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Autore: Lunaticalene    14/04/2017    3 recensioni
Cosa accadrebbe se una sera, per caso, Victor Nikiforov urtasse la spalla di una vecchietta e questa, anzichè prendere l'urto come una svista decidesse di insegnare al piccolo Zar una lezione davvero importante?
«Una fata non sarebbe così magnanima da concederti l'opportunità di imparare.»
« Imparare che cosa?» deglutisce, il sapore aspro e secco del gelo della steppa che si condensa all'interno della trachea.
« Che le apparenze sono capaci di nascondere anche la persona che più amiamo. Da questo momento l'amore della tua vita non sarà più al tuo fianco. Da adesso vivrà in un regno d'incanto e se tu desideri riaverlo dovrai trovarlo. Cercarlo. E forse perderlo di nuovo. »
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Michele Crispino, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Snowwhite and a night by the fire

« Giuro che imparo a stare zitto. » replica, sollevando gli occhi viola al soffitto di una gabbia di legno, sospesa sulle ruote di un carro.
« Almeno stavolta non puoi dare tutta la colpa a me » replica il Russo, rivolgendo lo sguardo verso il cavaliere che, lateralmente, affianca la propria gabbia. La spada di Michele è stata sottratta e ora pende dal fianco del comandante che li traghetta verso un punto imprecisato nel niente.
« ...Piccolo Zar. Stai zitto. » lo apostrofa scocciato da quanto gli accade attorno. Attento ad ogni cambiamento nella foresta, capace di sentirlo e ascoltarlo.
« E se non lo ritrovo? » sussurra piano, oltre il guscio delle proprie ginocchia lo Zar. Appare piccolo, come hanno deciso che deve apparire. Messo di fronte ad una costante messa in dubbio di se stesso e di quanto lo circonda. Le dita che accarezzano l'oro, cercando di sorridere un poco. « Non mi importa di aver perso il mio nome, non mi importa nemmeno di perdermi in una foresta. Ma se non lo ritrovo? Rimarrà davvero qui per sempre? Perfino senza il suo nome? »
« Stando alle parole di Yaga, il tuo maiale non ricorda nemmeno il suo nome »
« Non chiamarlo Maiale »
« Lo chiamerei per nome, se non lo avessi venduto per una gabbia di legno »

ZOOOT. Il fischio e il tocco secco di una freccia che si conficca nella ruota del carro, facendo sbalzare la gabbia e allentare, quasi nell'immediato, il lucchetto che li trattiene all'interno.
« Ma che diavolo... » replica Michele, andando a rivolgere lo sguardo alla boscaglia.
« ATTENTI UOMINI! È BIANCANEVE! »
Perplesso è lo sguardo che i due stranieri si rivolgono.
« Biancaneve quella della mela? » domanda il primo.
« Quella dei sette nanetti e i diamanti nella miniera? »
« Quella che avanza cavalcando...un orso? »
« Non ma l'orso nella storia non c'era...ORSO! »

Di fatto improbabile è la cavalcatura che assiste la principessa dalla pelle bianca come la neve e labbra rosse come il sangue. Una cascata di capelli d'ebano è appena raccolta dietro la nuca, a scansare i boccoli dal volto e permettere all'arco di tendersi. Pochi istanti, prima che la ragazza e l'orso abbiano dato la fuga ai soldati. Col sorriso lei porge la spada in direzione del Cavaliere.
« Sembra che siamo passati dalla direzione sbagliata amico mio » accenna rivolto all'orso « Per vostra fortuna » accenna sorridendo loro gentile « che cosa avete fatto di male, o di bene, per finire in una delle gabbie della Regina? »
« Il genio del Piccolo Zar qui ha fatto un contratto con Tremotino per ritrovare l'amor... ehi tu. Che cosa stai facendo? » l'orso poggia il naso contro la stella, inumidendo la guancia del Cavaliere.
« E' un segno delle fate non è vero? » domanda la principessa ad entrambi gli stranieri. « Anche il mio amico sta cercando qualcuno. Tu sei un cavaliere delle fate, magari lo hai visto: cerchiamo un cigno dagli occhi di soldato, lo avete incontrato? »
« Yurio? » il nome, lo stesso di Yuuri ma diversamente declinato esce dalla sua bocca. L'orso solleva il capo, si avvicina di scatto alla mano dello Zar. Grugnisce mentre occhi scuri si scontrano con gli abissi più chiari « Stai cercando lui, non è forse così? » ricerca nei tratti scuri dell'animale qualcosa di familiare, senza sapere come trovarlo. « Come si chiama? » domanda alla principessa.
« Ha perduto il suo nome » scuote il capo « e se si possiede un nome, si può sempre trovare ciò che si cerca...altrimenti si rischia di perdere anche il motivo della propria ricerca » il dolore che passa negli occhi del russo contagia quello della principessa che avanza, sfiorando le sue guance con entrambe le mani.

« Non essere triste piccolo Zar. Lo troverai. Troverai l'amore della tua vita come noi troveremo quel cigno. Tieni questo » accenna andando a togliere dal collo una cordicella, appesa ad un fischietto. « Soffiaci dentro: gli animali della foresta ti guideranno verso il tuo amore, è...un regalo che con me ha sempre funzionato. » arrossisce appena e brilla di luce la principessa « Ricordalo piccolo Zar, il vero amore è capace di ritrovarsi sempre »

 

 

È il cavaliere a porre il fischietto sul palmo della mano destra, aperta, rivolta verso il cielo che si tinge del rosso di un tramonto di sangue. Le labbra cerchiate, a liberare un filo di fiato in direzione della terracotta che lo ingloba. Cattura frammenti di anidride e ossigeno e li rilancia, all'interno della propria risonanza. Un soffio che si libera in note. Sono cinguettii che rispondono. Che rimbalzano da un angolo all'altro.
« Giuro che se parli adesso ti scotenno, piccolo Zar » sussurra piano l'Italiano, la cui stella continua a perdere parte dell'argento di decoro. Brilla ancora la sagoma, ma gli arabeschi ormai formano un lieve reticolato nero, appena incavato. « Avanti, fino ad una quercia »
Proseguono, scansando i rami degli alberi bassi, scavalcando un piccolo ponte – sul quale Michele è costretto a spiegare al piccolo Zar che non si parla coi troll che vivo al di sotto dei ponti.
Ombre di folletti, rumori di carri sapientemente evitati. Echi di battaglie, mentre cala la notte. Urli di gufi, ululati di lupi che si mostrano ad una luna tremendamente piena.
Un fuoco che viene prodotto, a illuminare lo spazio circolare che i due compagni preparano per la notte. Segni che vengono sparsi lungo il perimetro da Michele mentre foglie di salvia, raccolte chissà dove, vengono bruciate nel focolare.
« Come fai a sapere tutte queste cose? Non è la prima volta che vieni qui? » domanda il russo verso l'italiano. Lo stomaco chiuso, degno compagno dell'effettivo niente che hanno da mangiare.

« Sono stato qui con Sara, tantissimi anni fa, quando ho conosciuto la mia fata madrina. » una piccola pausa, mentre va a sedere, togliendo la spada e portandola di lato. « Sara nemmeno lo ricorda. Capita, delle volte, che crescendo ci si dimentichi di questo luogo e lo si ritenga unicamente frutto di un libro illustrato di fiabe. »

« Tutto questo è un libro? »
« Lo era. Almeno la prima volta che l'ho conosciuto. C'era un signore anziano nel paese dove abitavamo io e Sara da piccoli, prima che mio padre ottenesse un trasferimento in città e lo abbandonassimo. Il nostro anziano amico si chiamava Augusto ed era un insegnante o almeno, lo era stato un tempo. Quando l'ho conosciuto io, scriveva fiabe. Le scriveva a mano, in un libro dalla copertina di pelle marrone: diceva che le parole sono più forti se le incidi sulla carta con l'inchiostro. È come intagliare di nuovo il legno da cui si originano i fogli. Augusto credeva che io Sara ci saremmo sentiti soli in città, senza i nostri amici. Era il suo modo per starci vicino. Leggendo quel libro, una notte d'estate, la fata si è affacciata alla nostra finestra. Era piccolissima la prima volta. È nata dalla mia risata. Almeno questo mi ha detto. Anche Sara aveva una fata ma lei...ha smesso di credere » sospira piano, con una nota di vaga tristezza. « La prima volta che sono stato qui avevo sette anni: Biancaneve era appena scappata dal castello della Regina e la strega cieca ancora dimorava in una di queste foreste. Tu non puoi capire la voglia di mangiare la finestra che avevo. » l'ombra di un sorriso sul suo volto « La mia fata mi ha educato a questo mondo, ricordandomi che potevo raggiungerla qui ogni volta che ne sentivo la necessità. Fino a quando non sono cresciuto. È pericoloso entrare in questo modo da adulti, Piccolo Zar. Si rischia di non essere mai più capaci di uscirne »

« Per questo la nostra permanenza è a tempo determinato? »

« Si. » gli occhi viola che cercano gli specchi azzurri dell'anima travagliata dello zar « E perchè rimanendo qui, rischieresti di perderti davvero, Piccolo Zar. Lo cercheresti fino a morire e qui, cercare le cose fino alla morte è un'ipotesi più che probabile. » lo sguardo si rivolge al folto della foresta « Il fuoco tiene lontani i lupi. La salvia allontana gli spiriti maligni. Il ferro tiene lontane le creature del piccolo popolo. Non tutte le fate sono come la mia. »
« Sono più simili a Tr... » è un bastoncino dalla punta sbruciacchiata, lo stesso che l'italiano ha preso ad intingere a tratti nel fuoco, quello che gli viene puntato direttamente contro il naso.

« Non pronunciare il suo nome. È un richiamo. E dopo il viaggio in carrozza di legno della Regina Cattiva vorrei evitare altri guai da lui attirati »
« Davvero è così pericoloso? »
« Davvero non capisci quello che ti ha tolto? Probabilmente il tuo nome poteva, da solo, risvegliare l'essenza del Maiale ovunque esso si trovi »
« Non chiamarlo Maiale » l'ombra di una lacrima negli occhi « Ti prego »
« Va bene » sospira « Come lo devo chiamare? »
« Chiamalo Eros »
« ...un po' pretenzioso eh. Ma sempre meglio di Maiale. »

   
 
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