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Autore: Anukis    26/04/2017    1 recensioni
Nessuno vorrebbe mai svegliarsi con un Hollow a torreggiare sopra di sé, per giunta dopo essere appena morto. Nel caso di Aomura Okumi, a complicare le cose ci sono uno strano kimono nero e una spada dal carattere volubile. Seguendo gli insegnamenti di un pigro Shinigami senza peli sulla lingua, la ragazza dovrà imparare a destreggiarsi in una situazione che diventa sempre più pericolosa e misteriosa...
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[*Nota: la dicitura Nuovo personaggio si riferisce a tutti gli OC presenti nella storia, ovvero l'intero cast*]
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I'm just right in front of you



















 
  - Kei. -
  Okumi mosse un piede in terrazzo, dove si trovava suo fratello. Il bambino era intento nella contemplazione di una piantina di pino, alta appena mezzo metro.
  - Io vado a scuola. La mamma ti vuole a fare colazione. -
  Solo allora Kei si girò, sfoggiando un largo sorriso.
  - L’albero del nonno ha fatto le pigne. -
  - Ah, bene. - replicò Okumi, senza troppo coinvolgimento.
  Era felice per suo fratello che quel piccolo pino avesse potuto consolarlo della scomparsa del nonno, ma, da parte della ragazza, l’interesse per la pianta era prossimo allo zero. Almeno, dopo quasi un anno sentiva di poter considerare la faccenda con sufficiente distacco.
  Poi Kei le si avvicinò e le mise in mano una pigna, minuscola e ancora acerba. Okumi lo guardò interrogativa, sollevando un sopracciglio.
  - Non l’ho staccata io, era già caduta. - si affrettò a spiegare il bambino - Puoi tenerla come portafortuna. -
  Okumi sospirò in maniera impercettibile e si infilò il regalo in tasca.
  - Ok, adesso devo andare o farò tardi a scuola... -
 
 
 
  - Oh-chaaaan! -
  Fu il consueto grido d’aquila della sua migliore amica ad accogliere Okumi in classe. La ragazza trovava incredibile che i suoi timpani non si fossero ancora abituati a quell’accoglienza, e per poco il suo sorriso non vacillò nel ricambiare il saluto.
  Etsuko spiccava nella piccola folla di studenti della 2-A, se non altro a causa della sua altezza fuori dal comune. I capelli castani erano legati nella solita treccia laterale ed anche il suo largo sorriso era familiare a chi la conosceva.
  Okumi si accostò al gruppetto dov’era anche la sua migliore amica, scambiando qualche chiacchiera sulla domenica appena trascorsa e i programmi per l’estate imminente.
  All’entrata dell’insegnante lei ed Etsuko si accomodarono ai loro posti, in ultima fila. Il professore fece l’appello, fino ad arrivare al nome di Iwamoto Satoru. Quando fu chiaro che questi era assente, andò avanti.
  Fu solo diverso tempo dopo l’inizio della lezione, che la porta dell’aula si aprì per lasciar passare un mortificato ragazzo dalla testa china. Si diresse al proprio banco cercando di scomparire contro la parete e si sedette sulla sedia con la schiena rigida.
  - Signor Iwamoto, questi suoi ritardi si stanno facendo inaccettabili! - lo riprese l’insegnante.
  - Lo so, mi perdoni... - rispose lui con voce talmente fievole da essere appena udibile.
  Okumi si sentì tirare la manica della giacca e si voltò verso Etsuko. La sua amica aveva un’aria angosciata.
  - Oh-chan, l’hanno di nuovo preso a botte... -
  - Già. -
  Stupido...
 
 
 
  - Non hai le attività del club, Etsuko? -
  - No, devo tornare a casa e aiutare la mamma al negozio. -
  Non era raro che Etsuko saltasse gli appuntamenti del club di cucina per lavorare come commessa dal fioraio di sua madre. Era un compito al quale non si sarebbe mai sottratta. Lei e la signora Higashida erano sole dopo l’abbandono del padre e, se vendendo fiori si guadagnava appena il necessario per non trovarsi senza un tetto sulla testa, assumere un garzone era impensabile. Anche Okumi, con grande imbarazzo della madre di Etsuko, si era talvolta offerta di dare una mano gratuitamente, ma la proposta veniva sempre declinata.
  Fatto sta che in queste occasioni le due migliori amiche si ritrovavano a fare un pezzo di strada verso casa insieme. Okumi, pur sentendosi un po’ in colpa, apprezzava molto questi momenti. Il punto era che, senza avere intorno compagne di classe che dentro di sé non considerava certo amiche, poteva godersi Etsuko cianciare di cose più o meno utili, rilassarsi e abbandonarsi a qualche sorriso sincero.
  Era difficile essere la ragazza più popolare e ammirata della classe. E Okumi non lo pensava per chissà quale spirito di vittimismo o ipocrisia. Lo pensava semplicemente perché ricordarsi chi fosse doveva sempre essere un pensiero costante. La sua vita scolastica era un continuo sforzarsi di pronunciare un complimento campato in aria, affibbiare soprannomi a quasi sconosciuti e raccogliere confidenze di cui non voleva sapere davvero nulla. Così, una battutina acida rischiava sempre di uscire al posto di una gentile constatazione. Il primo istinto davanti ai patemi amorosi di una compagna era sbadigliare, non incitarla a continuare come se una cosa simile potesse sul serio entusiasmarla.
  Non aveva mai ammesso apertamente con Etsuko questa finzione, ma era impensabile che lei non se ne fosse accorta. D’altra parte, la sua migliore amica pareva aver accettato il fatto come se l’avesse sempre saputo. Non si meravigliava se magari, appena uscite da scuola, Okumi si lasciava andare ad un commento lamentoso su qualcosa che fino all’attimo precedente aveva tollerato senza problemi. Quest’ultima aveva sospirato di sollievo tra sé e sé una volta realizzato che un confronto sull’argomento non sarebbe giunto.
  Okumi non sapeva perché Etsuko non affrontasse il discorso, o come mai la loro frequentazione non ne avesse risentito, ma le era infinitamente grata di ciò.
  - Eccoci qua, Oh-chan, io sono arrivata. -
  Si fermarono di fronte ad una delle più piccole villette a schiera del circondario.
  - Ci vediamo domani, ciaaaao. - la salutò Etsuko, agitando allegra la mano.
  - A domani, Tsu-chan. -
  Un piccolo regalo che aveva deciso di farle, continuare ad usare quel soprannome anche fuori scuola.
  Per arrivare a casa di Etsuko, aveva compiuto una piccola deviazione che l’aveva portata più lontana rispetto alla propria. Sbuffò. Già doveva fare la sua bella scarpinata per ritornare da scuola...
  Un soffio di vento le scompigliò i lunghi capelli neri. Era un vento strano, quello. Arrivato in una giornata di totale bonaccia, portava con sé una musica lontana, fioca e irreale.
  Okumi fece per rimettersi a posto una ciocca ribelle, senza curarsi di chissà quali suoni il vento trasportasse alle sue orecchie.
  Attenta!
  L’avvertimento arrivò improvviso, ma in ritardo.
  La ragazza non fece in tempo a voltarsi per cercare la provenienza di quella voce. Un rumore di stoffa e carne squarciate precedette un dolore al fianco così lancinante che le parve che tutto il mondo scomparisse, al confronto.
  Okumi gridò, anche senza vedere il suo fianco sinistro schizzare di sangue l’asfalto da tre profonde lacerazioni che le segnavano il busto. Crollò al suolo, stringendosi la ferita, ma intorno a sé non vide nessuno.
  La ragazza si puntellò con una mano tremante al suolo, cercando di rialzarsi e scappare. Invano. Qualcosa di liscio e freddo la colpì, scaraventandola contro il muretto di una casa.
  Come sbatté la testa, Okumi sentì centinaia di aghi conficcarsi nel suo cranio, eppure non perse subito conoscenza. No; prima i suoi occhi intrappolarono un lampo, una frazione di secondo, di quello che non era stata in grado di scorgere.
  Un essere chino a quattro zampe, rachitico e dalla pelle come una corazza d’osso. La faccia coperta dalla maschera di un teschio.
  Okumi perse i sensi prima di avere il tempo di provare paura.
 
 
 
  Okumi ebbe probabilmente il peggior risveglio della sua vita. La testa pulsava in modo tale da non riuscire a formulare alcun pensiero e quasi le sembrava di non avere più un corpo. Stette lì distesa, in un luogo che non riusciva a mettere a fuoco, per interi minuti.
  A poco a poco, il malessere diminuì, anche se la ragazza non poteva davvero dire di stare bene. Con cautela, si rimise in piedi, massaggiandosi la testa con un gemito. Solo allora si guardò intorno, riconoscendo con stupore il campetto di atletica della sua scuola.
  Come ci era finita? Pensava di essere sulla via del ritorno a casa... Ma ora non ne era così sicura. I suoi ricordi erano irreali e nebulosi, e soprattutto comprendevano un mostro dalla maschera di un teschio.
  Okumi scosse la testa d’istinto, portandosi una mano al fianco. Non c’era nessuna ferita. Eppure la sua mente rifiutava l’idea di essersi immaginata ogni cosa. In primo luogo, quel genere di fantasie non era da lei; poi non accettava di potersi ingannare in un modo talmente banale come confondere realtà e sogno. Con un pizzico di testardaggine, poteva credere a qualunque cosa, una volta vista coi propri occhi. Se avesse visto un ippopotamo volare allora, diamine! avrebbe dovuto essercene uno per forza, e nessuno l’avrebbe mai convinta del contrario.
  In ogni caso, non le pareva ci fosse alcun pericolo imminente all’orizzonte. Ora che si sentiva meglio, la ragazza si azzardò a rimettersi in piedi, cosa che le causò un’altra fitta alla testa. Spazzolandosi l’uniforme dalla polvere rossiccia, alzò lo sguardo al cielo, solo per vederlo coperto da una sottile quanto cupa coltre di nuvole. Non un raggio di sole filtrava, rendendo tutto intorno a lei di un colorito cereo.
  Fu allora che, con lo sguardo rivolto al cielo, notò una figura in piedi sul cornicione del tetto dell’edificio scolastico.
  Iwamoto...?
  Non fece in tempo ad esserne sicura, che ad un suo battito di ciglia l’ombra scomparve.
  Okumi rabbrividì. Va bene, aveva ancora la certezza di non essere impazzita, dunque stava senza dubbio succedendo qualcosa. E, ad essere sinceri, lei poteva benissimo fare a meno di sapere cosa fosse.
  Voltando la testa però, vide che i palazzi, la strada, fuori dalla recinzione, erano diversi da quelli che conosceva da tanto, troppo tempo per sbagliarsi. Tra l’altro, non una persona camminava sul marciapiede, nessuna macchina percorreva il viale. Tutto era deserto, silenzioso, persino il vento non smuoveva un’aria immobile e pesante, ma carica di un’inquietante aspettativa.
  Okumi ebbe un secondo di esitazione, prima di decidere che tra i due il male minore fosse la scuola. Non pensò neppure un istante di rimanere ferma dov’era. Sentiva il bisogno di muoversi, o l’atmosfera opprimente di quel luogo che non era più la sua città l’avrebbe soffocata.
  Se entrando nell’edificio aveva irrazionalmente sperato di trovare qualcuno all’interno, rimase delusa. La scuola era del tutto vuota: i corridoi, le classi, ogni cosa là era invece proprio come la ricordava, e allo stesso tempo sembrava indubbiamente abbandonata. La ragazza non osò gridare per chiedere se ci fosse anima viva. O morta, chi poteva dirlo, ormai.
  Poi, senza alcun preavviso, Okumi sentì tutta l’aria venirle risucchiata dai polmoni. Come nel peggiore degli incubi, avvertì la tensione nell’aria spezzarsi, al pari di una corda che reggeva un peso, un peso che le crollò addosso quasi il cielo stesso fosse precipitato.
  Okumi si appoggiò al muro per non cadere a terra, artigliandosi il petto. Ma non era dolore ciò che avvertiva, ma era talmente inaspettato che il cuore sembrò gonfiarsi, quasi sul punto di esplodere. Ad ogni brivido che la scuoteva le pareva che il suo corpo dovesse andare in frantumi.
  Ma il cervello era lucido, orribilmente consapevole di tutto ciò che stava provando.
  No
  Non voglio
  Scappa

  - Non c’è niente da cui scappare. -
  Una voce che provocò in Okumi un tale shock da far sparire per un istante quella morte cosciente. Alzò la testa di scatto, verso la persona che la sovrastava.
  - Etsu...ko! -
  La sua migliore amica stava piangendo. - Oh-chan... perché sei qui? Non dovevi venire! Io non posso... - un singhiozzo spezzò le parole, ed Etsuko si afferrò le braccia in un gesto convulso - Io non posso più essere la tua speranza! -
  Ma che diamine stai dicendo?
  Cosa stava facendo impalata a piangere? Non vedeva quanto lei stesse male? Etsuko doveva...
  - Non posso! - gridò quella - Non posso! Ti prego, aiutala tu! -
  Okumi si piegò in avanti, urlando dall’angoscia che la pressava sempre più, sempre più. Come poteva non esserci una fine?
  Io non posso più essere la tua speranza!
  Etsuko…

  Ora anche Okumi piangeva, ma a malapena se ne rendeva conto.
  Se non puoi essere tu ad aiutarmi, chi può? Ti prego, ti prego, fallo smettere...
  - Io sono proprio davanti a te... -
  Due mani le presero il volto, sollevandolo. D’un tratto, si trovò specchiata in un paio occhi scuri, piegati all’ingiù, nota malinconica su un viso dolce e sereno. La donna inclinò di lato la testa, sorridendo con fare rassicurante.
  - ...sciocchina. -







































 
  Angolo Autrice
 
  Yup, adoro scrivere i cliffhanger!
  L’avevo detto che questo capitolo sarebbe stato più lungo. E soprattutto si entra subito nel vivo della storia... circa. Ho dovuto coniugare due esigenze: presentare come si deve Okumi e una parte della sua quotidianità; e il non tediarvi oltre ^^
  Uhm, sono ragionevolmente certa che ci siate un po’ rimasti sulla caratterizzazione della nostra cara protagonista. Beh, l’intento era quello. Ma non si DEVE chiarire tutto al primo capitolo, no? Non preoccupatevi, ogni cosa troverà una spiegazione e ogni personaggio avrà un degno
momentointrospezione© per dire la sua.
  Lasciate un parere, se vi va, eeeeeeeeee... linea all’Angolo del Titekubismo!
  Salutoni,
 
  Anukis




 
 
ANGOLO DEL TITEKUBISMO


          Aomura Okumi (  臆美)
Il nome Okumi è inesistente, l’ho creato fondendo il kanji 臆 “oku” che significa “essere esitanti”, con 美 “bi”, “bellezza”, tipico dei nomi femminili e letto “mi” quando parte di essi. Letteralmente, quindi: bellezza esitante.
Quanto al cognome, la particella 村 “-mura” è comune nei cognomi giapponesi, significa “villaggio”. 青  “ao”, vuol dire “blu”, ma in senso ampio, può indicare una vasta gamma di colori dal verde al grigio. Va letto in modo simbolico, in quanto il blu è in Giappone un colore indefinito, che denota indecisione e ambiguità, nonché immaturità ed inesperienza, pur mantenendo sempre una connotazione positiva.
Data di nascita: 2 Giugno.
Segno zodiacale: Gemelli.
Theme music: "A Wolf Descends Upon The Spanish Sahara" dei Fair to Midland.


          
Higashida Etsuko (東田  悦子)
Etsuko è un nome effettivamente esistente, anche se poco diffuso; letteralmente significa: “bambina gioiosa”. Nessun commento da fare a riguardo.
Il cognome è invece costituito da 東 “higashi”, “oriente” e 田“-ta/da”, “risaia”, altra comune terminazione dei cognomi. Ho associato l’est a Etsuko in quanto la direzione dal quale nasce il sole si addice bene al suo carattere estroverso e allegro.
Data di nascita: 18 Febbraio.
Segno zodiacale: Acquario.
Theme Music: "To France" di Mike Oldfield.

          

          Aomura Kei (青村  )
Kei  è un nome che può essere scritto con diversi ideogrammi, quello che ho scelto io significa “saggio”, proprio in riferimento al suo carattere maturo.
Data di nascita: 7 Maggio.
Segno zodiacale: Toro.




 
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Farai felici milioni di scrittori. (© elyxyz)
(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
   
 
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