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Autore: Akisan    19/04/2017    7 recensioni
A volte il destino riserva sorprese mozzafiato, ricche di avventure e compagni formidabili.
A volte, invece, decide semplicemente di prenderti per i fondelli.
Così, senza neanche sapere bene il perché, Alex si ritrova suo malgrado a fare comunella con un Arrancar con seri problemi di gestione della rabbia, una ragazzina logorroica totalmente priva di buonsenso, e un individuo subdolo che, secondo lei, ha buone probabilità di discendere direttamente dal demonio.
Il tutto in un ambiente ricco di Hollow, gatti, sarcasmo allo stato brado e situazioni equivoche.
Mooolto equivoche.
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aki: «Miracolo!»

Grimmjow: «La buoncostume ha ordinato di farci chiudere baracca e burattini?»

Aki: «Noooooope.»

Grimmjow: «Cacchio!»

Aramis: «Hai finalmente deciso di dedicarti ai ragazzi veri invece di quelli bidimensionali fatti di carta?»

Alex: «Guarda che questa definizione comprende anche te.»

Aramis: «Ma io sono un caso a parte. Il mondo non è ancora pronto per affrontare la possibilità della mia esistenza in tre dimensioni.»

Alex: «E preghiamo perché non lo sia mai.»

Aki: «Miraaaaaacolo!»

Liz: «Credo che stia cercando di attirare la nostra attenzione, sapete?»

Grimmjow: «Che palle, qual è già il tasto per spegnerla?»

Alex: «Abbiamo perso le istruzioni quando le hai buttate via insieme ai resti del take-away cinese.»

Aki: «Miraaaaacoooolo!»

Alex: «E adesso è in loop. Dovremmo fare il backup e riavviare il sistema.»

Aramis: «Ci penso io. Rikki, vieni un attimo qui.»

Rei: «Perché ti aspetti che risponda ad un nome non mi—fgkskjbvk!»

Alex: «Aramis! Che diavolo di modi sono?!»

Liz: «Awwwwww, si baciano!»

Alex: «Non dovrebbe disturbarti un pochi… no, scema io, dimentico sempre con chi sto parlando. Aki, almeno tu, fai qualcosa!»

Aki: «Mira…mira… bzzzzz… nuovo input trovato…. acquisizione “modalità fangirl yaoi in corso”… reazione selezionata: squittio e saltelli sul posto…»

Alex: «Oh cielo…»
 
 

Bleach, i suoi personaggi, le sue vignette prive di sfondi e tutti i suoi buchi nella trama non mi appartengono. Io approfitto solo di questi ultimi per infilarci comodamente in mezzo la mia storia, che peraltro è messa anche lei bene in quanto a incongruenze e ambientazioni scarne. Gli unici personaggi che mi appartengono si riconoscono per il loro quoziente intellettivo medio inferiore a quello di una banana. Non imitate le azioni di Aramis a casa. Sono il modo più sicuro per ottenere in tempo record un’ordinanza restrittiva, nonché un pestaggio. Non necessariamente in quest’ordine.
 
 



Capitolo 46: Chi sei, Alex non lo sai, però, presto lo scoprirai…
 
 

Grimmjow era un colabrodo.

C’erano forse altri aggettivi per descriverlo?

No, non ce n’erano.

Grondava sangue, aveva più buchi addosso di un retino per farfalle, e per di più zoppicava da una gamba.

Tuttavia, a nessuna di loro due passò anche solo per l’anticamera del cervello l’idea di farsi avanti e proporsi come possibile fonte di sostegno.  

Sia Alex che Liz erano particolarmente affezionate alla propria testa, e soprattutto alla sua posizione in cima al collo, grazie mille.

Se poi, durante il tragitto, capitava che qualche guardia dall’anima ingenua si parasse loro davanti con l’insano intento di bloccare il passaggio, o, peggio ancora, attaccarli…

Brrr.

Già era difficile avere a che fare con Grimmjow durante le sue giornate buone, figurarsi in una cattiva.

E quella lì decisamente non era una giornata buona.

Oooh no.

Quella lì era la madre di tutte le pessime giornate.

Era l’esatto equivalente dello svegliarsi il lunedì mattina con un mal di testa allucinante da dopo sbronza, un camionista barbuto in perizoma con una parrucca bionda di fianco a sé nel letto, senza alcun ricordo della sera prima e con un preavviso di sfratto appeso a martellate sulla porta.

Detto questo, Alex non si chiamava Maria Batuffola la Dolce di secondo nome, e, anche se comprendeva la sua attuale refrattarietà a qualsiasi accenno di pietà e comprensione, dall’altra non aveva intenzione di passare tutto il resto della sua permanenza nella Fortezza Degli Orrori camminando in punta di piedi attorno al suo orgoglio di maschio alfa ferito.

Senza contare che stavano andando a raccattare Aramis e Rei, in quella che sperava fortemente fosse l’ultima missione di salvataggio della giornata, il che voleva dire ritrovarsi faccia a faccia con Dania.

Quindi, senza dire nulla, ad un certo punto spinse il proprio reiatsu contro quello di Grimmjow, in attesa di una reazione.

Il che, tradotto nel linguaggio delle persone normali, sarebbe stato come mandare un punto interrogativo su WhatsApp, sperando di non ottenere come unico risultato una doppia spunta blu e nessuna risposta.

Non era necessariamente preoccupata per lui, voleva solo essere certa della buona riuscita della loro missione.

Ceeerto, e la stagione migratoria dei maiali volanti stava per cominciare.

Probabilmente ne stava passando uno stormo vicino alla finestra proprio in quell’istante.

Giusto per evitare di sembrare un’anima patetica e in cerca di rassicurazione, anche se era totalmente quello il caso, diede alla sua richiesta implicita un tono di sfida e aggressione, come a dire “ebbene sì, sto cercando di capire come stai. Che pensi di fare al riguardo, eh?”

Quindi un punto interrogativo ed un dito medio, insomma.

Evidentemente, ciò che Grimmjow pensava di fare al riguardo era reagire con il doppio della forza usata da lei, avvolgendola con il suo reiatsu in una stretta che quasi la fece inciampare.

Che ca…?

Alex gli lanciò un’occhiataccia, Grimmjow rispose con un ghigno, che si allargò quando lei cominciò a spingere in risposta in un braccio di ferro spirituale.
In fin dei conti, a volte bastava davvero poco per metterlo di buon umore.

Peccato che l’umore in questione fosse destinato a precipitare nuovamente nell’Oltretomba, una volta che si fosse reso conto che non avevano la minima idea di come liberarlo dal contratto con Dania.

Nel loro grande piano di infiltrazione e salvataggio non avevano considerato quel piccolo, insignificante particolare.

Ops.

Anzi, no.

Un momento.

Si parlava di Grimmjow.

Lui aveva già pronta una soluzione, che poi era il suo metodo di default per gestire i problemi: prenderli a pugni finché non rimanevano a terra.

Alex gemette interiormente.

Per quanto l’idea fosse invitante, probabilmente malmenare Dania non era il metodo di approccio più appropriato alla faccenda.

Nota per il futuro: distrarre Grimmjow durante il negoziato con la battona infernale.

Magari Liz in quel marsupio si era portata anche qualcosa che andasse bene come diversivo. Tipo una granata fumogena.

O un barattolo di pongo.

E, a proposito di Liz, che tra l’altro stava facendo del suo meglio per ignorare il loro modo non tanto sottile di flirtare: era evidente che l’adrenalina causata dal confronto con le guardie, e soprattutto con Loa, stesse cominciando ad abbandonarla. O forse erano gli effetti collaterali di aver usato il suo potere, chissà.

Come faceva Alex a saperlo?

Semplice: Liz aveva il fiatone e le gambe molli, come evidenziato dal fatto che, a momenti, aveva più difficoltà a camminare di Grimmjow.

Senza contare che, di tanto in tanto, la sua traiettoria diventava improvvisamente diagonale senza alcun motivo apparente, dandole l’aspetto di una cheerleader ubriaca e portandola due volte su tre in rotta di collisione col muro.

L’unica speranza che rimaneva ad Alex, era che almeno i due membri mancanti del loro gruppo fossero in condizioni semidecenti.

La cosa buffa sulla speranza è che è sì l’ultima a morire, ma, quando lo fa, si eclissa sempre all’orizzonte salutandoti col dito medio e spaccandoti una bottiglia in testa per buona misura.

Se riesce, si porta anche via metà delle tue cose e poi ti chiede pure gli alimenti.

In questo caso particolare, quando finalmente fecero irruzione in quella che sembrava in tutto e per tutto una sala del trono, una rapida occhiata ai suoi occupanti bastò per far precipitare il morale di Alex ad un livello rappresentato da un numero negativo così basso, che perfino lo zero assoluto gli fece una standing ovation.

Quell’adorabile spina nel fianco dalla lama facile di Aramis era pallido come un cencio, riusciva a malapena a reggersi in piedi e, al loro ingresso, si esibì in un facepalm sottile e discreto come una pornostar vestita da pinguino verde con dei ghiaccioli come copricapezzoli, giusto nel caso in cui ci fosse qualche dubbio sulla sua felicità nel vederli.

Piccolo ingrato.

Passando invece all’unica vera vittima di quella faccenda, contando che era stato trascinato in una storia in cui non c’entrava assolutamente nulla, Rei era, se possibile, ancora più pallido, e sanguinava da un brutto taglio sulla fronte.

Nonché da uno sulla gamba.

E sull’addome.

Bontà divina, mentre Aramis incanalava lo psicopatico che viveva in lui sugli ignari organi interni di coloro che lo incrociavano, per caso quel povero ragazzo era caduto in un tritacarne?

 Ah, no, un attimo.

Avevano incontrato Loa.

La vera domanda era: Rei era un guaritore, quindi perché aveva ancora l’aspetto di qualcuno che avesse incontrato l’estremità sbagliata di un coltello da filettatura?
I casi erano due: o era completamente a secco di energia, e quindi aveva dovuto tenersi i danni subiti, oppure lui e\o Aramis inizialmente erano ridotti ancora peggio, Rei aveva guarito quello che aveva potuto, e poi si era ritrovato a secco di energia.

Per concludere il quadretto, Alex stessa non si sentiva esattamente fresca come un fiorellino di campo.

Contando che circa il novanta percento della superficie corporea di Grimmjow al momento era composta da sangue, e che Alex era entrata in contatto con buona parte di quella percentuale durante il suo salvataggio, come ovvia conseguenza la simpatica ed appiccicaticcia sostanza rossa le si era trasferita addosso con discreto entusiasmo, formando con la sua pelle e soprattutto i suoi vestiti un legame duraturo e probabilmente indissolubile, almeno per ciò che riguardava questi ultimi.

Tutto ciò, ovviamente, senza contare il suo stesso contributo alla causa nella forma di vari tagli e contusioni, un paio di orecchie che non avevano ancora smesso di fischiare da quando Liz aveva tirato fuori il suo trucco speciale dal cilindro, ed infine la faccia di qualcuno che non chiudeva occhio da più di ventiquattro ore e aveva passato buona parte di questo tempo a preoccuparsi, litigare, correre e fare a botte.

Eh già.   

Dania doveva essere letteralmente terrorizzata all’idea di affrontarli.

Strano che non fosse già crollata in ginocchio implorando pietà.

Forse, se si fossero portati dietro anche Ed e Al, sarebbero riusciti ad alzare un pochino il livello di minacciosità complessivo.

Meglio scriverselo da qualche parte come appunto per la prossima missione suicida.

E, a proposito della battona infernale, nessuna preparazione psicologica avrebbe potuto aiutare Alex a gestire ciò che si trovò davanti quando finalmente rivolse la propria attenzione verso il trono.

Perché, ovviamente, Dania non poteva essere brutta, gobba e stortignaccola, nooo, ovviamente era alta tre metri, con le gambe che partivano dal collo, due tette grosse come palloni aerostatici e i capelli neri, lisci e setosi che arrivavano fin sotto al fondoschiena e sembravano appena usciti da Barbie Passione Topmodel Asiatica.

O almeno, queste sarebbero state le considerazioni di Alex se non fosse stata troppo impegnata a valutare la gravità della situazione e trovare un modo per uscire tutti quanti da lì sani e salvi.

Perciò non fece assolutamente caso all’aspetto di Dania.

O al modo in cui, dallo spacco del suo vestito, fosse possibile intravederle le tonsille.

Assolutamente no.

«Okay, rabbia scomparsa» mormorò Liz al suo fianco. «Sento la mia eterosessualità letteralmente sgretolarsi ogni secondo che passo a guardarla. Aramis non aveva la minima possibilità di resisterle.»

«Già, era una sfida persa in partenza» concordò Alex, cercando di riattivare i circuiti cerebrali adibiti alla chiusura della bocca, possibilmente senza tagliarsi la lingua in due nel processo.

Grimmjow le aveva resistito per quasi due mesi?

Due. Mesi??

Di cos’era fatto, esattamente?

Adamantio?

Era forse gay?

No, un attimo…

Senza scomporsi di un millimetro di fronte al loro improvviso ingresso, l’incarnazione delle fantasie notturne di qualunque essere vivente e respirante scosse lentamente la testa. «Grimmjow, sei scappato di nuovo? Non hai ancora imparato la lezione?»

Pure la sua voce sembrava appena uscita da una linea telefonica per incontri sconci.

Mentre una parte di Alex, credendo forse per qualche motivo di rendersi utile, le forniva dettagliati ed improbabili scenari su ciò che il concetto di “impartire una lezione” potesse implicare tra l’Arrancar e la tizia che l’aveva tenuto rinchiuso in una segreta per settimane, Grimmjow tirò un calcio ad una delle guardie che aveva cercato di rialzarsi.

«Ce ne stiamo andando, stronza. Saluta il tuo adorato e non scomodarti a tenere la mia cella riservata, perché tanto non mi rivedrai mai più.»

Il pongo! Dov’era il pongo?

«Così sfrontato e contemporaneamente autodistruttivo. Perché non mostri un briciolo di cortesia e non mi presenti le mie nuove ospiti?»

Aramis lanciò loro un’occhiataccia, mentre Grimmjow mise direttamente una mano sulla bocca di Liz.

Alex alzò gli occhi al cielo.

Cosa avranno mai potuto significare quegli strani e criptici segnali?

Forse che non avrebbero dovuto rivelare i loro nomi ad una tizia diventata famosa col nome di Satana e che compilava contratti col sangue per imprigionare le anime altrui?

Che strano!

Non ci sarebbe mai arrivata da sola!

In compenso, non c’era neanche bisogno di chiedersi come avesse fatto Dania a scoprire il nome di Grimmjow.

Quello si presentava anche ai sassi prima di gettarli nel fiume.

«Mi chiamo “Non sono”, e lei invece è “Fatti tuoi”» disse Alex incrociando le braccia. «Sai già perché siamo qui, quindi parliamo di affari. Questo qui» disse indicando Grimmjow, «è proprietà privata. Stessa cosa per quello lì» e indicò Aramis, «più o meno. Riprenditi pure il tuo ombrello spacca muri e il tuo contratto scritto in terzine, e ridacci ciò che ci appartiene. Per favore» aggiunse all’ultimo momento nel tentativo di sembrare più conciliante.

Visto?

La sua diplomazia non era del tutto morta e sepolta.

Perché quindi Aramis non aveva ancora smesso di prendersi alternativamente le misure prima del collo, e poi del pugnale?

«Perdonami, ma è così tanto che non mi trovo in una situazione simile, che ho dimenticato le implicazioni più sottili del mio ruolo. Quale reazione dovrei avere, ora? Congratularmi con ammirazione per la vostra audacia, lealtà e coraggio nell’affrontare le avversità e l’ignoto per salvare un vostro compagno, e quindi accettare con magnanimità le vostre richieste, oppure scoppiare a ridere in modo maniacale per la vostra ingenuità e rendervi tutti miei schiavi? Sono confusa.»

«Avere in braccio un gatto bianco da accarezzare non guasterebbe» riuscì a dire Liz prima che Grimmjow le tappasse di nuovo la bocca.

Alex lanciò un’occhiata eloquente ad Aramis, che smise sbuffando di fare il pagliaccio e stabilì subito dopo un contatto mentale.

“Idee? Suggerimenti?” gli chiese con urgenza.

“Ci sto lavorando, principessa.”

“Sicuro, ho visto come ti stai impegnando bene.”

“Certo, se avessi dovuto pensare solo alla mia pelle, sarebbe stato tutto più semplice. Non che voglia criticare la vostra coreografica entrata in scena, ovviamente.”

“Accidenti! Perché ai nostri piani manca sempre la parte finale? È quella più importante, perché non ci pensiamo mai?”

“Forse perché l’improvvisazione è la madre di tutte le idee?”

“Ho una gran voglia di farti del male fisico.”

“Sta a vedere, e ricordati di ringraziarmi dopo.”

Subito dopo Aramis si rivolse a Dania con noncuranza. «Se posso rinfrescarti la memoria, questo è il momento delle trattative. Sicuramente la tua momentanea amnesia non ti ha privata della consapevolezza che un’anima possa essere ricomprata.»

Wow.

Anche lui non scherzava in quanto a parlata formale, se si metteva d’impegno.

«Ma questo implica la mia volontà nel venderla. Volontà di cui stranamente ora mi trovo molto a corto.»

Magnifico.

“Beh. Ci ho provato.”

“Sei utile come un cactus in una fabbrica di palloncini.”

Va bene, era evidente che Dania stesse giocando con loro, ma perché non aveva ancora sollevato un dito per scacciarli?

Forse li considerava un piacevole diversivo alla noia quotidiana.

O forse era davvero interessata alla possibilità di contrattare, però prima voleva farli girare in tondo sguazzando nella tensione.

Che fare, che fare…  

Liz, che fino a quel momento aveva cercato invano di liberarsi da Grimmjow, gli puntò all’improvviso alla testa l’ombrello chiuso e premette il pulsante di apertura a scatto.

La propulsione del colpo dritto alla tempia, unita probabilmente allo sconcerto di essere appena stato preso ad ombrellate da lei, ottenne l’effetto evidentemente desiderato di liberarla.

«Ma che cazzo…?»

Liz saltellò immediatamente fuori portata. «Colpa dell’ombrello, ha una cattiva influenza su di me. Per di più mi scappa la pipì da almeno un’ora, quindi vorrei risolvere la questione in fretta, se non ti dispiace.»

Alex si morse le labbra nel disperato tentativo di trattenersi di fronte all’espressione attonita di Grimmjow.

Rei si mise una mano davanti alla bocca, ma fu tradito dal tremolio delle sue spalle.

Aramis invece fu molto meno discreto e scoppiò apertamente a ridere.

«Mi hai appena picchiato in testa con un ombrello, ragazzina?»

«Io, ehm… sì! L’ho fatto!»

Grimmjow fece un passo avanti sollevando una mano.

Alex si irrigidì, pronta ad intervenire… e poi la mano scese sulla testa di Liz con un’energia tale da abbassarla probabilmente almeno di un paio di centimetri.

«Finalmente il tuo cervellino sta imparando qualcosa!» si complimentò Grimmjow arruffandole i capelli.

«Ahia, così mi scotenni, però…»

Liz sfuggì ancora una volta alle grinfie di Grimmjow e si avvicinò a Dania.

Un momento, cosa pensava di fare?

La risposta arrivò quando Liz si sedette a gambe incrociate alla base del trono e chiese: «Posso raccontarti una storia?»

Anzi, no, a pensarci bene, quel gesto non spiegava proprio nulla, se non forse un principio di follia.

Dania squadrò Liz con la stessa espressione riservata probabilmente ad uno strano animaletto viola epilettico e munito di antenne.

«Hai subito un colpo al capo, fanciulla?»

«È quello che ci chiediamo tutti» commentò Grimmjow.

«Meglio assecondarla, è molto più semplice che cercare di dare un senso ai suoi ragionamenti» suggerì Aramis. «In fretta, prima che cominci a cantare.»

Alex notò di non essere la sola a rabbrividire al solo pensiero.

«Farò finta di non aver neanche sentito le vostre insensate e banali insinuazioni, che oltretutto sbucano fuori solamente dall’invidia» dichiarò Liz incrociando le braccia.

«Se non vi dispiace, io e Sua Malvagità dobbiamo farci una chiacchierata tra donne.»

«Veramente io non ho ancora acconsentito. Anzi, perché dovrei assecondare questa assurdità?»

Alex non poteva vedere la faccia di Liz, ma immaginò che stesse sfoderando il pieno potere del suo sguardo da cucciolo abbandonato sul ciglio della strada con una zampina rotta e la pelliccia fradicia di pioggia.

«Perché finora in questa prigione ho visto solo maschi, e quindi spero di partire avvantaggiata?»

«Non è che una fase. Ci sono stati periodi in cui tra queste mura c’erano solo presenze femminili. Cerco sempre di alternare in modo equo, ma mai di mischiare. Nulla complica la gestione di un carcere come la presenza inattesa di infanti.»

«Oh… allora perché si può sempre trovare il tempo per ascoltare una storia?»

«Perché allora non l’hai raccontata ad Aizen la storiella, quando minacciava di farti tagliare a fette?» chiese Grimmjow.

«Zitto tu, sto cercando di salvare la tua anima!»

«Torno nella mia cella, allora!»

«Tornando alla mia storia invece, non è molto lunga, e vorrei davvero che la ascoltassi. Ovviamente ogni riferimento a fatti, luoghi e persone realmente esistenti è puramente casuale.»

Dania sospirò sconfitta. «Molto bene, allora. Racconta.»

Liz batté le mani con entusiasmo.

Alex invece cominciò a massaggiarsi le tempie.

Se a quel punto Robin Hood fosse sbucato fuori da un angolo buio facendo uno stacchetto con i suoi Merry Men in calzamaglia, non sarebbe neanche riuscita a stupirsi.

«C’era una volta -perché ogni racconto che si rispetti comincia così- una principessa giovane, bella, simpatica ed intelligente di nome Zil. Zil aveva come amica del cuore un’altra principessa, Xela. Xela era un po’ meno bella, un po’ più bassa e in genere meno carismatica di Zil, ma non era gelosa del fatto che gli dèi avessero sorriso così tanto alla sua amica e così poco a lei.»

«Hai dimenticato di dire che la principessa Zil purtroppo era affetta da seri problemi mentali» commentò Alex incrociando le braccia.

«Questi infimi dettagli sono ininfluenti nella lore del racconto.»

«Volevo solo puntualizzare.»

«Nonostante l’evidente pignoleria della principessa Xela, le due andavano d’amore e d’accordo, finché, un giorno, la loro pace fu disturbata dall’arrivo nel loro regno del barbaro invasore Wojmmirg e del ladro fuorilegge di nome Simara.
Dopo un inizio burrascoso, i quattro divennero amici e, sempre insieme, affrontarono mille avversità ed avventure, durante le quali conobbero molti altri personaggi bizzarri, come il bottegaio Araharu, le tigri magiche De e La, la folletta Anir, la strega Sees e il capo delle guardie reali Ier.»

«Per caso è compito del capo delle guardie reali Ier arrestare il ladro fuorilegge Simara?» chiese Rei.

«Se provarci lo aiuta a dormire meglio la notte, non vedo perché no. “Provarci” ovviamente è la parola chiave» rispose Aramis.

«Un giorno, però, lo stregone malvagio Nezia, per motivi noti solo a lui, ma probabilmente riconducibili alla mancanza di una televisione nel suo castello, decise di maledirli. Da quel momento in poi, le due principesse, il barbaro invasore e il ladro fuorilegge furono condannati a vivere sempre insieme, un po’ perché la morte di anche solo uno di loro avrebbe significato la morte di tutti quanti, e un po’ perché l’incantesimo li aveva bene o male legati misticamente l’uno all’altro. Le due principesse perciò divennero un po’… meno principesse, e gli altri due…»

«Se dici “un po’ più principesse” non arrivi a stasera» la avvisò Grimmjow amabilmente.

«Perché devi sempre rovinare tutto? E va bene, gli altri due divennero un po’ meno barbari invasori e ladri fuorilegge. La vita continuò a scorrere più o meno pacifica e serena, salvo l’occasionale incidente esplosivo o mostro mutante che varcava i confini del regno, finché il destino decise di metterli nuovamente alla prova.
Un giorno, mentre il barbaro invasore era nella foresta, incontrò la Regina degli Spettri. Ella, che era stata un passato amore del ladro fuorilegge, riconobbe il legame tra i due, e, dato che Wojmmirg si rifiutò di rivelarle alcunché, decise di catturarlo e rinchiuderlo nel suo regno spettrale, nella speranza di alleviare la sua noia e al contempo attirare Simara in una trappola.»

“Che diavolo sta cercando  di fare?” chiese Alex allarmata.

“Non lo vedi da te, principessa? Cerca di prendere tempo.”

“Questo l’avevo capito, Sherlock. Intendevo più nello specifico.”

“Non ne ho idea. Credo che non lo sappia neanche lei.”

“Non dirlo.”

“Sta improvvisando.”

“Voglio morire.”

«Il suo piano funzionò meglio del previsto, dato che, oltre a Simara, giunsero alla riscossa anche le due principesse e il capo delle guardie reali. La Regina degli Spettri era molto intelligente tuttavia, e sapeva che imprigionarli tutti non era la soluzione giusta al suo problema.»

Dania inarcò un sopracciglio. «Molto magnanimo da parte sua.»

“Non funzionerà mai. Non c’è un piano B?”

“Siamo già al piano Z, Alex”

Oh oh.

Aramis l’aveva appena chiamata per nome.

Bruttissimo segno.

«Come ho detto, era una regina di larghe vedute, perché aveva vissuto tanto a lungo da sapere che l’affetto e la lealtà ottenuti con la forza e l’inganno non solo sono fasulli, ma ben presto stancano entrambe le parti coinvolte.»

«O forse la principessa Zil si sbaglia e la Regina degli Spettri, proprio per via della sua longevità, è a conoscenza del fatto che obbedienza e paura sono molto più duraturi ed efficaci di qualsiasi effimero sentimento affettivo.»

«Se davvero è così, allora è strano che la Regina degli Spettri non abbia mai imprigionato il ladro fuorilegge con un contratto. Tuttavia, come ho già detto, a questo punto della storia la Regina degli Spettri è annoiata dalla solita routine “compila contratto-imprigiona criminale-sentilo lamentarsi per il resto dell’eternità”, e vede la situazione che le si è presentata davanti come l’opportunità per variare un po’ sul menu.»

«Sono quindi portata a supporre che la principessa Zil sia in procinto di suggerire alla Regina degli Spettri una valida portata alternativa.»

Durante il racconto, Alex si era avvicinata cautamente al trono, spostandosi strategicamente di lato, in modo da avere una più chiara visione dell’evento surreale che stava avendo luogo.

Fu per questo che vide chiaramente l’istante preciso in cui la madre di tutte le lampadine si accese nel cervello di Liz.

Non fu esattamente difficile da individuare, contando che il volto della sua migliore amica si illuminò di quel tipo di luce che era solita accompagnare il concepimento di un’idea straordinariamente priva di logica e buon senso.

«Meglio ancora, la principessa Zil ha in mente una partnership!»

Quell’affermazione prese Dania (e non solo lei) totalmente in contropiede, tanto che ci mise un po’ a rispondere, e, quando lo fece, aveva l’espressione confusa e disorientata di chi avesse appena assistito ad una pioggia di rane e non fosse esattamente sicura di aver preso le medicine giuste quella mattina.

Era un’espressione molto comune sul volto di chi veniva esposto ai ragionamenti di Liz per la prima volta.

Tutti i presenti ne sapevano qualcosa.

«Come, prego?»

«Una partnership! Collaborazione, lavorare fianco a fianco per il mutuo beneficio!» esclamò Liz saltando in piedi con entusiasmo. «Prova a pensarci! È un’idea geniale! Con la conoscenza che hai accumulato in tutti questi anni, e con i tuoi poteri, di sicuro potresti aiutarci a gestire o addirittura sciogliere questa roba che ci hanno fatto! Al tempo stesso tu avresti qualcosa di nuovo da fare, con la nostra presenza volontaria ti terremmo compagnia molto di più che cercando di scappare rinchiusi in una segreta, e oltretutto potresti vedere Aramis quando vuoi! Non puoi sposarlo, ma almeno la pianterebbe di scappare e impallidire come un fantasma ogni volta che sente il tuo nome! Sono un genio!»

Dania ci provò ad opporre resistenza, su questo bisognava darle atto.

Stessa cosa per Grimmjow, che ancora si aggrappava con tutte le sue forze all’idea di risolvere la faccenda in un bagno di sangue.

Tuttavia, Liz.

Liz.

Non c’era davvero altro da aggiungere.

**

S staccò distrattamente un morso allo zucchero filato, mentre con la mano sinistra posizionava i tarocchi per la lettura.

Il suo senso di ragno stava pizzicando già da un po’, e non solo perché il suo adorato cuginetto al momento si trovava in una situazione rischiosa, in cui, tra l’altro, lei poteva oppure no aver dato una mano nel cacciarlo.

Cattiva, cattiva S, niente più biscotti per lei.

Ma, d’altra parte, un po’ se lo meritava.

In passato aveva detto più volte a quella testa di rapa di lasciar perdere la carriera da Shinigami, ma le aveva dato per caso ascolto?

Noooo, lui voleva l’animo nobile e la pace nel mondo.

Gli aveva già pianificato un brillante avvenire, e lui con una singola decisione aveva mandato tutto all’aria, costringendola a ripiegare su un piano d’emergenza e qualche salto mortale per spingerlo sul cammino delle persone giuste.

“Un po’ come ho spinto accidentalmente la cara, grande e giusto un pochino malvagia Satana sulla strada di un certo Arrancar dai capelli azzurri”, considerò girando la carta del Diavolo.

Mmmh.

«Ehi, strega, per caso sai che fine hanno fatto tutti?»

Oooh, giusto colei di cui aveva bisogno al momento, perfetto.

S lanciò lo zucchero filato al piccolo fantasma, che lo prese al volo.

«Certo che no, zuccherino. Anche perché, se ti dicessi che sono al cospetto del demonio, ti spaventeresti.»

La bambina trattenne bruscamente il fiato. «Sono andati all’inferno?!?»

«Nah, solo una sua pallida imitazione.»

«Oh…»

«Piuttosto, perché non peschi una carta?»

«Vuoi predire il futuro di una bambina morta? Fai un po’ schifo come indovina.»

«Voglio solo confermare una teoria.»

Lei inclinò la testa, confusa. «Cosa vuol dire?»

«Che voglio vedere se ho ragione.»

«Aaaaaah! Va bene! Allora… prendo… questa!»

Eh, già.

Proprio come temeva.

«Dove hai preso delle carte così brutte? Non si capisce niente. Chi è questo qui con il cappuccio e la falce in mano? Un contadino darkettone? Liz chiama così quelli vestiti tutti di nero. Quindi? Chi è?»

Grane.

«Oh, niente di che. Solo la Morte.»

Grosse, grosse grane.

**

Mmmh, quale ciliegina mancava esattamente sulla torta di sfighe guarnita di disastri che quella giornata si era rivelata essere?

Mumble mumble.

Ma certo, un po’ di burocrazia mistica!

Perché sarebbe stato troppo semplice se Dania avesse potuto (o voluto) semplicemente schioccare le dita ed annullare il contratto.

Nooo, ovviamente nell’uso del suo potere era vincolata da un sacco di regole e obblighi da rispettare, e uno di questi riguardava il prezzo.

Regola uno: se rivendi qualcosa, il prezzo automaticamente aumenta.

E fin lì, nulla da dire. Lavorando (circa) in un negozio, Alex stessa sapeva che quello era l’ABC dell’economia.

Regola due: più alto è il valore affettivo che riponi in ciò che vuoi acquistare, più alto sarà il suo costo.

Regola duecentomilaeinfinito: Dania non poteva barare alzando o abbassando il prezzo.

Risultato: nessun oggetto in loro possesso era in grado di equiparare il valore rappresentato da Grimmjow, non solo per se stesso e Alex, ma anche per Liz e Aramis, dato che era letteralmente questione di riacquistare un pezzo della loro anima.

Ancora una volta, grazie mille ad Aizen per averli usati come cavie nel suo piccolo esperimento.

Non c’era nulla da fare quindi, il pagamento doveva essere molto personale.

Accidenti.

Ovviamente Dania veniva chiamata Satana, non Gesù Cristo, quindi puntò direttamente alla giugulare senza troppi preamboli.

«Khaél, ho bisogno della tua assistenza. Desidero che la mia richiesta ad ognuno di voi rimanga privata, in modo da evitare tediose e prolungate discussioni. Permettimi quindi sfruttare la tua abilità a tale proposito, creando un contatto mentale tra me e ognuno dei tuoi compagni, uno alla volta.»

Alex afferrò di riflesso la mano di Liz.

«Giurami che non accetterai richieste assurde» le sussurrò in fretta.

«Okay, giuro che non accetterai richieste assurde.»

«Guarda che sono seria.»

«Anche io.»

«Liz!»

«Alex.»

Non temere, principessa. Ci sarò anche io ad ascoltare.”

Adesso sì che sono più tranquilla.”

“Io non ho nulla di interessante da offrirle” commentò Liz. “E sono anche meno coinvolta di te. O di Aramis, se è per questo. A questo proposito, mister, se la sua condizione per te è passare con lei il resto dei tuoi giorni, ti dico fin da subito che Grimmjow ha vissuto senza un’anima fino ad adesso, quindi continuare così non potrà fargli poi così male… ”

“Quella è la coscienza, ragazzina. E su questo hai ragione, non ne ho mai avuta una.”

“Ragazzi, credo che Dania stia aspettando una risposta.”

“Perfetto, ci mancava lo Shinigami! Cazzo, Aramis! La vuoi piantare di aggiungere voci nella mia testa?”

“Credimi, Hollow, far parte della vostra rete mentale non è esattamente in cima alla lista delle mie aspirazioni di vita.”

“E poi quello che fa più casino sei tu, Grimmjow. Non hai mai sentito parlare di una cosa chiamata ‘basso volume’?” lo rimproverò Alex massaggiandosi le tempie.

«Se avete finito di consultarvi, possiamo cominciare?» si intromise Dania con una nota di irritazione nella voce. «E, vi avverto, lo saprò se le nostre conversazioni non rimarranno private.»

Il primo ad avere l’onore di un confronto personale fu, ovviamente, Grimmjow.

Che poi, che cavolo poteva offrire ancora per riscattare la propria anima?

Il sacrificio più grande che Dania potesse mai chiedergli probabilmente era il non saltarle alla gola nel preciso istante in cui avesse riottenuto la libertà dalla sua influenza.

Alex gli girò attorno come un avvoltoio, cercando di interpretarne il linguaggio corporeo e le espressioni facciali, ma l’unica cosa che riuscì ad estrapolare, era che evidentemente non era molto soddisfatto dall’argomento di conversazione.

Sai che novità.

Rabbia e insoddisfazione non erano esattamente emozioni rare da riscontrare in lui.

Grimmjow si rilassò proprio nell’istante in cui Liz si irrigidì all’improvviso, e questo fu l’unico segnale per Alex che la prima conversazione si era conclusa, e che l’attenzione di Dania si era spostata sulla sua amica.

Grimmjow si sedette a terra senza una parola, intento a riprendere fiato.

Evidentemente avere Dania a spasso per i propri pensieri non era una passeggiata in spiaggia al chiaro di luna.

Una corsa disperata in mezzo alla foresta proibita di notte con il rumore di una motosega accesa in sottofondo, piuttosto.

Alex strinse la mano di Liz, scrutando attentamente sia lei che Aramis, ma anche stavolta ottenne molto poco.

Aramis era impassibile, mentre Liz aveva gli occhi chiusi e la lingua pizzicata tra i denti per la concentrazione.

Tutto ciò che rimase ad Alex fu scambiarsi sguardi impotenti con Rei, sperando che tutto andasse per il meglio.

Poi, senza preavviso, una presenza oscura e schiacciante invase la mente di Alex, paralizzandola sul posto e permettendole a malapena di respirare al di sotto di quella pressione psichica.

Porca vacca, alla faccia del civile negoziato!

“Mai sentito parlare dell’espressione ‘bussare prima di entrare’?” si lamentò, cercando di scrollarsi di dosso la sensazione di avere il cervello pinzato tra l’incudine e un’altra incudine.

“Toc toc.”

“Non sei divertente, Aramis.”

“Il pagamento designato per voi due” dichiarò la voce di Dania senza preamboli, “è la verità.”

Voi due?

Perciò lei e Aramis dovevano pagare in comitiva?

“Beh”, commentò Alex dopo un attimo di silenzio, “questo è piuttosto anticlimatico.”

Non secondo Aramis, a giudicare dalla sua risposta.

“Questo”, disse lentamente, “è davvero di cattivo gusto da parte tua.”

“Non sarei in grado di mandare avanti una prigione se fossi tenera di cuore. In ogni caso, sarà di beneficio anche a voi, se riuscirete ad uscirne indenni. La ragazza dai capelli d’oro mi ha detto che avete difficoltà a gestire il vostro legame. Ebbene, si dà il caso che una completa trasparenza d’animo sia di gran lunga preferibile al sotterfugio, in queste situazioni, e tuttavia ci sono ancora molti segreti tra voi.”

“Già, dimmi qualcosa che non so” commentò Alex. “Quindi in pratica Aramis deve raccontarmi un segreto? Tutto qui?”

“Perché dai subito per scontato che sia io a doverti confessare qualcosa, e non il contrario?”

“Dovrei seriamente degnarti di una risposta? Ehi, frena un attimo, che intendi con ‘uscirne indenni’?” aggiunse rivolta a Dania.

“L’onestà comporta sempre un prezzo da pagare” le spiegò. “Più grande è il segreto, maggiore è il costo che si ripercuote su chi lo racconta e chi lo ascolta.”  

Alex gemette interiormente.

Non ci voleva esattamente un genio per capire di quale grande segreto si stesse parlando.

Fin dall’inizio, tra lei ed Aramis c’era sempre stato un piccolo dettaglio sempre solo accennato di striscio. Quella questione in sospeso mai affrontata apertamente, quell’elefante vestito di spandex rosa che faceva allegramente yoga nella stanza senza che nessuno dei due fosse davvero disposto a riconoscerne la presenza.

Beh, evidentemente era arrivato il momento di porre fine alle sue discutibili attività ginniche.

“In effetti, era un po’ che Meiko non saltava fuori nei nostri discorsi” disse Alex cautamente.

“Sei tu che hai smesso di chiedere.”

“Perché in ogni caso le tue risposte erano esaustive e per nulla criptiche e frustanti, vero?”

“Ci sono dei motivi, se certe cose preferisco tenermele per me.”

“Tipo il tuo divertimento personale?”

“Anche, ma non è questo il caso.”

“Beh, arrivi tardi. Al contrario di ciò che sembri pensare del mondo intero, Aramis, alcuni di noi hanno effettivamente un cervello. Magari il motivo per cui ho smesso di fare domande è che sono riuscita a fare due più due, nonostante il fatto che gli indizi che di tanto in tanto hai lanciato nella mia direzione fossero davvero patetici.”

Ecco, l’aveva detto.

Contro ogni previsione, alla fine era stata lei per prima a vuotare il sacco.

Parlando di prevedibilità, Aramis per lo shock mollò di rimbalzo il contatto mentale, e passarono parecchi minuti prima che riuscisse a porre fine al silenzio stampa e a riconnettere se stesso e Dania alla loro allegra conversazione collettiva.

“Problemi col Wi-Fi?” gli chiese Alex incrociando le braccia.

“Da quanto l’hai capito? E come ho fatto a non accorgermene?”

“Forse perché non è stata un’illuminazione proveniente dall’alto a benedirmi con un’epifania esistenziale. Avevo dei sospetti che pian piano sono stati confermati, punto. Non ci ho mai veramente pensato; semplicemente, a lungo andare, tenendo conto del tuo atteggiamento e delle cose che sono accadute, era la spiegazione più logica. Non c’è mai stato un momento preciso in cui ho pensato ‘Porcaccia la miseria, sono la reincarnazione di Meiko!’ Dopo un attimo di riflessione, aggiunse: “Anche perché non hai specificato che fosse morta, ma a questo punto era piuttosto ovvio.”

Un’altra lunga, silenziosa pausa.

“Perché non me l’hai detto?”

Alex inclinò la testa. “Dimmi, che effetto fa ritrovarsi dall’altra parte di questa frase?”

 “… me lo sono meritato, vero?”

“Puoi dirlo forte. Senti, per quel che mi importa, avrei anche potuto essere un polpo gigante con sedici tentacoli e gli occhi grossi come cerchioni di un’auto. Prima o poi te l’avrei detto, ma sembravi aver superato la cosa, e prima di rigettarti nella smania di avere contatti con la mia personalità passata e di rivivere ricordi che tanto non possiedo, volevo almeno tentare di costruire un rapporto decente così come siamo adesso.”  

“Perciò, se ci fosse la possibilità di riacquisire a tutti gli effetti questi ricordi perduti, non ne approfitteresti?” si intromise Dania con fare inquisitorio.

“Cosa? No!” esclamò Alex scandalizzata. “Meiko era una stronza frigida che si prendeva troppo sul serio e aveva gusti discutibili in fatto di scelte di vita, in quale universo parallelo potrei mai volermi ricordare di essere stata così? Senza offesa, Aramis.”

“Nessun problema. È una descrizione piuttosto accurata.”

Senza contare che, già i loro rapporti interpersonali erano basati su un equilibrio solido e sicuro quanto una sedia a tre gambe, cosa sarebbe potuto accadere se fossero saltate fuori storie strane sul passato suo e di Aramis?

Fino a che punto si era approfondito, esattamente, il loro rapporto?

Ewwww, bleah, bleah!

Alex non aveva mai considerato Aramis in quei termini, ed il solo pensiero che, insieme al resto, potessero saltare fuori anche episodi scabrosi di quel genere, bastava a farle accapponare la pelle.

Brrrr.

E per quanto riguardava Grimmjow, invece?

Se il luogo dove vivi viene attaccato e praticamente raso al suolo da degli Arrancar, quante possibilità ci sono che, tra loro, ci sia anche quello che letteralmente incarna la Distruzione?

Serve davvero un genio per considerare l’idea che il suddetto Arrancar, da quel momento in poi, avrà ben poche probabilità di suscitarti qualche simpatia?

E se avesse scoperto di odiarlo a morte?

No, grazie.

La sua vita come Alex era complicata, certo, ma le piaceva.

Non voleva scoprire cosa avesse combinato nella sua vita passata, come era morta, o, peggio ancora, come era vissuta.

Da Hollow.

Ugh.

Probabilmente, quel modo di ragionare a conti fatti faceva di lei una codarda, ma ehi, non c’era scritto da nessuna parte che fosse obbligata a tutti i costi ad essere eroica, altruista e coraggiosa.

A volte anche essere pusillanime e scegliere la strada più facile aveva il suo fascino.

Già.

“Si direbbe quasi che, dal tuo punto di vista, rinvangare il passato sarebbe un vero sacrificio” commentò Dania soavemente.

Oooooh no.

Nope.

No, no, e ancora no.

“Non ci pensare nemmeno.”

“Ho già stabilito in precedenza come il prezzo richiesto da voi due sia la verità. Solo comprendere che essa esista non basta. È necessario scavare molto più a fondo per raggiungere il costo adeguato.”

“Ed esattamente cosa ci guadagneresti tu da tutto questo?”

“Le mie ragioni appartengono solo a me stessa, ragazza.”

Fu il prolungato silenzio di Aramis a far accendere una lampadina nel cervello di Alex.

Con una sola, unica richiesta, Dania li aveva messi entrambi nel sacco: i desideri personali di Alex l’avrebbero portata a rifiutare, i suoi obblighi morali invece ad accettare, senza contare che aveva anche il dovere di salvaguardare se stessa proprio per rispetto ai suoi amici.

E permettere che Dania in qualche modo la obbligasse a ricordare il suo passato da Meiko, senza alcuna garanzia che la sua personalità come Alex rimanesse intatta, era l’apoteosi del non salvaguardarsi.

Al tempo stesso, Aramis era messo in una posizione ancora peggiore: dire ad Alex di rifiutare significava lasciare Grimmjow, e di conseguenza tutti loro, in balia di Dania; dirle di accettare lo avrebbe lasciato virtualmente senza rischi da correre e tutto da guadagnare. In teoria.

Nella pratica, invece, significava che Aramis in quell’istante si ritrovava di fronte alla prospettiva di dover scegliere tra la lealtà verso Alex e quella verso Liz, la cui  incolumità era in ballo, senza contare il suo personale istinto di conservazione e la prospettiva di riavere Meiko.

Che gran figlia di…

“Principessa…”

“Se stai per dirmi che non sono obbligata a farlo, ti gonfio di botte, ti faccio lavare i piatti per un mese, e poi ti pesto di nuovo.”

“…”

“Ottima idea. Ipoteticamente parlando, se io accettassi, come avverrebbe, esattamente, questa gitarella nella landa dei ricordi?”

“Come Khaél ti avrà detto, tra le altre cose sono in grado di far riaffiorare ricordi legati alla malvagità e ai peccati commessi. Non ha importanza quanto siano vecchi, sbiaditi o repressi; l’oscurità lascia sempre un’impronta indelebile su una persona. Detto questo, i ricordi legati ad una vita passata sono nascosti in un luogo del subconscio così profondo da essere quasi inaccessibile perfino per me; tuttavia, in questo caso, sono in possesso di un vettore.”

“Che sarebbe Aramis.”

“Parte di questi ricordi sono rimasti sigillati in lui a lungo, e io posso seguire a ritroso la loro traccia.”

“Quindi, sostanzialmente, si sta parlando di mostrarmi i momenti peggiori della mia esistenza precedente. Quelli per cui darmi una pacca sulla spalla e congratularmi dicendo ‘complimenti, hai fatto delle cose davvero orripilanti!’”

“Una volta risvegliata la tua consapevolezza di essi, il trauma subito dovrebbe essere tale, da rendere naturale supporre che anche gli altri avvenimenti della tua vita come Meiko verranno a galla.”

“Come una diga che si rompe.”

“Esattamente.”

“Oppure mi ritroverò con un lavoro fatto a metà e traumatizzata a vita per aver assistito in prima persona alle scene clou del mio passato da Hollow. Sempre ipoteticamente parlando.”

“È giunto al termine il momento di parlare per ipotesi. Cosa scegliete di fare?”  

“Lascerai andare Grimmjow?”

“Sia lui che la fanciulla bionda hanno accettato le mie condizioni.”

“Posso parlare senza temere per la mia incolumità fisica?” intervenne Aramis.

“No, non puoi.” Alex fece un profondo respiro. Sapeva già che si sarebbe amaramente pentita della sua decisione. Era troppo tardi per convincere Grimmjow che l’eterna schiavitù in fondo non doveva essere poi così male?

 “E va bene. Saltiamo a bordo del treno dei ricordi.”

“Sperando di non deragliare.”

“Non sei affatto di conforto, Aramis.”

“È la mia specialità.”

**Due giorni dopo**

C’erano molti modi per pietrificare totalmente una persona.

Essere convocati all’improvviso dal proprio Capitano senza saperne il motivo, ad esempio.

Oppure scoprire che quei rissosi buzzurri dell’Undicesima erano rimasti coinvolti in un “incidente” con la Divisione Scientifica e che, di conseguenza, il quartier generale della Quarta si era riempito di feriti coperti di ustioni, corna e arti aggiuntivi, costringendo il personale a fare gli straordinari per tutta la notte. 

O, come nel caso attuale, sentirsi dire “stanotte puoi dormire con me” dalla ragazza dei propri sogni, salpare per un preziosissimo istante sulla barca dell’euforia, per poi ricordarsi all’improvviso che il verbo “dormire” implica l’azione di sdraiarsi su un letto, e che il letto in questione è abitualmente occupato anche dal suo fidanzato Hollow.

Ugh.

Il motivo di quella proposta era evidente, e risiedeva nel fatto che Rei fosse a malapena capace di reggersi in piedi, dopo così tante ore passate a spendere le sue energie come guaritore.

Normalmente, la mancanza di un letto disponibile non sarebbe stato un problema, dato che, come Shinigami, con le buone o con le cattive aveva dovuto adattarsi a dormire dove capitava, fosse anche il pavimento o un albero. 

Purtroppo però, il potere curativo di Rei funzionava bene o male come una batteria: usarlo significava spendere la sua energia spirituale, che quindi andava ricaricata, normalmente assorbendo particelle di Reishi dall’ambiente circostante.

Il che, nel contesto della Soul Society, non era un grande problema, dato che era praticamente composta tutta di Reishi, quindi il suo era un ciclo costante di uso\ricarica che a fine giornata non pesava su di lui con niente di più grave del normale sonno.

Tuttavia, nella dimensione infernale di Dania la concentrazione di Reishi era decisamente più bassa.

Perciò, ora si ritrovava con un bisogno disperato di ricaricarsi in qualche modo, dato che aveva passato gli ultimi due giorni a curare se stesso, Grimmjow, che secondo qualsiasi legge del buon senso avrebbe dovuto ormai trovarsi due metri sottoterra con solo una  lapide a segnare il luogo del suo eterno riposo, ed infine Alex, che era precipitata in una sorta di coma barra stasi barra stato catatonico, da cui era per il momento impossibile svegliarla.

In quest’ultimo caso, Rei non poteva fare molto, oltre a monitorare i suoi segni vitali e le fluttuazioni della sua aura, dato che, di tanto in tanto, entrambi aumentavano a dismisura e la ragazza cadeva preda di convulsioni.

D’altra parte, cosa pensavano che sarebbe successo, iniettando bruscamente nella sua testa tonnellate di memorie traumatiche che spaziavano in un lasso di tempo che non era mai stato programmato per essere contenuto in un cervello umano?

Che dire poi dello sforzo di conciliare due identità diverse in una mente sola?

O del fatto che, durante le sue crisi, inconsciamente Alex si aggrappasse all’umanità di Liz attraverso il loro legame per usarla come salvagente, provocando in quest’ultima dolori lancinanti al petto in prossimità del suo foro e un’improvvisa e bizzarra passione per la carne cruda?

L’unica cosa che rimaneva loro da fare, era attendere che Alex, in un modo o nell’altro, riuscisse a mettere ordine nel caos attuale che era la sua testa e ne uscisse da sola.

Tutto questo significava che, al momento, anche un insetto rovesciato morto da tre giorni possedeva più energie e forza di volontà di Rei, che infatti non oppose resistenza quando l’Uragano Liz lo trascinò suo malgrado nel covo del male, aka la sua stanza.

Usare il reiatsu altrui come fonte di energia era una faccenda delicata, che a dirla tutta Rei vedeva come un’invasione della privacy, e che quindi non faceva mai se non in casi urgenti, e mai senza chiedere il permesso; perciò la gentile offerta di Liz di aiutarlo a ricaricarsi con la loro aura durante il sonno era una grande concessione.

Come spiegarle che era proprio quel loro il motivo per cui Rei avrebbe davvero desiderato puntare i piedi e rifiutare?

«Posso dormire per terra» tentò debolmente di protestare, anche se le sue gambe avevano ormai proclamato lo sciopero generale e avevano ceduto di loro spontanea volontà, parcheggiando il suo didietro sul letto.

Liz si stiracchiò, poi si chinò a togliergli la Zanpakuto e gli occhiali, appoggiandoli entrambi sull’ampio ripiano in mogano di fianco al letto.

La stanza assunse immediatamente nuovi colori, ma perfino il potere dei suoi occhi sembrava essersi offuscato per via della stanchezza.

L’aura di Liz era molto più soffusa del solito, anche se non per questo meno rilassante.

«Basta dire sciocchezze, hai una faccia che sembra che ti sia passata sopra una schiacciasassi. Spegni il cervello e pensa a riposare» lo ammonì appoggiandogli un dito sulla fronte e spingendolo a tutti gli effetti sul materasso. «Se ci sarà bisogno di te ci penserò io a svegliarti.»  

Gli occhi di Rei si unirono all’autogestione proclamata dalle gambe e si chiusero di volontà propria, perciò al suo cervello non rimase che  fare spallucce e staccare la spina, scivolando nel mondo dei sogni.

Non fu una notte tranquilla, più che altro perché bastava il minimo movimento o rumore a destarlo quel tanto che bastava per accertarsi che non ci fossero pericoli o emergenze in atto, anche se si trattava sempre solo dell’aprirsi e chiudersi della porta e di qualche frammento di conversazione sussurrata.

In almeno un paio di distinte occasioni gli parve di cogliere il proprio nome, ma non abbastanza chiaramente da svegliarlo del tutto.

Ad un certo punto, girandosi sul fianco, si rese conto di non essere più solo sotto alle coperte, dato che Liz gli appoggiò la fronte sulla schiena, sospirando e mormorando qualcosa a proposito di un cannolo volante al pistacchio.

Sorridendo tra sé, Rei chiuse nuovamente gli occhi.

Dopo un periodo imprecisato di tempo però, Liz cominciò a spingerlo insistentemente di lato, finché Rei, anche se stavolta era troppo preso dal torpore per scomodarsi ad aprire gli occhi, si fece un po’ più in là.

Il motivo di tanta insistenza fu subito chiaro quando Liz lo seguì a ruota, spalmandoglisi a tutti gli effetti addosso, rendendo più che evidente il fatto che qualcuno la stesse a sua volta abbracciando da dietro, dato che le braccia di quel qualcuno erano ora pinzate tra Liz e la sua schiena.

Se solo non fosse stato così distrutto, probabilmente a quel punto avrebbe deciso di levare le tende, se non altro perché dividere un letto tra tre persone era l’apoteosi della scomodità, e, in un momento di maggiore lucidità e padronanza di pensiero, sicuramente anche di imbarazzo.

Data la situazione attuale invece, Rei si limitò ad affondare la faccia nel cuscino, ringraziando per una volta la sua buona stella del fatto che il suo corpo fosse troppo stremato per poter reagire in alcun modo alla vicinanza di Liz.

Non che lei non ci stesse mettendo inconsciamente tutto l’impegno dovuto, contando che gli aveva allacciato le braccia attorno alla vita, aveva infilato una gamba tra le sue e gli stava premendo le sue… ehm… petto sulla schiena.    

Un barlume di coscienza si fece strada nella mente offuscata di Rei.

Non aveva fisicamente la forza per andarsene, ma magari avrebbe potuto districarsi mooolto lentamente e in maniera discreta, e quantomeno mettersi a dormire per terra.

In fondo Liz non lo stava facendo apposta, e, se si fosse svegliata in quella posizione  più che confidenziale, probabilmente si sarebbe sentita in imbarazzo.

Era già stata fin troppo gentile ad offrirgli il suo aiuto: non voleva metterla nella difficile posizione di ritrovarsi abbracciata ad un altro proprio di fronte al suo ragazzo, anche se il tizio in questione era un Hollow, e Rei continuava ad avere forti dubbi su quanto il loro rapporto potesse essere a tutti gli effetti salutare per lei.

Decisione presa, cominciò ad arrovellarsi sul metodo più efficace per districarsi da Liz senza svegliarla, quando un braccio di Aramis decise che quello era il momento più opportuno per entrare in azione e parcheggiarsi a sua volta sul fianco di Rei.

“Torna a dormire” disse pigramente una voce nella sua testa.

Rei avrebbe voluto ribattere, ma la stanchezza ebbe di nuovo la meglio, scagliandolo ancora una volta nell’incoscienza.

*

Se era vero che il mattino aveva l’oro in bocca, quello di Rei allora non aveva ricevuto il promemoria, dato che ignorò completamente la prospettiva di svegliarlo, preferendo eclissarsi e, insieme a quel traditore del pomeriggio, lasciare con nonchalance che fosse la sera ad occuparsi di riportare Rei nel mondo della gente sveglia e attiva che si recava in luoghi e faceva cose.

Dopo aver fissato il soffitto in solitudine per un minuto buono, finalmente il suo cervello registrò di essere rimasto addormentato per un periodo di tempo osceno, ragion per cui Alex non doveva aver avuto alcuna crisi per tutto quell’arco di tempo, il che era un ottimo segno.

Dopo essersi occupato delle proprie faccende personali in bagno, fece un salto a controllare le condizioni della ragazza, che infatti trovò migliorate, anche se lo stesso non si poteva certo dire dell’umore di Grimmjow.

Nella sua frustrazione, aveva già seminato parecchia distruzione nella stanza, senza contare l’intero piano.

Aveva anche provato a prendersela con Dania, che passava a visitarli giornalmente “nell’ala degli ospiti” che aveva riservato per il loro momentaneo soggiorno, ma lei era evidentemente impervia ad ogni accusa, senza contare che il prezzo che aveva chiesto a Grimmjow per rescindere il contratto era proprio la rinuncia di quest’ultimo a recarle qualsiasi danno fisico.

Quindi Grimmjow si vendicava sulla struttura stessa che lo circondava, senza contare le sue gite ai piani di sotto.

Nessuno aveva cercato di fermarlo, e, se a Dania desse fastidio avere un Arrancar allo sbaraglio nel suo carcere infernale, intento a pestare a sangue chiunque fosse in possesso di almeno un briciolo di energia spirituale e avesse voglia di combattere, era molto brava a mascherarlo.

Tanto più che la donna sembrava più propensa a volgere altrove i suoi pensieri e a impiegare in altro modo il suo tempo, come dimostravano i lunghi discorsi che teneva in privato con Aramis, e, sempre più spesso, con Liz.  

Quella sera non fece eccezione, dato che, prima che uno dei due si facesse di nuovo vivo, era ormai notte fonda.

Rei aveva reclamato una stanza vuota come sua, e, di ritorno dalle cucine con un piatto di riso in mano, aveva appena aperto la porta con la piena intenzione di godersi un pasto in solitudine meditando sulla piega bizzarra che aveva preso la sua vita nell’ultimo periodo, quando la visione di Aramis seduto sul suo letto a torso nudo e con i capelli ancora bagnati lo bloccò sulla soglia.

«Sul serio?» gli chiese dopo circa mezzo minuto di silenzio attonito.

«Non è una visita di piacere, se è questo a turbarti.»

Rei fece un cauto passo in avanti, lasciando però la porta aperta.

«Perché mai avere un Hollow mezzo nudo nella mia stanza dovrebbe turbarmi, di grazia?»

«Ah, quindi è la mia mancanza di pudore il problema? Un guaritore non dovrebbe essere abituato a certe cose?»

«C’è un motivo preciso per cui ti trovi nella mia stanza a consumare il mio tempo e respirare la mia stessa aria?»

Aramis fece per sollevare le braccia in uno dei suoi finti gesti di resa, ma a metà strada si irrigidì, fece una smorfia e cambiò evidentemente idea.

«Ogni giorno che passa, ti fai sempre più impertinente» commentò appoggiando nuovamente le mani sulla superficie del letto.

La modalità guaritrice di Rei si attivò suo malgrado, catalogando i segni di evidente sofferenza fisica e cominciando a snocciolare una dopo l’altra le possibili cause.

«Saranno le cattive compagnie» commentò chiudendo la porta e rassegnandosi al fatto che non si sarebbe liberato di lui così in fretta.

Cos’aveva mai fatto di male per meritarsi quel perpetuo tormento?

 «Va bene, dov’è che ti fa male?»

«Dappertutto.»

Rei si passò una mano sulla fronte gemendo interiormente.

Posando il riso su una sedia, si avvicinò all’Arrancar fino a trovarglisi di fronte.

«Potresti essere un po’ più preciso? Sei ferito? È un dolore diffuso e uniforme o ha un’unica fonte e diverse intensità?»

Aramis fece una smorfia e cominciò a snocciolare risposte.

No, non era stato ferito, sì, era un dolore diffuso, e sì, aveva diverse intensità.

No, non aveva la minima idea di cosa lo avesse causato, no, non aveva mai provato un dolore simile in vita sua, e sì, avrebbe gradito parecchio che Rei facesse qualcosa prima di subito.

«Altri sintomi di cui dovrei essere al corrente?»

«Sì, ho fame. Molta fame. Potrei mangiare qualcuno.»

Dal modo in cui l’aveva detto, era evidente che la specificazione “E non è una battuta” fosse sottintesa.

Rei mise brevemente la mano sulla sua Zanpakuto, giusto per mettere le cose in chiaro.

Aramis seguì la sua reazione con lo sguardo e sorrise.

Si prospettava una luuunga nottata.

Sigh.

Data la totale assenza di cause fisiche, il prossimo passo da fare era più che evidente, perciò Rei si tolse lentamente gli occhiali, sperando di non ritrovarsi davanti uno scenario da incubo.

L’aura di Aramis era inquietante come al solito, ma ciò che saltò subito all’occhio riguardava il legame che condivideva con Grimmjow, Alex e Liz.

Malgrado il nome “Unione delle Anime” fosse piuttosto immediato e poco fraintendibile, le loro anime non erano sul serio fuse insieme, ma piuttosto collegate l’una all’altra in uno stato di simbiosi e condivisione della forza vitale.

Agli occhi di Rei, quel legame era rappresentato da un filamento multicolore che collegava i fori Hollow di tutti e quattro.

I vari colori erano intrecciati insieme e rappresentavano le loro nature contrastanti: bianco per l’umanità, rosso per la componente Hollow, e infine nero, che aveva acquisito senso solo quando era stato spiegato a Rei che, nel creare gli Arrancar, Aizen avesse usato una sorta di “estratto di Shinigami”.  

Ognuno di loro, al proprio capo del filamento, possedeva una combinazione diversa di quei colori, con l’ovvia prevalenza del bianco su Liz e Alex, e del rosso su Grimmjow e Aramis.

Tuttavia, quello che stava succedendo ad Alex aveva gettato nel caos quell’equilibrio, come già Rei aveva constatato accorgendosi di come, tra lei e Liz, la quantità di bianco e rosso fosse in continuo mutamento.   

La novità attuale, tuttavia, era che il bianco di Aramis si era senza alcun dubbio dimezzato.

Era evidente che Alex stesse facendo di tutto per attingere a qualsiasi fonte di umanità le fosse a tiro, per quanto flebile potesse essere, Aramis compreso.

Probabilmente una cosa simile stava accadendo anche a Grimmjow.

Il che era una fortuna, perché voleva dire che si era attivato una sorta di meccanismo di difesa di fronte alla sofferenza di Liz nel dover sopportare da sola lo sforzo di sostenere psichicamente Alex.

Rimettendosi gli occhiali e massaggiandosi le tempie, Rei rifletté sul da farsi.

Contando che Alex non aveva più avuto crisi, probabilmente era prossima al risveglio, il che voleva dire che il dolore attuale di Aramis era, con ogni probabilità, solo una somatizzazione del suo improvviso squilibrio spirituale, e che, in quanto tale, sarebbe sparito entro breve tempo.

Detto questo, non era da Rei mettere alla porta un paziente senza aver almeno tentato di curarlo, per quanto odiosa, fastidiosa ed inopportuna la persona in questione potesse essere.

D’altra parte, cos’avrebbe potuto fare?

Tecnicamente non c’era nulla da curare, e dubitava fortemente che nella fortezza della tortura di Dania ci fossero dei medicinali contro il dolore pronti per l’uso.

Senza contare che non era neanche sicuro che sarebbero stati efficaci, tenendo conto dell’incognita rappresentata dal metabolismo degli Hollow .

«L’unica cosa che posso fare è inviare nel tuo corpo dei generici impulsi curativi e sperare che servano a qualcosa, ma non aspettarti dei miracoli.»

«Farò del mio meglio per non opprimerti con il peso delle mie aspettative deluse.»

«Ottima idea. Adesso sdraiati e cerca di rilassarti.»

«E pensare che di solito sono io a dirlo» commentò Aramis sospirando mentre obbediva.

Rei ormai (purtroppo) lo conosceva già da un po’, perciò avrebbe voluto poter dire di essersi abituato al modo in cui Aramis si muoveva.

Tuttavia, non era affatto così: c’era qualcosa di magnetico e, francamente, molto disturbante nei suoi movimenti. Erano fluidi e controllati, ma non nella maniera efficiente e pratica di un combattente; sembrava quasi che si muovesse seguendo un ritmo diverso da quello di tutti gli altri.

Il semplice atto di sdraiarsi su un letto, anche mentre era preda (a detta sua) di atroci dolori, non fece eccezione: una persona normale avrebbe parcheggiato la schiena sul materasso, fine.

Alcuni lo avrebbero fatto lentamente, altri con la grazia di un leone marino che si spiaggia su uno scoglio dopo aver nuotato per settimane.

Aramis no.

Nel senso, sdraiarsi si sdraiò, ma, nel suo caso, la banale azione di trasferire la schiena A sul materasso B si tradusse in “il materasso B e la schiena A avevano un appuntamento programmato da settimane, la schiena A non vede l’ora di incontrare il materasso B, ma prima vuole fargli comprendere l’enorme fortuna che gli è capitata nel farle da appoggio”.

E, a proposito di appoggiare.

Rei avrebbe dovuto mettergli le mani addosso per curarlo.

Non nella versione divertente, ovvero posizionare violentemente il proprio arto su di un’altra persona con l’intento di arrecare danno, ma piuttosto appoggiare le proprie mani sulla pelle e farle scorrere lungo tutto il corpo della persona in questione.

Il dolore era diffuso, quindi non bastava infondere le onde curative in un luogo solo, come avrebbe fatto se si fosse trattato di una ferita.   

Splendido.

Quella nottata non faceva che migliorare.

«Potresti girarti?»

Aramis si limitò a fissarlo.

Ma ogni tanto le sbatteva le palpebre?

«Anzi, non è una domanda: voltati e basta.»

«All’accademia degli Shinigami ti hanno insegnato uno strano modo di rivolgerti ad un povero paziente dolorante.»

Rei gli rivolse uno sguardo scettico.

«Paziente non è un termine che ti si addice, e neanche povero.»

«Ma dolorante sì. Perciò, chi è il maleducato, adesso?»

 Che odio.

Apparentemente soddisfatto per averlo innervosito, Aramis si mise comunque a pancia in giù sul letto, rendendo tutta la polemica appena scatenata effettivamente inutile, e, a conti fatti, solo uno spreco di tempo fine a sé stesso.

Contemplando per un lungo istante l’ipotesi di eclissarsi oltre la porta e lasciare che si arrangiasse da solo, Rei infine sospirò e si mise al lavoro.

Le sue mani si illuminarono di una pallida luce verde, e lui cominciò a scorrerle lentamente sulla schiena di Aramis.

«Ottima idea, un massaggio è esattamente ciò di cui avevo bisogno.»

«Ma tu non ti spegni mai?»

«Preferiresti un lungo silenzio imbarazzante?»

No, avrebbe preferito dedicarsi alla sua cena ed essere lasciato in pace.

«Il silenzio è semplicemente mancanza di suoni. Non è imbarazzante.»

Aramis non rispose, ma i muscoli sotto i palmi di Rei si rilassarono lievemente.

Incoraggiato da quella reazione, Rei spostò la sua attenzione sui fianchi e le gambe.

Eliminare il dolore dagli arti era fondamentale per garantire il controllo dei movimenti e… 

«C’è qualche problema?» chiese aggrottando le sopracciglia, dato che tutto ad un tratto Aramis aveva serrato le dita sul copriletto.

«Dipende.»

«Da cosa?»

«Da quanto sei intenzionato a soffermarti nei paraggi.»

Rei sbatté le palpebre un paio di volte, poi abbassò nuovamente lo sguardo sulla zona su cui stava lavorando, ovvero quella femorale.

Forse quell’area delle gambe era più dolorante delle altre?

Certo, nella coscia passava il nervo sciatico, che probabilmente era infiammato, perciò…

No, un attimo.

Una lampadina si accese nel suo cervello.

Oh… oh!

Sul serio?!

«Credevo fossi preda di dolori lancinanti.»

«Non è mai stato un deterrente.»

«Cerca di focalizzarti su un’immagine mentale molto brutta, allora.»

«Ci sono solo due cose su cui riesco a concentrarmi, al momento. Il dolore e il mio-»

«Fai uno sforzo» lo interruppe Rei.

Proprio quello che gli mancava.

Un Hollow eccitato.

«Non sarà certo la prima volta che ti capita una reazione simile, con quelle mani magiche» commentò Aramis con un sorriso divertito.

No, in effetti non lo era.

«Può succedere» ammise suo malgrado. «Ma è un effetto collaterale del tutto accidentale.»

«Tranquillo, non sto per saltarti addosso» fu l’ironica constatazione di Aramis.

«Ci mancherebbe altro.»

Lui e l’Hollow rimasero a fissarsi per qualche altro teso istante.

«Detto ciò, se ti sentissi in dovere di porvi rimedio in qualche modo…»

«Ti somministrerei un sedativo che farebbe passare la voglia perfino a dei conigli.»

Rei interruppe il contatto visivo e si spostò su una zona meno rischiosa, ovvero le braccia.

«Nessuno ha mai cercato di approfittarne?»

«Ho l’abitudine di girare armato, nel caso non te ne fossi accorto.»

«Quindi non è un no.»

«Non è neanche un sì.»

Rei spostò la sua attenzione sulle mani di Aramis, che erano ancora intente a stritolare il copriletto come se si trattasse del collo del suo peggior nemico.

Un po’ con le buone, un po’ con le cattive, e un po’ minacciandolo di sbatterlo fuori a calci, lo convinse a ignorare crampi e altre sensazioni più piacevoli provenienti dal basso e rilassare la presa, dato che dei muscoli tesi fino al punto di rottura non erano esattamente l’ideale quando si cercava di far passare il dolore.

Appoggiando un palmo sulla fronte di Aramis, che era bollente, e l’altra sul dorso della sua mano, che era gelida, chiuse gli occhi per concentrarsi.

Quando Aramis sembrò quasi voler sfilare la mano da sotto la sua, Rei sospirò ma non disse niente.

Di certo non si aspettava che la stesse semplicemente girando per poter intrecciare insieme le loro dita.

Dato che Aramis non accompagnò il gesto con una delle sue solite battutine, Rei lasciò correre.

Ci volle ancora quasi mezz’ora prima che Rei riuscisse a far rientrare il dolore entro un limite per lo meno tollerabile. 

Quel lasso di tempo trascorse tutto sommato tranquillamente, anche se era evidente che Aramis si stesse godendo fin troppo la sua attenzione.

Non fece mai nulla che potesse fornire a Rei il pretesto per rimbeccarlo seriamente, senza contare che, fin dal primo giorno, Aramis non era mai stato particolarmente timido nel dimostrare la sua totale noncuranza nei confronti del concetto di spazio personale.  

Perciò Rei fece finta di non accorgersi di come le mani di Aramis si ritrovassero così spesso a incontrare le sue, o le sue gambe, o a giocherellare con la sua divisa.
Ignorò le occhiate, i sospiri soddisfatti e il lieve inarcarsi della sua schiena per andare incontro al suo tocco.

Tuttavia, quando si ritrovò le dita di Aramis intente a sfiorare i ciuffi rossi che gli erano ricaduti davanti agli occhi, decise che era arrivato il momento di chiuderla lì.    

«Più di così non posso fare, abbiamo finito» decretò allontanandosi dal letto e il suo occupante, che, se rimase stupito da quell’improvvisa dichiarazione, non lo diede di certo a vedere.

Stiracchiandosi cautamente, Aramis si rimise in piedi.

«Devo ringraziarti.»

«Puoi esprimere la tua gratitudine andando a farti una doccia fredda» disse Rei aprendo la porta ed indicandogli senza troppe cerimonie il corridoio.

Ridacchiando, Aramis si avviò verso l’uscita, per poi fermarsi di fronte a Rei.

Per un momento sembrò accontentarsi di restare semplicemente lì, logorando i suoi nervi ed invadendo il suo spazio personale.

Poi il suo sguardo si spostò dagli occhi di Rei alla sua bocca.

«Non ci pensare nemmeno.»

Aramis fece un passo avanti.

Rei ne fece uno indietro.

La schiena di Rei incontrò il muro.

Le mani di Aramis pure.

Merda.

«Guarda che non mordo. Di solito.»

«Doccia. Fredda. Ora.»

Rei mise una mano sull’elsa della Zanpakuto, ma Aramis era così vicino che già solo l’azione di estrarla avrebbe significato decorargli lo stomaco con un nuovo sorriso.

Normalmente quella prospettiva non sarebbe bastata neanche a farlo esitare, ma con il loro legame così precario, c’era il rischio che il danno si ripercuotesse in qualche modo anche su Liz, senza contare Alex.

Seppur a malincuore, Rei lasciò andare la spada e cercò di fare un ultimo tentativo di risolvere con diplomazia la faccenda. «Ho appena finito di curarti. Non costringermi a sprecare tutto il mio lavoro solo per fare l’imbecille.»

Aramis si avvicinò ulteriormente, e Rei gli appoggiò una mano sul collo e l’altra sul petto, pronto a spingerlo via.

«Liz non ha avuto incubi, ieri notte.»

Rei sbatté un paio di volte le palpebre.

E c’era bisogno di spingerlo contro il muro come un maniaco sessuale per dirglielo?

«Quindi suppongo che sia insolito, per lei?»

«Fa sempre finta di niente, ma i suoi sogni non hanno fatto che peggiorare, da quando la conosco. Di solito faccio del mio meglio per distrarla, o stancarla così tanto da impedirle di sognare, ma non posso fare miracoli. È frustrante» ammise Aramis aggrottando le sopracciglia. «Adesso poi, con Alex in quelle condizioni, è ancora peggio. Eppure ieri tu sei riuscito dove io ho fallito più volte. La tua presenza l’ha rasserenata.»

«È stato di sicuro un caso.»

«C’è solo un modo per scoprirlo.»

Rei non riusciva a credere alle proprie orecchie. «Mi stai sul serio chiedendo di dormire di nuovo insieme a lei?»

«Non fare il verginello scandalizzato, lo so che il tuo cuoricino puro sta ballando dalla gioia.»

«Tu sei seriamente inquietante. Spero che qualcuno si sia preso la briga di dirtelo, in passato. Non puoi fare il geloso e contemporaneamente trattarmi come se fossi irragionevole nel non volermi inserire a tutti i costi tra te e Liz.»

«Tu sei irragionevole. Se io fossi al tuo posto e tu al mio, farei qualsiasi cosa per portartela via.»

«Ma io non sono te, per fortuna.»

«No, infatti. Tu sei il più irritante, testardo e ingenuo moralista che abbia mai incontrato, sempre a mettermi i bastoni tra le ruote con la tua faccia da angelo e i modi da avvocato delle cause perse, senza neanche accorgertene oltretutto. Perché non puoi essere semplicemente uno stronzo inopportuno che cerca di mettersi in mezzo a tutti i costi risultando solamente patetico nel mentre?»

E quello cosa doveva essere, di preciso?

Un insulto o un complimento?

Rei scosse lentamente la testa.

«Devi smetterla di cambiare umore così in fretta, non riesco a starti dietro. E di certo non cambierò atteggiamento solo per farti sentire meglio con te stesso. Per quanto riguarda gli incubi di Liz, vedrò se riesco a fare qualcosa. Con il suo consenso. Ora spostati.»

Sorprendentemente, Aramis obbedì, facendo ben due passi indietro.

«Allora?» chiese sulla soglia. «Vieni?»

Rei sospirò sconfitto, gettando lo sguardo sul riso ormai freddo.

«Prima vai a fare quella doccia fredda. Dio solo sa quanto ne hai bisogno.»

«Vuoi farmi compagnia?»

«Sparisci.»

 Aramis scoppiò a ridere e uscì lasciando la porta aperta, che Rei chiuse sbattendola forse un po’ più forte del dovuto.

Maledetto Hollow!
 
 
 




Angolo miracolamenti

   
Alex: «E dunque? Ora che ti sei ripresa, cos’era questo miracolo di cui andavi farneticando?»

Aki: «Tsk, stolta umana. Non ti rendi conto di cosa rappresenta questo capitolo? È un simbolo. Un punto di svolta. Un traguardo che ormai da molto tempo speravo di poter raggiungere.»

Liz: «Uh –oh, quando comincia con questi toni, non promette mai nulla di buono.»

Grimmjow: «Avevo ragione, perfino tu sei in grado di imparare, di tanto in tanto.»

Alex: «Il mio istinto mi spinge a non farti domande, ma l’esperienza mi insegna che tanto me lo dirai lo stesso. Sentiamo: perché mai sarebbe un traguardo?»

Aki: «Perché non ci ho messo neanche due mesi ad aggiornare! UUUUUUUOOOOOOOOOOOO!!!!!!!» 

Alex: «Sì, ma hai la faccia di chi ha dormito sotto un sasso.»

Aki: «Chissenefrega, ci ho messo poco!»

Alex: «Ma se hai scritto ininterrottamente per un mese.»

Aki: «Però ho gestito magnificamente tutti i punti della trama!»

Alex: «Ma se hai riscritto tutto almeno tre volte.»

Aki: «Già, ma sono soddisfatta del risultato!»

Alex: «Ma se stai aggiornando apposta per impedirti di continuare a pacioccare aggiungendo\togliendo\aggiustando qualcosa.»

Aki: «… perché sembri decisa a rovinare a tutti i costi il mio miracoloso momento di gloria?»

Alex: «E perché io sono di nuovo svenuta nella storia?»

Aki: «…»

Alex: «…»

Aki: «… per mandare avanti il drinking game?»

Alex: «Ti odio.»
  
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