Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Eilanor    22/04/2017    1 recensioni
Eren, Mikasa e Armin sono riusciti a passare indenni attraverso “l’inferno degli esami” e ad iscriversi in un prestigioso istituto, ma a differenza delle altre scuole lo studio a scuola è pesante quanto la preparazione per entrare. Si troveranno così a districarsi tra compagni, gang giovanili, professori, tirocini allucinanti ed eventi che nessuno si sarebbe potuto aspettare. Il tutto cercando di non essere espulsi ad ogni accidente.
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coppie: Jean/Marco (le altre verranno aggiunte quando appariranno nella storia)
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Mikasa Ackerman, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L'acqua caduta dal vassoio non torna indietro - Capitolo 3



- bene, qua c’è tutto l’equipaggiamento di cui potreste avere bisogno, prendete quello che potrebbe esservi utile secondo voi; poi fatemi vedere cosa avete preso. – ci disse il nostro esaminatore, prendendo una biro e un taccuino dal suo zaino

– l’equipaggiamento vi resterà fino alla fine dell’anno se passerete il test, quindi trattatela bene, non ci saranno sostituzioni. – si accese una sigaretta mentre ci osservava prendere il materiale.

1  Lo zaino 2 il modulo 3 il sacco a pelo 4 il cibo 5 il poncho….

Mentre contava per cercare di ricordarsi tutto quello che gli serviva (lo faceva dopo aver visto sua mamma usare questo metodo con la spesa) il ragazzo ricominciò a parlare.

- tra circa mezzora daremo il segnale di via a tutti i gruppi. Dovete seguire il percorso e renderlo nuovamente visibile, farà parte della vostra valutazione; quando sarete in cima al monte troverete un rifugio dove vi aspettano altri esaminatori che vi prenderanno il tempo d’arrivo. Poi tonerete giù seguendo lo stesso percorso, fino ad arrivare qui, dove prenderò il vostro tempo d’arrivo. Potete gestirvi i tempi come volete, cercate di non ammazzarvi facendo delle stronzate…. Ah, sarete a coppie. Sareste dei coglioni ad andare in montagna da soli. – detto ciò si mise a guardare l’orologio.

Eren pensò al compagno che si sarebbe dovuto cercare: buona resistenza fisica e buone conoscenze di cartografia, per non parlare delle abilità in campo di trekking e… i suoi occhi incontrarono quelli di Armin. Non si aspettava che lo scegliesse o simili, lo stava semplicemente guardando. Forse voleva vedere se era agitato oppure voleva un’iniezione di fiducia. Però era il compagno ideale per lui, gli era complementare dopotutto: non particolarmente resistente fisicamente, ma un pozzo di scienza e tecnica; in più si conoscevano da una vita: non avrebbe potuto trovare compagno migliore.

- Armin prendi il kit de pronto soccorso, la cartina e la bussola. Io prendo la tenda e il cibo più pesante: cerchiamo di fare gli zaini in modo che il tuo si a un po’ più leggero, così ti stancherai meno. – disse cominciando a dividere tra loro due il materiale.

Lui lo seguiva con lo sguardo, con gli occhi illuminati; non si aspettava che lo scegliesse forse? Beh, in effetti non era così forte ed era stato parecchie volte sul punto di mollare, un paio di volte lui e Mikasa si eravamo chiesti se davvero non fosse la cosa migliore per lui.

Gli altri intorno a loro si sceglievano il compagno secondo i criteri più disparati: chi cercava l’amico, chi il torello, chi si ritrovava a scegliere il meno peggio inveendo contro i poveri sfortunati che erano rimasti e che nessuno voleva perché ritenuti troppo gracili.

Finirono di prendere le loro cose, le fecero vedere all’esaminatore e poi cominciarono a riempire gli zaini; il suo era più pesante di quello del amico: sperava di aumentare un po’ la sua resistenza alleggerendolo.

-Armin, che strategia dovremmo usare? Dovremmo camminare anche di notte secondo te? – chiese aspettando di ricevere il segnale di partenza.

- non saprei in realtà. Dipende dalla difficoltà del percorso e dalle condizioni meteo… sicuramente camminare di notte in montagna è una delle scelte meno furbe che si possa fare a mio avviso. Su un percorso nuovo, poi! Se possibile preferirei fermarci la notte, anche per affrontare meglio il cammino del giorno dopo… - Eren annuì.

Il suo ragionamento non faceva una piega e anche lui si sentiva più tranquillo a fermarsi col buio.

- scusi, qual è il tempo limite per essere ammessi? –

- cosa ti cambia saperlo o no? Pensi di andare più veloce se sapessi il tempo minimo per passare? Ti impegneresti di più per raggiungerlo? Giochi al risparmio, moccioso? – disse l’esaminatore scocciato.

I casi a questo punto erano due: o non ci avrebbero scelto per tempi d’arrivo con una graduatoria a posti limitati oppure volevano che dessimo il massimo ad ogni costo.

Mentre sistemavano gli ultimi dettagli in attesa della partenza, sentì 2 o 3 coppie prenderlo in giro per aver scelto Armin come compagno di squadra; poi c’era il ragazzo che aveva dovuto ripiegare sugli scartati he inveiva apertamente contro Eren e la sua scelta. Lo ignorò, sperando che, se avesse insistito troppo, l’esaminatore sarebbe intervenuto.
Mancavano pochi minuti alla partenza e tutti eravano allineati, in attesa del fischio. Armin lo guardava turbato, in cerca di rassicurazioni, ma non sapeva cosa dirgli: tutte le idee che gli passavano per la testa gli sembravano stupide ed infantili, per non parlare del suono falso che avrebbero avuto come fossero uscite dalla sua bocca; si limitò a sorridergli e lui rispose. Poi tornò a concentrarsi sul sentiero: lo sapeva il cielo quanto bisogno avesse lui di essere rassicurato.

Il ragazzo che aveva ripreso a fumare gli consegnò una cartina col percorso tracciato, una per coppia: poi l’istruttore fischiò e tutti si avviarono verso la vetta. Intorno a loro erano già iniziate le scaramucce per essere in testa alla colonna, ma Eren e Armin se ne tennero fuori: non volevano problemi e avevano intenzione di procedere col loro passo. In breve arrivarono ad una biforcazione e si fermarono a guardare la cartina: li aspettava un dislivello di 200 metri in quel tratto. Prima di proseguire si scambiarono un ulteriore sguardo e, con suo stupore, vide un sorriso sicuro spuntare sul volto del suo amico. Incoraggiato dal suo cambio d’atteggiamento, rispose sorridendo a sua volta: la vera sfida cominciava in quel momento e loro l’avremmo vinta.

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Su un altro percorso della montagna, intanto, procedevano due ragazzi curvi sotto il peso dello zaino.

- cristo! Ma chi me l’ha fatto fare di fare una sfacchinata del genere?! E per cosa poi? Un posto fisso e il culo al caldo. Non potevano farci fare un semplice test?! – si lamentò tra i denti Jean.

Marco lo seguiva qualche passo più indietro, cercando di non parlare per non spezzare il fiato. Lui al contrario del compagno era contento che il test fosse fatto in quel modo: era nato in un paese di montagna dove tornava tutti gli anni a trovare i suoi nonni ed era abituato a quel genere di gite, una in quel momento di stress incredibile gli sarebbe servita proprio per ricaricarsi e affrontare il resto della fase di prova con nuove energie.
Avevano appena superato un dislivello notevole con le gambe ancora fredde quando incontrarono il bivio. Decisero di fermarsi a riprendere fiato e a controllare la cartina, giusto per non sbagliare strada e venir buttati fuori a calci per la loro incompetenza.

Mentre il biondo riprendeva fiato e orientava il pezzo di carta, il bruno si concesse di osservarlo senza il timore di essere scoperto. Quando Eren l’aveva insultato chiamandolo “faccia di cavallo” non aveva tutti i torti, il volto di Jean era davvero di forma allungata, appena un po’ più del normale, ma non era certo sgradevole; come non lo erano il naso, dritto e affilato, o gli occhi, che non aveva ancora capito se fossero grandi o no dato che il ragazzo aveva sempre una smorfia sul viso che glieli faceva tenere assottigliati. Aveva notato le iridi di un bel nocciola che passava dal sembrare caldo a freddo in base alle emozioni che provava il ragazzo. Per fortuna quando erano insieme avevano sempre la loro sfumatura calda, così Marco sapeva che a Jean piaceva stare con lui.

Non si era certo aspettato di diventare il suo compagno prediletto, poteva forse sbilanciarsi e dire che era un suo amico dato che spesso si confidavano. Dormivano anche vicini, così era stato naturale cominciare a fare due chiacchiere prima di dormire o mentre si dividevano una mela presa mentre nessuno guardava e placavano un attacco di fame improvviso, così era venuto a sapere della sua famiglia, dei suoi obiettivi, del freddo amore di suo padre per lui e del fatto che aveva una cotta per Mikasa ed era geloso di Eren per tutte le attenzioni che la ragazza gli riservava.

Certo, averlo scoperto era stato un brutto colpo per lui, ma sapeva che certe cose non si potevano cambiare ed era già venuto a patti con questa cosa. Perché se Jean aveva una cotta per Mikasa, Marco ne aveva una per Jean.

Un’enorme cotta per il suo migliore amico lì dentro che era etero, a differenza sua.

Marco si era accorto già da un paio d’anni di essere gay e non l’aveva detto ancora ai suoi genitori, né ad altre persone. Aveva solo 16 anni e non era nemmeno tanto sicuro di ciò che provava in realtà, ma andando per esclusione, dato che stare con le ragazze non gli piaceva particolarmente e che con qualche ex compagno di scuola aveva desiderato più volte stare da solo abbracciati insieme e sentire sotto le mani la sua pelle o baciarlo, aveva fatto due più due. Ma ogni volta che ci pensava si diceva che 16 anni erano davvero troppo pochi per capire cosa volevi dalla vita e che forse il suo problema era non aver ancora trovato quella giusta o cose simili. Così nel dubbio non aveva detto nulla a nessuno.

Non si era certo vietato di esplorare quel suo modo d’essere, d’altra parte non aveva nessun problema a vedersi in quel modo, e avrebbe volentieri provato a baciare un ragazzo o ad uscirci insieme, se solo avesse avuto una vaga idea di come fare. Non poteva certo andare da uno e dirgli solo “hey, esci con me” e aspettarsi che tutto funzionasse con una macchina ben oliata.

Perché oltre ad essere gay, era nato con un’incredibile incapacità di rapportarsi con gli altri; si trovava a suo agio a scuola e in qualsiasi compito che avesse un obiettivo prefissato perché sapeva che svolgendo certe mansioni o seguendo certe regole l’avrebbe raggiunto senza nessun problema. Era nato “soldatino”.

Jean era il suo opposto: era nato “leader” e non se ne rendeva conto. Seguiva le regole giusto per non finire nei guai e, a differenza sua, un momento vuoto e senza regole non lo spaventava, ma al contrario gli permetteva di essere sé stesso ed agire di conseguenza.

Oltre che ad avere una cotta per lui, lo ammirava molto per questo aspetto del suo carattere.

- hey… hey! Ti sei incantato?! –

Marco trasalì sentendo Jean rivolgersi direttamente a lui, si era concentrato troppo su propri pensieri e si era fatto beccare.

- la mia bellezza ti ha distratto? – chiese il biondo con un sorriso sornione.

“non hai idea di quanto sia vero” pensò continuando a sostenere il suo sguardo.

- no, ma continuano a sembrarmi strani i tuoi capelli – tentò di salvarsi lui.

Il biondo sbuffò improvvisamente annoiato.

- te l’ho già spiegato, sono naturali, non li tingo ne li schiarisco. Fine. Partono scuri e si imbiondiscono sulle punte, in più faccio piscina nel tempo libero, è normale che succeda. La tipa che fa i capelli a mia madre dice che succede perché ho i capelli fragili. – il ragazzo sbuffò di nuovo.

- credevo che almeno tu non ci facessi caso dopo avertelo detto la prima volta… è irritante doverlo spiegare 500 volte a tutti che non sono una sorta di punk o ribelle del cavolo – borbottò incrociando le braccia.

- e-e-e io ti credo Jean, ma sono davvero particolari, è impossibile non guardarli – balbettò l’altro.

- già, guardarli e pensare che sono un punk... magari è per questo che Mikasa mi sta lontano… - disse toccandosi una ciocca che gli pendeva sulla fronte.

- Magari dovrei davvero tingerli di scuro… - pensò ad alta voce.

- no! – rispose svelto Marco. Troppo svelto a giudicare il modo in cui Jean l’aveva guardato.

- voglio dire… sono naturali, se lo fai crederanno che tu avessi mentito prima… e non credo dovresti cambiare per piacere a Mikasa… - disse distogliendo lo sguardo; pregò di non essere arrossito mentre parlava.

Cristo ogni volta che stava con lui sragionava. Per non parlare di quello che succedeva al suo corpo: battito accelerato, mani sudate, respiro appena affannato… non era scemo e aveva visto abbastanza film da poter riconoscere i classici sintomi dell’innamoramento. L’unica cosa che ora poteva sperare era che non fossero così palesi da essere notati dal ragazzo che aveva difronte. Era chiaro che non gli sarebbe mai interessato averlo come moroso, perciò voleva essere certo di averlo come amico, perché parlare con lui gli piaceva, indipendentemente dai suoi sentimenti per lui, ed era abbastanza sicuro che Jean l’avrebbe allontanato se li avesse scoperti.

- non dovrei cambiare per Mikasa? E come potrei piacerle se non cambio? Mi avrebbe già notato se andassi bene così… - borbottò frustrato.

- Jean tu vai bene così – rispose il bruno frustrato a sua volta mentre si rimetteva lo zaino sulle spalle.

- sei atletico, sei alto, sai parlare con le persone e hai un modo di porti incisivo, in più sei un leader nato; come potresti non andare bene? È più facile che sia lei a non essersi ancora accorta di te perché ha altro in testa… -

- altro in testa tipo Eren? – chiese l’altro con un sospiro.

- può essere… magari è molto concentrata sull’ammissione, ricordati che ha ottenuto i voti più alti ai test preliminari. E a volte bisogna anche saper aspettare in amore… o anche perdere – aggiunse abbassando la voce.

Jean si rimise lo zaino sulle spalle e lo guardò strano.

- woah… c’è una storia che non conosco dietro queste parole? – chiese mentre piegava la cartina.

- una sorta, sì… - rispose lui sconfortato.

- senti… io non starò qua a forzarti la mano, ma… se mai dovessi aver bisogno di confidarti con qualcuno… conta pure su di me… - propose l’altro aggiustandosi le cinghie dello zaino.

Marco si trovò a ridacchiare, un po’ per l’espressione di Jean e un po’ per l’idea di parlare alla sua cotta di come era averlo per cotta; tuttavia gli tornò il sorriso e si sentì pronto a ripartire.

- quindi io sarei un leader nato, eh? – buttò lì Jean guardandolo con la smorfia più falsamente disinteressata che avesse mai visto.

Marco scoppiò a ridere perché la sua faccia era davvero assurda in quel momento e sembrava dire solo “fammi dei complimenti… più complimenti!!” e non riuscì a trattenersi, nonostante dopo avrebbe dovuto convincere il compagno che non stava ridendo dell’idea di lui come Leader.

- oh, sì, lo sei e non te ne rendi nemmeno conto! – disse tornando normale.

- beh, visto che sono nato per comandare, prendi la vernice soldato! Dobbiamo segnare la via – ribattè fingendosi estremamente serio.

Come si guardarono in faccia scoppiarono a ridere entrambi.
 
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Era notte ormai e avevano abbondantemente superato la metà della prova. Circa tre ore prima avevano raggiunto la vetta e si erano fatti registrare il tempo, poi si erano subito messi in cammino verso valle.
Quando erano rientrati nel bosco avevano deciso di fermarsi appena avessero trovato uno spiazzo piano abbastanza ampio da ospitare la loro tenda. Ci avevano messo quasi tre quarti d’ora per trovarlo, ma ora avevano la tenda piantata ed erano pronti per cenare.

Jean stava provando ad accendere il fuoco, ma la legna era troppo umida e dopo parecchi tentativi aveva rinunciato. Marco invece si era allontanato per andare in bagno e aveva trovato un torrentello e pure un albero di nespole che ne aveva già qualcuna matura. Arrampicatosi, ne aveva prese un po’ ed era tornato dal biondo sperando che gli piacessero.

Quando il ragazzo lo vide quasi lo abbracciò per la gioia.

- mi stai salvando la vita, una dannata volpe è appena scappata coi miei panini! – disse correndogli incontro.

- oh, mi dispiace… possiamo dividerci i panini e le nespole – propose allungandogliene una.

- come è andata col fuoco? – aggiunse.

- la legna è troppo umida… - disse sconsolato, ma accettando il frutto che gli porgeva il bruno.

- fa nulla; vorrà dire che dormiremo prima – disse Marco scrollando le spalle.

Fu una cena davvero misera, un panino e mezzo a testa e della frutta, se non si fossero addormentati alla svelta non ci sarebbero più riusciti a causa della fame.
Scivolarono svelti in tenda e Marco non mancò di notare che il sacco a pelo di Jean sembrava davvero troppo leggero per la notte che si prospettava. Probabilmente sarebbe pure venuto a piovere. Svelto di liberò dei vestiti sporchi mentre Jean chiudeva la tenda.

Si sentiva un po’ a disagio a cambiarsi davanti alla sua cotta, ma cercò di ricordarsi che era successo ben di peggio, come quella volta che Jean si era alzato tardi e avevano finito per fare la doccia insieme per non dover aspettare che lui uscisse. Gli era venuto un colpo al cuore quando se l’era vesto venire incontro che si levava i vestiti.
Con un sospiro e lo sguardo perso si mise una maglietta e dei pantaloncini puliti.

- woah! Cos’era quel sospiro? Stavi pensando alla tua cotta, eh? – scherzò il biondo ammiccando.

- mi dispiace, so che vorresti dormire accanto a lei, ma per stanotte dovrai accontentarti di me, il meraviglioso Jean – disse levandosi la maglietta e guardando Marco negli occhi.

- il meraviglioso Jean che puzza e si fa fregare la cena dalle volpi – scherzò lui piatto.

- non sei messo meglio di me. Perché hai cambiato maglia? Domani puzzerà anche quella. Dormi senza –

Marco si fece distrare per qualche secondo dall’idea di dormire vicini semi svestiti, poi recuperò il controllo di sé.

- mi illudo di essere pulito. Ed è meglio essere vestiti, metti che devi correre fuori di notte, io non vorrei farlo in mutande. –

Con un cenno del capo Jean gli concesse di avere ragione e decise di imitarlo. Marco si infilo nel suo sacco a pelo invernale trovandocisi comodo come una lumaca nel suo guscio e caldo come un pulcino sotto la chioccia. Gli ci volle davvero poco per addormentarsi.

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 Si risvegliò a notte fonda a causa di un rumore fastidioso che, recuperata un po’ di lucidità, identificò come i battere dei denti di Jean. Tirò fuori un braccio per sollevarsi e subito fu assalito dal gelo; la temperatura era precipitata.

- Jean… Jean… - lo chiamò scuotendolo piano.

- cosa c’è? – rispose con la voce che tremava.

- facciamo cambio sacco a pelo, sei gelato… - sussurrò quasi avesse il timore di svegliare qualcuno.

- no, sono stato io il cretino che ha preso il sacco a pelo leggero, mi merito di avere freddo – ribattè rannicchiandosi su sé stesso.

- allora facciamo a metà, io ho troppo caldo – mentì Marco.

Non poteva certo lasciarlo così, si sarebbe ammalato, e probabilmente sarebbe successo qualche casino per la stanchezza che avrebbe avuto quando si sarebbero rimessi a scendere.

- e come? – chiese battendo i denti.

- Uniamo i moduli e apriamo i sacchi a pelo; il tuo sotto e il mio sopra, così ci scaldiamo – propose con uno sbadiglio.

Il sonno lo stava intontendo terribilmente, e per quello che ne sapeva poteva essere un sogno quello.

- d’accordo… - accettò Jean; grazie al cielo aveva abbandonato il suo orgoglio.

Veloci aprirono le cerniere e sistemarono i moduli vicini; il biondo ci stese il suo sacco e il bruno coprì entrambi col suo. Marco rabbrividì un secondo; c’era voluto pochissimo per coprire il suo compagno ma il freddo che era entrato gli era bastato. Jean continuava a battere i denti e a tremare e in più gli dava la schiena.

- tch! Ho i piedi fuori, non trovo la coperta… - borbottò piano.

- mi dispiace, non si apre fino in fondo… metti pure i piedi vicino ai miei - mormorò lui in risposta.
Qualche istante dopo sentì la pianta congelata sui suoi; un brivido lo scosse da capo a piedi. Jean continuò ad aggiustare la posizione per un minuto buono, avvicinandosi sempre di più al suo corpo. Quando stette fermo Marco riusciva a sentire il suo sedere contro il suo pacco e per ora non c’erano problemi dato che non aveva un’erezione, ma non ci sarebbe voluto molto se non si fosse spostato. Per di più lo sentiva rigido come un pezzo di legno, ma non capiva se fosse a disagio per la posizione o per il freddo o se stesse cercando di lasciargli un po’ di spazio personale. In ogni caso in quel modo avrebbero dormito male tutti e due.

- hey… qualsiasi cosa tu stia cercando di fare lasciandomi questo spazio… lascia perdere. Trova una posizione davvero comoda e dormi, domani mi servi riposato. – mormorò vicino al suo orecchio.

Il sonno lo stava rendendo più audace. O stupido a seconda dei punti di vista.

- sei sicuro? – chiese il ragazzo in risposta.

Marco mugolò per dare il suo assenso.

Jean si girò e gli si strinse contro, infilando una gamba tra le sue e le sue mani sotto la maglietta, sulla schiena. Il biondo mugolò di piacere e borbottò “quanto sei caldo” praticamente sulla sua gola, mentre Marco, preso alla sprovvista dalle mani gelate sulla sua pelle inarcò la schiena finendo solo per stringersi di più all’altro ragazzo, che non disdegnava quel contatto caldo, nonostante i loro bacini fossero a contatto. In quel momento benedisse le mani gelide del biondo perché avrebbe avuto altre cose di cui preoccuparsi se non ci fossero state loro a calmare i bollenti spiriti. Man mano che Jean si scaldava le posizioni si aggiustavano quasi impercettibilmente e in poco tempo trovarono una posizione comoda per entrambi.
Era praticamente uguale a prima ma i muscoli erano più rilassati e c’era giusto qualche centimetro qua e là tra i loro corpi. Poi il biondo prese a sfregare il piede su quelli di Marco.

- cosa fai? – chiese ricominciando a scivolare nel sonno.

- è un’abitudine… lo faccio per dormire meglio e scaldarmi i piedi… ti da fastidio? – chiese con uno sbadiglio.

 
Il bruno scosse la testa e sbadigliò a sua volta e, finalmente fermi e caldi, scivolarono nel sonno.

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Non aveva idea di quando il sogno si era trasformato in dormiveglia o se il sogno fosse semplicemente diventato un nuovo sogno, ma gli piaceva qualsiasi cosa fosse: il volto di Jean era a pochi centimetri da lui e poco importava se il ragazzo non profumava di rose, nemmeno lui era pulito d’altra arte; stava facendo vagare gli occhi per il suo viso allungato che trovava bellissimo, soprattutto ora che era così tranquillo e rilassato. Gli occhi percorsero la strada che li portò dalla fronte alla bocca passando per il naso.

Era leggermente dischiusa, lasciando intravedere la lingua rosata, e sentiva il suo respiro tiepido sulle sue labbra.

Quando si era avvicinato così tanto?

Tornò a concentrarsi sulla bocca del giovane sdraiato di fronte a lui, che era così invitante. Sembrava quasi supplicare di essere baciata. Lo supplicavano anche le sue labbra screpolate dal vento che aveva battuto sul crinale il giorno prima e lo supplicava la sua lingua che non aspettava altro che essere accarezzata dalla sua in un abbraccio umido.

Ma non l’avrebbe fatto.

Era Jean.

Non poteva perdere il suo unico vero amico in quella scuola, non in quel modo idiota.

D’altra parte quello era un sogno, no?

Anche la luce era quella dei sogni, dorata e soffusa, che rendeva ogni cosa magica. Perché non avrebbe dovuto assecondare i suoi desideri? Nessuno lo sarebbe venuto a sapere e lui poteva allontanare per un po’ la delusione della sua cotta non ricambiata.

Era un sogno.

Perciò… magari… poteva…

L’aveva fatto.

Si era avvicinato fino a far incontrare le loro labbra, lasciando solo un bacio leggero sulla bocca del compagno. Poi l’aveva fatto di nuovo ma qualcosa era cambiato, perciò ci riprovò ancora. Stavolta Jean rispose al bacio.
Marco incredulo lasciò che il bacio proseguisse lento e placido come quando il cioccolato si scioglie a bagnomaria.

Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare da quelle sensazioni senza fregarsene di quello che succedeva intorno a lui.

Era solo un sogno, no?
 
 
No, non era un sogno. Qualche istante più tardi venne svegliato brutalmente da una mano sul petto che lo spingeva lontano. Spalancò gli occhi colto alla sprovvista, mettendo a fuoco Jean che lo guardava con gli occhi sgranati e leggermente arrabbiati.

- che diavolo stavi facendo? -  gli chiese col fiato corto.

“oh, cazzo”

Probabilmente il suo volto era talmente orripilato e dispiaciuto che l’altro ragazzo si convinse senza bisogno di spiegare che non l’aveva fatto apposta; l’espressione del biondo si addolcì e le guance si arrossarono; aprì la bocca per dire qualcosa, ma il bruno fu più veloce.

- mi dispiace, dormivo e non sapevo quello che facevo. Scusami, scusami tanto – disse veloce scattando a sedere.

“che coglione! Sono stato davvero un coglione!” pensò furioso con sé stesso. Non si sarebbe mai dovuto lasciar andare in quel modo. Mai. Non con Jean soprattutto.

- non è successo nulla, su… stavi pensando alla tua cotta e ti sei sbagliato, tutto qui… - balbettò il biondo, ma si sentiva dalla voce che era molto imbarazzato.

“Cristo! Marco sei un cazzo di idiota!” pensò mettendosi le mani nei capelli; sentì la rabbia per sé e la sua leggerezza crescere.

- Marco dai, non è successo davvero nulla; non lo diremo a nessuno, non uscirà da questa tenda, lo giuro. – disse mettendogli una mano sulla spalla; il bruno tuttavia si scostò bruscamente.

- se ti senti così in colpa, l’espierai dicendomi il nome della ragazza a cui pensavi – il ragazzo si voltò con un’espressione sconvolta in volto; il biondo invece sorrideva sornione.

- oooooh! Per una faccia del genere deve essere qualcuno di estremamente imbarazzante o irraggiungibile…. Voglio sapere chi è! – sbottò avvicinandosi a carponi al giovane, che si girò di nuovo.

- lascia stare… - mormorò frustrato.

- mai. Voglio saperlo. Avanti. Dimmelo. – disse scuotendolo un po’ per la spalla.

- no – ribattè l’altro.

- avaaaaanti…. – continuò il biondo in tono lagnoso.

- ho detto di no. – ribadì il bruno togliendosi la mano dalla spalla, con la rabbia che cresceva esponenzialmente.

- dimmelodimmelodimmelodimmelodimmelo – riprese Jean punzecchiandolo con le dita.

A Marco si chiuse una vena in testa e scattò come un gatto a cui hanno appena pestato la coda.

-no. No. No. No. Piantala Jean! Sei tu, va bene?! – gli urlò in faccia sull’orlo di una crisi di nervi; solo quando vide la sua espressione basita capì la portata del disastro che aveva combinato.

Gli lasciò andare il polso che gli aveva afferrato nello scatto di rabbia per farlo smettere di punzecchiarlo e guardò con orrore la faccia del suo amico sbiancare e diventare una maschera priva di emozioni.

- Jean… Jean mi dispiace… - disse con la voce che tremava; allungò la mano per… per cosa? Per non farlo scappare?

Il ragazzo si scostò bruscamente e subito Marco capì di aver fatto qualcosa di irreparabile. Non importava che in quel momento fosse lui quello a sentirsi ferito e rifiutato, aveva fatto un enorme cazzata e ora doveva pagarne le conseguenze.

- devo andare a pisciare… - disse atono il biondo uscendo dalla tenda e stando ben attento a non sfiorarlo nemmeno per sbaglio.

Il ragazzo fece in tempo ad infilarsi le scarpe ed allontanarsi prima che il bruno si riprendesse dallo shock. Lasciatosi cadere sul sacco a pelo sfatto rimase a contemplare per qualche minuto lo sfacelo che era appena diventato la sua vita.

“sei un coglione Marco Bolt” pensò mentre sentiva il petto straziarsi.

Aveva perso in un solo colpo il suo migliore amico e la persona di cui era innamorato.
Ora gli rimaneva solo una gran voglia di piangere.
 
---
 
Erano finalmente tornati nel piazzale di partenza. Erano stati due giorni estremamente faticosi, ma sia lui che Armin erano riusciti a saltarci fuori bene. Certo il suo amico era sdraiato sul suo zaino in quel momento, ma avevano tenuto un ottimo passo e segnato alla perfezione il percorso, perciò si sentiva decisamente ottimista rispetto al risultato di quell’esame.
Ora non restava che aspettare che il pullman partisse e li riportasse ai dormitori per una doccia e un letto comodo.
Questo ovviamente non escludeva l’opzione di un pisolino durante l’attesa.

Sì. Sì, avrebbe preso Armin come esempio e si sarebbe fatto un pisolino. Se lo meritava.





Angolo Autrice
Salve. Sono l'autrice disgraziata che non aggiorna da ere geologiche.
Sono tornata.
Vorrei innanzi tutto scusarmi per aver lasciato da parte questa storia, è mia intenzione portarla a termine, la prima parte almeno, perciò non disperate se vi piace; questa storia è nata come una serie di quattro fanfic che dovevano durare una stagione, ma vedo che mi è molto difficile anche solo concludere questa, perciò procederò per gradi.
Devo ringraziare tantissimo le persone che in questi mesi hanno recensito, seguito e messo tra i preferiti questa storia, nonostante non aggiornassi, mi avete dato la spinta per riprenderla in mano. 
Io spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto e prometto di aggiornare in tempi ragionevo, giuro che non passeranno mesi stavolta e giuro che le recensioni non resteranno senza risposta.
Lasciate una recensione e ditemi la vostra opinione, fosse anche solo una sequela di insulti per il ritardo mostruoso. In ogni caso non temete se non mi vede per un po' : sono come la malerba, rispunto sempre fuori.
Grazie ancora per non avermi abbandonata.
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Eilanor
   
 
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