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Autore: BrownRabbit    17/04/2017    2 recensioni
"Skinny love" viene usato per indicare un tipo di relazione fra due persone innamorate, o che hanno una cotta l'una per l'altra da tanto tempo, ma sono troppo imbarazzate per esprimere i propri sentimenti. La relazione è "skinny" perché devono ancora esternare e spiegare ciò che provano. Non vi è comunicazione, per questo non si può definire davvero come relazione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La peggior scelta della sua vita.
L’aveva sospettato quando per poco non faceva cadere brutalmente il regalo di Steve per la bambina mentre cercava di aiutarlo ad impacchettarlo e s’era beccato un’occhiataccia dall’artista. Già lì avrebbe dovuto capire che era decisamente meglio tornarsene a casa. Invece no, aveva comunque deciso di scendere con Rogers –che dopo il piccolo infarto era tornato sorridente- per conoscere la piccola Wanda.
Faticava a capire quando e dove avesse sbagliato, sapeva solo che si era ritrovato legato nella vasca da bagno con un bavaglino in bocca mentre Steve era stato mandato da Wanda a prendere un paio di donuts. Ribellarsi era fuori discussione per motivi abbastanza logici, ma non pensava sicuramente potesse legare un nodo così ben stretto. In più la bambina era uscita dal bagno e non sembrava voler tornare.
Tony si lasciò andare con la spalla contro la superficie fredda della vasca, ringraziando di essersi messo dalla parte opposta del lavello. Forse tutto quello faceva parte del gioco, probabilmente stava ricomprendo la parte della donzella in pericolo. Infondo gli aveva sorriso appena presentato, sembrava anche abbastanza contenta di avere un’altra persona con cui giocare, era stato pure attento a non stare troppo vicino a Steve mentre appendeva il quadro in camera della piccola per evitare di fare qualche disastro. Tutto alla perfezione per evitare di essere odiato da lei.
Sì, Wanda aveva pensato ad una storia dove lui doveva essere salvato e non pensava di aver stretto troppo.
Se ne convinse così tanto che quando sbucò con la faccina da dietro la porta era sicuro fosse per allentargli la stretta e le sorrise.
Sorriso che scomparve appena entrò totalmente nella stanza accompagnata da una teca contente due rettili.
 
 
 
Coda. Perché diamine quando doveva comprare delle donuts trovava sempre coda? Probabilmente perché andava sempre di fretta, dannato Murphy. Non lasciava mai in appartamento Wanda se andava a prenderle qualcosa da mangiare, ma quella volta c’era anche Tony, quindi si era fatto pochi problemi. Solo nel vedere quanta gente stava attendendo il suo turno si era reso conto della sua pessima idea, immaginandosi diversi possibili scenari orribili che avrebbe potuto trovare una volta tornato dai due.
Lo infastidiva essere così diffidente, però non era per Stark, era proprio per Wanda. Anche se l’avesse lasciata con Natasha avrebbe avuto le stesse paure, forse maggiori. Neanche per lui era stata tanto liscia all’inizio, aveva rischiato di tornare a casa mezzo rasato solo perché era “troppo biondo”. Fortunatamente Pietro era tornato prima del previsto.
Il ricordo di quel giorno fece aumentare l’ansia a Steve. Se la piccola avesse fatto qualcosa del genere a Tony, ne era convinto, si sarebbe aggiudicato l’odio a vita dal parte del miliardario, perciò si convinse a fare una cosa mai fatta prima e che mai più avrebbe fatto.
«Scusi, avrei mia sorella a casa da sola, potrei passare? Voleva tanto delle donuts.» E via una.
«Scusi, mia sorella è molto malata ed è a casa che mi aspetta. Voleva delle donuts e non mi sentivo di deluderla.» Via tre di fila, ogni tanto era un bene che la gente origliasse.
«La prego, mia sorella sta malissimo e l’unica cosa che voleva erano delle donuts, potrei…?»
Ed in men che non si dica eccolo uscire tutto soddisfatto con una scatola di sei donuts in mano. Si sentiva un po’ uno schifo, ma ne andava del rapporto che si stava instaurando con il genio.
Non che mi importi così tanto, ovvio.
Dopo essersi convinto di quella frase aumentò il passo e fece le due rampe di scale il più veloce possibile, entrò nell’appartamento e si guardò intorno alla ricerca delle due persone lasciate lì quindici minuti prima.
«Wanda? Tony?» Vide sbucare la piccola dal corridoio con un sorriso stampato in volto.
«Le mie donuts!» Salì su una sedie intorno al tavolo di legno ed aspettò che il biondo appoggiasse il pacco rosa sul mobile, ma lui stava guardando in direzione del corridoio senza darle l’attenzione meritata. «Tony è andato via. Non stava bene.»
Steve inarcò un sopracciglio e si voltò verso Wanda, per poi tirare fuori il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans. Niente, a parte messaggi e chiamate degli altri tre volutamente ignorati. Anche se una parte di lui stava provando a convincerlo quanto potesse essere colpa del radicchio, l’altra sapeva lo avrebbe avvertito in qualche modo. In più era a piedi, se davvero fosse stato male non avrebbe mai fatto da lì alla Villa senza un mezzo.
La bambina comprese di essere stata scoperta dallo sguardo serio comparso sul volto del ragazzo davanti a lei. Spostò lo sguardo sulle sue gambine ciondolanti mentre si mordicchiava il labbro inferiore. Non disse niente, indicò solo la porta del bagno ricevendo un sospiro esasperato da parte di Steve.
 
 
 
Tony ricordava perfettamente il suo primo attacco di panico. Aveva cinque anni ed era stato a causa di un sogno che sembrava fin troppo vero. L’incubo non lo ricordava così bene, sapeva solo riguardasse la morte della madre e dei serpenti. Si era svegliato con la tachicardia, sentiva tremare gli arti e non riusciva a respirare regolarmente per colpa di un nodo alla gola inesistente.
Era successo un altro paio di volte, ma era già da quasi cinque anni che non ne aveva uno.
Però era ancora impresso tutto nella memoria e poco importava se non era un vero inizio di attacco, solo il sentire il cuore accelerare così tanto all’improvviso condizionava tutto il resto.
Le volte precedenti era sempre riuscito a chiamare qualcuno prima che il nodo alla gola gli impedisse di parlare, da suo padre alla tata, ma quella volta uscivano solo dei lamenti disperati neanche tanto alti. Era lì, bloccato, con un paio di serpenti pronti a salirgli sulle gambe.
Una parte di lui sapeva non potevano essere pericolosi, altrimenti sarebbero stati messi in un posto irraggiungibile per Wanda, ma non serviva a molto.
Il tutto peggiorò appena sentì strisciare sulla gamba destra. Sentiva gli occhi pizzicare ed i polmoni bruciare. Tentò di emettere ancora un verso che non uscì, fermato da quell’orribile groppo comparso all’improvviso.
Si sentiva in trappola, l’attacco lo stava avvolgendo completamente, talmente tanto che si accorse della presenza di qualcun altro solo quando vide una mano togliergli di dosso il serpente e lanciarlo alla parete opposta della vasca. Tony venne sollevato subito dopo, trovandosi slegato e senza bavaglio nel giro di pochi secondi.
Avvertì una mano cingergli la spalla ed il palmo dell’altra appoggiarsi su fine volto ed inizio collo. Non gli serviva mettere a fuoco per sapere chi avesse cucciato di fronte a lui, poche erano le possibilità.
Si lasciò cadere in avanti, andando ad appoggiare il volto sulla parte destra del petto sotto lo sguardo stupefatto di Steve, che si rese conto solo in quel momento di quanto stesse tremando. Decise di abbracciarlo come meglio poteva, mentre le braccia dell’altro l’avevano già avvolto passando sotto le ascelle.
«E’ tutto finito, Tony.» Fu il tono più dolce e rassicurante mai sentito da Tony, il quale accennò un sì con la testa contro la maglia grigia.
Lo sapeva, aveva bisogno solo di qualche secondo per riprendersi.
Passarono un paio di minuti così, mentre Wanda sistemava i rettili nella teca per riportarli al loro posto tutta tremante e con gli occhi gonfi, poi Stark si staccò e si asciugò gli occhi. Steve controllò ogni movimento dell’altro senza dire niente, cercando di capire se il recupero fosse completo o meno.
Si era spaventato terribilmente nel vederlo in quelle condizioni e sentiva un po’ essere colpa sua. Se non fosse sceso a prendere le donuts tutto quello poteva essere evitato.
«Steve…» Il suono era uscito un po’ tremolante e debole, quindi Tony si sentì in obbligo di schiarirsi la voce prima di proseguire. «…la prossima volta preferirei dei gatti.»
Come risposta ebbe un sorriso divertito seguito da un “promesso”. In quel momento, con quel sorriso davanti, si fece strada in Tony la terribile voglia di baciare il biondo e con quella un “e se ricambiasse?”. Il cuore aveva perso un paio di battiti al solo pensiero di tale possibilità, però chi voleva prendere in giro?
Steve era spontaneamente gentile con tutti, forse fin troppo di buon cuore; talmente cristallino che sembrava di conoscerlo già dopo una mattinata in sua compagnia; il probabile Golden Boy americano. Il suo proporsi come baby sitter per la piccola Wanda senza almeno un minimo abbassamento d’affitto rendeva palese la sua incapacità nell’approfittarsi delle persone. Aveva anche dei lati negativi, ovvio, solo non erano così gravi da oscurare quelli positivi.
E lui, beh, era Anthony Edward Stark. In sintesi tutto ciò che un ragazzo come Rogers avrebbe mai voluto al suo fianco se non come possibile amico.
Stark spostò lo sguardo dal fulcro dei sui pensieri alla porta aperta del bagno.
«Se non sbaglio ci sono delle donuts di là, penso di meritarmene una.» Poggiò le mani per terra facendo leva per alzarsi, seguito da Steve con le mani pronte a scattare nel caso le gambe di Tony avessero ceduto.
Sempre pronto ad aiutare gli altri, da aggiungere alla lista delle cose positive.
Comunque le gambe di Stark funzionavano alla perfezione ed arrivarono in cucina senza problemi, dove si lasciò andare su una sedie con in mano una donut al cioccolato.
Dopo pochi secondi spuntò dal corridoio Wanda, con le braccia lungo il corpo e la testina piegata in avanti. Arrivò fino a Steve prima di alzare il volto rivelando le guance rigate e gli occhi rossi.
«Sta bene?» La voce era incrinata e tremante.
Vederla in quelle condizioni strinse il cuore al ragazzo più alto, quindi era fuori discussione riuscire a farle una ramanzina. Gliel’aveva detto Natasha che se si fosse presentato il bisogno di dirle qualcosa non ce l’avrebbe fatta, ma lui era convinto non ce ne sarebbe stato bisogno, si doveva solo saper prenderli, i bambini. Decise di cercare un aiutino da parte di Tony, il quale era rimasto del tutto indifferente alla scena. Mai si sarebbe fatto incastrare dagli occhi gonfi e dispiaciuti di quella peste. Però erano un paio di iridi azzurre che gli stavano chiedendo aiuto in quel momento.
Mannaggia a te, Rogers.
Mandò già il pezzo di cibo e guardò la piccola.
«Sto bene, tranquilla.» Tornò sulla sua bellissima ciambella mezza mangiata. «Magari la prossima volta metti delle tarantole, così vai sul sicuro.»
Inutile dire che la bambina iniziò a singhiozzare appoggiando il volto alla gamba di Steve, il quale stava guardando Tony con tutto un altro sguardo. La sua testa era ancora salva solo perché quello non era l’appartamento dei Rogers e non poteva tirare cose a caso contro il moro.
«Non voleva farti male, sono innocui.» Eccolo lì, il paladino degli indifesi.
Poco importava se Stark aveva avuto un attacco di panico meno di cinque minuti prima, ora stava bene e quella in crisi era la piccola Wanda.
Ciò che aveva infastidito Tony, in realtà, era la mancata strigliata alla bambina confrontata al tono duro appena usato da Rogers nei suoi riguardi. Sembrava si fosse dimenticato di cosa aveva combinato Wanda, o comunque di quello che aveva causato.
Questo confermava la sua teoria sui comportamenti di Steve: era buono con tutti, a priori, sempre tu non facessi una cavolata stratosferica o ti comportassi da coglione patentato. Motivo per cui l’aveva aiutato la sera prima e di tutte le cose a seguire. Niente di più.
Strinse i denti nel sentire il nodo allo stomaco. Come poteva quel ragazzo aver fatto un tale effetto su di lui in un periodo complessivo inferiore ad una settimana? Era meglio tornare a com’erano prima, inversione a “U” e via.
«Grazie, ci ero arrivato da solo. Ma sai? Non si riesce tanto a ragionare mentre hai un attacco di panico in atto, Rogers.» L’aver marcato così tanto sul cognome mise in stallo Steve.
Probabilmente gli stava dando la colpa, se n’era andato a prendere la merenda senza preoccuparsi troppo di cosa sarebbe successo; il moro non aveva vissuto l’esperienza più bella della vita ed il biondo gli aveva quasi chiesto di chiedere scusa a Wanda per averle risposto in quel modo.
Però il tono usato gli fece scattare qualcosa, come le prime volte, come ogni dannata volta Tony parlava a vanvera con quel fare da superiore.
«Non lo sapeva, Stark.» Perfetto, tutto come un giorno prima, ottimo.
Tony mandò giù l’ultima parte di ciambella ed alzò le mani.
«Scusami, la prossima volta mi presento con un “soffro di attacchi di panico” aggiuntivo.»
Mentre i due si battibeccavano Wanda si era staccata dalla gamba di Steve ed aveva fatto qualche passo indietro. Fissò i due guardarsi in cagnesco per pochi secondi prima di rivedere nella sua mente i suoi genitori litigare.
«BASTA!» Gli occhi erano ancora rossi, ma le lacrime si erano asciugate del tutto. Li spostava da Tony a Steve e viceversa, incrociando i loro sguardi stupefatti. «SMETTETELA DI LITIGARE.»
«Se la smetti di urlare ci faccio un pensierino.» Non aveva dovuto nemmeno girarsi verso Steve per sentire l’occhiataccia di fuoco lanciatagli.
La piccola scosse la testa e trotterellò verso Tony, gli prese una mano tirando verso di lei per farlo alzare e –dopo che il ragazzo smise di fare resistenza- lo portò davanti a Rogers. I due si guardarono per un secondo, poi tornarono su di lei, ora seduta per terra a pochi passi da loro.
«Dovete fare pace.» Incrociò le braccia al petto con uno sguardo che poco ammetteva contraddizioni.
«Senti, visto che probabilmente nessuno…» A quella parola tirò un’occhiata a Steve per poi tornare sulla bambina. «…sembra riuscire a dirti qualcosa di negativo ci penserò io. Prima di tutto non puoi averla sempre vinta nella vi…»
«Scusa, Tony.» Il moro s’interruppe nel sentire la voce dell’altro ragazzo, voltandosi verso di lui ed incrociando i suo occhi.
Promemoria per lui: smettere di guardare quei dannati occhi.
«Se ora ti chiedo scusa sarebbe come contraddirmi, sai?» Ci fu qualche secondo di silenzio prima che aprisse nuovamente bocca. «Posso prendermi il 20% della colpa, però.» Steve roteò gli occhi, ma sorrise. Tony lo fece di rimando e la bambina emise un suono di felicità.
«Okay, di solito ora mamma e papà si danno un bacio.» Rogers si voltò verso la piccola con lo sguardo strabuzzato.
Stark, invece, stava ancora guardando l’altro ragazzo, intento a spiegare quanto la cosa fosse diversa. Che ci sarebbe stato di male in un bacio sulla guancia? Infondo Wanda sembrava abituata ad averle sempre vinte –almeno con Steve-, sarebbe stata un’ottima scusante. Quindi perché no? Poi se ne sarebbe uscito con una frase evidenziante come l’avesse fatto perché era un burlone nato e non per altro.
Non ci pensò una volta di più. Si alzò sulle punte quel che bastava per arrivare alla sua guancia.
«Tony potresti aiut…» Però, diavolo, Steve doveva rimanere fermo con la testa, non girarsi all’improvviso!
La risatina contenta di Wanda arrivò alle orecchie dei due prima ancora che si staccassero –cosa accaduta nel giro di tre secondi. Avevano fatto entrambi un balzo indietro, Tony appoggiandosi al tavolo e Steve alla parete.
«Che diavolo ti è saltato in mente, Stark?!»
Il moro aveva il cervello bloccato, come se non ci arrivasse aria. Già, che diavolo gli era saltato in mente? Quella giornata era partita fin troppo bene, no? Doveva fare qualche disastro. Comunque non era del tutto colpa sua. 
«Perché cavolo ti sei girato?!»
«Speravo in un aiuto!»
Lo sbuffo della piccola Wanda distrasse i due ragazzi, salvando anche Tony dal dire qualcosa di sconveniente.
«Facciamo che cambiamo? Siete diventati noiosi.»
Detto fatto. Nessuno dei due voleva continuare quel battibecco, Stark perché era ancora in fase di stallo e Steve perché si era stranamente agitato.
Il resto del tempo passò abbastanza in fretta. Wanda si fece anche perdonare lasciando a Tony una delle sue due donuts, continuando comunque ad insistere su quanto fossero innocui quei serpenti –progetto scolastico, a quanto pareva- e che voleva solo giocare. Steve l’aveva placata dopo la terza volta facendole intendere che non avrebbe mai avuto indietro il suo dolce.
Verso le 17:30 spuntò dalla porta principale un ragazzo sui diciotto anni dai capelli quasi argentati al quale la piccola corse incontro tutta contenta. Si presentò a Tony come Pietro, il fratello di Wanda, e ci tenne a precisare di aver perso una scommessa, non era argento per sua volontà.
Dopo uno scambio di battute ed il reso conto della giornata –evitando ovviamente la storia della vasca- i quattro si congedarono e Steve optò per portare a casa Tony piuttosto di fargli fare una ventina di isolati a piedi.
Si fermò davanti al cancello della Villa, sotto consiglio spassionato del moro, e spense la macchina.
«Senti, per il bacio…» Steve voleva evitare il più possibile situazioni di imbarazzo con Stark, non chiarire quella situazione avrebbe reso difficile la cosa.
Tony lo capì al volo, bastava vedere come il biondo tenesse lo sguardo sul volante e vi tamburellasse sopra con le dita. Un po’ aveva sperato fosse andata in un altro modo, ma si doveva ricordare l’improbabilità della cosa e stare lì in sua compagnia non aiutava. Quindi si voltò verso la portiera e l’aprì leggermente prima di parlare.
«Quale bacio?» Sentì gli occhi di Steve addosso, era quasi sicuro stesse facendo uno di quei sorrisi accennati da “grazie” silenzioso, decisamente meglio non girarsi.
Scese dalla macchina con un saluto veloce e si avviò oltre il cancello. Una volta varcato il portone, lo richiuse e vi si appoggiò con la schiena, portandosi una mano a strofinarsi gli occhi con il pollice e l’indice. La cosa stava degenerando, non poteva nemmeno evitarlo fino a quando gli fosse passata vista la sintonia che i due gruppi sembravano aver ottenuto. Decise di cancellare la possibilità di continuare le lezioni ed alla festa della sera dopo sarebbe sempre stato dalla parte opposta del biondo.
«ANTHONY EDWARD STARK!» Tony si tolse la mano dagli occhi e cercò di mettere a fuoco la figura che gli stava andando incontro minacciosamente.
«Clint?» L’amico lo prese per il colletto e se lo tirò ad un centimetro dal volto, abbastanza incazzato.
«Hai la minima idea dello spavento che ci hai fatto prendere?» Tony inarcò il sopracciglio cercando di togliere Steve dalla sua testa e di concentrarsi sul resto. «Non UN messaggio, Stark. UNO! DA IERI SERA.»
Certo, ecco cosa si era dimenticato. L’aveva detto che Rogers aveva un brutto effetto su di lui, no? Sospirò e si porta una mano a strofinarsi il volto.
«Scusa, Clint. Io…non ci ho pensato.» Barton lasciò la presa ed iniziò a camminare avanti ed indietro per la hall d’entrata.
«Non ci hai pensato? Sai che Rhodey pensava di far partire una squadra di ricerca? E Bruce già ti vedeva buttato in qualche discarica?»
«Ora li chiamo.» Tirò fuori il telefono dalla giacca ed iniziò a digitare, non aveva ancora finito di cercare il primo nome quando le parole di Clint gli arrivarono alle orecchie.
«Ho già avvertito io. Ed ho avvertito anche Nat, che penso sia andata a fare una ramanzina all’altro.» Tony spalancò gli occhi. «Jarvis era abbastanza sorpreso di vedermi qui, pensava tu e Steve foste da me.» Perché quel maggiordomo non se ne stava zitto una volta? «Ora, sono molto felice vi siate voluti appartare, ma avreste potuto rispondere ad un messaggio.»
«Oh, sì, e scrivere “guardate che sono con Steve, sto bene”? Da quanto lo sai? Dieci minuti, forse? E già stavi pensando a chissà quale possibilità.» Clint si accigliò. L’amico era andato sulla difensiva un po’ troppo velocemente. «Felice di deludere le tue aspettative. Mi ha trovato ieri sera dopo diversi bicchieri e si è comportato come una persona decente avrebbe fatto, niente di più.»
«Tony?» Ma non lo sentì minimamente.
«Sì, ho passato la giornata con lui, ma non è successo niente, okay? E’ solo una brava persona e si è assicurato che stessi bene, tutto qua.» Incrociò lo sguardo dell’amico con la bocca socchiusa e le sopracciglia inarcate. Si era esposto decisamente troppo. Scosse la testa e si avviò verso le scale, passando affianco all’amico. «Se non ti dispiace vorrei riposare un po’ prima del terzo round con mio padre, grazie di esservi preoccupati, ci si vede domani.»
Clint lo guardò scomparire per la rampa di scale che portava verso la parte di Villa dove si trovavano le camere, per poi uscire con il telefono in mano.
 
 
 
«Ora mi ascolti, signorino!»
Steve aveva trovato Natasha ad aspettarlo fuori dalla porta dell’appartamento. La strigliata era partita da subito, ma lui aveva cercato di non ascoltarla e anche di chiuderla fuori, ma questa aveva messo un piede in mezzo ed era entrata nell’abitazione.
Fin da quando Tony era sceso dalla macchina e lui ripartito per tornare a casa aveva continuato a pensare a quel pomeriggio e al motivo dell’agitazione dopo il bacio. Gli era sempre venuto abbastanza facile scendere a patti con le sue sensazioni, ma quella volta no. Forse perché era Tony Stark, forse perché non sapeva bene cosa gli stesse frullando in testa in quel periodo. Fatto sta che si era ricreduto un sacco sul quel morettino e non era per niente insopportabile, doveva ammetterlo. Stava solo cercando di convincersi gli piacesse come amico, niente di più, e la sfuriata di Natasha avrebbe aiutato ben poco.
«Nat, non ora per favore.» Questa corrugò la fronte, alternandosi ancora di più.
«NON-ORA? STEVE! Ti rendi conto? E’ da quasi ventiquattro ore che non abbiamo tue notizie!»
«Scusatemi, non pensavo foste così morbosi da doversi sentire almeno una volta al giorno.» Tutta la situazione stava facendo alterare anche il biondo, il che fece accigliare Natasha.
«No, il punto è la tua assenza ingiustificata.» Steve sospirò e si passò una mano sul volto.
Era assai comprensibile si fossero preoccupati nel non vederlo a scuola, l’aver ignorato messaggi e chiamate sicuramente non poteva averli tranquillizzati.
«Tu e Tony avete fatto prendere un colpo a tutti.» Fu comunque la rossa a prendere la parola, trovandosi gli occhi spalancati dell’amico a fissarla. «Clint è andato a Villa Stark e Jarvis non sa tenere la bocca chiusa.» Aveva incrociato le braccia al petto e fatto spallucce.
Steve scosse la testa e si diresse verso la credenza per prendere un bicchiere e riempirlo con dell’acqua.
«Potrei almeno sapere perché non volete dirci che state insieme?» Gli aveva creduto la mattina precedente, ma ora le sembrava talmente impossibile riuscirci.
Per risposta l’altro sbatté un pugno sul ripiano di marmo della cucina -facendo sobbalzare l’amica-, voltandosi poi verso di lei.
«Non stiamo insieme! Come te lo devo dire? La prossima volta lo ignoro brutalmente, okay? Lo lascio girovagare per le strade di New York con il tasso alcolico di un ubriacone e me ne frego, va meglio?»
«Steve, calmati.»
«NO. Perché da quando ci siamo conosciuti avete tutti questa fantasia di una probabile relazione, ma sai cosa? Non può accadere.» Steve aveva perso il controllo e le parole uscivano una dietro l’altra sotto lo sguardo accigliato della rossa. «Toglietevelo dalla testa, perché da oggi in poi cercheremo di andare un po’ più d’accordo ma ci verrà impossibile se voi…» Allungò un braccio verso la direzione della ragazza per indicarla. «…continuerete con certe allusioni.»
«Se è ancora per Mercoledì, Bucky ti ha chiesto scusa una ventina di volte.» Per la prima volta non riusciva a capire dove il biondo stesse andando a parare, le dava un po’ fastidio come cosa.
«Nonono, non è per quel pomeriggio. E’ per tutto. E’ per quando mi ha inviato la prima conferma di lezione; per quando mi è sfuggito che non è poi così male fisicamente; per quando ci siamo trovati la prima volta e le volte successive.» Ad ogni punto aveva tenuto conto con le dita. «Cosa avrei dovuto dirvi, quindi? “Non vengo a scuola perché ieri sera ho trovato Tony ubriaco e l’ho portato qui”?» L’amica spalancò gli occhi nel sentirgli dire il nome dell’altro ragazzo, ma lui non ci fece molto caso. «Ti lascio immaginare le battute.»
Ci furono attimi di silenzio. Natasha si era fermata al “Tony” e la sua mente ci mise poco a collegare la reazione eccessiva dell’amico al cambio repentino dall’uso del cognome a quello del soprannome.
«Ti piace Stark.» Era quasi un sussurro, però venne percepito perfettamente dall’amico che la guardò spalancando gli occhi.
«Nono, assolutamente no.» Prese il bicchiere che s’era riempito d’acqua e bevve tutto d’un sorso, per poi poggiarlo nel lavandino.
Sentì i passi della rossa avvicinarsi e la sua mano poggiarsi sulla schiena. Odiava quando faceva così, era come un pulsante “okay, ti dico tutto quello che mi passa per la testa”, era più forte di lui.
«Non lo so, okay?» Si voltò appoggiandosi al mobile ed incrociando le braccia al petto. «Riesce a passare dall’essere insopportabile ad essere una persona con la quale passarci mezza giornata insieme sembra la cosa più interessante del mondo.» Mentre lui guardava di fronte a sé e gesticolava con la mano destra Natasha prendeva appunti mentalmente. Come l’aver usato “interessante” e non “bello”, Steve preferiva di gran lunga qualcosa –o qualcuno- di interessante piuttosto che semplicemente bello. «Poi ci sono piccole cose che non pensi lui possa fare. Tipo ha lavato la tazza, okay?» Nat inarcò un sopracciglio e fece una risatina.
«Ha addirittura lavato una tazza?»
«Sì, e sa anche cucinare. Cucina lui per il maggiordomo!» Natasha batté un paio di volte la mano sulla spalla dell’amico. «Ma non può piacermi, non in quel senso.»
«Perché? Sareste una bella coppia. Tu lo aiuteresti a tenere un po’ più la testa sulle spalle e lui, beh, devi ammettere che ti rende più impulsivo.» La rossa fece spallucce, però fermò i lati della bocca quando vide il volto dell’amico abbassarsi e coprirsi di un sorriso forzato, amaro. «Steve?»
«Con quale possibilità, mh?» Alzò lo sguardo verso l’amica, la quale inarcò un sopracciglio. «Mettiamo caso che fosse vero, che sto iniziando ad avere una cotta per Tony, con quale possibilità, con quale speranza posso credere sia una bella cosa?» Nat fece per aprire la bocca, ma la richiuse immediatamente.
Non poteva dire con certezza sarebbe stato ricambiato, non conosceva Stark. Erano sempre state belle battute ed ipotesi fantasiose, niente di più. Almeno fino a quel momento.
«Vedi, Tony può avere chi vuole, quando vuole, dove vuole e solo perché lo vuole. Se un giorno deciderà di calmarsi non sarà sicuramente per un ragazzino di Brooklyn, cresciuto in Ohio, con zero inclinazione per la fisica o per le scienze matematiche.» Steve scosse la testa un’altra volta. Stava iniziando a sentirsi uno schifo ed era perché, sì, aveva una cotta per Stark e se l’era presa in meno di un giorno. «Potresti andare via? Ho bisogno di riposare un po’.»
Natasha non disse niente, annuì e basta. Lasciò un bacio veloce sulla guancia dell’amico e se ne andò chiudendosi la porta alle spalle. Si sentiva terribilmente in colpa per avergli aperto gli occhi sul famoso “fattore Stark”. A tutte quelle cose non ci aveva pensato, nessuno di loro ci aveva pensato. Avrebbe voluto tornare indietro e starsene zitta, ringraziare solo che stesse bene ed andarsene. Era una pessima amica, ecco la verità.
Scosse la testa e se ne andò giù per le scale con il telefono in mano notando un messaggio da parte di Clint.
- Se dicessi che Tony ha probabilmente una cotta per Steve sarebbe un problema?
Intrattenibile il sorriso sul volto della rossa.
- Se dicessi che Steve ha sicuramente una cotta per Tony sarebbe un problema? 









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Note dell'autrice: Non è fantastico che entrambi siano convinti di non poter piacere all'altro? MAGNIFICO. 
Comunque se non si è ancora capito ADORO CLINT BARTON E VOGLIO UN FILM TUTTO PER LUI. A parte gli scherzi, lui e gli altri cinque assumeranno sempre più importanza. Almeno questa è la mia idea, ma son già due capitoli che inizio a scrivere e va tutto come vuole, sooooo evito di promettere.
Spero continui a piacervi e ringrazio chi segue e chi trova tempo per recensire. <3

Un bacio, 
BR.
   
 
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