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Autore: Morgana89Black    19/04/2017    4 recensioni
E se Lily Potter avesse avuto un secondo figlio, poi dato in adozione?
Dal capitolo 2:
"Ti lascio queste poche parole, nella speranza che quando le leggerai non mi odierai per essere stata codarda e non aver avuto la forza di tenerti con me. Purtroppo temo che non vivrò comunque abbastanza per vederti raggiungere i tuoi undici anni, il perché forse un giorno lo scoprirai da sola, per ora ti basti sapere che io e tuo padre siamo una strega ed un mago".
Dal capitolo 22:
“Draco... Draco... svegliati”. Le ci vollero diversi minuti per convincere il ragazzo ad aprire gli occhi ed inizialmente lui parve non notarla neanche mentre sbatteva ripetutamente le palpebre nella vana speranza di comprendere cosa fosse successo.
“Nana...”, la ragazza sorrise della sua voce impastata dal sonno. Era quasi dolce in quel momento e sicuramente molto diverso dal solito Malfoy, “è successo qualcos'altro?”. Parve svegliarsi di colpo, al sentore che doveva essere accaduto qualcosa di grave se lei lo svegliava nel pieno della notte.
Dal capitolo 25:
Prima che attraversasse l'uscio per scomparire alla sua vista, udì poche parole, ma sufficienti a gelargli il sangue nelle vene, “lei è un mangiamorte”.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Un risveglio “confuso”.

 

7 giugno 1994

 

Il sole brillava sul parco di Hogwarts, mentre all'interno dell'asettico ambiente dell'infermeria, due ragazzine erano sedute di fianco ad uno dei letti, identico a tutti gli altri, se non per la massa di capelli neri che spuntava dalle coperte e ricopriva il cuscino.

Un gufo quella mattina aveva portato un piccolo pacchettino per la ragazza svenuta su quel letto, ma nessuno era riuscito a sfilarglielo dalla zampetta. Era ancora là, appollaiato impettito sul comodino di fianco al letto, sotto l'occhio critico di madama Pomfrey, che aveva fatto il possibile per scacciarlo, rischiando, tra l'altro, che quello le azzannasse più di un dito. Dovette ammettere che si trattava di un animale agguerrito e arrendersi alla sua presenza, nella speranza che la ragazzina si svegliasse presto e lo facesse uscire.

“Madama Pomfrey, che cosa sta succedendo qui? Da quando in qua permette ad un gufo di rimanere all'interno della sua infermeria?”, il preside era entrato in silenzio, accompagnato dalla professoressa McGranitt e dal professor Piton, che si era ripreso perfettamente dalla sera precedente. Tutti e tre erano rimasti sconcertati di fronte alla vista di quell'uccello.

“Mi creda, preside, ho fatto tutto quanto in mio potere per cacciarlo, ma è stato praticamente impossibile. Ha tentato di uccidere chiunque gli si avvicinasse”.

Il professor Silente parve alquanto sconcertato dalle parole della donna e se ne accorsero sia le due ragazzine sedute di fianco al letto di Morgana, che il trio accalcato dal lato opposto della stanza, con al centro un ragazzino, dai capelli rossi, con un lungo gesso sulla gamba e l'aria dolorante.

“Conoscendo il tipo di animale, preside, non fatico a credere che sarebbe pronto ad uccidere, pur di adempiere agli ordini che gli sono stati dati”.

“Conosci quell'animale, Severus?”.

“E' quel che ho detto”, l'anziano preside parve guardarlo in attesa di qualche notizia in più, ma dovette rendersi conto che non avrebbe ottenuto altro dall'uomo e lasciò perdere. La sua attenzione, al contrario, si concentrò sulla ragazzina, che sembrava ancora profondamente addormentata.

“Sei sicuro di non aver esagerato con lei, Severus?”, continuò a guardare il corpicino sdraiato, mentre esprimeva i suoi dubbi, “non avrebbe dovuto svegliarsi qualche ora fa?”.

“Si sveglierà a breve, preside. Non è necessario preoccuparsi per nulla!”.

Forse anche perché avvertiva la presenza di diverse persone intorno al suo letto, ovvero perché ormai l'effetto dell'incantesimo che l'aveva colpita, era svanito, Morgana aprì gli occhi sbattendo le palpebre candidamente e guardandosi intorno con l'aria di chi non ha idea del motivo per cui si trova sdraiata in un letto che, le ci volle poco a comprendere non fosse il proprio.

“Signorina Belmont”, il preside la salutò con un sorriso bonario, che alla ragazza non fece presagire nulla di buono. Si sentiva strana ed intorpidita.

“Avrai la gola secca, Belmont. Ti sconsiglio di parlare. Dovresti bere qualcosa”.

Madama Pomfrey si stava già prodigando intorno al letto della ragazza, per assicurarsi delle sue condizioni psicofisiche.

“Ha giramenti di testa signorina Belmont?”, la ragazza al suono di quelle parole indugiò sulla donna, chiedendosi se dovesse o meno rispondere, ma non fece in tempo a pronunciare una sillaba, che quella le porse un bicchiere di acqua cristallina. Sentire il liquido freddo scorrerle lungo la gola la fece sentire viva di nuovo, quasi quanto un affamato dinanzi ad un buffet di leccornie.

Solo dopo aver assaporato accuratamente il liquido, si voltò di nuovo verso l'infermiera, “non ho alcun giramento di testa, madama, al contrario. Mi sento benissimo. Quasi avessi dormito a lungo”, i suoi occhi indugiarono su tutti i presenti, quasi li stesse analizzando. E si bloccarono sulla figura di Ron Weasley, che la osservava con cipiglio preoccupato. “Che cos'è accaduto?”, lo disse guardando il preside, “ho litigato con Weasley per caso?”, la sua manina esile corse alla testa, “ non ho male, ma non ricordo come mi sono ferita”.

Il silenzio che colpì d'un tratto l'intera infermeria era irreale e così pesante che persino Morgana, intenta ancora a riflettere sull'accaduto, si rese presto conto che qualcosa non andava.

“No, signorina Belmont”, l'intervento di Severus Piton colse tutti di sorpresa. Ogni testa si voltò verso di lui, in attesa di scoprire come avrebbe spiegato tutti gli avvenimenti della sera precedente alla ragazza. “Non ha litigato col signor Weasley. È scivolata nei pressi del lago nero giocando con le sue compagne e ha battuto la testa. Stava per affogare, ma le signorine Weasley e Lovegood hanno avuto la presenza di spirito di aiutarla ad uscire dall'acqua e portarla subito in infermeria”. Le bocche dei presenti si aprirono percettibilmente, dallo stupore per l'affermazione del professore. Tutti gli occhi erano puntati sull'uomo, che rimase impassibile alle attenzioni. Morgana parve non far caso alla reazione dei presenti alle parole dell'uomo, forse interpretando la sorpresa come rivolta al complimento, seppur implicito, che il professore aveva rivolto alle sue amiche.

“Questo spiega perché ricordo solo un gran gelo e null'altro”, alle sue parole il professor Silente si voltò ad osservarla, forse cercando di scrutare qualcosa che solo lui poteva vedere.

“Sarà meglio che la lasciamo riposare, così madama Pomfrey potrà dimetterla entro sera”, il suo sorriso bonario rivolto alla ragazza, non riusciva comunque a nascondere lo sconcerto nei suoi occhi.

“Giusto. È meglio che usciate tutti. Forza...”, e spinse ognuno di loro a lasciare la stanza, consentendo solo al povero Ronald di rimanere sdraiato sul suo letto.

 

“E' normale che non ricordi nulla, Severus?”, il preside si era fermato non appena avuta la certezza che dall'interno non potessero essere uditi.

“Che cosa le ha fatto?”, come aveva previsto la rabbia di Harry era scoppiata ed il ragazzo non aveva intenzione di tenere la voce ragionevolmente bassa. Se non si fossero allontanati Morgana avrebbe udito le urla del fratello.

“Immagino che sia normale...”, senza scomporsi minimamente l'uomo aveva risposto ad Albus Silente, ignorando la presenza del ragazzo.

“Immagina? Ma che cos'ha combinato? Lei non ricorda nulla!”.

“Non ricorda nulla, Potter, perché le ho cancellato la memoria”. L'affermazione dell'uomo, che nel parlare non aveva mostrato il minimo segnale di nervosismo o di rimorso per le proprie azioni, aveva lasciato tutti sbigottiti.

“Le hai cancellato la memoria?”, Minerva McGranitt, che sino a quel momento era rimasta in religioso silenzio, quasi tutta quella faccenda non la riguardasse, ora lo fissava come fosse impazzito.

“Sì. È precisamente ciò che ho fatto”.

“Severus... ragazzo mio... credo tu non ti renda conto delle implicazioni di ciò che dici”. Persino Albus Silente d'un tratto parve perdere il controllo della situazione, incapace di credere che il suo professore avesse veramente cancellato la memoria ad una ragazzina.

“Credimi Albus. È meglio che lei non ricordi gli avvenimenti dell'altra sera. Tu non hai visto ciò che ho visto io...”.

“Non è un gioco, Severus. Stiamo parlando di una ragazzina e dei suoi ricordi. È anche un atto ai limiti della liceità”.

“Minerva... se posso permettermi. Lui ha ragione”, la voce flebile dell'uomo appena sopraggiunto fece voltare tutti. Lo sguardo di disgusto che Severus Piton gli rivolse non parve scalfirlo. “Io c'ero e ho visto con quanto odio Morgana stava guardando Sirius. È meglio che non ricordi”.

“Prima o poi dovrà comunque conoscerlo...”, lo sguardo di Harry, quasi implorante, intenerì l'uomo, ma non gli fece cambiare idea.

“E speriamo che prima di allora abbia smaltito un po' di rabbia, Harry”.

 

Rimasta da sola, Morgana si accorse della presenza del volatile sul suo comodino. Si volse a guardarlo incuriosita, non comprendendo appieno la motivazione della sua presenza, almeno sino a quando i suoi occhi non scorsero il pacchetto legato alle zampe di quest'ultimo.

Si sporse dal proprio letto per slegare il laccetto che teneva legato il pacco alla zampa destra dell'animale, che, dopo quattro ore passate ad attendere di venir liberato, non appena sentì il peso lasciare la sua zampetta si alzò in volo ed uscì dalla finestra, aperta anche a causa della fresca brezza estiva che rendeva più piacevole la degenza ed il lavoro in quel luogo.

La ragazza lo osservò andar via e rimase ad osservare la sua missiva, fra le sue mani. Era un pacchetto lungo, avvolto in una spessa carta verde scuro. Con dita incerte e tremanti cerco di slacciare il fiocchetto con cui era legato, per poter liberare il contenuto, che si rivelò essere una scatola in velluto blu notte, molto elegante e di fattezza pregiata.

Mentre con un dito assaporava tutta la lunghezza dell'oggetto, pregustandosi il momento in cui avrebbe aperto anche quel piccolo cofanetto, un nodo allo stomaco la colpì in pieno. La sensazione che quel dono, se di quello si trattava, le avrebbe cambiato l'esistenza l'aveva avvolta mentre si accingeva a slegare il pacchetto dalla zampa di quel gufo, che le sembrava piuttosto familiare.

La aprì con mano tremante e con trepidante attesa, desiderosa di scoprirne il contenuto ed al tempo stesso, timorosa di svelarne il segreto. Il contenuto di quel piccolo scrigno si rivelò esser un braccialetto in fine argento, con intarsiate quelle che parevano essere le spire di un serpente. L'occhio dell'animale era un piccolissimo smeraldo verde cupo, e la bocca spalancata accoglieva la coda dell'essere, che fungeva anche da fermaglio per l'apertura dell'oggetto.

Le ricordava moltissimo la collana appartenuta a sua madre, anche se, probabilmente, quell'oggetto era molto più prezioso. Il metallo di cui era composto sembrava risplendere di luce propria, doveva essere stato forgiato da un gioielliere molto capace e, sicuramente, molto costoso. Era simile alle famose lavorazioni dei folletti. E la pietra, seppur molto piccola, era incastonata in modo perfetto tanto da parere un tutt'uno con l'argento. Era certamente un oggetto di splendida fattura e meraviglioso alla vista. Importante perché di valore alto, ma di un'eleganza sopraffina.

Non vi era alcun biglietto, ne altro all'interno della scatolina, ma non dovette riflettere a lungo per avere la certezza di chi fosse l'autore di quel dono inaspettato. In pochi potevano permettersi un oggetto come quello, soprattutto alla loro età. E solo uno le avrebbe fatto un dono così prezioso.

Un dono inaspettato, perché certamente non avrebbe immaginato che lui potesse farle un regalo così importante ed oltre tutto senza alcun motivo apparente. Forse, a modo suo, le stava chiedendo scusa, per averla aggredita il giorno prima. Ancora ne portava i segni sul collo.

Inconsciamente la sua mano andò verso quei lividi, che ancora le dolevano un po'.

“Sono solo dei lividi, cara”, madama Pomfrey doveva aver colto il suo gesto, “spariranno in un paio di giorni. Probabilmente te li sei causata quando sei scivolata nel lago. Non escludo che sia stata una delle tue amiche a provocarli, quando ti hanno afferrata per portarti fuori”.

Sorrise all'affermazione della donna, felice solo che nessuno si fosse posta il problema di come si era realmente causata quei lividi, perché proprio non aveva intenzione di spiegarne la provenienza a nessuno.

 

20 giugno 1994

 

Morgana era stata dimessa dall'infermeria da diversi giorni e le sue giornate si svolgevano lentamente fra ozio e chiacchiere con le amiche sulle rive del lago. La fine della scuola era vicina e con essa la sua depressione. Si sentiva sempre più nostalgica prima di tornare a casa, sempre che così potesse definirsi. Alla fine l'unica vera casa che aveva conosciuto era Hogwarts. Il convento in cui era cresciuta non era altro che una sorta di luogo di villeggiatura estivo per lei.

Da quando aveva scoperto, due anni prima, di appartenere ad un mondo diverso e di essere, in qualche modo, speciale, si era sentita viva come mai prima di allora. Ricordava ancora il primo giorno di scuola, l'amicizia iniziata e cresciuta con Ginevra e Luna, con loro, l'estate trascorsa con Draco ed il senso di appartenenza che aveva percepito in quell'abitazione, seppur con l'astio di Lucius Malfoy, il ritorno a scuola, le serpi che aveva imparato ad apprezzare in quel viaggio in treno, che sembrava ormai lontano un secolo, l'anno pieno di novità, di scoperte e persino di odio, che aveva appena finito. Tutto quanto le stava passando per la mente quel pomeriggio, mentre sdraiata sulla riva del lago, coi piedi immersi nell'acqua gelida ed un mano (sulla quale spiccava un piccolo monile prezioso) a coprirle gli occhi.

C'era una sola sensazione che non riusciva ad abbandonare in quegli ultimi giorni prima della fine della scuola, come se avesse dimenticato qualcosa, come se ci fosse qualcosa di fondamentale che le era sfuggito e che, seppur con tutto il suo impegno, non riusciva proprio a riafferrare.

Era persa in quel senso di mancanza con cui ormai stava imparando a convivere, quando il rumore di una rivista caduta di fianco al suo orecchio, la riscosse dai propri pensieri e la costrinse a riaprire gli occhi per guardarsi intorno. Era quasi l'ora di cena, pertanto intorno a lei, non c'era quasi nessuno.

Di fianco a lei vi era effettivamente una copia della gazzetta del profeta e due gambe che si rivelarono appartenere al serpeverde per eccellenza.

“Malfoy, come mai sei da queste parti? E senza la tua combricola velenosa. Ti sei perso?”, non avevano avuto modo di confrontarsi dopo lo scontro di qualche settimana prima.

Il ragazzo, senza risponderle, si sedette di fianco a lei, con la sua solita eleganza ai limiti del trascendetale. Convinta che non fosse mai un bene guardare un Malfoy dal basso (non troppo per lo meno), si mise seduta anche lei ed afferrò il giornale che il ragazzo le aveva, per così dire, passato.

Prima di leggerlo, si soffermò ad osservare lui, che, invece, stava fissando lo scintillio del tramonto sulle acque del lago.

Preso atto che da lui non avrebbe ottenuto nulla, neanche uno sguardo, e sicuramente non una spiegazione, si decise ad osservare il giornale, pensando di dover faticare per comprendere cosa le volesse mostrare. Per una volta si ritrovò a pensare che non aveva mai sbagliato così tanto a comprendere le ragioni di quel ragazzo. Il titolone in prima pagina era inequivocabile.

 

AVVISTATO: IL FAMIGERATO PLURIOMICIDA SI SPOSTA A SUD.

Nella giornata di ieri sono stati tre gli avvistamenti del famigerato pluriomicida Sirius Black, che, solo la scorsa estate era fuggito dalla prigione di massima sicurezza di Azkaban, dopo ben dodici anni di reclusione, a causa della sua affiliazione con il mago oscuro, noto con il nome di Colui-che-non-deve-essere-nominato.

Il fuggitivo, che verso la fine dello scorso anno, era stato avvistato ad Hogsmeade (villaggio di maghi che si trova nei pressi della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts), ha deciso di spostarsi verso sud.

Due sono stati gli avvistamenti del pluriomicida segnalati nelle ultime due settimane: il primo a Weymounth (piccola cittadina nei a sud di Londra) ed il secondo, solo ieri, nel porto di Plymouth.

Il Ministro della Magia, Cornelius Fudge, ha deciso, pertanto, di allontanare le guardie di Azkaban che erano state poste a presidio della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, anche a causa della pericolosità delle stesse che, solo poche settimane fa, hanno aggredito degli studenti che si trovavano nel parco del castello.

 

Rimase a lungo ad osservare la foto in prima pagina. Il viso dell'uomo che aveva imparato a conoscere e ad odiare negli ultimi anni. Sirius Black era la causa della morte dei suoi genitori, eppure scoprire che si era allontanato dal territorio della scuola la faceva sentire stranamente vuota, come se una delle sue ragioni di vita fosse, improvvisamente, svanita.

A lungo restarono in silenzio, entrambi persi nei loro pensieri, entrambi consapevoli della vicinanza dell'altro e della sua presenza imponente. Rimasero in silenzio, perché probabilmente le cose da dire sarebbero state troppe, ma il tempo per farlo non c'era. Rimasero in silenzio, perché timorosi che una sola parola sbagliata avrebbe potuto rovinare un momento che, per qualche strana ragione, serviva ad ognuno di loro. Perché stavano bene insieme. Almeno sinché rimanevano da soli e magari in silenzio. Erano consapevoli, ognuno a modo proprio, che solo la presenza dell'altro concedeva loro la possibilità di respirare. Eppure lei sentiva ancora le mani gelide di lui sul collo e lui percepiva ancora lo schiaffo della ragazza sulla guancia. Due ferite che, purtroppo, non erano in grado di rimarginarsi da sole.

“Fierobecco non è stato ucciso. Pare che Sirius Black si sia allontanato dal territorio della scuola con lui”, la sua frase ad un ascoltatore ingenuo poteva anche sembrare una semplice costatazione, senza alcuna motivazione logica, ma per lei, che sapeva, aveva il suono agrodolce di una richiesta di perdono malcelata.

“Il tuo dono è splendido”, dicendolo sfiorò con le piccole dita paffute (simbolo della sua tenera età ancora evidente), il braccialetto d'argento che da quando le era stato donato, non aveva mai tolto dall'esile polso.

“L'ho fatto fare sulla scorta di un mio disegno abbozzato dal gioielliere di fiducia della mia famiglia. Utilizza tecniche molto simili a quelle elfiche, ma senza le conseguenze spiacevoli che porta comprare un oggetto prezioso da quegli esseri”. Si sorprese nel non sentire neanche una punta di disprezzo in quelle parole, ma la semplice costatazione di chi è abituato, da sempre, a considerare gli elfi esseri inferiori, senza chiedersi mai veramente se lo siano davvero o meno.

Non le diede modo di risponde, che si era già alzato in piedi ed allontanato di qualche passo. Prima di sparire, così com'era venuto, lo udì, quasi in un sussurro, pronunciare le parole che l'avrebbero tormentata per tutta l'estate: “per quel che vale, forse nulla, io avevo chiesto a mio padre di risparmiare quell'animale”.

Lei, invece, aveva dato per scontato che lui avesse lottato per vederlo morire, senza curarsi della vita di un essere innocente e, cosa ancor più grave, non gli aveva chiesto di spiegarsi e non gli aveva dato modo di giustificarsi.

Cadde di nuovo sdraiata sul prato, senza la forza di alzarsi e con gli occhi chiusi, nel vano tentativo di trattenere una lacrima solitaria che le scese lungo la guancia lasciando un solco rovente.

 

La trovarono così, dopo quasi due ore, le sue migliori amiche. Ferma in quella posizione. Immobile in una posa innaturale e forzata.

“Morgana? Ti senti bene”, la voce di Ginevra la colse impreparata. Non si era accorta fosse così tardi, “ci siamo preoccupate non vedendoti arrivare a cena”.

“Sto bene”, si rese conto persino lei stessa che la sua voce era innaturale e le sue parole poco credibili, ma non aveva la forza di impegnarsi a mentire.

“Non si direbbe”, Luna non poteva certo farsi ingannare dalle sue parole.

“Avete mai la sensazione che la vostra vita scorra su un binario, come un treno ad alta velocità, e che sapete di doverla fermare e di dover fare qualcosa per impedire lo schianto, ma non riuscite a far nulla?”, le due ragazze la guardavano confuse, ed anche un po' preoccupate per lei. Si alzò in piedi, per poterle guardare negli occhi, prima di proseguire, “sono destinata a schiantarmi contro un muro e nulla di ciò che io faccio può impedirlo”.

“Sei solo triste e nostalgica perché stiamo per tornare a casa ed il nostro secondo anno in questa scuola è ormai finito”, il sorriso di Luna di solito riusciva a farle tornare un po' di buon umore, ma quella sera sembrava aver perso tutto il proprio potere.

“Ti tiro su io di morale. Qualche giorno fa ho scritto a mia madre e proprio oggi è arrivata la risposta”, ora era lei a guardare l'amica confusa.

“Che cosa le hai scritto? E soprattutto... tutto ciò come potrebbe tirarmi su di morale?”.

“Beh. Ho chiesto a mamma di ospitarti per le vacanze estive e lei ha acconsentito...”, alle parole dell'amica la sua bocca si aprì leggermente.

“Vuoi dire che non devo tornare all'orfanotrofio?”, almeno qualcosa di buono da quella proposta ne sarebbe venuto fuori.

“Neanche per un giorno. Hanno già avvisato le suore che non rientrerai”, il sorriso radioso della rossa riuscì a far distendere leggermente anche i suoi lineamenti. Ed era con un viso più rilassato che si stava dirigendo verso la scuola, sperando di trovare ancora qualcosa di commestibile.

“Dovrò sopportare tuo fratello per tutta l'estate”, al suo borbottio le amiche risposero con delle risatine decisamente poco incoraggianti, “ti rendi conto, vero, che sarà praticamente impossibile che uno dei due non ne esca decisamente malconcio? E che se sarò educata con lui sarà solo per rispetto nei confronti dei tuoi genitori?”.

“Se sarai educata con chi?”, la conferma a quel vecchio detto babbano che aveva sentito spesso dalle suore (quando parli del diavolo, spuntano le corna), l'ebbe per l'ennesima volta quel giorno, quando venne raggiunta dalla voce del grifondoro, che lei proprio non poteva tollerare.

“Con te, fratellino”, l'intervento di Ginevra fu provvidenziale. Non sarebbe stato carino iniziare le vacanze con una rissa, “Ho chiesto alla mamma di poter invitare Morgana a casa nostra per l'estate e lei ha accettato. Partirà con noi subito dopo la scuola”.

Alle parole della ragazza il rosso rimase imbambolato, e con uno sguardo decisamente sconvolto. Era come se gli avessero detto che il Natale, quell'anno, era stato cancellato e che avrebbe dovuto frequentare un anno in più di scuola.

“Tra l'altro stavo giusto per avvisarla dell'altra novità”.

“Quale novità?”, ed ovviamente i mali non vengono mai da soli. Si era chiesta dove fosse finita la sanguesporco e come mai non fosse incollata al suo fido compare.

“Ma come? Mio fratello non vi ha avvisati?”, Hermione ed Harry, anche lui appena comparso, si voltarono in direzione del terzo ragazzo del trio, nella muta proposizione del quesito, “uff... faccio io!”, non che a Ginevra sembrò dispiacere essere lei a dare la notizia,”quest'anno la finale della coppa del mondo di Quidditch si terrà in Inghilterra e papà ha già comprato i biglietti per tutti quanti. Sarà una settimana prima dell'inizio della scuola. Non vedo l'ora!”.

Per qualche strano motivo Morgana non riuscì a condividere appieno l'eccitazione dell'amica, “la coppa del mondo di Quidditch?”, una parte di lei sperò vivamente che il nome dello sport magico per eccellenza fosse solo un appellativo strano per qualche evento innocuo che, ovviamente, non prevedesse l'uso di una scopa.

“Ovviamente, è la più importante competizione magica di Quidditch. Vi partecipano tutte le nazioni mondiali. E quest'anno l'Irlanda è la favorita”.

“Che bello”, il suo tono ironico sarebbe stato evidente anche se si fosse impegnata a fingere di trovare eccitante la possibilità di assistere ad una partita dello sport che più di tutti detestava. Lei che, tra l'altro, non riusciva a stare a cavallo di una scopa per più di quindici minuti e sotto la stretta sorveglianza di un professore.

“Sarà divertente incontrarci tutti per la competizione dell'anno... quindi tuo padre ha messo all'asta la vostra catapecchia per comprarsi i biglietti”, quando ormai si era convinta di aver toccato il fondo dovette ricredersi. Ci mancava solo Draco Malfoy e la sua cricca di serpeverde per alleggerire la tensione.

“Perché non ti tappi quella tua stupida boccaccia, Malfoy?”, lo vide nello sguardo che rivolse al fratello. Vide chiaramente quella scintilla di perfidia e si ritrovò a pensare che sarebbe stato meglio andarsene subito. Scomparire, eclissarsi. Invece rimase ferma, a pochi passi da Harry, guardando, come vedendolo al rallentatore il biondo avvicinarsi al moro, guardandolo fisso negli occhi. Lo vide sorpassare il ragazzo, avvicinarsi a lei. Sentì la mano gelida di lui posarsi suo fianco, mentre i suoi occhi si posavano sui loro gemelli di smeraldo. Il viso del biondo si accostò al suo, tanto da sentire i capelli di lui sfiorarle la guancia ed il suo respiro accarezzarle l'orecchio.

Il sussurro dell'altro, così flebile da sembrar detto per essere udito solo da lei, ma potente come un tuono nel silenzio dell'ingresso, “se dovessi decidere che ti senti troppo stretta a dormire nella stessa stanza con tutta la ciurma dei Weasley, ricordati che la tua camera al Manor è rimasta come l'hai lasciata l'estate scorsa. Solo le lenzuola di seta blu del tuo letto, sono state sicuramente lavate dai miei elfi e rimesse al loro posto”, il modo in cui aveva calcato sulle parole tua e tuo, le aveva gelato il sangue.

Era così evidente la sua intenzione di lasciar intendere qualcosa che, in realtà, sapevano entrambi non essere accaduto. Lo vide allontanarsi da lei e rimase immobile a contemplare lo sguardo di suo fratello ed i sentimenti susseguirsi veloci nei suoi occhi: sconcerto, confusione, consapevolezza, rabbia.

Vide il momento in cui le parole del serpeverde si impressero nella sua anima, instillando in lui il dubbio che quel fragile rapporto che avevano creato non era costruito su nulla di più che sulla menzogna.

E lei, anche volendo, non avrebbe potuto negare, perché veramente gli aveva taciuto di aver passato l'estate con il suo acerrimo nemico. E non lo fermò quando lo vide salire le scale infuriato e seguito dai suoi due amici.

Solo diversi minuti più tardi, quando si chiuse le cortine del letto a baldacchino intorno, nella torre di corvonero, si accorse di stringere fra le mani un piccolo giacinto giallo.


 

***

 

Sono terribilmente in ritardo e mi dispiace moltissimo, ma non ho davvero avuto un secondo per finire il capitolo prima di oggi. 
Spero che leggendolo lo apprezzerete e mi perdonerete per avervi fatto attendere. 
Ringrazio tutti coloro che mi leggono e soprattutto chi perde un pò del suo tempo a lasciarmi un commento. A presto!

   
 
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