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Autore: Claire_Rose    23/04/2017    0 recensioni
Il passato, il presente ed il futuro. Un' intreccio di anime e culture diverse. L'amore tormentato di due giovani in un mondo pieno di pregiudizi e al tempo stesso di pericoli reali. La passione di un ballo e la voglia di amarsi incondizionatamente. Javier e Clara saranno messi a dura prova proprio dal loro sangue e da ciò che credevano indissolubile.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Ed eccolo lì, si avvicinava a noi con passo svelto. Indossava una camicia nera con i primi bottoni aperti, dove si poteva intravedere il suo petto. Al collo portava una catenella d’argento con una medaglietta, tipo quella che hanno i militari. I Capelli neri erano tutti scombinati, ma con una logica. Era sexy.
Si fermò davanti a noi e salutò suo fratello pugno contro pugno e a me mi diede un bacio sulla guancia. Rimasi quasi sconvolta. Il mio imbarazzo era palese, avevo le gote in fiamme.
Liquidò suo fratello parlando in spagnolo, così ci lasciò soli.
“Scusami per l’altra volta”
“Non ti preccupare. È solo che la tua amica è stata un pò acida”
“Lei è così, ha le manie di orotagonismo”
“La conosci da tanto?”
“Siamo cresciuti insieme. Lei è partita per l’Italia qualche anno prima di me e poi ci siamo ritrovati quì”
“Di dove sei?”
“Colombia, Bogotà”
“Mio padre è stato spesso in Colombia”
“Gli è Piaciuta?”
“Si”
“Per me è il paese più bello del mondo, ma ci ha rovinato la vita”
I suoi occhi diventarono tristi, quasi vuoti. Avrei voluto abbracciarlo.
“Cosa vuol dire?”
“Muñeca, sono storie che non mi piace raccontare alle ragazze su cui devo fare colpo”
“Tu vuoi fare colpo su di me?” 
Si avvicinò di più a me e mi sfioro il viso con il suo palmo caldo.
“Mi piacerebbe” 
I nostri visi erano a pochi centimenti di distanza, il suo palmo ancora sulla mia guancia e i nostri respiri guasi affannati. Sfiorò le mie labbra con il pollice; con l’altra mano mi prese per i fianchi e mi avvicinò ancora di più a se. I suoi occhi erano fissi suoi miei; leggevo la sua voglia di baciarmi e di stringermi a sè. 
“Clà!” ci saccammo in un nano secondo. Imbaeazzati entrambi, facemmo finta di nulla.
Nicolas guardava me, poi Javier, poi me e di nuovo Javier.
“Dimmi Nic!”
“Non mi presenti il tuo amico?”
Il tono era un misto tra curiosità e gelosia.
“Lui è Javier, Javier lui è Nicolas”
Si fecero un segno con la testa, in segno di saluto. Entrambi si guardavano male, come se fossero in competizione.
“Noi stiamo andando via”
Prima che riuscissi a rispondere, si intromise Javier.
“La riporto io a casa”
“scusa se permetti non lascio la mia amica con uno sconosciuto”
“Nemmeno io la lascerei con un idiota come te”
“Stai attento a come parli”
I due si avvicinarono, con la voglia di fare a botte negli occhi. Mi misi nel mezzo ero furiosa.
“Smettetela!” li allontanai pingendoli l’uno dalla parte opposta dell’altro. Dietro di noi Carlotta e Luca erano esterrefatti.
“Ci vediamo domani ragazzi”
Nicolas se ne andò furioso. Nello sguardo di Carlotta e Luca lessi disapprovazione e paura. Se ne andarono ed io rimasi sola con Javier.
“Avresti preso a cazzotti il mio amico?” alzai di poco la voce, per darmi un tono autorevole.
“Lo avrei fatto volentieri”
“Ma smettila!” Ci mettemmo a ridere.
“Vieni ti porto in un posto”
Mi prese per mano e ci avviammo. Cosa stavo facendo? Avevo lasciato i miei amici per andare via con uno sconosciuto, sexy, ma sconosciuto. Non avevo paura però, lui mi infondeva sicurezza. Non facevo caso al fatto che fosse di un paese diverso dal mio; sapevo cosa volevano dire gli sguardi dei miei amici, sapevo le loro idee sugli “stranieri” e sapevo anche che me l’avrebbero fatta pesare. Io non ho mai avuto problemi con le persone di nazionalità diverse, mio padre con il suo lavoro, ne ha viste di popolazioni differenti e mi ha sempre trasmesso valori come il rispetto per noi stessi e per gli altri, indipendentemente dal colore della pelle. 
Arrivammo in una piazza quasi deserta, al centro una fontana animava il tutto con spruzzi d’acqua.
Lui si sedette su una panchina e così feci anche io.
“Vedi quella fontana?” Annuì. “Da piccolo quando venni in Italia, quella fontana mi ricordava casa, perchè ce n’è una uguale nella piazza della mia città. Non vivevo in una bella casa con mobili, letti e cucina. Vivevo con mia madre e i miei due fratelli in una specie di catapecchia, tipo una favelas. Avevamo alcuni materassi vecchi e umidi, un fornello e qualche pentola presa nella discarica vicino casa. Non avevamo niente, solo l’amore che ci dava nostra madre. Ma alla fine non ci serviva nulla di materiale, ci divertivamo a giocare scalzi per strada con un pallone mezzo bucato con altri ragazzi come noi. Quella era la nostra vita e ci andava bene così”.
“Perchè mi racconti tutto questo?”
“Perchè voglio che tu sappia che non sono il principe azzurro, non ho macchine lussuose con cui portarti nei migliori ristoranti del mondo”
“Non voglio niente di tutto ciò”
“Io non sono quello giusto per te. Tu sei italiana, avrai studiato, sarai colta, non avrai mai fatto sacrifici e sarai cresciuta in una bolla di cristallo”
“Sì sono italiana, non ho mai vissuto in una favelas e sì, ho studiato e sto studiando. Ma questa è discriminazione tua nei miei confronti. Non mi importa se tu non puoi darmi il lusso o qualsiasi altra cosa materiale. Io vivo di sentimenti da quando sono nata. E non permetterti di giudicare la mia vita fino ad ora, se non mi conosci”.
Feci per alzarmi, ma lui non me lo permise. Prese il mio viso tra le mani e io poggiai le mie mani sul suo petto.
“Lo sai che non sarà facile” la sua voce era un sussurro.
“Non mi sono mai piaciute le cose semplici”
Dopo un attimo in cui i nostri occhi si fusero, le nostre labbra si sfiorarono e in un secondo diventarono un tutt’uno. Le nostre lingue presero fuoco e i nostri corpi tremavano , un pò per il freddo ed un pò per la passione. Riprendendo fiato, tornammo a guardarci intensamente. I suoi occhi parlavano, mi esprimevano la voglia di amare e di essere amato. Tornammo a baciarci. Credo di non aver mai provato una sensazione così pura. Era come se per la prima volta mi sentissi nel posto giusto, al sicuro.
Passammo tutta la notte, fino alle prime luci dell’alba a parlare, a baciarci, ridere e scherzare. 
Rientrai in casa alle 5 a.m, erano tutti ancora a dormire ed io ero su di giri. Pensavo a lui e a tutto ciò che era. I suoi occhi, le sue labbra, i capelli e la sua voce che emanava calore. Mi sentivo una sedicenne in piena adolescenza che fa i conti con i primi amori. Mi buttai sul letto ancora vestita e immersa nei miei pensieri, che si tramutarono in sogni, appena mi addormentai.
Mi svegliai alle 13 p.m, l’ora di pranzo; e mi chiesi perchè nessuno mi avesse svegliato. Mi alzai, ero ancora vestita con jeans e maglietta. Decisi di mattermi addosso il pigiama, per fare sembrare che avessi dormito, come dormo tutte le persone normali. Andai in cucina, i mei genitori erano intenti a leggere una ricetta al camputer. I fornelli erano accesi e la cucina era invasa da un profumo delizioso.
“Buongiorno Tesoro” mio padre mi diede un bacio sulla fronte. Mia madre mi lanciò uno sguardo assassino. E lì capii, che si era accorta che ero rientrata alle 5 a.m,  che dopo avremmo avuto una lunga chiacchierata e che mio padre non sapeva niente perché lei mi aveva coperta.
“Che state preparando?”
“lasagne al pesto e pollo arrosto con patate” incancalzò mia madre, quasi scorbutica.
Ad un certo punto squillò il cellulare di mio padre, che andò a rispondere e si chiuse nel suo studio.
“Ti sembra il modo Clara?” ecco che inizia la guerra.
“Mamma l’ho fatto solo questa volta”
“Se tuo padre lo sapesse non ne sarebbe contento”
“Lo so. Non succederà più” cercai di tagliare corto, ma lei non aveva ancora finito.
“Chi era quel ragazzo che ti ha accompagnato?” Spalancai gli occhi incredula.
“Mamma mi stavi spiando?”
“No, ti stavo aspettando” 
“Sei rimasta sveglia fino le cinque del mattino?”
“No, casualità ha voluto che proprio a quell’ora ero andata a bere in cucina e così mi sono affacciata alla finestra e vi ho visto”
“Mamma mi dispiace se ho fatto così tardi, ma ho anche 22 anni non posso sorbirmi i tuoi scleri se per una volta ho fatto le cinque” il mio tono era quasi esasperato.
“Potrai fare quello che vorrai quando vivrai per conto tu”
“Dici sempre la stessa cosa, sei ripetitiva”
“Mi dici chi era quel ragazzo?”
“Smettila mamma”
Mio padre rientrò in cucina, con una faccia triste e rassegnata.
“Che è successo?” Entrambe eravamo spaventate e preoccupate, non lo avevamo mai visto così provato.
“Hanno attaccato la base in Siria, sono morti almeno ciento militari tra quelli USA, Francesi e Italiani”
Ero bloccata, quasi non riuscivo a respirare. Mia madre si dovette sedere.
“Devo partire subito, per gestire tutte le controversie che si sono create, devo motivare i militari rimasto e attuare un nuovo piano”
“Ma sei arrivato ieri” Ero preoccupata, non volevo che partisse. Egoisticamente, non l’avrei mai lasciato andare, ma quello era il suo lavoro. Il suo dovere.
“Tesoro tornerò presto” mi sorrise accarezzandomi la guancia.
“Se tornerai” mia madre scoppiò in lacrime.
“Tornerò, è una promessa”
“Non sei tu che decidi Paolo!” il dolore nella sua voce era potente, quasi assordante che ti spaccava il cuore. Mio padre ci attirò a se entrambe e ci stringemmo in un lungo abbraccio immerso nelle lacrime, nella disperazione e nella speranza.
“Siete la mia vita, nessuno mi porterà via da voi. Neanche il male più potente. L’amore vince su tutto”
Quel momento, speravo non finisse mai. Eravamo una cosa sola e sarebbe stato così per sempre. La guerra è una cosa troppo vuota e priva di senso per poter competere con la forza di un sentimento come l’amore.
   
 
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