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Autore: StormyPhoenix    14/04/2017    3 recensioni
Los Angeles, primi anni del nuovo secolo. Quasi per caso si incrociano le strade di una ragazza sola e in fuga dal suo passato spiacevole e di una delle band più famose del posto; un sentimento combattuto che diventa prepotente salderà il legame.
(Prima storia sui SOAD, so che è un po' cliché ma vabbè.)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Rieccomi qui con un altro aggiornamento :3 nei prossimi giorni dovrei riaggiornare, ho voluto essere buona u.u XD
Come sempre grazie a tutti, lettori e recensori <3
Buona lettura!




 

-Nikki-

Tutto è pronto per l'inizio della nuova sezione del tour qui in America, niente problemi e la folla sotto al palco già scalpita: si prospetta una bella serata qui a Las Vegas.
I ragazzi sono pronti e carichi come sempre ma non comunicano più di tanto, in fondo sono umani ed è normale che sentano anche una certa ansia; neanche io sono particolarmente comunicativa da qualche giorno, non so bene il perché, ma scambio due chiacchiere con Sako giusto per ingannare il tempo.
«Altro che San Valentino, qui è la festa!» esclama all'improvviso, ridendo, e lo seguo; il volume di voce è tale che anche gli altri lo sentono e gli sorridono pigramente. «Questa sera noi, poveri single sfigati, festeggeremo con un bel concertino e poi con un drink o qualche altro passatempo magari, facciamo vedere alle coppiette smielate o finte che ci divertiamo lo stesso da soli nel frattempo che aspettiamo o cerchiamo una persona giusta per noi.»
«Già» rispondo, distogliendo poi lo sguardo per posarlo furtivamente su Daron.
Da qualche giorno il chitarrista è strano, a volte parla senza sputare nemmeno un attimo a terra e scherza volentieri, a volte si chiude in un cupo silenzio che lo porta ad ignorarci un po' tutti... anche in questo momento lo vedo troppo silenzioso, sebbene sembri meno imbronciato dei giorni scorsi.
Sono combattuta fra l'avvicinarmi per cercare di strappargli un sorriso e il rimanere in disparte, con questa sensazione di calore nel petto che a volte punge appena, ma poi mi decido per la prima opzione e, dopo essermi scusato con il tecnico della batteria, mi alzo e cammino lentamente, con passi un poco incerti. Quando sono ormai a pochi centimetri Daron si volta a guardarmi con aria interrogativa e io riesco solo ad abbozzare un sorriso, ricambiato in egual modo.
«Ragazzi, è ora!»
Una vocina nella mente mi rimprovera per non aver agito con più celerità e anticipo e per quanto possibile la ignoro, nonostante mi venga automatico da abbassare lo sguardo e la testa; improvvisamente sento qualcosa di tiepido toccarmi la parte alta del viso e un secondo dopo mi rendo conto che il chitarrista mi ha baciata sulla fronte... resto per qualche secondo lì, immobile e allibita, a guardarlo mentre si allontana verso il palco, prima di riuscire a recuperare il controllo del mio corpo e raggiungere gli altri.

Alla fine del concerto, fantastico come i precedenti, mi allontano da sola verso una porta che dà sul retro del locale in cui i ragazzi hanno suonato, intenzionata a fumare; dopo aver calcato meglio il cappellino sulla testa e risistemato il colletto della mia camicia di flanella mi accendo una sigaretta, peraltro "leggera" visto che ho iniziato da poco e non fumo nemmeno molto spesso, dopodiché mi appoggio al muro dietro di me e fisso un punto imprecisato, portando la stecca di tabacco alle labbra ad intervalli abbastanza regolari e con una certa meccanicità.
«Non sapevo fumassi» la voce di Shavo interrompe il corso dei pensieri e la sua figura snella compare al mio fianco.
«Ho cominciato da poco e in maniera irrisoria» rispondo, con voce piatta, guardandolo mentre prende una sigaretta e si aggrega.
«Non dovresti prendere questa abitudine» storce un poco la bocca e io ghigno appena, come a dirgli "senti chi parla".

«Mi aiuta a svuotare la mente» dico, soffiando fuori del fumo per un paio di secondi «nulla passa e mi tranquillizzo per un poco.»
«Spiegazione tipica di un fumatore, d'altronde.»
Nessuno di noi due parla fino a quando non abbiamo finito di fumare.
«Novità riguardo alla tua situazione con Daron?»
«Nessuna... poi hai visto come si comporta ultimamente, no? A volte è socievole come sempre e a volte si rinchiude nel suo guscio, alterna momenti di loquacità a momenti di silenzio in cui perfino ignora gli altri e ancora non ha tagliato i ponti con quell'oca, con tutta probabilità... in sintesi, è una situazione abbastanza merdosa.»
«Concordo. Ma perché non smuoverla parlandogli? Ti toglieresti un peso.»
«Oh no!» scatto di colpo, con una strana sensazione di costrizione alla gola. «Non è questo il momento giusto, c'è il tour di mezzo, non voglio creare problemi... poi magari attenderò un altro po' per vedere se questa sua "fase" lunatica passa...»
«Dunque vuoi portarti dietro questo fardello ancora per molto? Non ti gioverà...»
«Non ho scelta al momento, ci sono di mezzo cose più importanti delle mie vicende sentimentali...»
«Riesci ad essere così altruista... ti ammiro molto.»
«Oh, Shavo, sei così gentile.»
«Su, torniamo dentro che fa alquanto freddo.»

Siamo in viaggio da ore e l'unica cosa che ho per la mente è una frase: ho sonno.
Guardo il paesaggio scorrere fuori dal finestrino del tour bus, senza concentrarmi realmente, e solo dopo svariati minuti mi rendo conto del vetro diventato appannato e gelido anche senza contatto e mi ritraggo rabbrividendo.
«Il vetro si è appannato» commento, con voce normale, accennando a disegnare qualcosina sulla condensa. «Quanto freddo farà quando arriveremo a Toronto?»
«Credo molto, l'Ontario è certamente più freddo della California e siamo in inverno» la voce di Serj giunge alle mie orecchie, molto pacata.
«Detesto il freddo» brontola Daron, stringendosi nella sua pesante felpa viola.
«Idem» commento, strofinando le mani nel tentativo di scaldarle; come una scema ho lasciato i miei guanti neri a mezze dita nel bagaglio, ora riposto da qualche parte nel bagagliaio del bus, per cui devo arrangiarmi senza fino a quando stasera andremo in hotel per dormire, spero solo di non perdere l'uso delle mani prima di quel momento.
Scorgo con la coda dell'occhio un movimento vicino a me e, girando la testa, mi ritrovo faccia a faccia proprio con il più giovane dei quattro.
«E-ehi, ma non eri sul divanetto un momento fa?» cerco di apparire disinvolta, sebbene la sua comparsa improvvisa a pochi centimetri da me mi causi un mix di contentezza ed imbarazzo.
«Dammi le mani, così te le riscaldo un po'» dice lui, la sua inespressività facciale tradita da una nota di premura nella voce; con qualche incertezza allungo le braccia e le sue mani morbide si rivelano inaspettatamente calde contro le mie.
«Va meglio?» chiede, sollevando un angolo della bocca.
«Sì, davvero molto meglio» proferisco, con un mezzo sospiro, cercando di assorbire quel calore così piacevole con ogni cellula del mio corpo. «C'è da dire che la lontananza dallo Utah mi ha fatto disabituare al freddo, anche se abitavo al sud e lì è più vivibile che al nord.» Finita la frase, mi assale il timore di aver parlato "troppo" e a vanvera, ma noto che i ragazzi mi stanno sorridendo e mi sento subito più tranquilla.
Vedo il chitarrista frugare nella tasca-marsupio della felpa ed estrarre l'iPod e, pensando che voglia star tranquillo, mi giro dall'altro lato per tornare a guardare il paesaggio e non disturbarlo, ma due dita tamburellano garbatamente sulla mia spalla sinistra e mi volto di nuovo.
«Vuoi farmi compagnia?» chiede Daron, offrendomi una delle cuffiette.
Per qualche attimo resto allibita, certamente ancora stupita da questo repentino ritorno al suo solito atteggiamento socievole e gentile, poi sorrido e annuisco, con una sensazione di calore che si irradia nel petto e in qualche modo scioglie il gelo dei giorni precedenti.
Che sia un buon segno?

  
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