Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: roughgirl    21/04/2017    7 recensioni
1870, Inghilterra.
La giovane bella, caparbia e ribelle Jane Lewis deve lottare contro la mentalità contorta di un Ottocento pieno di pregiudizi e correnti ottuse che vedono la donna sottomessa dell'uomo ma, soprattutto, deve combattere quotidianamente contro le rigide regole di sua madre che, dopo la morte improvvisa della graziosa sorella, deve rassicurare trovando un buon partito, nonostante la sua opposizione.
Ma se ad un ricevimento incontrasse due occhi glaciali pronti a sbranarla o a salvarla? E se questi occhi appartenessero a un affascinante e arrogante ex capitano di marina, William, che si rivela un diavolo con un passato offuscato? Saranno scintelle d'odio, e poi? Amore?
Dal testo:
"Come vi permettete?! Mi state dando della brutta, della istupidita e della vigliacca!" Alzò il tono, ormai con la ragione offuscata: quegli aggettivi avrebbero fatto alterare anche una sgualdrina.
"Vedremo se mi considererete ancora vigliacca quando vi prenderò a pugni con le mie stesse mani." Continuò digrignando i denti.
Ormai la situazione stava degenerando e addio per la seconda volta alle buone maniere con quello sconosciuto.
"Oh, non osereste mai colpire William Stevens, ragazzin..." non finì la frase che si ritrovò cinque dita ben stampate e marcate sulla guancia sinistra.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

《Sono qui.
Nell'anticamera del Paradiso
vestita di solo desiderio.
Chiudo gli occhi.
Un passo verso di te.
L'inferno.
Le fiamme avviluppano
i nostri corpi
la pelle freme
il cuore batte a ritmo di tango.
Il sangue bolle.
Il vento tace.
Apro gli occhi...
tu non ci sei.
Io non ci sono.》
{Saffo, Tra Inferno e Paradiso}

 

Erano le undici di sera inoltrata quando Jane suonò alla porta di casa sua. Fortunatamente le stalle erano ancora aperte e dopo aver dato la buonanotte ad Angel si era fatta coraggio fino ad arrivare davanti al grande giardino di rose rosse e margherite, che precedevano l'ingresso.
Già s'immaginava cosa le sarebbe spettato lì dentro, per un secondo pensò di scappare per sempre e non farsi più vedere.

No, lei non era una fifona. Non aveva avuto paura davanti a tante persone, doveva averne in quel momento?
Suo padre e sua madre si sarebbero arrabbiati, sì, come sempre con lei, ma al massimo si sarebbero fermati ad una punizione.

E invece si sbagliava.
Infondo si stava parlando di suo padre e di sua madre.
Le cose non vanno mai come ci aspettiamo.
Ad aprire quella porta fu Charles Lewis.
Jane non credeva ai suoi occhi, da quando suo padre si scomodava ad aprire la porta di casa?
Possibile che fosse lei la causa?
Possibile che per una volta fosse preoccupato per lei?

La risposta arrivò un attimo dopo, il tempo di vedere una scintilla di rabbia attraversargli gli occhi verdi, uguali a quelli di Margaret e paf, Jane sentì bruciare la guancia come mai prima d'allora, sentì il sangue affluirle al cervello ancor prima che si rendesse conto di ciò che Lord Charles aveva appena fatto.
Si portò una mano sulla guancia, più che per il dolore per rendersi conto se fosse tutto reale, e quando constatò che lo fosse sentì gli occhi pizzicare.
Suo padre non le aveva mai dato uno schiaffo tanto forte, o meglio gliene aveva dati ma molto tempo prima, quando era ancora una bambina, quando doveva essere educata a stare al suo posto, comportarsi per bene, e a non essere disobbediente.
Da quanto suo padre non la schiaffeggiava, o meglio, non la calcolava!
Dalla morte di Margaret non le aveva rivolto più di due parole limitandosi, le rare volte che lo vedeva durante la giornata al 'Buongiorno' e al 'Silenzio!', ma per sentirlo pronunciare una di queste due parole era sempre prima lei a parlargli. Avrebbe voluto che magari, se suo padre avrebbe voluto parlarle dopo tutto quel tempo, sarebbe stato per rivolgerle parole dolci e comprensive e invece...

Neppure prima era mai stato un padre modello, presente, affettuoso o qualunque cosa spetti fare a un padre con sua figlia.
Guardò in quegli occhi azzurri dove ancora credeva di poter rivedere quelli di Margaret e invece nulla, neanche un po' di gentilezza, neppure una goccia di dolcezza, solo furia e freddezza. Quella freddezza a cui credeva di essersi abituata, e invece sentiva ancora il gelo attraversarle la pelle quando quelle iridi si posavano su di lei.

"Ti rendi conto di ciò che hai fatto?! Svergognata!" Tuonò Lord Charles.
Jane sentì un male al petto.
Forte.
Ogni possibilità che infatti fosse preoccupato per lei svanì con quelle nove parole.
Ecco di cosa era preoccupato suo padre. Non del suo bene, non della sua felicità, non di come sentisse, ma del suo onore, di cosa lei aveva detto alla festa.
Non importava nulla se dopo lei era scappata tutto il pomeriggio, importava solo che il giorno seguente il nome di sua figlia sarebbe stato sulla bocca di mezzo Paese.

Peccato però che per salvare il vostro nome di latifondista e nobile di antiche origini dobbiate sotterrare il rispetto per vostra figlia, padre.

'Salvare' poi! Da cosa! Dall'ignoranza umana! E comunque sia, oramai non si poteva salvare più nulla.
Ma lord Charles non si limitò a un semplice e tagliente 'Svergognata'.
"È così che ringrazi la tua famiglia? Mettendoci contro tutta la nobiltà dello Yorkshire? Questo tuo fare l'eroina e paladina di una giustizia così inutile non è solo sciocco, ma patetico!" Alzò la voce, cosa davvero rara dal momento che Jane l'aveva sentito così arrabbiato solo quando da piccola bambina curiosa e sveglia, si era arrampicata su un albero e non aveva più nessuna intenzione di scendere.
"Cosa pensavi di fare?! Cosa pensi di fare! Cambiare questo mondo cattivo e ingiusto che ogni mattina ti fa svegliare come una principessa e dormire come una regina?! Oppure sei così tanto viziata da voler far un torto alla tua famiglia? Ingrata! Sciocca! Sparire così dalla festa di tua madre! E chissà dove sei finita! Tua sorella non avrebbe mai fatto una cosa del genere! Così rispettosa ed educata!"

Cosa pensava di fare? Far riflettere.
Cambiare il mondo? Era già troppo difficile cambiare se stessa, figurarsi il mondo!
Dormire e svegliarsi su un letto da principessa? Era bello, ma non l'aveva mai chiesto, poteva farne a meno.
Poteva farne a meno se solo avesse avuto un abbraccio in più. Poteva fare a meno di tutti quei fastidiosi vestiti se solo suo padre le avesse sorriso qualche volta.
Avrebbe potuto fare a meno di tutte quelle scarpe col tacco, che d'altronde metteva una volta al mese per far contenta la madre, se solo suo padre le avesse detto anche solo una volta "Ti voglio bene". Avrebbe fatto a meno di tutte quelle cerimonie, feste, balli, di tutto quello sfarzo e quella comodità così vuoti, se solo i suoi le avessero detto qualche volta "Siamo fieri di te."
Perchè è vero che contano i fatti (in quel caso lo stesso assenti), ma le parole e la presenza fanno la differenza.

Miss. Lydia gli si avvicinò, mettendogli una mano sulla spalla e sussurrando in modo poco convincente.
"Caro, calmati, stai esagerando..."
"Esagerando? Esagerando! Questo non è esagerare, esagerato in questo momento non sarebbe neppure chiuderla in un convento e non rivederla mai più!" Poi ritornò a rivolgersi alla figlia, con la pressione ormai a mille e il viso rosso di rabbia. "Pensi che sia stato facile avere una figlia come te?! Una che invece di imparare a ballare preferisce andare a cavallo? Una che invece di pensare a cucire o dirigere la servirù, pensa a quelle inutili tragedie e commedie che nella vita non servono a nulla? Una che invece di pensare a sposarsi e trovare un marito per dare discendenza alla sua famiglia, pensa a queste stupide rivoluzioni da quattro soldi che mai si avvereranno, e magari a iniziare a studiare commercio, bere alcol e fumare pipe?! Perchè è stata tua sorella a morire? Lei, che era così posata, composta, così... normale. Ci è toccata invece la fonte illimitata di problemi! Sarebbe dovuta esserci lei qui, a rappresentare questa famiglia! Non tu, non una scapestrata ribelle così sbagliata!"
Tutto tacque.
Miss. Lydia tacque.
Marianne lì vicino tacque.
Il personale tacque.
Persino il vento che sbatteva violentemente contro le finestre di vetro pregiato tacque.

E a quel punto Jane desiderò solo essere in camera sua a cacciare tutte le lacrime che non aveva mai cacciato fino ad allora.

S b a g l i a t a

Ecco com'era.
Ecco cos'era. Era sbagliata.
La persona sbagliata.
La persona sbagliata da salvare.
La persona che il destino si sarebbe dovuto prendere al posto di Margaret.
Magari il mondo sarebbe stato migliore.
Sicuramente tutti sarebbero stati più felici.
Forse tutto quel dolore, quel rancore sarebbe finito.

Ma non provava nè odio nè invidia per sua sorella, forse un pò di odio sì: dov'era in quel momento invece di essere lì al suo fianco a sostenerla? Perchè aveva deciso di andarsene e lasciarla lì sola?

Non parlò. Non aveva più nulla da dire, era sicura, sapeva, che nessuno l'avrebbe realmente ascoltata, non quel grido di 'giustizia', che in quel momento neanche sapeva più cosa fosse, ma ascoltato lei, proprio lei, Jane Lewis.
E poi, aveva già parlato.
E per cosa parlare se gli altri non ascoltano, o peggio fanno solo finta di ascoltare?
Infondo lei sapeva che loro nei suoi confronti provavano tutta quella rabbia mista a dolore e delusione, ma sentirselo dire così apertamente...

La furia di mr. Lewis però non si placò neppure dopo aver pronunciato le parole che fanno smettere a un padre di essere tale.
"E poi, spudorata!, come hai osato sparire tutte queste ore?!" Urlò ancora lord Charles ormai fuori di sè e forse anche un po' arrabbiato con sé.
"Cosa vi importa?" Uscì spontaneamente dalle labbra della giovane. E per un attimo vide la stanza girare, sua madre girare, il divano girare, Marianne girare. Se non fosse stato per il suo grande equilibrio, la violenza d'urto di quello secondo schiaffo l'avrebbe sicuramente buttata a terra.
Suo padre le aveva messo di nuovo le mani addosso!
Che umiliazione doveva subire!
Mai nessuno schiaffo fu più doloroso.

"Non osare controbattere! Cos'è che hai fatto tutto questo tempo? Svergognata! Ti rendi conto del modo in cui sei sparita almeno?! Ti rendi conto della vergogna che ci hai fatto provare!"
La giovane strinse i denti, una mano sulla guancia per lo schiaffo.
Ma non pianse.
Chi piange lo fa per dolore, gioia o debolezza e lei non voleva mostrare nessuno di questi sentimenti. Lei era più forte, e poi era abituata a tenersi dentro tutto il dolore.

Non rispose ancora. E stava per arrivare il terzo colpo all'anima, quando una voce, Quella Voce, virile, ferma, determinata come sempre parlò.
"Era con me, Lord Lewis."
Jane spalancò gli occhi, alzò il capo fino ad allora chino per fissare i suoi occhi feriti in quelli dell'uomo, glaciali.
Dio! Da dove era spuntato?! Da quanto tempo era lì? Cosa aveva sentito? Ma soprattutto cosa ci faceva lì?
Appena aveva smesso di piovere era andato dritto a casa sua, e lei aveva fatto la stessa cosa.
E allora, cosa voleva?
Jane vide gli occhi di sua madre illuminarsi e quelli del padre fissare l'uomo moro alto e possente fermo ad un metro da loro.
"Era con me, quando ho abbandonato la sala perchè non mi sentivo molto bene, nel ritornare a casa ho incontrato per caso vostra figlia intenta a tornare qui, ma purtroppo la pioggia le ha impedito di farlo e ci siamo dovuti riparare in un rifugio lì vicino con i cavalli finchè non ha smesso." Si fermò un attimo guardando la giovane che rabbrividì non riuscendo a proferir parola. "Vi assicuro che vostra figlia è davvero responsabile, se non fosse stato per me, sarebbe tornata qui fradicia nonostante la pioggia, con un bel malanno."
William guardò duramente il suo interlocutore. "Non merita un simile trattamento." Disse solo e Jane andò nella confusione più totale mentre suo padre nell'imbarazzo più totale.
William Stevens le aveva rivolto un complimento, forse? Stava cercando di difenderla?!
"Cosa ne volete sapere voi del trattamento che devo riservare a lei?! È mia figlia e in quanto tale posso trattarla come voglio! Voi non ne avete quindi non vi permetto di darmi consigli, Lord Stevens!"
William sorrise sghembo e Jane pensò che fosse davvero stupido. Voleva mettersi contro suo padre? Per cosa poi? Non la credeva a sua volta solo una stupida ragazzina?

"Potrò anche non avere figli, e in tutta verità non ho alcuna intenzione di averne, ma stiate sicuro che se ne avessi darei loro tutto l'affetto e l'amore possibile. Li aiuterei a crescere, li appoggerei se credessero davvero in qualcosa, li sosterrei nei momenti difficili, non li farei mai sentire soli, cercherei di insegnare loro quello che posso insegnare e darei loro tutto ciò che ho da dare senza chiedere nulla in cambio. È questo che dovrebbe fare un padre, no? Affiancare un figlio nelle scelte che lui crede giuste e mollargli uno schiaffo quando queste scelte sono del tutto sbagliate, non di certo mollargli uno schiaffo in entrambi i casi! Lei cosa ne pensa Lord Lewis?"

Per un attimo, solo uno, Jane ammirò lo Stevens.
Lo stesso che solo poche ore prima la teneva ferma su un divano sfasciato per dimostrarle quanto fosse debole.
E per un altro momento, solo un altro pensò che lo avesse fatto per dimostrarle altro, quella debolezza non solo fisica, quella debolezza che lei non voleva ammettere nè mostrare a nessuno, pensò davvero che l'uomo che le aveva preso contro la sua volontà il suo primo bacio fosse un uomo molto più profondo e misterioso di quel che volesse mostrare.
Ma quando suo padre se ne andò infuriato più che mai ascoltando per una volta sua madre, anche se sapeva che quella discussione non sarebbe finita lì, si ricredette presto.
O meglio William Stevens, che le si era avvicinato con due passi, la fece ricredere.

"Allora, sono stato bravo?" Ghignò l'uomo.
Sì! Era sempre lo stesso! Come aveva potuto pensare diversamente? Ma all'improvviso mille domande l'assalirono.
"Cosa ci fai qui?" Gli chiese più dura di quanto volesse.
E soprattutto cosa aveva ascoltato?!
Non le piaceva per niente che lui, proprio lui, avesse sentito quella conversazione con suo padre nè che l'avesse vista essere schiaffeggiata, ma soprattutto, cosa che più odiava: che l'avesse vista in un momento di fragilità, quella fragilità che solo suo padre poteva e sapeva infondere in lei.

"Cosa fai ora, ragazzina? Cacci gli artigli? Perchè non l'hai fatto prima?" E quella domanda bastò a zittirla e a farla girare dal lato opposto, accorgendosi che Marianne era ancora lì e stava fissando tutta la scena. Si rigirò verso l'uomo.
"Non cercare di cambiare discorso e dimmi perchè sei qui!" Abbassò la voce in modo che la sentisse solo lei.
"E va bene, ragazzina, non avevo sonno e mi sono ritrovato per caso qui!"
Jane lo guardò male.
"Non scherzare!"
William sbuffò, la ragazzina quando ci si metteva era davvero insopportabile! Più testarda di un mulo!
"Mentre tornavo ho pensato che una povera ragazzina potesse essere in pericolo rinchiusa in un castello controllato da un drago e sono venuto."

Jane sbattè le palpebre un paio di volte, si tirò persino una guancia in modo poco aggraziato per poi sentire una risata magnifica e cristallina che proveniva proprio da William. Erano attimi, almeno per un secondo poteva sbagliarsi e pensare che la risata di quell'energumeno fosse magnifica o no?! Ma chi voleva prendere in giro? Quella risata avrebbe fatto capitolare ai suoi piedi anche un uomo!

In quel momento si dimenticò persino della sfuriata del padre. Poi sfortunatamente tornò nella realtà maledicendosi.
"Tu devi essere pazzo! Metterti contro mio padre!"
Lui sorrise. "Tu sei pazza, nonostante sia tuo padre non può dirti che sei sbagliata, sciocca ragazzina!"
Jane per una volta non si sentì offesa.
William Stevens era l'unico uomo capace di farla arrabbiare come mai succedeva, da quando era arrivato non succedevano altro che cose negative, eppure quella sera era stato, come dire... gentile?
Forse... forse doveva ringraziarlo?
"Io... vorrei..." Ringraziarti.
"Scusami, ragazzina ma ci sono un letto e del vino che mi aspettano." La fermò e, senza dire altro, si avviò verso la porta, le fece un cenno e sparì lasciandosi dietro solo lo scricchiolio di una porta e un senso di incompiuto e confuso nella giovane impalata e ferma in quel salotto.

* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *

Erano passati pochi minuti da tutto il caos che c'era stato in casa sua e Jane già si trovava in camera, aiutata quasi con la forza da Marianne per togliersi il corsetto, distrutta e stanca.
Si guardò allo specchio di fronte a loro. Aveva i capelli arruffati, il poco trucco sciolto a imbruttirle il volto, gli occhi semichiusi che non reggevano più la vista di nulla, e una guancia molto più rossa dell'altra a causa dello schiaffo.
Ma quella giornata tanto pesante non era finita lì.

Mentre la fedele e buona cameriera le slacciava l'indumento, guardò la sua padrona nello specchio, incrociando il suo sguardo per poi riabbassarlo sulla sua schiena.
"Signorina, scusate se mi permetto, ma mi sono accorta che voi e quel tale... Lord Stevens, siete piuttosto in confidenza!"
Jane la guardò incredula.
Lei e il troglodita in confidenza?
Okay, forse era vero che da quando l'aveva conosciuto si erano parlati un po' troppe volte, ma era tutto a causa della sorte!
"Ma no, Marianne! Ci siamo solo incontrati un paio di volte!" Asserì sicura poi vide la donna sorriderle.
"Scusate se mi permetto, signorina, ma io ne ho di esperienza, ne ho viste tante di persone e situazioni e pare che dopo tempo finalmente vi siate riavvicinata a qualcuno, qualcuno che tiene d'altronde molto a voi, da ciò che ho visto."
Jane aprì lo bocca, ancor più stupita.
"Non è che solo perchè ci hai visti parlare dobbiamo essere in confidenza o amici!"
"Ma io infatti non parlavo di amicizia, signorina..."
La giovane allora capì cosa intendesse, e cosa stesse insinuando e si preoccupò subito di smentire.
"Marianne! Ma cosa dici! Tu stai dicendo che io e quell'uomo che io e quell'uomo proviamo..." l'ultima parola non riuscì a dirla perchè sentì salire un coniato di vomito al solo pensiero.
"Signorina, ma vi rendete conto di quel che ha fatto? È venuto fin qui per salvarle la pelle da suo padre, ci ha messo la faccia presentandosi qui a quest'ora! Quale altro uomo avrebbe fatto una cosa del genere solo per questo motivo?"

Jame ci pensò un attimo su.
Il ragionamento aveva logica ma quello non voleva dire che lui tenesse a lei o che provasse qualsiasi altra forma di affetto nei suoi confronti! Se c'era davvero qualcosa di impossibile, era proprio quello!

"Tu non lo conosci, Marianne! Ma non c'è uomo più insipido e troglodita di quello! Un uomo senza regole, un arrogante egocentrico, un uomo che non prende nulla sul serio, un libertino! E pensare che è stato perfino un capitano in marina!" Le disse.
La cameriera la guardò poco convinta, ma ancora sorridente.
"Miss. Jane, non credo che un egocentrico vi riporti in braccio a casa" disse ricordando la volta in cui l'aveva soccorsa in quell'infernale bordello "o faccia chilometri di strada per difendervi e spiegarsi con vostro padre.
Ricordate, spesso dietro frivolezza e arroganza si nasconde qualcosa di molto più grande, una ferita molto più grande."

Jane non sapeva più cosa pensare.
Erano successe così tante cose quel giorno. Tanto in così poco. Sentiva che la testa le sarebbe scoppiata da un momento all'altro.

Quelle parole e quella voce le rimbombavano in testa.
-Nonostante sia tuo padre non può dirti che sei sbagliata!-

Prima di chiudere gli occhi ed abbandonarsi tra le braccia di Morfeo pensò solo a una cosa.
William Henry Stevens, sei un diavolo o un angelo?

Ciò di cui era certa era che il giorno dopo avrebbe fatto visita alla persona più incomprensibile sulla faccia della Terra per ringraziarlo.

Writer's corner
Okay, lo so che è passato quasi un mese, e so anche che forse sono da uccidere (spero di no), ma capitemi. Dieci giorni di bronchite asmatica altri dieci in cui davvero non ho trovato il tempo di far nulla talmente avevo da fare, poi ci si è messo anche l'umore ed eccoci qua.
Mi dispiace davvero per il ritardo, lo so che questo capitolo è un po' noioso, pesante e corto, ma si è conosciuto un altro personaggio importante (seppur secondario), che sarà molto coinvolto nelle vicende di Margaret. William poi in questo capitolo è quasi sorprendente, da galantuomo qual è (...), difende Jane e mostra quasi una certa protezione nei suoi confronti, beh un po' glielo deve dopo tutto quello che le ha fatto passare, o no?
Si capisce subito invece il carattere del padre di Jane, che finora ha taciuto, molto attento alle dinamiche familiari e alle apparenze, chissà se davvero con Margaret si è comportato bene... a proposito di lei, ho intenzione di scrivere un capitolo completamente dedicatole, in cui si scopriranno alcune cose.
Prometto che il prossimo capitolo sarà più lungo, anche perchè (come si legge) Jane ha tutta l' intenzione di andare a trovare proprio lui il giorno dopo, vedremo cosa ne uscirà fuori! Concludo col ringraziare tutte le persone che continuano ad aggiungere la storia alle preferite, seguite o ricordate. Un grazie di cuore a Thalia Grace, from2001, Giovy4578, aurora96, dimelaverdad, ceccia_96, OutOfMyMind.
Davvero grazie, i vostri pareri mi aiutano e mi fanno migliorare. Alla prossima! ^^ :*

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: roughgirl