Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: La Signora dei No    26/04/2017    4 recensioni
Come si può assemblare nuovamente un cuore ridotto in mille pezzi? Tornerà mai com'era un tempo?. Livio non riesce a darsi pace, da quanto tempo lui e Federico non parlavano veramente, da quanto non riuscivano più a leggere uno negli occhi dell'altro. Come hanno fatto ad aspettare che la situazione esplodesse e li portasse a quelle urla, a quella porta sbattuta con una violenza non voluta. Come hanno fatto a non scorgere quell'insormontabile muro, che ha avuto come unico scopo quello di dividerli. Riusciranno a lottare contro i propri " demoni", uscendone vittoriosi, integri e soprattutto insieme? Non sempre i dissapori possono essere messi a tacere facilmente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
§ Angolo autrice §
Allora, innanzitutto mi dispiace di aver impiegato così tanto tempo nell'aggiornare, purtroppo però questa settimana è stata parecchio impegnativa e non ho avuto un momento libero. Finalmente ecco qui il terzo capitolo, spero che vi piaccia. 

p.s. A fine capitolo troverete le risposte alle recensioni del precedente.








3. La calma dopo la tempesta­­:

La tranquillità in cui era immersa l’intera casa, fu rotta solo dal suono assordante della sveglia, che segnava le sei e mezzo di mattina. Lentamente, Livio aprì gli occhi, non riuscendo a ricordare dove si trovasse. Le uniche cose certe per lui erano i suoi occhi gonfi e il corpo intorpidito dal freddo.  A giudicare dall’arredamento della stanza, il ragazzo si trovava in soggiorno, più precisamente sdraiato sul pavimento. Avrebbe voluto rammentare il motivo per cui stava lì e non sul letto, la sua emicrania, però glielo impediva. Se provava a ripensare agli eventi della sera scorsa, delle fitte lancinanti si facevano sentire. La sveglia, che per qualche secondo aveva smesso di fare rumore riprese senza nessun’altra interruzione. Costringendosi, Livio si alzò, andando a spegnere l’affare elettronico. Entrando in stanza da letto, il roscio fu investito in un istante dagli avvenimenti, che tanto disperatamente stava tentando di richiamare alla sua mente dagli spazi reconditi della sua testa. Le urla, la lite, quella maledetta porta che si chiudeva, facendo tremare tutti i muri, Federico che stava andando via, che lo abbandonava. Livio che avrebbe voluto corrergli dietro, fermarlo e riportarlo a casa, fare la pace e poi l’amore. Lui però non fece nulla di tutto ciò, e quello che avevano costruito in anni di amicizia e relazione, gli stava scivolando via dalle mani lentamente. Livio era sempre stato così, una di quelle persone che se non sapeva come agire, non procedeva e basta, perché la paura di sbagliare lo terrorizzava. Come a scuola, in un giorno in cui magari un professore sceglieva di interrogare te e un tuo compagno, entrambi impreparati, la differenza stava nel fatto che lui riusciva ad arrampicarsi sugli specchi, tu non ci riuscivi prendendo sempre due. I primi raggi di Sole filtravano dalla finestra, illuminando la stanza, creando una sorta di penombra nella quale l’assenza di Federico, pesava sul cuore di Livio come un macigno. Guardando il telefono, il ragazzo notò che era Lunedì mattina e tra due ore sarebbero iniziati gli allenamenti con la squadra. Erano le sette e lui doveva ancora farsi la doccia. Il bagno rispetto alla camera si trovava infondo al corridoio. Prima di farsi un bel bagno rilassante, per cercare di rilassare i muscoli, Livio prese degli abiti puliti. Appena immerse il corpo nell’acqua bollente si sentì immediatamente meglio. Almeno per quel giorno non aveva dovuto discutere con nessuno sul come lavarsi. Lui amava fare la doccia dove l’acqua era fredda, Federico preferiva fare il bagno con l’acqua bollente. Quella mattina aveva rinunciato alla sua doccia per due semplici motivi: Il primo, era che i suoi muscoli, erano troppo tesi e avevano bisogno di sciogliersi, se voleva allenarsi; il secondo era che senza l’altro non aveva senso scegliere la doccia. Non c’era gusto se non poteva litigare con lui per quello. I due avevano sempre condiviso tutto, dalla passione per lo stesso sport alla medesima difficoltà in Geografia. Nei ventotto anni di vita vissuta da Livio, Federico era sempre stato al suo fianco. Dopo essersi preparato e aver saltato la colazione, se non poteva farla con lui, non aveva senso compierla. Il ragazzo dagli occhi verdi si mise alla guida, avviandosi verso la palestra della propria società. Quel giorno non gli andava proprio di allenarsi, essendo però il palleggiatore titolare, era necessario purtroppo. Dopo venti minuti di macchina arrivò a destinazione. Prima di entrare in palestra si assicurò di non trovarvici nessuno, era di umore nero e non voleva prendere a mali parole nessuno dei suoi compagni di squadra. Entrò di soppiatto.

- A Livio buongiorno – fantastico, tra tutte le persone che poteva incontrare, gli era toccato proprio il coach.

- Mister – il ragazzo era sempre più convinto di fare bene a odiare il Lunedì mattina.

- Oggi, tu dovrai sostituire Fabrizio nel ruolo di capitano –

- Come mai? – la giornata non poteva andare peggio di così.

- Fabrizio ha la febbre ed è in malattia –

- D’accordo -.

- E Livio, non te lo sto chiedendo come un favore, te lo sto ordinando – la giornata peggiorava a vista d’occhio. Dopo essersi scambiato un cenno d’assenso con l’allenatore, si diresse a passo spedito verso gli spogliatoi. Impiegò solamente un paio di minuti nel cambiarsi. Si bloccò quando estrasse le ginocchiere dal borsone. Quelle appartenevano a Federico, lui le aveva sempre preferite bianche. Controllando a fondo nella borsa, si accorse che le sue erano rimaste a casa. Sarebbe stato costretto a indossare quelle nere. Da quando sei anni prima, al suo migliore amico avevano imposto il fermo definitivo dall’attività agonistica a causa di un serio problema ai tendini, quelle ginocchiere non avevano mai abbandonato il suo borsone. Allo stesso modo la maglia dell’ultima squadra in cui avevano condiviso il campo. Mentre finiva di cambiarsi alcuni compagni entrarono nella stanza.

- Buongiorno Livio – lo salutarono.

- Abbiamo saputo che oggi il capitano sarai tu – asserì Alessio.

- Sì e non mi va per niente – ammise lui.

- Dai, ti ricordo che il ruolo di capitano il mister l’aveva proposto a te, prima di

offrirlo a Fabrizio –

- E tu l’hai rifiutato –

- Accettando poi quello di vice – lo canzonarono Daniele, Michele e Lorenzo.

- Invece di perdere tempo a sfottere me, sbrigatevi a cambiarvi che siete in ritardo -.

Quello che avevano detto in realtà doveva ammettere che era vero. Al suo ingresso in squadra, l’allenatore gli aveva proposto di essere il capitano, lui però respinse la proposta senza pensarci su due volte. Alla fine, su costrizione di Federico, dovette accettare il ruolo di secondo del capitano. Il giorno in cui udì per la prima volta le parole “essere capitano”, comprese che il suo ragazzo non sarebbe più sceso in campo con lui. Federico, era sempre stato il suo capitano, il condottiero che sapeva condurre la propria squadra con orgoglio sia nella vittoria sia nella sconfitta. Avendo seguito lui come stella polare per anni, non si sentiva in grado di essere quella di qualcun altro. Da quando Livio si era svegliato quella mattina, non aveva fatto altro che pensare a lui. Tutto glielo ricordava. Se davvero era finita la sera prima tra loro, il ragazzo non osava pensare a come poter sopravvivere.

- Livio insomma! Questa è la quarta alzata di fila che sbagli, vuoi concentrarti per

favore – se solo fosse riuscito davvero a sgombrare la mente senza pensare a nulla.

- Si mister –

- Vedi di concentrarti -.

L’allenatore concesse qualche minuto di riposo a tutti. Livio ne approfittò per darsi una rinfrescata.

- Hey –

- Hey –

- Va tutto bene capo – non riusciva a ricordare da quanto Emanuele lo chiamasse

così.

- Lo so manu –

- Intendevo che, anche se le tue alzate non sono precise, va bene così, sei un essere

umano in fin dei conti -.

- Io sono il palleggiatore, l’attacco parte dalle mie alzate, devono essere precise per

forza – quella lezione lui l’aveva imparata a caro prezzo.

- Sì, ma dimentichi una cosa essenziale nella pallavolo, si gioca in squadra –

- Livio, Lele ha ragione. Se io per esempio, come libero sbaglio la ricezione, l’alzata

sarà forzata e l’attacco quasi impossibile -.

- Ascolta me e Roberto – i suoi compagni di squadra volevano farlo morire d’infarto,

erano bravissimi ad apparire come per magia.

- Ritorniamo in campo -.

Concentrandosi sulla sua squadra, riuscì in qualche modo a evitare che la sua mente facesse pensieri troppo cupi.
 

 
Quando Federico si alzò dal divano, erano ormai le dodici passate. L’altra sera aveva fatto semplicemente la prima cosa che gli era venuta in mente. Sapeva che era da solo a casa, giacché Davide iniziava a lavorare sempre alle nove. Tra se e se, doveva ammettere che gli era grato per non aver chiesto nulla. Sul tavolo in salone, trovò un mazzo di chiavi e un biglietto:
“Questo è un mazzo di chiavi di riserva, così se per qualsiasi cosa devi uscire, non hai problemi. Ieri sera, vista l’ora e le condizioni in cui eri, non ho voluto fare domande, al mio rientro a casa stasera, faremo una chiacchierata. Sappi che puoi restare quanto vuoi, non saremo di certo Elena ed io a cacciarti”.
Quasi invitato dal biglietto, Federico si mise le scarpe e uscì da casa. Voleva tornare a casa sua, per recuperare almeno lo stretto necessario. Conosceva bene gli orari di allenamento di Livio, non l’avrebbe incontrato. Per il momento non si sentiva forte abbastanza da andare incontro a ciò che aveva sempre temuto. Quando arrivò di fronte la porta della propria abitazione, si ricordò di aver lasciato le chiavi all’interno dell’appartamento. Fortuna che ne avevano nascosto un mazzo sotto una mattonella semovente, coperta dallo zerbino. Una volta richiusosi la porta alle spalle, tutte le sensazioni che Federico aveva cercato di tenere lontano da cuore e mente, lo investirono, colpendolo in pieno petto. Le urla, il volto di Livio in lacrime, lui che dava un pugno al muro. Tutte quelle immagini aleggiavano per la casa, come se quelle stesse mura avessero voluto tutto il loro dolore, in una specie di fermo immagine. Alcune lacrime iniziarono a rigare un volto improvvisamente pallido e sudato. Decise di farsi una doccia, magari i muscoli si sarebbero rilassati. In realtà fu un bagno veloce. Nel quale però le sue lacrime si confusero con l’acqua. Prima di entrare in camera, fece un lungo respiro. Entrando, notò che il letto non era stato utilizzato. Sicuramente Livio aveva dormito sul pavimento. Quante volte l’aveva sgridato per questo motivo. L’idiota però non gli dava mai retta. A volte parlare con Livio era impossibile, lui avrebbe sempre fatto ciò che riteneva giusto, anche se sbagliato. Dall’armadio prese uno dei suoi vecchi borsoni, uno di quelli che utilizzava per la pallavolo. Dentro ci mise alcuni completi per lavoro, vestiti più comodi, la biancheria, tutto ciò che rientrava nella sfera dell’igiene personale e un paio di scarpe. Passò poi a prendere il necessario per svolgere il suo lavoro di contabile. Pensando al lavoro, si ricordò di doverli avvisare che per qualche giorno sarebbe rimasto a lavorare da casa a causa dell’influenza. Recuperate le chiavi della sua auto, quasi sconsolato si sedette sul divano. Che cosa stavano facendo, invece di parlare, chiarire, loro prendevano le distanze. Quel maledetto muro edificato con le loro paure, con le loro insicurezze, li aveva divisi e loro non facevano altro che alzarlo ancora di più. Quella notte aveva fatto un incubo inquietante. Lui e Livio erano a faccia a faccia, l’oscurità inglobava tutto ciò che c’era intorno a loro, Federico cercava di guardare negli occhi dell’altro, quando in una frazione di secondo Livio gli voltò le spalle, iniziando a precipitare in un burrone apertosi improvvisamente sotto i piedi del ragazzo. Federico istintivamente provò a toccargli la schiena ma era già troppo tardi. Livio era sparito e lui era rimasto solo. Quell’incubo gli aveva lasciato una sensazione opprimente e claustrofobica, come se in quel sogno il suo cuore si fosse spezzato a metà. Guardando l’orologio, a malincuore si alzò dal divano giacché tra un’ora e mezzo l’altro sarebbe tornato a casa. Doveva sbrigarsi ad andarsene.
 
 
Alle cinque e mezzo finalmente gli allenamenti terminarono. Stare tutte quelle ore in palestra, alla fine dei conti gli era servito a qualcosa. Non aveva pensato ad altro che non fosse la squadra.

- A domani ragazzi –

- A domani capo – lo salutarono in coro gli altri.

Arrivato a casa, data la stanchezza, si buttò sul letto, il bagno l’avrebbe fatto l’indomani e non aveva fame, quindi avrebbe tranquillamente saltato anche la cena. Voleva vedere Federico, cercare di spiegarsi e capire. Negli anni avevano discusso un’infinità di volte, arrivando anche a picchiarsi per difendere le proprie idee. Nell’ultima discussione però, qualcosa si era incrinato e lui temeva che riparare quella crepa sarebbe stata quasi impossibile. Negli occhi di Federico aveva visto la paura aprire una voragine dentro la sua anima. In qualche modo avrebbero dovuto chiarirsi, non avrebbe permesso a quelle insicurezze di dividerli per sempre.  

ç Angolo risposte ç

ficcio: Sono felice che il capitolo ti abbia incuriosito e spero che anche questo non sia stato da meno. Scusami per il ritardo colossale e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi di questo. A presto. 

July and August: Grazie del complimento.

In rotta per il paradiso: Ciao mia cara, sono contenta di vedere una tua recensione. Mi chiedi se mi ricordo di te e come faccio a dimenticarti? Sei una rompiscatole. Grazie del complimento che mi hai fatto e dei conglisi che mi hai dato. Li trovo molto utili. Spero in un tuo prossimo commento, a presto. 


 
 
 
 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: La Signora dei No