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Autore: Christine Enjolras    23/04/2017    1 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Marius

Marius e Jehan entrarono nell’ampio atrio che ospitava lo scalone monumentale a seguito del professor Valjean: Marius era stato a colloquio con l’insegnante durante l’ora buca, perché egli voleva sapere come procedeva il suo inserimento a scuola in queste prime settimane. Avevano parlato a lungo, finché, ad un certo punto, Jehan non era timidamente entrato nella classe del professore per mostrargli un foglio con un piccolo strappo circolare in alto, al centro: sembrava essere stato staccato da una bacheca. Valjean lo aveva letto silenziosamente, dopo di che aveva stretto il volantino nella mano fino a stropicciarlo, si era alzato ed era uscito a passo deciso dall’aula, dicendo ai due ragazzi di seguirlo.

“Javert!” chiamò a gran voce l’insegnante. Nonostante la sua voce fosse calma e pacata come sempre, questa volta tradiva una leggera punta di disappunto. Il professor Javert si arrestò immediatamente come sentì la voce del professor Valjean; Marius lo vide chiudere gli occhi, arrotolare il plico di fogli che teneva in mano e voltarsi verso Valjean, portando le braccia dietro la schiena ed alzando leggermente la testa con una certa fierezza.

“Valjean!” rispose con calma raggelante il professore. Marius non li aveva mai visti a confronto e per un attimo gli sembrò che i loro sguardi celassero una specie di inimicizia l’uno per l’altro: sembrava quasi che non si potessero assolutamente sopportare, ma che entrambi fossero troppo signori per prendersi a parole come avrebbero fatto due rivali qualsiasi. Nel modo in cui i due insegnanti si guardavano si poteva leggere tutta la loro ostilità e i loro occhi seri, carichi di questo sentimento poco nobile, fece correre un brivido lungo la schiena a Marius, che vedeva quei due uomini avvicinarsi lentamente l’uno all’altro, senza distogliere lo sguardo dal viso del rivale. Vederli su quell’immensa scala, in alto rispetto a dove stavano lui e i suoi amici, fece apparire agli occhi di Marius i due professori come dei giganti, come fossero elevati rispetto a qualsiasi altro essere umano. In quel loro scontro fatto solo e unicamente di sguardi silenziosi, c’era qualcosa di incredibile, di sovrannaturale, quasi di epico: il ragazzo lentigginoso osservava attentamente quei due uomini così fieri e combattivi, e non poteva fare a meno di pensare che loro si stessero già confrontando solamente guardandosi negli occhi.

Quando arrivarono a metà scala, i due uomini rimasero a fissarsi in silenzio ancora per qualche secondo. Fu Javert il primo a rompere quel silenzio raggelante: “Posso fare qualcosa?”

Valjean, senza scomporsi e continuando ad osservare l’altro professore dritto negli occhi, aprì il foglio che prima aveva piegato, lo distese per bene e lo pose al vicepreside con grande eleganza, chiedendo semplicemente: “Che significa?”

Javert prese il foglio in mano senza distogliere lo sguardo da Valjean. Dopo qualche istante, diede un’occhiata veloce al suo contenuto, sotto gli occhi vigili del suo collega, e, infine, riprese a guardare Valjean porgendogli indietro il volantino e disse, inespressivamente: “Quello che c’è scritto, Valjean.” Fu così che cadde di nuovo il silenzio.

Marius, concentrato sulla scena, sentì una mano appoggiarsi dolcemente sulla sua spalla e si girò di scatto alla sua destra da dove essa proveniva: Bossuet si era avvicinato a lui e gli faceva cenno di spostarsi da lì. Marius e Jehan si allontanarono dai gradini della scala, ma quando il ragazzo pelato andò a chiamare Enjolras, il ragazzo dagli occhi verdi vide che il suo compagno di classe non aveva intenzione di andarsene da lì: sembrava fosse troppo interessato alla faccenda per pensare di andare via e, nei suoi grandi occhi azzurri, Marius riuscì a riconoscere quel fervore che gli aveva visto solo una volta da quando lo aveva incontrato, ovvero la sera in cui lo aveva conosciuto.

Ad un certo punto, un rumore cartaceo riportò l’attenzione di Marius a ciò che stava accadendo sulla scalinata: Valjean aveva ripreso in mano il foglio portatogli da Jehan e si accingeva a leggerlo. “ ‘Si comunica che, a causa di problemi organizzativi, tutte le attività extrascolastiche di quest’anno scolastico saranno cancellate.’ ” citò il professore di filosofia dal volantino. “Problemi organizzativi? E di che genere?” chiese a Javert mettendo il volantino nella tasca dei pantaloni scuri.

Javert si lasciò scappare un leggerissimo riso, poi tornò a guardare Valjean negli occhi e disse: “Se si fosse presentato all’ultimo consiglio lo saprebbe.”

Marius lesse qualcosa di simile allo sdegno mischiato allo stupore negli occhi di Valjean, ma comunque il professore cercò in ogni modo di non scomporsi. “Mia figlia è stata male: dovevo portarla immediatamente dal medico” spiegò con una leggera punta di fastidio nella voce, “e lei lo sa benissimo.”

“Lei non è sua figlia” rispose immediatamente Javert, senza lasciar passare neanche un secondo tra le parole di Valjean e le sue.

“Non è una questione che dobbiamo discutere qui” fu la risposta che Valjean diede a Javert con la stessa velocità che il suo collega aveva avuto prima di lui. Marius notò che Javert sembrò esitante per un attimo.

Non passò molto tempo, tuttavia, prima che disse con eleganza, ma pur sempre con una certa rigidità: “Su questo ha ragione, riconosco il mio torto. Resta pur sempre il fatto che la sua presenza era richiesta.”

“Perché non me lo spiega ora e non la facciamo finita?” Il professor Valjean stava iniziando a spazientirsi, Marius lo vedeva chiaramente. Per tutte le volte in cui il ragazzo lo aveva incontrato, Javert aveva perso leggermente la calma soltanto parlando con Enjolras quando aveva fatto ritardo. Anche in questo caso, il professore di diritto non deluse le aspettative del giovane studente, il quale credeva di essersi fatto un’idea molto precisa di quell’individuo austero e severo. Il professor Valjean, invece, gli era sembrato molto più alla mano e più espansivo, ma mai si sarebbe aspettato di vederlo perdere il controllo, nemmeno di poco come aveva appena fatto.

Javert stette in silenzio ancora: il suo sguardo iniziava a caricarsi di impazienza, ma si vedeva che tentava in ogni modo di non perdere la calma. “Non ci sono abbastanza fondi per pagare il mantenimento di tutti i laboratori e gli esperti esterni all’istituto che dovrebbero tenerli” spiegò quanto più pazientemente poteva. “I soldi che abbiamo servono a rifornire la biblioteca con testi più adeguati e a restaurare alcune aule che necessitano di urgente manutenzione. Inoltre non abbiamo abbastanza personale che tenga aperta la scuola fino a quegli orari, perciò non si può fare altrimenti.” Seguì un’altra pausa, durante la quale a Valjean scappò un accenno di risata molto nervosa, che fece irritare Javert.

“Tutto questo è assurdo! Lei non…”

“Io devo fare ciò che è più giusto per questa scuola e i suoi studenti, Valjean!” lo interruppe bruscamente il vicepreside. “Se per fare questo devo cancellare delle attività inutili alla formazione degli studenti, ebbene sia!”

Valjean sembrò molto infastidito dall’essere stato interrotto. Tornò immediatamente serio e cercò di contenersi quanto più poteva, ciò era evidente anche a Marius, che lo conosceva ancora così poco. “Ma gli studenti hanno bisogno anche di crediti extrascolastici” spiegò Valjean. “Molti vengono da fuori e non hanno il tempo o la possibilità di spostarsi altrove per seguire altre attività.”

Ad un certo punto, Marius sentì dei passi avvicinarsi alla sua destra e, voltandosi, vide che il resto del gruppo, a seguito di Joly, stava entrando nell’atrio in cui si trovavano loro. Bossuet si voltò a guardare il suo ragazzo, il quale, mettendogli una mano sulla spalla, guardò subito a metà delle scale per capire cosa stesse accadendo. Dietro Bahorel, sbucò immediatamente Grantaire: il ragazzo dai capelli neri guardò prima i due professori e poi, vedendo Enjolras, sembrò volerlo raggiungere; tuttavia parve bloccarsi quando Combeferre si fece largo nel gruppo e raggiunse il suo compagno di stanza, seguito da Courfeyrac, che però si fermò a metà strada, poco più avanti di Marius.

“Io devo fare ciò che è più giusto per questo istituto” disse ad alta voce Javert, portando l’attenzione di tutti i ragazzi su di sé.

“I nostri ragazzi fanno parte di questo istituto, Javert!” gli fece notare Valjean. “Non ti importa ciò che è giusto per loro?”

“Pensa di poter far loro da portavoce con me?”

“Penso sia ridicolo che lei creda davvero di non poter trovare una soluzione a una cosa tanto stupida! Fauchelevent abita a pochi passi da questo edificio: cosa vuole che cambi per lui chiudere la scuola un po’ dopo?” Il professore di filosofia iniziava a mostrarsi chiaramente agitato e innervosito dalla discussione e gli ampi gesti che fece con le braccia ne furono la prova. Al contrario, il vicepreside rimase impassibile, composto e immobile come lo era all’inizio di quel confronto.

“Non posso assolutamente chiedere a monsieur Fauchelevent di tenere aperto per un suo capriccio, Valjean” disse Javert senza muoversi.

“Un mio capriccio?! AH!” si lasciò sfuggire il professor Valjean ironico e infastidito insieme. “Non è un mio capriccio, Javert! E se ne renderà conto quando gli studenti verranno a lamentarsi da lei personalmente!” aggiunse con serietà, puntando un indice minaccioso verso l’altro insegnante.

Javert non distolse lo sguardo. Si limitò ad un riso di sfida e a rispondere: “Crede sempre di essere dalla parte degli studenti, non è vero? Loro vengono a chiederle spiegazioni e lei si schiera immediatamente dalla loro parte senza conoscere del tutto le circostanze.” Detto ciò, Javert si avvicinò a Valjean, il quale sembrò sentirsi costretto ad abbassare l’indice, e poi proseguì: “Questa è la mia decisione, Valjean, e non è nella posizione di poterla modificare, perciò si dia pace!”

Come Javert finì di parlare, Valjean sembrò sentirsi inferiore a lui. Per prima cosa abbassò gli occhi, interrompendo per la prima volta durante quel confronto il loro contatto visivo, poi sul suo volto si dipinse un sorriso amaro e scese di un gradino, senza più guardare negli occhi il vicepreside, che dall’alto della sua posizione continuava a fissare Valjean a testa alta. Il professore di filosofia scese lentamente le scale, sotto lo sguardo vigile di Javert, e, quando i suoi occhi incrociarono quelli di Enjolras, gli mise nuovamente una mano sulla spalla e si allontanò. Marius lo vide uscire dall’atrio quasi abbattuto per non essere riuscito a far cambiare idea a Javert. Poi la sua attenzione venne richiamata nuovamente sul vicepreside dal suono della sua voce: “Andate pure in mensa, voi. Gradirei la vostra puntualità in aula, soprattutto quella dei miei studenti… monsieur Enjolras!”

Enjolras, che aveva osservato anche lui il professor Valjean abbandonare l’atrio, da quella frase sembrò ridestarsi. “Professore…” iniziò con educata decisione. Javert, tuttavia, si voltò e riprese a salire le scale. Marius vide l’espressione di Enjolras cambiare dal dispiacere alla rabbia più nera e, accanto a lui, il volto di Combeferre divenne preoccupato.

“Enjolras, no!” disse subito il ragazzo dai capelli biondo rame, prendendo il braccio del suo amico. Enjolras si liberò immediatamente da quella presa e corse su per le scale, mentre tutti gli altri ragazzi cercavano di fermarlo chiamandolo dal piano terra. Marius non riusciva a parlare: tra la discussione appena finita e gli occhi irati di Enjolras non sapeva più se credere a ciò che stava vedendo o no.

Il biondo ragazzo arrivò in cima alle scale, superando il professor Javert e sbarrandogli la strada. “Monsieur Enjolras” cominciò con calma Javert, “Mi sembrava di averle detto di…”

“No, finché non mi avrà ascoltato!” lo interruppe con violenza Enjolras.

Marius lo guardava con occhi pieni di paura e di stupore. Poi sentì arrivare qualcuno dietro di sé che gli mise una pesante mano sulla spalla: Bahorel si era avvicinato a lui e guardava Enjolras con espressione compiaciuta, forse anche un po’ divertita. Poi si voltò verso Marius e gli sussurrò: “Guardalo all’opera! Questo temperamento è ciò che stimo di più in quel marmocchio!”

“Non è giusto cancellare le attività extrascolastiche così!” disse Enjolras con grande decisione. “Dev’esserci un modo per evitarlo, il professor Valjean ha ragione!” Javert rimase a guardarlo in silenzio, ma Marius non capiva se con stupore, sdegno o solo curiosità: forse tutti e tre. Enjolras sembrò approfittare del silenzio per proseguire: “Non le permetterò di fare una cosa così ingiusta!”

“Cazzo…” si sentì scappare a Combeferre: Marius notò che doveva essere davvero preoccupato per la situazione orrenda in cui Enjolras si stava cacciando; nemmeno a lui doveva essere sfuggito lo sguardo glaciale e adirato con cui Javert aveva guardato il biondino.

Gli altri ragazzi, invece, sembravano tutti ammaliati ed entusiasti dell’iniziativa del loro leader e i loro sguardi erano pieni di ammirazione, eccezione fatta per Grantaire, che scuoteva la testa ad occhi chiusi assieme ad un sorriso amaro ed esasperato assieme.

“Lei non me lo permetterà?” chiese il vicepreside in preda all’ira. “Le dico io che cosa farà, monsieur Enjolras: lei andrà immediatamente in mensa assieme ai suoi compagni ed eviterà di toccare questo argomento fino alla fine dell’anno!”

“Altrimenti?” Nelle parole di Enjolras non c’era esitazione, né paura: il biondo ragazzo stava in cima alla scalinata, un gradino sopra Javert, e lo guardava dritto negli occhi con la stessa decisione che Valjean aveva avuto prima di lui.

“Altrimenti alla fine delle lezioni verrà in vicepresidenza e ricopierà per me alcune pagine di un manoscritto che devo riportare in digitale” illustrò severamente il professor Javert al suo studente. Enjolras non si scompose, allora Javert si avvicinò al suo viso e terminò: “E lo farà ogni pomeriggio finché non avrà ricopiato tutte le cinquecento pagine.”

Vedendo che Enjolras sembrava non demordere, Grantaire avanzò verso la scala e disse ad alta voce: “Ok, piccolo: basta così! Metti da parte il tuo orgoglio e salvati il culo!” Enjolras non distolse lo sguardo dal vicepreside neanche per un attimo, ma Marius era certo che avesse sentito la voce di Grantaire, perché per un attimo aveva girato leggermente la testa verso di lui, seppure senza muovere gli occhi. Grantaire insistette: “Rifletti: a cosa ti porta fare così? Smettila finché sei in tempo e vieni via!”

Il professor Javert, che in tutto ciò non aveva spostato neanche per un secondo gli occhi da Enjolras, disse al ragazzo: “Seppure non avrei usato gli stessi termini, forse monsieur Grantaire ha ragione, monsieur Enjolras: cerchi di evitare il peggio, finché è in tempo; non ho intenzione di continuare a lasciargliela passare liscia! Se continuerà con questa arroganza, potrebbe mettersi peggio per lei.”

A quel punto, vedendo che Enjolras non sembrava intenzionato a muoversi, Combeferre avanzò di qualche gradino ai piedi della scala e disse ad alta voce: “Enjolras! Lascia parlare il tuo buonsenso. Vieni… ti prego!” Al sentire la sua voce, Enjolras guardò verso di lui e poi passò uno ad uno gli sguardi di tutti gli altri: la minaccia di Javert li aveva messi tutti in uno stato di allarme, questo a Marius parve evidente. Era sicuro che se si fossero trovati al suo posto, nessuno di loro si sarebbe mosso; tuttavia, nel capire che stava finendo in guai seri, tutti loro furono d’accordo sul fatto che fosse meglio finirla lì: non volevano che si facesse punire per una tale stupidaggine. Questo pensiero fu chiaro a Marius quando Combeferre riprese la parola. “Enjolras” chiamò l’attenzione del biondino su di sé. “Restare lì adesso… a questo modo… non servirà!” I due si guardarono per un po’: Marius oramai aveva imparato che quando facevano così era perché in qualche modo si stavano dicendo qualcosa. Il marcare le parole ‘a questo modo’ di Combeferre lo aveva insospettito… che avesse in mente qualcosa? E che Enjolras lo avesse capito? Probabilmente sì, perché sospirò rassegnato, facendo segno di sì con la testa al suo compagno di stanza e, lanciando un’ultima occhiata glaciale a Javert, lo salutò con un cenno della testa, fingendo quanto più rispetto poteva, e scese le scale.      

Javert lo guardò scendere e poi, quando Enjolras fu accanto a Combeferre, gli disse: “Voglio comunque vederla in vicepresidenza al termine delle lezioni, monsieur Enjolras.”

Enjolras alzò lo sguardo immediatamente, un po’ sorpreso e un po’ irritato, stringendo nervosamente il pugno in uno morsa che doveva fare un male incredibile. Si costrinse a stare calmo e, preso un respiro profondo col naso, disse: “Quel che giusto è giusto.” Il professore se ne stava andando e Combeferre sembrò riprendere fiato: quella situazione doveva averlo stressato, sfinito. “Ma…” disse ad alta voce Enjolras, riportando tutti all’allerta e richiamando l’attenzione di Javert, “non mi pentirò di ciò che ho detto. Di averle mancato di rispetto sì, ma delle mie parole no: mai!” Il professor Javert non cambiò espressione: si limitò ad osservare il ragazzo in silenzio, fisso, per poi fare un cordiale cenno di saluto con la testa, quasi come avesse nobilmente preso atto dell’affermazione di Enjolras. Solo quando se ne fu andato, Combeferre riprese a respirare normalmente.

Ci fu un momento in cui Marius rimase scosso da quanto appena accaduto. Il suo sguardo era fisso sulla scala, poi, senza che se ne accorgesse, lo abbassò ad un punto imprecisato della sala. Sentiva le voci dei suoi amici, li aveva percepiti sorpassarlo per andare incontro ad Enjolras e Combeferre, ma non riusciva ad ascoltare le loro parole, né a rendersi effettivamente conto di dove si trovassero con esattezza. Il ragazzo dagli occhi verdi riusciva solo a pensare a quanto era appena accaduto: l’inaspettato confronto tra i due professori lo aveva lasciato come svuotato per la confusione. Quell’inspiegabile astio, tutta la carica d’ostilità nei loro sguardi, la nobiltà con cui si erano parlati… era stato lo scontro verbale più insolito e al tempo stesso più epico a cui aveva mai assistito. I due insegnanti gli avevano dato l’impressione di serbare rancore l’uno verso l’altro, un’inimicizia che probabilmente durava da molto tempo, celata sotto un’apparente cortesia. Come se non bastasse, non riusciva a smettere di pensare allo scontro verbale che il professor Javert aveva avuto con Enjolras: gli altri ragazzi del gruppo gli avevano descritto da subito quanto potesse infervorarsi il loro leader se punto sul vivo, ma mai avrebbe creduto che potesse arrivare fino a prendere posizione a quel modo contro Javert.

Ancora non riusciva a credere a ciò che era appena accaduto, quando qualcuno lo prese per le spalle e lo scosse, chiamando: “Marius, ehi!” Marius sgranò i grandi occhi verdi e vide Courfeyrac davanti a lui. Si guardò attorno confuso e vide che gli altri ragazzi, dietro Courfeyrac, lo stavano fissando un po’ preoccupati, tranne Grantaire e Enjolras, che, ai piedi della scala, sembravano discutere a bassa voce sotto lo sguardo vigile di Combeferre.

“Va tutto bene?” gli chiese Jehan un po’ esitante, avvicinandosi a lui.

“Sì… sì, credo…” disse Marius guardando il minuto ragazzino senza realizzare cosa stesse accadendo.

“Sembravi in trance, amico!” gli disse Bossuet avvicinandosi a lui con Joly aggrappatogli al braccio. “Sicuro che sia tutto a posto?”

“S-sì, è che… è che non mi aspettavo che…” iniziò Marius, riportando lo sguardo in cima delle scale. Gli altri ragazzi gli furono attorno e i loro sguardi mostravano tutta la loro comprensione.

“Ti capisco…” disse Jehan a voce bassa. “La prima volta che ho visto Enjolras reagire così avevo la stessa tua espressione…”

“Per non parlare di ‘la-legge-sono-io’ e il professor Valjean!” aggiunse Courfeyrac, facendo un cenno con la testa in direzione della scala. “Che io ricordi hanno sempre discusso, ma nessuno sa spiegarne il motivo. Divergenze ideologiche, forse.”

“Nessuno reagisce così solo per qualche differenza di opinione” disse Joly. “Dubito che derivi solo da lì il loro astio…”

“Perché non lo dovrei fare, secondo te?!” disse Enjolras ad alta voce, richiamando gli sguardi di tutto il gruppo involontariamente. Stava sul secondo gradino della scala, accanto a Combeferre. “Questa scelta non è giusta per nessuno! Crede sempre di essere dalla parte della ragione, ma la verità è che così facendo creerà il malcontento generale di tutti gli studenti! Dobbiamo approfittare di questo!”

“Enjolras, lascia stare!” gli rispose Grantaire, in piedi due gradini sotto di lui. “È una cosa che non dipende da te e da cui tu, tra l’altro, non guadagnerai nulla, se non una lunga punizione! O peggio! Potresti essere sospeso o addirittura espulso!”

Enjolras distolse lo sguardo da lui, sospirando, portando le mani sui fianchi. Guardò verso il soffitto per un attimo scuotendo la testa e poi riprese, tornando con gli occhi su Grantaire: “Correrò il rischio, ma non starò con le mani in mano! È la cosa più giusta da fare e la farò!”

“Di che state parlando, voi due?” chiese Bahorel. I due ragazzi, però, parvero non udirlo.

“Questa non è una guerra, Enjolras!” disse Grantaire, sporgendosi verso di lui. Non sembrava arrabbiato, ma piuttosto esasperato. “Non si tratta di ribellarsi a un regime totalitario o di scatenare una rivoluzione in favore degli oppressi! Sono solo delle stupide attività extrascolastiche a cui tu, oltretutto, non hai mai preso parte!”

“E con questo?!” gli rispose immediatamente Enjolras. Tanto Grantaire manteneva il controllo, quanto Enjolras si lasciava trasportare dal suo fervore: Marius non lo avrebbe definito arrabbiato… forse solo spazientito, un po’ infastidito. Non era la prima volta che Grantaire e Enjolras discutevano davanti a lui, ma quelle dispute tutte assieme lo stavano mettendo un po’ a disagio. Marius non era abituato a tutte queste arrabbiature: lui era sempre stato un ragazzo molto tranquillo e non riusciva a sopportare molto bene quell’ansia che queste continue discussioni gli stavano facendo venire. “Solo perché non mi riguarda da vicino, non significa che io debba starmene immobile!” riprese Enjolras. “Io porterò avanti le mie idee, dovessi farlo da solo!”

“Non ti incaponire! Questa cosa scatenerà sicuramente lamentele e dispiaceri all’inizio, ma cadrà nel dimenticatoio molto presto, vedrai!”

“Forse te ne scorderai tu, a cui non importa nulla di tutta questa storia, ma chiedi a Jehan se gli farà piacere, ogni martedì, rendersi conto che non si troverà con il gruppo di lettura dopo le lezioni. O chiedi a Courfeyrac se è contento di non poter più fare teatro! Grantaire: esci dal tuo ego e ragiona!”

Grantaire sembrò essere disarmato da questa frase e anche Marius lo fu: non aveva mai visto Enjolras lasciarsi trasportare fino al punto di essere tanto brusco e, dallo sguardo che aveva, Marius fu certo che non avesse ancora finito. “Non mi farò fermare da te, sapendo quanto poco ti importa di intervenire se i tuoi interessi non sono in ballo. Io credo che Combeferre abbia avuto una buona idea e la porterò avanti! Se sei con noi bene, altrimenti fatti da parte e lasciami lavorare!”

“Possiamo sapere di che parlate?” chiese Courfeyrac avvicinandosi a loro. Enjolras si voltò e passò gli occhi azzurri su tutti i suoi amici uno per volta, serio come sempre, ma più calmo rispetto a prima. Poi lanciò un’occhiata a Combeferre e il ragazzo dai capelli biondo rame gli sorrise e gli fece un cenno col braccio verso gli altri, come se gli avesse fatto segno di illustrare lui il piano d’azione.

Enjolras rispose al suo sorriso, poi si girò verso gli altri, salì di un altro gradino, e disse a voce alta: “Valjean ha ragione: questa scelta di Javert alzerà le lamentele di tutti gli studenti, non solo le nostre. Cogliamo la palla al balzo: facciamo sapere al resto della scuola quello che sta accadendo prima che si sparga la voce, cerchiamo di portare dalla nostra quanti più studenti possibile e andiamo contro Javert tutti assieme. Facciamogli capire quanto questo conta per la scuola! Facciamogli sentire le nostre voci!”

“Intendi dire…” prese la parola Bahorel, avanzando verso di lui già elettrizzato, “che scateneremo un bel casotto dei tuoi?” Un bel casotto dei suoi? Di che stava parlando Bahorel? Marius non riusciva a seguire più il filo del discorso. Attorno a lui, gli altri parvero sapere esattamente di cosa stava parlando e sembrarono entusiasmarsi. Enjolras aveva un sorriso convinto sul volto mentre guardava il compiacimento dipinto sul viso di Bahorel; poi passò nuovamente lo sguardo su tutti gli altri, Combeferre per ultimo, e, tornando a guardare Bahorel, fece un cenno di sì con la testa.

“Prepariamoci a una manifestazione in grande stile. Siete con me?”

   
 
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