Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Penny83    19/04/2017    2 recensioni
C’erano giorni in cui avrebbe voluto raggiungerlo, lassù nella torre dove si era asserragliato, ma le sembrava così inaccessibile, tanto più maturo e complicato di lei, da metterle soggezione. Se provava a guardarsi con gli occhi di Jon non vedeva altro che la mocciosa a cui aveva insegnato ad allacciarsi le scarpe.
Così era stato fino a quando era allunata al college. Lontana dalla presenza ingombrante dei suoi genitori – meravigliosi ma impegnativi – dalle sicure e confortevoli mura di casa e con una certa dose di libertà da gestire, Sansa aveva scoperto alcune cose su Joffrey, imparato qualcosa su se stessa ma soprattutto aveva ritrovato Jon.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Un comportamento inaccettabile. Mi meraviglio di lei, signor Stark. Certo non è questo l’esempio che ha avuto dai suoi genitori».
Bla bla bla.
Le ramanzine erano sempre le stesse. L’unica cosa a essere cambiata era il paesaggio: erano passati dall’ufficio del Preside del liceo di Winterfell a quello della Preside di facoltà della King’s landing. Un progresso notevole.
Mamma mi ucciderà.
Anzi prima ucciderà Jon, poi me.
«Joffrey Baratheon importunava mia sorella Sansa. Avevamo il dovere morale di intervenire».
La professoressa Tarth era il genere di donna che non si scompone davanti a niente ma non si poteva certo dire che avesse senso dell’umorismo. Imponente, bionda, dall’aria dannatamente severa. Doveva avere origini nordeuropee, Robb ne era sicuro. Norvegesi forse o svedesi. Avrebbe chiesto a sua madre, erano amiche dai tempi del liceo.
«E avete pensato che prenderlo a pugni fosse la soluzione migliore?»
«Si è trattato di un pugno solo, professoressa».
«Signor Stark vuole che le faccia passare la voglia di fare lo spiritoso?»
«Chiedo scusa».
La Tarth gli scoccò un’occhiata glaciale. Nonostante i grandi occhi azzurri e la carnagione candida non aveva nulla di etereo e le cose si stavano mettendo male. L’espulsione dal college non era esattamente una sospensione da scuola. Robb aveva contato sul fatto che la Tarth avrebbe chiuso un occhio visto la predilezione che aveva da sempre per Sansa ma aveva fatto male i suoi calcoli. Essere costretta ad abbandonare i festeggiamenti per il suo anniversario di matrimonio a causa di una stupida rissa – come aveva fatto notare quando l’avevano raggiunta nel suo ufficio – non era quello che verrebbe definito un punto di partenza favorevole.
«Vista la situazione perché non avete lasciato la festa?»
Perché sono un pessimo fratello maggiore e un pessimo amico.
Sapeva di essere seduto sopra una polveriera. La combinazione Sansa, Jon e Joffrey era sempre stata esplosiva. Be’ non così esplosiva. Joffrey aveva dato aria alla sua maledetta boccaccia e Jon aveva perso la testa.
Guardò di sottecchi l’amico. Avrebbe apprezzato un po’ di collaborazione da parte sua ma non era mai stato d’aiuto in quel genere di situazioni. Si chiudeva in un mutismo ostinato, troppo orgoglioso per giustificarsi o dare spiegazioni.
«Sarò costretta a prendere provvedimenti. All’interno del campus è vietata ogni forma di violenza e non posso permettere che i miei studenti risolvano le loro questioni provocando delle incivili e stupide risse da bar. I miei studenti migliori, signor Stark. Sono costernata».
Tecnicamente non si era trattato di una rissa. Joffrey non aveva avuto il coraggio di colpire Jon. Si era messo a piagnucolare come una femminuccia e aveva chiamato subito la sua mammina. È stato molto più furbo di noi.
«Siamo davvero mortificati professoressa ma Joffrey… »
«Lascia perdere Robb. È una battaglia persa».
Jon aveva ragione. La professoressa Tarth era sposata con Jamie Lannister, fratello gemello di Cercei, madre di Joffrey. Praticamente erano finiti nella fossa dei leoni.
«Signor Snow, a dispetto della sua media eccellente, le ricordo che non può dire e fare tutto quello che le passa per la testa. Ci sono delle regole, delle norme comportamentali… »
Lo smartphone della professoressa, abbandonato sull’imponente scrivania in mogano, iniziò a vibrare insistentemente. Seccata lo afferrò per respingere la chiamata ma il nome che lampeggiava sullo schermo dovette farle cambiare idea perché aggrottò le sopracciglia e si decise a rispondere.
«Pronto? Buonasera Miss… Sì, grazie. L’amministrazione mi ha inviato il resoconto questa mattina, il suo contributo è stato… Anche la biblioteca? Sarebbe davvero generoso… ». Fu in quel momento che la Tarth sollevò lo sguardo su Jon e Robb capì chi ci fosse dall’altra parte del telefono. «Certo, certo. Comprendo perfettamente, non si preoccupi. È stato un piacere anche per me. Buonasera».
Quando riagganciò chiuse gli occhi e premette le dita contro le palpebre. Sembrava stremata e per una frazione di secondo Robb provò pena per lei. Poi l’istinto di sopravvivenza ebbe la meglio sull’empatia.
Quella era la parte che preferiva in assoluto: quando arrivava la cavalleria. Non sempre erano così fortunati e aveva il sospetto che anche in quel caso la fortuna centrasse poco.
«Sparite dalla mia vista. Tutti e due».
«Sì, signora».
«Un altro episodio come questo e vi caccio entrambi senza nemmeno convocarmi nel mio ufficio».
«Sì, signora. Grazie signora, non si ripeterà. Ha la nostra parola».
«Suppongo dovrò farmela bastare. Adesso sparite, non lo ripeterò una terza volta».
Robb guadagnò l’uscita senza voltarsi. Ebbe l’impressione che Jon volesse aggiungere qualcosa perché esitò a pochi passi dalla salvezza ma ci ripensò e lo seguì in corridoio.
Fuori dall’edificio si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Fino all’ultimo aveva temuto che la Tarth potesse cambiare idea, invece contro ogni previsione erano salvi anche se l’umore di Jon non sembrava migliorato.
Robb decise che per prima cosa avrebbe recuperato la macchina e si incamminarono verso il dormitorio della Phi Delta Tau. Si pentì di averla parcheggiata così vicino alla tana del nemico. Sarebbe stata un bersaglio perfetto nel caso Joffrey e i suoi amici avessero deciso di lasciare qualche altro bel ricordo della serata.
Fortunatamente la trovò apparentemente intatta. Anche le gomme sembravano okay.
Deve averglielo tirato davvero forte quel pugno.
Il pensiero lo riportò al loro salvataggio in extremis e soprattutto a chi li aveva salvati. Sentiva di dover dire qualcosa ma la cautela era d’obbligo. Non era esattamente l’argomento preferito di Jon.
«Ehi, mi dispiace. Immagino quanto ti sia costato e… »
«Non potevo permettere che venissi espulso a causa mia. Tuo padre ti avrebbe ucciso e tua madre avrebbe ucciso me».
Robb fece scattare la chiusura centralizzata e salirono in macchina. Mise in moto senza problemi e un ghigno soddisfatto gli attraversò la faccia.
«Non è colpa tua se Baratheon è un coglione».
«Avrei dovuto ignorarlo».
Pensò velocemente alla direzione da prendere. Non aveva voglia di tornare al suo dormitorio – era pur sempre venerdì sera – ma era meglio evitare i luoghi a rischio Joffrey.
«La colpa è mia, non avrei dovuto portarvi alla festa. È stata una pessima idea».
«La peggiore del semestre».
Esagerato.
A Jon sfuggiva il quadro generale. Era sempre stato il suo problema, anche nella scherma. Era un atleta migliore di lui – più forte più veloce – ma se provocato tendeva ad agire in modo impulsivo e correva il rischio di farsi battere da avversari meno abili ma più astuti.
«C’è un lato positivo in tutta questa faccenda».
«Sarebbe?»
«Sansa avrà apprezzato che ti sia battuto per il suo onore».
Jon lo guardò per una frazione di secondo. Poi capì che non stava scherzando.
«Già. Era così che sognavo di dichiararmi».
Okay, non era il modo più romantico per farsi avanti ma l’incidente con Joffrey poteva rivelarsi un’ottima opportunità per sbloccare la situazione.
«Perché non le chiedi di uscire come fanno le persone normali?»
«Perché da questa sera ha un ottimo motivo per pensare che l’unica cosa che voglio è portarmela a letto. Considerato che sono anni che voglio farlo».
Jon aveva trovato un’altra scusa per procrastinare ciò che avrebbe dovuto fare da un pezzo. Inutile insistere, questa era la vera battaglia persa della serata. In parte lo capiva, in parte no ma non aveva voglia di discutere con lui, era troppo snervante. Meglio spostare l’attenzione su qualcos’altro. Svoltò a destra in direzione del pub in cui andavano a rifugiarsi quando non avevano voglia di incontrare la maggior parte dei loro compagni di corso.
Era lì che aveva conosciuto Talisa.
«Come sei riuscito a convincere tua zia a chiamare la Tarth?»
«Ho detto la parola magica».
«Per favore?»
«No, Sansa».
«Anche le donne più toste hanno un debole per le storie d’amore tormentate».
Parcheggiò nel piazzale davanti al The Wall in uno dei pochi stalli rimasti liberi. Forse Tormund sarebbe riuscito a far tornare a Jon il buon umore anche se ne dubitava.
«Le ho solo fornito una buona occasione per fare quello che le riesce meglio: manipolare ed esercitare il suo potere. Almeno questa volta mi è tornato utile».
Scesero dall’auto e Jon si accese una sigaretta. Ne approfittò per dare un’occhiata in giro, in cerca di una certa macchina – un vecchio maggiolone verde bottiglia – dove aveva trascorso alcuni dei momenti migliori della sua vita. La individuò poco distante dalla sua e sentì il polso accelerare e il sangue correre più veloce.
Bingo.
«Forse voleva semplicemente aiutarti».
Erano settimane che non la vedeva. Avrebbe dovuto fingere indifferenza? Fare lo splendido? Buttarsi ai suoi piedi? Gettò un’occhiata veloce al riflesso che gli restituiva il finestrino della macchina e si passò una mano tra i capelli per darsi quell’aria stropicciata che le piaceva tanto. Glielo diceva quelle rare volte in cui si concedeva di fargli un complimento.
Altrimenti poi ti monti la testa Stark.
«Sì certo. E Joffrey è così stronzo e irritante perché vuole diventare nostro amico».
Jon gettò a terra la sigaretta e schiacciò il mozzicone sotto la suola. Basta, aveva deciso. Appena entrato avrebbe fatto finta di non vederla e poi si sarebbe imbattuto in lei per caso. Era un ottimo piano.
«Stai diventando troppo sarcastico Snow, ti fa male frequentare mia sorella».
No, era un piano davvero cretino. Avrebbe improvvisato.
«Sansa è ironica non sarcastica. A proposito di ironia non era prevista un’evoluzione della tua serata?»
Jon lo osservava con l’aria di chi ha capito tutto e non dubitava che fosse davvero così.
«Quello era prima che tu decidessi di prendere a pugni Joffrey Baratheon».
«Capisco… Quindi questo sarebbe il piano B?»
«Ti ho già detto quella cosa sul sarcasmo, vero? Andiamo».
Quando entrarono cercò di non guardarsi intorno ma fu inutile perché la vide subito. Era come una forza di gravità, la stessa che lo aveva guidato fino a lì. Fino a lei. Anche il giorno in cui l’aveva conosciuta.
Era appoggiata al bancone del bar, i lunghi capelli castani sciolti sulle spalle, un top di seta nero e i suoi jeans preferiti. Quante volte aveva litigato con quei jeans? Sentiva ancora nelle orecchie l’eco leggero della sua risata trasformarsi in respiri sempre più veloci.
Robb.
Si voltò e quando lo vide un sorrisetto le increspò le labbra. Era perfetta.
Jon si schiarì la voce riportandolo alla realtà e fece strada fino al bancone. Tormund, il proprietario del locale e amico di Jon, serviva birra e raccontava alcuni dei suoi improbabili aneddoti a un paio clienti che lo ascoltavano rapite.
Si sedette qualche sgabello lontano da lei e con la coda dell’occhio la vide irrigidire le spalle e scuotere appena la testa prima di decidersi a rivolgergli la parola.
«Ciao».
Sembrava contenta di vederlo. Almeno più contenta dell’ultima volta in cui si erano visti.
«Ehi ciao… Aspetta, aiutami a ricordare… tu sei Lisa, giusto?»
«Vedo che il tuo senso dell’umorismo non è migliorato».
Fece per andarsene ma Jon calciò il suo sgabello così forte da farlo cadere. Robb incespicò un paio di passi ma riuscì a trattenerla con delicatezza. Lasciò andare immediatamente la presa anche se non poté fare a meno di sentire il brivido che era corso dalla sua pelle fino a lui.
«Tal, scusami, ti prego… Ho avuto una pessima serata».
«Oh mi dispiace tanto Robby… L’amichetta del venerdì ti ha dato buca?»
Come faceva a non capire? Da quando l’aveva conosciuta non c’erano più quelle del venerdì, né del lunedì o del sabato o della domenica. C’era lei e basta.
Pensava di sapere tutto, invece non sapeva niente. Aveva provato a spiegarle che lui non centrava, che si era trattato di un gigantesco equivoco – una delle amiche di Theon troppo ubriaca per infilarsi nel letto giusto – che era uscito dalla doccia e si era trovato davanti quella sconosciuta. Se chiudeva gli occhi vedeva ancora Talisa sulla porta della sua camera con in mano la cena thailandese che gli aveva portato per fargli una sorpresa.
«Non c’è nessuna… »
«Ehi Snow, ho saputo che hai dato spettacolo questa sera. Devo ammettere che l’idea mi ha fatto venire un certo appetito. Stacco tra mezz’ora, ti trovo ancora qui?»
Ah, perfetto. Un altro po’ di problemi in serbo per noi.
Ygritte posò due bicchierini sul bancone e li riempì di tequila. Guardava Jon come se avesse voluto mangiarlo e lui si lasciava guardare.
Era carina e disinibita. Faceva la barista durante il weekend al The Wall e ogni tanto Jon ci finiva a letto. Era convinto che entrambi volessero la stessa cosa ma Robb non ne era così sicuro.
«Offre la casa».
L’offerta non lasciava molto spazio all’immaginazione e la tequila aveva un aspetto piuttosto invitante.
Pessima combinazione.
Jon buttò giù il primo bicchierino tutto d’un fiato e poi il secondo. Un altro paio e avrebbe silenziato i campanelli d’allarme che stavano suonando nel suo cervello.
«Ti aspetto».
A quanto pareva ne erano bastati due.
«Pare che il tuo amico Jon abbia trovato la sua ragazza del venerdì sera».
E l’indomani se ne sarebbe pentito. Robb, invece, non voleva pentirsi più di niente.
«Ti va di fare due passi?»
Di nuovo quel brivido. Da lei a lui. Senza nemmeno toccarsi.
«Va bene, Stark. Solo due passi».
   
 
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