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Autore: Roiben    16/04/2017    1 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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capitolo 62 – Persa




«La foresta?» chiede Akh, atterrito. «La stessa dalla quale mi ha detto di essere sfuggito?». La sua voce è incerta e traballante.


Pitch annuisce, visibilmente turbato.


«Dobbiamo andare» decide, lasciando senza fiato lo spirito della Luce.


«Che cosa?» gracchia Akh. «Pitch, quel posto è pericoloso» gli rammenta con ansia crescente.


Tutto ciò che ne ricava, tuttavia, è una delle agghiaccianti smorfie di Pitch, di quelle che dovrebbero rappresentare un sorriso, ma sono sempre troppo lontane dall’obbiettivo.


«Giusto» conferma con un angosciante tono pacato. «Ed è esattamente questa la ragione per cui ora noi ci andremo. Katherine è una bambina umana; non ho nessuna intenzione di lasciarla in quel posto da sola un minuto in più del necessario» rimarca con fermezza. «Adesso raccogli un po’ del tuo coraggio e portami fino alla foresta. Oppure preferisci che ci arrivi a piedi? Mi ci vorrebbero per lo meno due ore abbondanti, in queste condizioni».


«Ti accompagno io» offre Emily Jane. E allo sguardo indagatore di Pitch, fa un lieve cenno di assenso. «Non sarò certamente veloce come lui, ma potremo essere lì al massimo in una manciata di minuti» assicura.


«Molto bene. Andiamo, allora» acconsente Pitch.


Spera con tutto sé stesso che non sia ormai tardi. Non ha accennato nulla agli altri, ma le condizioni in cui ha percepito la bambina non sono per nulla confortanti. Serra strettamente i denti pensando che, comunque vada, Katherine dovrà tornare in salvo a casa sua; non possono esserci altre opzioni, non in questo caso.


Avverte appena Emily Jane che gli stringe una mano, poi viene nuovamente avvolto da grigie nuvole di tempesta e improvvisamente non ha più il solido terreno sotto i suoi piedi, ma solo aria turbinante. Si permette un minuscolo sorriso al pensiero che, questa volta, non lo aspetta nessuna dolorosa discussione con la figlia. Poi, però, i suoi pensieri vanno al reale motivo per cui si trovano sospesi in aria e il sorriso muore definitivamente sulle sue labbra.


«Siamo quasi a destinazione» annuncia Emily Jane direttamente al suo orecchio.


Pitch si limita ad annuire e a stringersi di più alla figlia, preparandosi all’imminente atterraggio e a ciò che lo attende.


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Un attimo dopo il loro arrivo, giunge dietro di loro anche Akh, che li ha seguiti in volo nonostante il suo parere palesemente contrario.


«Mi sembrava d’aver inteso che non saresti stato dei nostri» lo apostrofa Pitch.


«Avrai capito male» borbotta Akh, infastidito e, in parte, imbarazzato.


«Mh» si limita a commentare Pitch, mentre tutti i suoi sensi vengono allertati dall’atmosfera pesante di quel luogo.


«Pitch?» sussurra Akh, preoccupato.


«Non ora» sibila l’interpellato, concentrandosi su ciò che può avvertire.


Katherine è lì, da qualche parte; riesce a sentirla. È più forte la sua presenza, ora. Ma non è la sola, purtroppo. Rabbrividisce, mentre procede cauto verso il luogo che sperava di non dover mai più rivedere per il resto della sua esistenza. Evidentemente non era destino, dato che ora vi si trova proprio di fronte.


«Lei è qui» soffia rauco. «E ci sono anche loro» aggiunge, fremendo in un misto di terrore, ribrezzo e rabbia.


Si riscuote da quei sentimenti sgraditi e, assottigliando gli occhi e acuendo i sensi, si affaccia sullo stretto e buio passaggio, cercando inutilmente di vedere oltre l’irreale oscurità che sembra permearlo.


Ha già sporto un piede oltre l’orlo, quando una mano si richiude fermamente attorno al suo braccio.


«Che cosa fai?» sibila Akh.


I suoi occhi blu sono spaventati, lo può vedere con chiarezza. Aggrotta la fronte, perplesso.


«Entro. Che altro?» spiega con fare ovvio.


«Sei impazzito, forse? Ti faranno a pezzi».


«Oh, davvero?» soffia Pitch sarcasticamente. «Vorrei proprio ascoltare il tuo piano di riserva, ora».


Akh storce la bocca in una smorfia infastidita e amareggiata.


«Non ho nessun maledetto piano di riserva, e tu lo sai!» lo accusa, trattenendosi a stento dal gridare. «Ma questo non significa che ti permetterò di scendere in quel posto a farti ammazzare».


«Primo: io sono già morto, nessuno può ammazzarmi. Tuttalpiù svanirei» fa notare con un tono angosciosamente calmo. «Secondo» trae un respiro che sembra costargli enorme fatica. «Tu mi permetti?» sibila, la sua voce vibra pericolosamente. «Tu non detti legge nella mia esistenza. Io decido per me, non tu, né chiunque altro. Sono stato abbastanza chiaro?» ringhia adirato, mentre i suoi occhi mandano bagliori argentei.


«Cristallino» mormora Akh, mettendo un paio di passi di distanza fra loro.


«Eccellente» commenta asciutto. «Ora, se volete scusarmi, credo proprio che andrò laggiù a riprendermi Katherine. Nel caso in cui decideste (a vostro rischio, naturalmente) di seguirmi, vi consiglierei di prestare la massima attenzione a dove appoggiate mani e piedi».


Ciò detto, Pitch dà loro le spalle e, senza procrastinare ulteriormente, con un passo avanti si lascia cadere all’interno della fenditura nel terreno che lo ricondurrà nel medesimo luogo dal quale è così faticosamente fuggito poche settimane prima.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Buio. Aveva quasi dimenticato quanto possa essere fitto e impenetrabile quel buio; così soffocante da dare la nausea. Non riesce in nessun modo a impedirsi di tremare. A che servirebbe, d'altronde? Nessuno lo vedrebbe comunque, in quell’oscurità senza fine e senza via d’uscita. La paura è nuovamente con lui, ma questa volta non è un sottile rivolo che scorre subdolo lungo il suo corpo e la sua anima; no, adesso è qualcosa di netto, come la lama affilata di un coltello che incide su di lui, dentro di lui, con squarci netti e profondi, tanto da arrivare fino al nucleo del suo essere. Stringe i denti; non ha nessuna intenzione di farsi vincere da qualcosa di così volubile e intangibile. Altro è ciò che realmente deve temere, non di certo qualche stupido fremito di paura.


«Pitch».


Sgrana gli occhi nell’oscurità, tentando inutilmente di scorgere qualcosa. La sua voce: quella era la sua voce, la piccola voce di Katherine. Ma era realmente lei? Lui questo non lo sa e non può neppure esserne sicuro. Ormai conosce fin troppo bene quelle creature, sa come lavorano ed è cosciente di quanto amino quel genere di intrattenimento. E tuttavia, pur sapendo, non può evitare di credere, forse perfino sperare, che si tratti davvero di Katherine.


Freneticamente, continua a guardarsi attorno, sondando nel buio, impaziente di vedere qualcosa che non sia il nero pece di cui è impregnato quel luogo non-luogo.


«Katherine» sussurra appena.


Il suo corpo sta ancora scendendo. Non ha la possibilità di osservarne lo spostamento, ma lo avverte comunque attraverso gli altri sensi. Nel momento in cui giungerà sul fondo, forse sarà nuovamente in grado di orientarsi, ma fino ad allora può solo sperare di giungervi illeso. Fino a quel momento niente lo ha aggredito, e questo già di per sé è strano. Probabilmente lo stanno aspettando e non hanno intenzione di ritardare il suo ritorno unicamente per il gusto di giocare un poco con lui.


«Pitch».


Trattiene bruscamente il respiro. Il suo cuore accelera furiosamente. Forse, dopo tutto, è proprio questo il loro gioco; forse si stanno già divertendo alle sue spalle. Forse, forse…


«Pitch».


«K-Katherine» ansima, tremando sgomento.


No, non può farlo, non adesso, non di nuovo. Deve assolutamente controllarsi, o sarà tutto perduto, ancora una volta.


ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ ҩ


Niente. I suoi piedi hanno finalmente toccato il fondo, ma nulla sembra cambiato. Pitch continua a scorgere solo il buio; il silenzio è tornato, opprimente. Non sa cosa fare, non ha idea di cosa pensare. Deve trovare Katherine, ma non riesce a orientarsi là sotto e la sua luce è sempre più fioca. Che cosa farà se dovesse scomparire completamente?


Mentre procede a tentoni lungo i contorti cunicoli, d’un tratto i suoi occhi scorgono un pallido lucore. Pitch stira le labbra, impensierito, augurandosi di non finire diritto fra le braccia delle Ombre; ma poiché quello è l’unico cambiamento significativo da quando è sceso nelle profondità della terra, teme purtroppo di non avere molte altre scelte. Quindi si incammina, con rinnovata decisione, nella direzione della scarna luminosità, pregando che sia quella giusta.


E in un certo senso lo è: lo ha condotto dove voleva, certo. Ma una sensazione di gelo senza speranza satura il suo petto, mentre i suoi occhi, increduli, si soffermano sofferenti sulla piccola figura immobile della bambina, adagiata a terra nel centro di una camera circolare.


«Katherine» soffia Pitch, avvicinandosi esitante di qualche passo.


Da quella breve distanza può già scorgere i conosciuti tratti del suo volto e i neri capelli, molto più arruffati del solito. Altri due passi e, con un fremito, ne osserva le labbra violacee e le scure ombre sotto i suoi occhi chiusi. Ormai torreggia vacillante su di lei, e i suoi occhi guizzano sgranati sulla chiara pelle, attraverso la quale serpeggiano scure linee che creano strani e incomprensibili disegni.


Katherine” sillaba, senza che la sua voce rompa nuovamente il silenzio di tomba che li attornia.


Piano, si inginocchia al suo fianco, raccoglie delicatamente fra le proprie una delle sue minuscole mani e un singhiozzo incredulo scuote il suo petto.


«No. Questo no. Non lei, non lei, per favore» geme, sollevando il corpo della bambina da terra e stringendolo fra le braccia. «Perché?» soffia, gli occhi spalancati nel nulla. «Perché?!» grida, tremando, incurante delle lacrime che hanno iniziato a scorrere lungo il volto scavato, perdendosi fra i capelli di Katherine.


Fruscii, sibili, sussurri, ansimi, poi quello che sembra un roco, profondo sospiro che ha l’apparente capacità di far contrarre su sé stesse le pareti della camera.


«Eri nostro» mormora il sospiro, facendo serpeggiare quel suono in una morbida onda che colma l’aria. «Eri nostro, Generale. E ora? Di chi sei, ora?» rantola fremente.


Pitch digrigna i denti. «Non sono mai stato vostro» sputa con rabbia. «Mai. Voi mi avete fatto vostro, contro la mia volontà. Ma non vi sono mai veramente appartenuto».


«Lo eri» obbiettano le Ombre con un lungo ansito. «Lo sappiamo, lo abbiamo sentito. Eri come noi: oscuro».


«No!» ringhia Pitch. «Voi non sapete. A voi non è mai nemmeno interessato, sapere. Desideravate solo… uno stramaledetto vessillo da sbandierare, da… ostentare per il vostro piacere. Nulla di più» soffia, soffocato dalle sue stesse lacrime.


«Ma noi lo vogliamo ancora» sussurrano. «Ti vogliamo ancora, Generale».


Pitch sgrana gli occhi e, rimettendosi in piedi con ancora la bambina stretta al petto, incespica all’indietro.


«Mai!» grida sconvolto. «Non ve lo permetterò. Non sarò una preda e non sarò mai più la vostra marionetta da manovrare a piacimento» sibila, pregando in cuor suo di essere abbastanza forte da poter mantenere i suoi propositi.


Ancora fruscii attorno a lui, così simili a risatine da fargli accapponare la pelle.


«Ma noi abbiamo una bambolina, ora» sussurrano velenose. «Lei è già nostra, e presto lo sarai anche tu, Generale» bisbigliano suadenti.


Pitch si guarda freneticamente attorno, con disperazione, nella vana illusione di scorgere una via d’uscita da quella situazione che invece non sembra averne. Le sue braccia si stringono più saldamente attorno al leggero corpo di Katherine e le sue mani tremano, sapendo quanto quelle loro ultime parole potrebbero invece facilmente avverarsi.


«Katherine» soffia fra i suoi capelli, respirando con affanno per l’agitazione. «Resisti, piccola. Presto saremo fuori» promette, senza sapere se potrà mai mantenere la parola. «Non ti lascio sola, te lo giuro» offre, questa volta con la certezza che così sarà.


Nel tempo in cui Pitch cerca una via d’uscita che forse neppure esiste, le Ombre sono strisciate, senza che lui se ne avvedesse, più vicine, intorno a loro, oscurando tutto ciò che li circonda. La loro vicinanza, i loro sussurri, fanno battere i denti allo spirito. Katherine geme debolmente, il corpo scosso dai tremiti.


«Lasciatela stare» ringhia, provando inutilmente a farle scudo con il proprio corpo. «Lei non vi appartiene. Non vi permetterò di averla!» esclama, atterrito alla prospettiva di non poter invece trovare la forza per impedirlo.


Una sottile e vellutata propaggine d’ombra scivola, quasi dolcemente, attorno al suo polpaccio e Pitch lancia un urlo e si scosta bruscamente, senza tuttavia osare muoversi liberamente per la stanza, con il concreto rischio di farsi definitivamente sopraffare dalle Ombre presenti.


«Non puoi aiutarla, Generale. Non è più tua, ormai. È nostra. Lei ci serve».


«No! Che cosa volete da lei?! È solo una bambina».


Non riesce a capacitarsi di questo loro inspiegabile accanimento per quella piccola umana. Che cosa mai potrebbero guadagnarci nell’averla con loro? Non è una creatura potente, non ha conoscenze importanti, ed è così giovane, senza nessun tipo di utile esperienza. Non ha senso che loro si ostinino a cercarla. Non ne ha nessuno.


«Solo una bambina?».


Dal tono usato, sembra quasi stiano ridendo di lui; cosa, tutto sommato, piuttosto probabile. Non sarebbe comunque la prima volta.


«Sei sempre stato così ingenuo, Generale. Troppo, per un uomo con il tuo potere. Ma, in fondo, a noi va più che bene così».


Pitch non capisce. Sa, lo sente, che qualcosa gli sfugge; ed è qualcosa di molto importante. Solo, non sa proprio di cosa possa trattarsi.


«Di cosa diavolo state parlando?» inveisce, confuso e adirato.


Di nuovo quei fastidiosi sibili, così simili a risate di scherno. Lo stanno facendo diventare pazzo.


«Hai perduto qualcosa che ti appartiene, Generale. È accaduto tanto tempo fa. Non lo ricordi? Naturalmente no. Abbiamo provveduto a estirpare molti preziosi dettagli dalla tua memoria».


Pitch è molto vicino al punto di rottura. Il suo respiro è tanto superficiale che, se fosse stato un semplice essere umano, avrebbe già perso i sensi da un bel pezzo. Purtroppo per lui, non può sperare nemmeno in questa grazia.


«Devo proprio cavarvi le informazioni a forza?» ringhia, frustrato. «Avanti, parlate chiaro una buona volta».


Come nebbia, o impalpabile fumo, le Ombre sfiorano la sua pelle sudata, strisciano lungo la sua schiena e giocano fra i suoi capelli.


«Come desideri, Generale» decretano pacate. «Non ti sei mai domandato perché sei uno spirito incompleto? Una creatura a metà? Il motivo non sta nel fatto che sei nato a causa della nostra possessione; certo che no. Quando siamo entrate dentro di te, prendendo comodamente posto nel tuo cuore spezzato, una parte della tua anima ti ha abbandonato. Non volontariamente, ovvio. Semplicemente, non avrebbe avuto spazio e luce a sufficienza per sopravvivere al tuo interno. Così è stata costretta a separarsi dal suo contenitore originale e a vagare a lungo senza meta. E sai una cosa buffa, Generale? Alla fine, una meta l’ha trovata; ha trovato una nuova casa. Le è costato molto tempo e fatica, cercare un nuovo contenitore adatto; ma è proprio come il suo custode originale: ostinata e determinata».


Pitch sta tremando. I suoi occhi, sgranati, non riescono a mettere a fuoco ciò che ha di fronte. Il vuoto, dentro di lui, è quasi palpabile. Fa così male.


«Non è possibile. Non è vero» soffia, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.


«Oh, lo è, invece. Lo hai capito, vero? Il piccolo corpo mortale che stringi al petto con tanto accanimento racchiude una parte di te. Ciò che credevi perduto per sempre è invece sopravvissuto. Fino a ora».



"Il guerriero che crede nel suo cammino, non ha bisogno di dimostrare che quello degli altri è sbagliato." (Paulo Coelho)


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"Tutto è perso se si perde il coraggio." (Sir James Matthew Barrie).


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"Soltanto chi mette a prova l'assurdo è capace di conquistar l'impossibile." (Miguel de Unamuno)


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"Solo i demoni percorrono strade diritte." (Antoni Gaudi)


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"La confusione è un lusso che solo quelli molto, molto giovani possono permettersi e tu non sei più quel giovane." (James Baldwin)


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"Quando guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti guarda dentro." (Friedrich Nietzsche)






  
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