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Autore: pseudowords    18/04/2017    2 recensioni
[WAS ON HIATUS]
Non ne poteva più di quella situazione snervante, sperava solo che tutto finisse e tornasse alla normalità, anche se in cuor suo sapeva che nulla sarebbe stato come prima; non dopo essere precipitata sul freddo terreno del campo di battaglia.
[TestaBruta centric]
Long che è collocata durante la battaglia contro Drago, vi siete mai immaginati cosa sarebbe successo se Bruta non fosse stata presa al volo?
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astrid, Hiccup Horrendous Haddock III, Moccicoso, Testa Bruta, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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5. Sing Me to Sleep
 
Testa Bruta si acquattò tra l’erba alta, inspirando il fresco profumo di Primavera.
Come ogni Loki Day che si rispetti aveva progettato lo scherzo più epico di sempre da fare a Tufo, nel tentativo di dimostrargli la sua superiorità.
Udendo un fruscio,  la bambina dai grandi occhi celesti tacque, in attesa che il fratello uscisse dal nascondiglio che aveva scelto.



“Certo che è proprio strano” pensò Bruta “avrebbe già dovuto essere qui, è così impaziente quando si parla di Nascondino” sospirò.
Aspettare Tufo stava mettendo a dura prova la sua pazienza.
Era lì da quasi mezz’ora e di suo fratello neanche l’ombra.

“Quella stupida testa di yak rammollita!”
Imprecò a denti stretti prima di dirigersi vero Berk. “Devo sempre evitare che si cacci nei guai!”
Man mano che si allontanava dal cuore della foresta un odore sempre più acre le penetrava le narici.

“Bleah!” pensò la bambina “E io che pensavo che Tufo fosse imbattibile!” continuò corrucciando la fronte in un’espressione di puro disgusto.
Quell’odore, a cui non sapeva ricongiungere una provenienza, andava aumentando fino a quando, in lontananza, non scorse Berk.
In fiamme.
Si impose di restare forte, perché come le diceva sempre papà “I Vichinghi non piangono, signorina!”
Aumentò svelta il passo col cuore che martellava nel piccolo e gracile petto, era terrorizzata: il fuoco stava divorando qualsiasi cosa, i luoghi che erano testimoni di tanti ricordi felici, ora avevano sagome distorte mentre venivano inghiottiti dalle più svariate sfumature di rosso.

La sua casa, essendo nella parte alta del villaggio, era ancora illesa e questo sembrò rincuorare la bambina, che sperava di trovarci dentro la sua famiglia, intenta a calciare nel didietro chiunque avesse sfidato la casata Thorsthon.
Ma quando la porta si aprì con un cigolio sordo, non vide null’altro che il disordine.
Il suo sguardo vagava dalle sedie rovesciate alla brace spenta, cercando un minimo di consolazione. Era pur sempre un’impavida vichinga!
Tra le piccole manine strinse un piccolo yak di pezza, del fratello, che aveva trovato nel trambusto.
Dei passi pesanti dietro di lei le fecero stringere quel pupazzo con tutta la sua forza, rannicchiandosi in posizione fetale.

“Bruta, tesoro!”  esclamò trafelata una donna dai folti capelli biondi e gli occhi di un blu intenso.

“Mamma!” esclamò la bambina aggrappandosi alla sua veste.

“Dove ti eri cacciata? Siamo stati tanto in pensiero…” esalò in un sussurro la madre, accarezzandole i capelli.

“Tu e chi?!” sbottò la piccola, sperando di udire il nome di suo fratello.
La donna le sfiorò una guancia lentigginosa, ancora trafelata per la corsa di poco prima.

“Io e tutti gli altri, dobbiamo andare assieme a loro nella Sala Grande!” esclamò la madre prendendola per mano.
Bruta fu subito più sicura nello stringere la mano sottile e callosa della madre sperando di non doverla lasciare mai più.
Altri passi, però, fecero mollare repentinamente la presa di sua madre, che la avvicinò all’armadio, prima di aprirne un’anta.

“Salta dentro e non uscire finché non vedi Stoick l’Immenso.” Le impose.
I singhiozzi furono più forti di lei, che aveva pur sempre sette anni.



“E tu? Cosa farai?” la donna le poggiò le labbra sulla fronte corrucciata in un’espressione fra il terrorizzato e il triste.

“Starò bene, ora fa silenzio e rimani qui.” Le diede un buffetto sul naso. “Ti voglio bene.” Sussurò, prima di chiudere l’anta.
Con uno scatto repentino si parò al centro della stanza, aspettando il nemico.



“Bene bene, chi abbiamo qui?” una voce maschile e tremendamente rude fece sussultare Bruta, che rimase però fedele a ciò che le aveva ordinato la madre.

“Nessuno che ti riguardi.” Rispose la donna, cercando conforto negli dei.

“Ohoh, facciamo le minacciose.” Bruta si avvicinò ad una fessura nel legno dell’armadio riuscendo a vedere un uomo corpulento e dai lunghi capelli biondi raccolti in una treccia, avvicinare una mano al viso di sua madre.
La donna bloccò la mano ruvida e prepotente del vichingo, che per tutta risposta, le diede uno schiaffo, facendola cadere a terra.

“Puttanella, con me non scherzi!” ringhiò prima di lanciarsi addosso alla povera donna, che aveva preso a dimenarsi.
Lungo le guance di Bruta aveva cominciato a crearsi una ragnatela di lacrime.
L’uomo alzò lo sguardo, rivelando una cicatrice in viso.

“Se non stai ferma con le buone, starai ferma con le cattive.” Sogghignò, con un gesto repentino sguainò la spada piantandogliela in pieno petto.
Bruta sussultò.
Imponendosi di trattenere i gemiti di dolore.


Håkon, il loro contrattacco si è rivelato più forte del previsto, dobbiamo battere la ritirata o sarà troppo tardi!” L’uomo fece scorrere lo sguardo dal commilitone più giovane all’armadio in cui era nascosta Bruta.

“Ci rivedremo…” disse, mantenendo lo sguardo fisso verso la bambina.

“Presto.”




Una scarica elettrica a pochi centimetri da lei la riportò bruscamente alla realtà.
Il petto le bruciava da impazzire e i muscoli della gola si contraevano senza più alcun controllo.
Le immagini confuse si fecero più vivide secondo dopo secondo e il dolore con loro.
Se l’era quasi dimenticato, quel giorno.
Da un lato avrebbe tanto voluto scordarselo, in modo da non avere fissa nella mente l’immagine degli occhi vitrei di sua madre così simili a quelli di Tufo.
Una morsa allo stomaco sembrò ricordarle dove fosse in quel momento.
Dov’era suo fratello?
Stava bene?


“Lurido traditore.”  La voce dell’uomo, che aveva il nome di Håkon, le fece girare la testa di scatto.
Davanti a lei Håkon aveva afferrato Eret per il collo, sbattendolo contro il freddo suolo.

“Scappa!” le impartì l’ex cacciatore di draghi, ma le gambe sembravano non volerla ascoltare.
Il cuore le martellava nel petto  e il respiro pesante rimbombava nella sua mente.
Le fiamme, per la seconda volta, avevano inghiottito la maggior parte del villaggio, dando al paesaggio una nota rossastra.
Bruta sentiva la cenere entrarle nei polmoni e pervaderle le narici facendo infiammare le sue membra scarne e stanche.

“Hiccup! Portala via!”  la voce di Eret le arrivò dritta alle orecchie, prima di sentire i piedi sollevarsi da terra e due braccia attorno alla vita.
“Gothi ha bisogno di te! So che ce la puoi fare”  Per un attimo i due si guardarono, prima che il contatto visivo venisse interrotto da una scarica elettrica.
A provocarla erano delle creature simili agli Skrill, ma biancastre e dagli occhi di un rosso brillante. Nessuno ne aveva mai visti prima in circolazione e da come si comportavano, anche la specie stessa doveva aver visto ben pochi umani degni di essere etichettati tali.
Un rumore assordante fece guizzare nuovamente il suo sguardo verso il cielo scuro, che veniva stagliato dal bagliore delle scariche elettriche.

“Hiccup! Si ritirano!” esclamò Scarakkio, confuso come tutti gli altri Berkiani dal fatto che, pur essendo in superiorità numerica e militare, avessero battuto la ritirata. Hiccup osservò come quei draghi si muovessero in modo fin troppo ordinato e macchinoso per quella che era la loro natura. Mentre le urla degli avversari echeggiavano nell’aria, Berk si rialzava in silenzio da quello che era stato, seppur per qualche ora, uno degli scontri più impegnativi che avessero mai fronteggiato. Il fuoco aveva cominciato ad affievolirsi, lasciando spazio alle più svariate tonalità di grigio.
D’un tratto, con il diminuire dell’adrenalina, Testa Bruta cominciò a sentire nuovamente quel dolore pungente alla schiena, e così, accompagnata dal canto dei grilli e dal fievole vociare, tutto si fece scuro e ovattato.



 
 
Angolo Autrice.

Ciao a tutti, dopo DUE paurosi anni di assenza torno a riprendere questa storia.
Mi spiace di avervi fatto aspettare tanto e di avervi fatto perdere le speranze, ma quando il blocco dello scrittore ti blocca per qualcosa come due anni  c’è poco da fare. In ogni caso, come dicono, “dopo il temporale c’è sempre l’arcobaleno” e pian piano, ho ripreso carta e penna.
Spero che questo capitolo non vi abbia annoiato molto e che, come un tempo, la storia vi piaccia.
Come direbbe Octavia Blake, I’M BACK BITCHEEEEEEEES.

Bacini,
L.
   
 
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