneva per il polso: «Uao, sei veramente fredda.»
La rossa ritrasse di scatto, portandosela al petto e chinando lo sguardo: «Io vado a scuola.» dichiarò Marinette, sorridendole: «Spero di rivederti presto, Tikki. E parlare un po’ con te…cioè io parlo e tu…beh, hai capito.»
«Vai a scuola, signorina.» esclamò Plagg, entrando nella panetteria: «E mi raccomando: anche oggi balbetta davanti ad Adrien Agreste!»
«Co-co-co-cosa? I-io n-non…»
«Uh, oggi cominci prima del previsto! E non l’hai ancora visto!»
«Plagg, sei uno stupido!» sentenziò la ragazzina, uscendo dal negozio e quasi scivolando appena fu fuori, suscitando l’ilarità del moro e un sospiro da parte del padre.
«Quella ragazza...» sospirò Tom, scuotendo il capo e portando tutta l’attenzione su Plagg: «Il solito?»
«Sì, grazie.» sentenziò il moro, poggiandosi al bancone e osservando Tom incartargli i due cornetti che erano stati messi da parte: «Ancora nessuno li vuole?»
«Sei l’unico che mi chiede cornetti salati al camambert, Plagg.»
«Non sanno quel che si perdono questi miscredenti. Come sta Sabine?»
«E’ di sopra. Ah, ti ha già parlato del problemino che abbiamo con la luce del bagno?»
«Non funziona di nuovo?»
«Va a intermittenza.»
Plagg annuì, voltandosi verso Tikki e sospirando: «La controllerei anche ora, ma il dottor Fu mi ha dato un lavoro da babysitter.» spiegò, indicando la rossa: «Posso venire…» Tikki si avvicinò, picchiettandogli un dito sulla spalla e mostrandogli un foglietto: «Davvero? Non ti da problemi aspettare?»
La ragazza scosse il capo, fissandolo seria: che problemi poteva avere ad aspettare che aggiustasse la luce del bagno di quella famiglia? Nessuno, non aveva niente da fare in quel posto, quindi poteva tranquillamente rimanere in attesa e permettere a Plagg di aiutarli.
Il moro sorrise, recuperando il sacchetto con i due cornetti e indicando la porta dietro il bancone: «Di sopra, allora.» sentenziò, osservandola entrare dall’altra parte e osservare le scale che portavano al piano di sopra.
«E’ la ragazza che Marie ha accusato per la morte del padre?» domandò Tom, non appena Tikki fu uscita dalla stanza: «Povera ragazza, si vede lontano un miglio che non farebbe del male a una mosca.»
«Fu ha paura che le possano fare qualcosa, quindi mi ha chiesto di tenerla sotto controllo fino a che Marie non si calmi un po’.»
«Mh. L’ho vista stamattina, quando ho portato le brioches al signor Kubdel in negozio e continuava a dire che è colpa della straniera.»
«Quella donna…»
«Non è del posto e sai cosa pensa la maggior parte della gente…» Tom sospirò, scuotendo il capo: «Poverina, non parla nemmeno. Chissà cosa le è successo per farla giungere fin qua.»
«Chissà…» sentenziò Plagg, sospirando e scuotendo il capo, prendendo la stessa porta dalla quale era uscita Tikki: si fermò, osservandola in attesa vicino alle scale che portavano al piano superiore e rimase a fissare  gli occhi blu mare che lo guardavano seri: «Che c’è?» le domandò, superandola e salendo i primi gradini: «Sono così bello che non riesci a togliermi gli occhi di dosso, rossa?»
Plagg sorrise, osservandola mentre tirava fuori il foglio dove aveva scritto il proprio nome e glielo mostrava: «Rossa mi piace di più.» dichiarò, vedendola gonfiare le guance indispettita: «Ah, prima che mi dimentichi. Non farti incastrare da Sabine, la moglie di Tom…» sentenziò, mentre lei chinava il capo e un’espressione confusa le appariva in volto: «Vorrà cercare di farti mangiare e…beh, per quanto tu abbia degli argomenti decisamente interessanti, sei un po’ troppo magra…»
Tikki abbassò lo sguardo, sentendo il volto avvampare quando notò cosa il giovane stava guardando e, recuperato il bloc notes, lo uso per colpire in faccia al moro: «Ma la pianti di sbattermelo in faccia?»
Avrebbe cantato.
Oh, lo avrebbe fatto.
«Andiamo, rossa. Non ho tutta la giornata.» sbottò Plagg, massaggiandosi il volto e sorridendo, mentre saliva le scale: «Ah, non guardarmi il sedere.»
Sì, lo avrebbe portato in barca, al largo, e poi avrebbe cantato.
«Ehi, ti ho detto di non guardarmi il sedere.»
Oh, avrebbe cantato.
Sette giorni in compagnia di quel tipo significavano un pranzo extra per suo Padre a breve termine.

   
 
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