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Autore: TwistedDreamer    27/04/2017    0 recensioni
«Cioè, fammi riassumere un attimo la situazione. Il famoso "punto" della questione è che Brian voleva solo scopare e tu ti sei innamorato?»
«Dom, perché nei tuoi riassunti io sembro sempre la ragazzina sedotta e abbandonata?»
«Perché lo sei, Matt!!! Sei una fottuta ragazzina! Come ti salta in mente di innamorarti di Brian Molko? Dopo che lui ti ha chiaramente intimato di non farlo, per di più!»
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Nel mezzo di una trafficata strada londinese, davanti a un grosso palazzo, si staglia un grosso autobus nero con i finestrini completamente oscurati, attirando parecchi sguardi incuriositi. Il portellone è aperto, ma non c'è nessuno lì intorno.
Finalmente, una figura completamente vestita di nero, con un paio di occhiali scuri, esce dal cancello del palazzo trascinando una grossa valigia e un bambino minuto che fatica a tenergli dietro.
Brian Molko deposita la valigia nel portabagagli dell'autobus e poi entra per fare accomodare il bambino, prima di tornare in casa a prendere un'altra valigia.
Nella zona giorno del tour bus, Steve Forrest sta pescando un cornetto da un grosso sacchetto, mentre Stefan Olsdal sorseggia un caffè, tutto compìto.
Finito di caricare le valigie, Brian fa il suo ingresso in quella che per i prossimi mesi sarà la loro casa, proprio mentre Steve sta passando un muffin a Cody.
‐ Buongiorno, ciurma! ‐ esclama, con un largo sorriso.
Stefan gli lancia un'occhiata breve e fredda da sopra la sua tazza di caffè, mentre Cody alza in aria un pugno e trilla: «Buongiorno, Capitano!»
Il cantante lancia la sua borsa a tracolla sul divanetto e si avvicina al suo migliore amico, posandogli una mano sui capelli e carezzandoglieli lievemente.
«Dai, mammina, non fare così. Lo sai che a volte viene il ciclo anche a me…»
«Molko, non migliori la tua posizione.»
«Sicuro?» gli chiede, sedendosi sulle sue gambe, passandogli un braccio intorno al collo e guardandolo con un gran sventolare di ciglia truccate. «Non ci sentiamo da giorni e io avrei tanto bisogno di parlare con te, di esprimere quello che provo...» fa, simulando un lamento, mettendo una mano sul cuore e assumendo un’aria tragica.
Stefan continua a rimanere impassibile, tentando di ignorare Brian più che può, compatibilmente col fatto che questi gli si è seduto in braccio.
«Steeeef?»
Cody e Steve li guardano in silenzio, in attesa.
«E dai, Stef!» riprende Brian, cominciando a strusciare la testa sul collo del bassista, avanti e indietro, come un gatto.
Bambino e batterista scoppiano a ridere fragorosamente, finché Stefan strilla: «Va bene, va bene. Ti parlo. Ora scendi e fammi bere il mio caffè in pace.»
«Grazie!» esclama Brian, schioccandogli un bacio sonoro sulla guancia e alzandosi in piedi. «Ora possiamo partire!» grida all'autista.
«Papà, si dice "salpare"!»

***
 
15 febbraio.
«Non è possibile, mi perseguiti anche al supermercato!»
Matt si voltò. Brian gli sorrideva ironico, tra una cassetta di mele e una di arance. Era bello anche alla luce dei neon mentre faceva la spesa, constatò. Non era truccato e i soliti vestiti neri erano stati rimpiazzati da un paio di jeans e un cappotto grigio, ma aveva un'aria rilassata che gli donava parecchio.
«Possibile che debba incontrarti ovunque?» riprese Brian, sempre sorridendo e avvicinandosi a Matt per afferrare una lattina di ananas sciroppato dietro di lui. Non era più il sarcasmo dei primi giorni, quello amaro e ostile che gli aveva sempre riservato. Questo, piuttosto, era un modo di scherzare diverso, che sembrava tirato fuori appositamente per lui.
Sorrise di rimando.
«Sai com'è, Molko… se questo è il supermercato più vicino a casa tua è anche quello più vicino a casa mia!»
«Mi copi la casa, mi copi il supermercato, mi copi l'orario per andare a fare la spesa… presto comincerai a copiare anche le mie canzoni! Ah, no, scusa… quello lo fai già!» lo rimbeccò l'altro ridendo apertamente, mentre cominciava a spingere il carrello tra gli scaffali piantandolo lì. Matt rimase un attimo interdetto, poi si mosse per seguirlo.
«Come scusa? Io copierei te?» sbottò scandalizzato, contro la schiena di Brian che si allontanava. Matt accelerò il passo per stargli dietro.
«Oh, tranquillo.» rispose l’altro, agitando una mano all’indietro, con noncuranza, «So che non lo ammetterai mai, facciamo finta che io non ti abbia smascherato!»
«Brian!» tuonò.
Un paio di persone li osservarono, curiose, mentre Brian si girava e lo fulminava con lo sguardo.
«Bellamy, potresti evitare di farci notare da tutto il vicinato, cortesemente?»
Il tono scherzoso con cui aveva parlato fino a quel momento era improvvisamente scomparso. Matt sorrise imbarazzato, tentando di ignorare il sudore ghiacciato che si era istantaneamente formato sulla sua spina dorsale, e si avvicinò.
«Scusa.»
«Beh, ci vediamo.» lo liquidò l'altro, voltandosi e riprendendo a camminare.
Mentre guardava la sua schiena allontanarsi, Matt si diede mentalmente dell'idiota. Lo osservò svoltare a sinistra, nel reparto surgelati, e decise in un lampo di fare dietrofront e andare a destra, per arrivare a trovarglisi di fronte.
Brian lo guardò sconcertato.
«Che fai stasera?»
Le parole gli erano uscite di bocca prima di passare attraverso il cervello, evidentemente. Lo sguardo di Brian si assottigliò.
«Che ti interessa?»
«È un modo criptico per evitare di dirmi che non hai niente da fare?»
«Ma perché rispondi a una domanda con un'altra domanda?»
«E perché, tu che stai facendo?»
«Ciao Bellamy, torno a fare la spesa.»
Brian si piegò per afferrare dal grosso freezer un sacchetto di fragole surgelate, le ripose nel carrello e si allontanò. Matt lo seguì.
«Non dovresti comprare certe schifezze, lo sai? Fanno male.»
Con uno sbuffo esasperato, l'altro gli rispose: «Ma la vuoi finire?»
Matt lo ignorò.
«E poi le fragole surgelate perdono il loro potere afrodisiaco.» disse con aria saccente.

*
 
«Matt!»
«Che c'è?»
«Ma tu lo stavi praticamente molestando!»
«No. Il fatto è che volevo restare a parlare con lui, ma cercava in tutti i modi di andarsene e quindi dicevo le prime cose che mi passavano per la testa solo per trattenerlo.»
«E ha funzionato?»
«Mmh più o meno. Abbiamo continuato così per un po', finché lui è arrivato alla cassa per pagare e siamo stati separati da cause di forza maggiore.»
«Cioè?»
«Lui aveva finito di fare la spesa e il mio carrello era pressoché vuoto…»
«Ah…»
«…»
«Matt, seriamente… ora posso farti una domanda?»
«Dimmi.» fa quello, rassegnato.
«Ma tu te lo volevi scopare?»
Matt sospira.
«In realtà ci ho pensato davvero per la prima volta quella sera. Quando sono tornato a casa ho avuto tutto il tempo di riflettere sulle cazzate che gli avevo detto spontaneamente e sull'effetto che mi faceva la sua presenza. Volevo stare con lui; quando se ne andava, mi sembrava che avessimo avuto poco tempo per parlare, per conoscerci. Mi ero fermato fin troppe volte a guardarlo imbambolato, a pensare che fosse attraente. Lo trovavo bello, mi interessava, mi intrigava e allora, una volta solo a casa, ho deciso di mettere a fuoco bene tutto quello che avevo dentro e sono riuscito ad ammettere che mi sentivo attratto da lui. Ho provato ad andare più a fondo, ho pensato di baciarlo e l'idea non mi dispiaceva affatto. Poi sono andato oltre e ho stabilito che, in fondo, il pensiero di andare a letto con lui mi intrigava.»
Matt tace, sondando l'espressione dell'amico, che però è immobile e impassibile.
«Non hai niente da dire, a riguardo?» indaga alla fine.
«No, Matt. È da quando hai iniziato a parlare che aspettavo che arrivassi a questo punto. Quindi poi che è successo?»
«Sono andato a casa sua, ovviamente.»

 
*

Brian aprì la porta con un'espressione costernata e Matt cercò di tirare fuori il sorriso più sfacciato possibile.
«Ho voglia di fragole.» disse, intrufolandosi in casa.
«Fammi capire: dopo avermi rotto le palle per mezz'ora elencandomi tutti i modi orribili in cui potrei morire se mangiassi le dannate fragole surgelate, ti presenti qui dicendomi che ne hai voglia?»
«Sai, ho pensato che, evitandoti di mangiarle tutte, avrei potuto salvarti la vita.»
«Bellamy, tu sei folle!»
«Non sei il primo a dirmelo.» rispose con noncuranza.
Matt si addentrò nell'appartamento, guardandosi intorno, aggiungendo piccoli tasselli a quel puzzle che Brian Molko era diventato nella sua mente. Era tutto così ordinato che sembrava maniacale, ma poi spuntava qualcosa della sua vera personalità, come una coperta lasciata sul divano e degli spartiti sparsi sul tavolino, che davano alla stanza un aspetto vissuto.
Sentì il padrone di casa sospirare dietro di lui e interrompere così il suo esame silenzioso.
«Matthew, seriamente. Che ci fai qui?»
Si girò a guardarlo. Brian sembrava completamente spaesato e quell'espressione non si addiceva assolutamente al suo personaggio.
«Ho fame.» gli rispose semplicemente «Mi inviti a cena?»
Un silenzio strano calò fra di loro, mentre il sole tramontava fuori dalla finestra. Restarono a studiarsi a lungo, Matt non avrebbe saputo dire per quanto tempo, né cosa infine indusse Brian ad alzare le braccia in segno di resa e a dire: «E va bene. Resta.»
Un largo sorriso si delineò sul suo volto, incassando la piccola vittoria mentre seguiva Brian in cucina.
«Il tuo arredamento è molto… maschile.» osservò, dopo essersi guardato intorno, quasi sorpreso.
L'altro lo guardò con un sopracciglio inarcato.
«Sto cercando di decidere se prendere quest'affermazione come un insulto o un complimento.»
«Non era né l'uno né l'altro. Pensavo che avessi gusti diversi, ecco.»
«Unicorni rosa?» lo provocò Brian.
Matt ridacchiò, continuando a perlustrare la stanza e i suoi mobili interamente laccati di bianco, toccando qualcosa qua e là.
«No, semplicemente qualcosa di più "caldo".»
Si girò a guardarlo e notò che quell'ultima frase aveva intaccato l'ennesima barriera di Brian, che ora lo ricambiava con un'espressione sorpresa.
«Che c'è?» gli chiese.
«Niente.» rispose quello, scrollando le spalle e distogliendo lo sguardo. «Sei molto attento.» constatò poi.
«Solo alle cose che mi interessano.» rispose Matt con un mezzo sorriso.
Ricevette in risposta un'occhiata turbata, dopodiché vide Brian afferrare il pacchetto di sigarette dalla penisola e uscire sul balcone. Lo raggiunse in tempo per vederlo, sigaretta poggiata mollemente tra le labbra, tirare fuori uno zippo dalla tasca dei jeans e farlo scattare per accendere. Era un accendino particolare, creato appositamente per lui, con una Fender Jaguar rossa incisa sopra.
«Non ci credo!» esclamò Matt, quasi deluso «Hai l'accendino con una chitarra sopra? È un tale cliché…»
«Questa non è una chitarra. Questa è la mia chitarra, vedi?» gli chiese, avvicinandogli l'accendino per permettergli di scorgere una piccola scritta nera che diceva "Bitch".
«Credo che sia ancora peggio… che delusione!» ridacchiò.
Brian aspirò dalla sigaretta e rivolse lo sguardo ai tetti londinesi, mormorando con un mezzo sorriso: «Cercherò di farmene una ragione, Bellamy.»
«Me ne offri una?» chiese Matt, dopo un po', tanto per dire qualcosa e per avere una scusa per staccare gli occhi dalla mano che teneva l'accendino.
L'altro accennò con la testa al pacchetto poggiato sul parapetto, come a dirgli di servirsi e lui si portò una sigaretta alle labbra. Brian fece scattare di nuovo lo zippo per permettergli di accendere e Matt gli si avvicinò con la testa, assecondandolo. Aspirò una boccata di fumo, mentre l'altro ritirava il braccio.
Svelto, Matt si sporse in avanti e afferrò l'accendino. Brian, per reazione istintiva, lo strinse più forte e cominciò a tirare.
«Bellamy, che cazzo fai? Lascialo subito!»
«Regalamelo.» rispose semplicemente.
«Non se ne parla proprio, è il mio preferito.» lo rimbeccò l'altro, continuando a cercare di liberarsi dalla presa di Matt.
«Dai, te ne compro uno più bello.» provò quello.
«Mollalo!» insistette Brian.
Per tutta risposta, Matt tirò più forte e, improvvisamente, si sbilanciò all'indietro tanto da dover fare due passi per non perdere del tutto l'equilibrio e cadere. Aveva in mano l'accendino. Lo guardò incredulo per un momento, perché non avrebbe mai pensato di riuscire a strapparglielo così facilmente. Per un momento ebbe il sospetto che Brian avesse ceduto volontariamente e lo sondò con lo sguardo per averne conferma. Il volto dell'altro era indecifrabile, come se pensieri opposti lo attraversassero in un susseguirsi caotico: rabbia, divertimento, rassegnazione, curiosità, dispetto… malizia?
«Idiota.» mormorò Brian, espirando una boccata di fumo e distogliendo lo sguardo, puntandolo sui palazzi londinesi, mentre con un sorriso soddisfatto Matt riponeva il pegno nella tasca posteriore dei suoi jeans e dava un altro tiro alla sigaretta.

 
***

Brian è seduto all'ombra di un enorme albero e guarda in lontananza suo figlio giocare a pallone con Steve e Nick. Il cellulare vibra nella sua tasca per una chiamata in arrivo, lui controlla il nome sul display e ripone il telefono in tasca, senza rispondere. Sarà la terza chiamata nel giro di due ore, gli sembra impossibile che Matt persista ancora.
Sente dei passi in avvicinamento, ma non ha bisogno di girarsi per controllare chi sia. Quando il rumore cessa, proprio accanto a lui, sospira ed esordisce con: «A volte mi sento davvero… anziano
Stefan scoppia a ridere e si lascia cadere sull'erba, poggiando la schiena al tronco dell'albero.
«Brian, tu non giocavi a pallone neanche quando eri giovane
«No, hai ragione.»  gli concede «Ero troppo occupato a giocare con altri tipi di palle.» ridacchia.
Stefan lo guarda di traverso.
«Certo, come se ora tu abbia intrapreso improvvisamente la via della castità.»
Il cantante scrolla le spalle, sperando di far cadere l'argomento.
«Prima o poi dovrai raccontarmi che è successo, lo sai, vero?»
Brian afferra un filo d'erba e lo divelle dal terreno. Fa la stessa cosa con un secondo e poi con un terzo.
«Non credo che ci sia qualcosa da raccontare.» risponde, infine.
«Mi pare di capire che non sarà questo il momento in cui lo farai.» prosegue il bassista, serenamente rassegnato. L'altro ridacchia e tira fuori le sigarette. Ne sfila una dal pacchetto insieme ad un anonimo accendino arancione.
«Che fine ha fatto il tuo zippo?» chiede Stefan, quasi scandalizzato.
«L'ho buttato.»
***
 
«Brian, dovevi metterci la cipolla, prima!»
Matt si sporse ad osservare con aria critica i funghi che giacevano soli soletti nella padella e si vide fulminare da uno sguardo indispettito.
«Bellamy, non so che dirti. La prossima volta che ti autoinviti a cena da qualcuno, assicurati che questo qualcuno sappia cucinare.»
«Spostati.» disse, imperativo, spingendolo di lato e prendendogli il coltello dalle mani.
Tolse i funghi dal fuoco, affettò la cipolla e la mise a soffriggere in un'altra padella. Brian lo guardava scettico e lui sogghignò.
«Se non sai cucinare una cosa elementare come un risotto, non oso immaginare come te la cavi col resto!» lo schernì.
«Io non so cucinare niente che vada oltre un caffè.» ammise quello, tranquillo.
«Questo dovrebbe farti smettere di lamentarti del mio autoinvito e, invece, farti cominciare a ringraziare la tua buona stella che stasera ti ha dato l'opportunità di mangiare come si deve». Brian alzò lo sguardo al cielo e si allontanò dal piano cottura; Matt, attento a mettere i funghi sul fuoco al momento giusto, non poteva vedere dove fosse andato, ma lo sentì ritorcere ironico: «Oh, hai ragione. Non so come ho fatto prima di incontrare te, Bellamy. Sposami! Anzi, meglio, ti assumo come cuoco personale!»
Qualche secondo dopo si diffuse nell'aria una musica delicata e accattivante. Matt non riusciva a capire di chi fosse, ma gli piaceva; si curò di non darlo a vedere, perché cadere in una conversazione con Brian che si pavoneggiava per propri gusti musicali e che si vantava di insegnargli qualcosa non era proprio in cima alle sue priorità.
«Sarei tentato di accettare l'offerta, ma ho già un lavoro.» gli rispose sorridendo.
Brian tornò ad avvicinarglisi e aprì lo sportello accanto ai fornelli per prendere due piatti.
«Ma pensaci! Oltre a fare un favore a me, faresti un favore al resto dell'umanità evitando di produrre inquinamento acustico!» ribatté tutto serio, mentre tornava verso il tavolo.
Matt si girò, una mano sul fianco, l'altra intenta a mescolare il risotto; il padrone di casa gli dava le spalle, tutto intento ad apparecchiare.
«Brian… ma tu davvero credi che io non sappia che di là, da qualche parte, hai tutti i nostri album? E che stai morendo dalla voglia di farmi autografare Origin Of Symmetry?»
La risata sarcastica dell'altro si unì allo sfrigolio del risotto che chiedeva altra acqua e alla musica, che ora era diventata più incalzante.
«Mi hai scoperto, Matt. Vi ho seguiti in tour per anni, perché non riesco a stare lontano dalla tua musica.»
«Piuttosto, ammetti che non riesci a stare lontano da me.» lo corresse, sorridendo, ilare, a se stesso e ai fornelli.
«Guarda che sei tu quello che ci sta provando.» si sentì rimbeccare.
Ammetterlo avrebbe comportato una dose di coraggio eccessiva anche per uno che era entrato volontariamente nella tana del leone. Negarlo, d'altra parte, avrebbe richiesto una notevole dose di falsità e di impegno. Convincere di una bugia un maestro delle bugie…
«Io non ci sto provando.» disse infine, debolmente.
Brian si riavvicinò al piano cottura e si fermò un attimo a guardarlo, con due bicchieri a mezz'aria. Matt evitò accuratamente di incrociare il suo sguardo, fingendosi concentrato sulla pentola, ma sentì un calore familiare irradiarsi sulle sue gote. Percepì, più che vedere, un sorriso trionfante distendersi sul viso di Brian, che scrollò le spalle e tornò a dirigersi verso il piano dell'isola.
«Va bene, Bellamy. Facciamo finta che sia così.»
Il riso era pronto. Spense il fuoco e fece fare al mestolo un ultimo giro della pentola, per tenere le mani occupate e avere una scusa per non girarsi. Brian stava reagendo decisamente meglio di quanto si fosse aspettato. Non lo incoraggiava, forse, ma di certo non lo scoraggiava e questo, per essere lui, era già tanto.
Matt afferrò un sottopentola e portò il risotto sull'isola, dove Brian aveva già preso posto. In silenzio, lo divise tra i due piatti e poi si sedette anche lui.
«Vorresti che ci provassi?» chiese, sorridendo apertamente.
Brian lo guardò perplesso, lasciando la forchetta a metà strada tra il piatto e la sua bocca.
«Ma tu ti ascolti, quando parli?»
«Perché non rispondi?» lo rimbeccò, affilando lo sguardo.
«Perché non c'è niente da rispondere.» sembrava quasi esasperato.
«Ho avuto la mia risposta.» gongolò Matt, prestando ora piena attenzione al suo piatto.
«Ho il terrore di scoprire cosa accidenti credi di aver scoperto.» borbottò l'altro.
Matt sospirò. Quella cena non poteva continuare senza neanche un goccio di vino. Lo comunicò al padrone di casa che, per tutta risposta, si alzò per prendere una bottiglia di Cabernet Sauvignon. Brian gli porse la bottiglia insieme ad un cavatappi e lui prese un coltello per aiutarsi a togliere la pellicola che ricopriva il tappo.
L'operazione richiedeva tutta l'attenzione dei suoi occhi e lui si sentì abbastanza tranquillo da continuare il discorso di prima.
«Ricordi quando avevi paura che ti vivisezionassi?»
«Matt, posa il coltello, mi metti ansia.»
«Cretino.» gli disse ridendo, ma lo mise comunque giù.
«Grazie.»
«Comunque avevi ragione, stavo cercando di capire» proseguì, mentre si versava una generosa dose di vino, evitando di offrirlo a Brian «se sei davvero il rompicoglioni che fingi di essere.»
Brian inarcò un sopracciglio con aria di sufficienza e Matt aggiunse: «Per tua informazione, ho capito che non lo sei. È solo che ogni tanto ti accorgi che stai quasi per instaurare un rapporto normale e allora tiri fuori una maschera o costruisci un muro. O dai risposte vuote, come poco fa.»
«Bellamy, a te piace troppo la psicanalisi. Torna a mangiare, che è meglio.»

 
*

«Matt, ma sei scemo? Perché hai fatto un passo indietro?»
«Non so, Dom. Ho avuto un momento di panico. Lui sembrava così… indifferente.»
«Vuoi dire che era immune al fascino dei Bellamy? Sono sconvolto.»
«Cretino!» ride Matt «Col senno di poi, non credo affatto che fosse immune. Però, in quel momento, sì, lo sembrava.»
«E quindi poi che è successo?»
«Ho deciso di rallentare un attimo, di farlo rilassare per poi prenderlo in contropiede. Abbiamo cominciato a parlare di tutt'altro e per il resto della cena è filato tutto liscio.»
«E alla fine della cena?»
«Beh, alla fine lui ha preso le fragole…»

***
 
Brian si sveglia nella penombra della zona notte del tour bus. Sente la strada scorrere sotto le ruote e si chiede vagamente che ore siano. È quasi sicuro che sia pomeriggio. Scosta faticosamente la tendina e barcolla verso la zona giorno alla ricerca di un caffè.
Al di fuori dal riparo oscuro delle cuccette, la luce lo colpisce fastidiosamente e lui strizza le palpebre, infastidito.
Distingue alle estremità del suo campo visivo le figure di suo figlio e del suo batterista seduti a tavolino e chini su un'iPad.
«… e qui è quando gli insegnavo a dare la zampa.» sta dicendo Cody mentre col ditino sfoglia le immagini nella galleria del dispositivo.
Brian li ignora e si dirige verso la macchina per l'espresso, tentando di concentrarsi solo sui gesti meccanici che deve compiere e sui rumori del liquido scuro che cade nella tazza.
Tutto ciò, però, non vale a distrarlo dalla conversazione che va avanti alle sue spalle.
«Bravo! È così piccolo e già ha imparato tutte queste cose?»
«Nooo. Ora non è piccolo, è cresciuto. Qui era proprio all'inizio.»
«Ma da quant'è che l'avete preso?»
«Non è che l'abbiamo proprio preso. È di Matt. Lui l'ha salvato.» sente replicare al bambino, con una voce orgogliosa che gli scatena una fitta di gelosia.
Decide di intromettersi: «Beh, non ha fatto proprio tutto lui. Senza di noi non sarebbe mai riuscito a salvarlo.» ricordò al figlio.
«Sì, vero!» esclama Cody. Poi, rivolgendosi al batterista: «Papà ha dovuto prenderlo in braccio!»
Steve inarca un sopracciglio, confuso. «Il cane?»
«Ma no!» ride Cody, «Matt!»
«Ah, ma quindi Matt è un bambino?»
«No! È grande…»
Il biondo esplode in una fragorosa risata.
«Brian, vorresti dirmi che sei in grado di sollevare un uomo adulto?»
Brian ingolla un sorso di caffè bollente, imprecando mentalmente quando il calore gli invade l'esofago, e risponde piccato: «Sul fatto che Bellamy sia adulto avrei qualche obiezione.»
«Bellamy?» ripete Steve, a quel punto davvero shockato. «Mi stai dicendo che il co‐padrone del cane, insieme a tuo figlio, è il cantante dei Muse?»

***

Matt pescò una fragola dalla coppetta al centro del tavolo e cominciò a studiarla con aria critica. Era grande, rossa, lucida, perfetta. Continuò a rigirarla tra le lunghe dita, cercando di trovarle qualche difetto, qualche imperfezione, qualcosa che indicasse il suo essere naturale e non l'essere un perfetto prodotto artificiale.
Sentiva lo sguardo di Brian su di sé.
«Guarda che non le spunteranno gli artigli…»
«Magari le spuntassero…» borbottò.
Gli occhi verdi lo fissavano perplessi.
«Che c'è?»
«Non ti faccio notare le tue stranezze solo perché, a lungo andare, risulterei ripetitivo.»
Matt gli sventolò la fragola sotto il naso.
«Guardala!»
«La vedo.»
«È perfetta!»
«E quindi? Mangiala!»
«Non è naturale. Non mi piace.»
«Bellamy, capisco che tu debba per forza di cose aver imparato ad apprezzare le cose asimmetriche…»
«Certo.» lo interruppe, «La simmetria è troppo banale e artefatta. Tra l'altro, in questo caso specifico, sto tentando di capire quanti e quali trattamenti possa aver subito questa fragola per venir fuori così.»
Brian sbuffò, alzando gli occhi al cielo; allungò un braccio, gli prese la fragola dalle mani e la addentò.
«Ehi!» esclamò Matt, oltraggiato.
«Ti fai troppi problemi.» gli disse Brian a bocca piena, masticando soddisfatto. L'angolo sinistro della bocca tratteneva una goccia di succo rosso, che lui si affrettò a tergere con la lingua prima che decidesse di colargli sul mento. «Chiudi gli occhi e mangia.» gli intimò, porgendogli il resto del frutto.
L’aria intorno a loro si caricò improvvisamente di una tensione che sembrava ormai dimenticata. Matt rimase un attimo interdetto a fissare alternativamente Brian e la sua mano, poi socchiuse gli occhi con aria diffidente, si sporse sul tavolo e mangiò il resto del frutto che l'altro teneva tra le dita. Registrò con una piccola parte della mente che la fragola effettivamente era dolcissima, mentre, ancora stupito da quell'atteggiamento, guardava Brian pulirsi le mani con aria soddisfatta.
«È buona, vero?» si sentì chiedere.
La tensione si dileguò con la stessa velocità con cui si era creata, tanto che Matt ebbe la vaga impressione che fosse stato tutto frutto della sua immaginazione. Si riscosse in fretta e borbottò un assenso.
«Questo non vuol dire, però, che io abbia cambiato idea. Siamo a febbraio, siamo in Inghilterra e quella fragola era surgelata. La sua dolcezza è solo l'ennesima prova dei processi chimici a cui è stata sottoposta.»
«Matt, la vita è una sola. Se dovessimo preoccuparsi di queste cose, dovremmo smettere di mangiare del tutto e magari anche di bere. Rilassati, non morirai per una fragola.»
«Mezza.» lo corresse, «L'altra metà, me l'hai rubata tu.»
«Dovevo dimostrarti che addentarla non avrebbe scatenato uno tsunami.» gli rispose Brian, scrollando le spalle con aria innocente.
Matt si sorprese a pensare che quell'indifferenza era artefatta tanto quanto la fragola. Brian non l'avrebbe mai… imboccato. Con una fragola già morsa, per giunta. Non l'avrebbe mai fatto, a meno che non avesse deciso di cedere.
Cedere a un corteggiamento pressoché inesistente, peraltro.
Lo osservò alzarsi e cominciare a sparecchiare e non sopportò di rimanere seduto, per cui lo imitò e fece per aiutarlo, ma Brian intervenne: «Lascia stare, faccio io.»
«Come vuoi.» gli rispose, incrociando braccia e poggiandosi all’indietro contro la penisola. Il ripiano era proprio al livello delle tasche posteriori dei suoi pantaloni e lui avvertì la durezza dell’accendino di Brian che riposava lì, al sicuro.
Mentre il padrone di casa si affaccendava per sistemare i piatti in lavastoviglie, Matt continuava a rimuginare.
«Bellamy, che ti succede?» si sentì apostrofare a un certo punto
«Niente, perché?»
«Non stai mai zitto per più di trenta secondi di seguito, stavo cominciando a pensare che quella fragola ti avesse fatto male veramente.»
«Ah ah.» mimò.
Brian si sciacquò le mani e, dopo averle asciugate su uno strofinaccio, afferrò il pacchetto di sigarette accanto al frigorifero e ne pescò una. Poggiò la schiena al lavello e si ritrovarono a fronteggiarsi.
«Che c'è, Brian? Il silenzio ti imbarazza?» lo provocò, con un sorriso sarcastico.
«Affatto, Bellamy. Stavo effettivamente godendomelo, quando mi sono reso conto che, forse, la tua assenza di sproloquio avrebbe potuto essere preoccupante.»
Brian si rigirava la sigaretta tra le dita, distratto, ma non distoglieva lo sguardo da lui. Matt sentiva che era giunto il momento di tornare all'attacco, di provocarlo, di capire.
«Vuol dire che ti preoccupi per me?»
«In realtà per me stesso.» precisò, «Ho paura di sapere a cosa stessi pensando.»
«Se vuoi te lo dico.» sorrise Matt.
«No, grazie.» rispose Brian, cauto «Se non l'hai fatto finora vuol dire che è meglio che io non lo…»
«Stavo cercando di capire il tuo comportamento a cena.» lo interruppe.
«… ma immagino che me lo dirai lo stesso.» concluse l'altro. Poi sospirò e proseguì: «So che mi pentirò di avertelo chiesto, ma che comportamento?»
Quell'indifferenza era quasi un insulto.
«La fragola.» sputò fuori.
«Ah, quella…» sorrise Brian. Quel sorriso aveva un che di malizioso, gli occhi verdi sembravano nascondere un che di perverso e Matt sentì un brivido corrergli lungo la spina dorsale. Sentiva di essere sempre più vicino al cuore del discorso e che, questa volta, l'altro non avrebbe potuto tirarsi indietro.
Sperò che non avrebbe voluto, neanche.
«Quella.» confermò, inchiodandolo con lo sguardo.
Brian incastrò la sigaretta fra indice e medio della mano destra.
«Beh, mi sembra chiaro che tu voglia giocare, quindi perché non farlo?»
Parlava gesticolando con quella sigaretta ancora spenta e il polso molle che conferiva ai movimenti della mano una grazia innaturale. Matt si perse ad osservarla e per un attimo immaginò di averla addosso.
Si riscosse subito.
«Cosa vuoi dire?» gli chiese.
«Esattamente quello che credi.»
«Vuoi… giocare?» tentennò.
«Ho pensato che non sarebbe male, sì. Dobbiamo continuare ad analizzare tutto, Dawson?»
Il riferimento al teen-drama era troppo, ma Matt dovette ammettere che sembrava fin troppo azzeccato.
«No, no…» mormorò imbarazzato, distogliendo lo sguardo e sorridendo debolmente al pavimento.
La voce di Brian si fece più bassa e più profonda: «Tu vuoi giocare, Matthew?»
Riportò lo sguardo in quegli occhi verdi e si trovò improvvisamente intrappolato.
Gli occhi sembravano più grandi e dopo un attimo si accorse che probabilmente Brian aveva fatto un passo avanti. Sentì la gola riarsa e il battito cardiaco accelerare.
«Io… credo di sì.»
«Credo è un po' poco.» disse Brian avvicinandosi ancora, sempre guardandolo negli occhi.
Quello sguardo era in grado di fargli dimenticare che esistesse un mondo oltre quegli occhi. Improvvisamente, tutto ciò che vedeva era verde.
Sentì la mano di Brian, quella che reggeva la sigaretta ancora spenta, posarsi sul suo torace, mentre vedeva lo spazio tra i loro visi ridursi drasticamente.
«Voglio giocare.» sussurrò, quasi a corto di fiato. Per un folle istante pensò di aver parlato con l'aria che Brian aveva esalato, e avrebbe anche potuto essere vero.
Sentì una mano insinuarsi nella tasca posteriore dei suoi jeans, e percepì una sensazione di vittoria accompagnarsi all'eccitazione crescente.
«Stai attento a quello che desideri.» gli mormorò Brian a fior di labbra, «Consideralo il mio unico avvertimento.»
E, in un attimo, sfilò la mano dalla sua tasca e si allontanò.
Per Matt, fu come ricevere una doccia gelata in una giornata di caldo torrido e non poté arginare il respiro profondo e spontaneo che i suoi polmoni gli imposero di prendere, come se volessero appropriarsi di tutto l'ossigeno rimasto nella stanza. Come se avessero dovuto sopportare un'apnea ai limiti della sopravvivenza.
Brian gli aveva dato le spalle e, sbirciando oltre la sua spalla, intravide la luce riflettersi su una superficie argentea e poi un lampo di rosso. L'accendino, che fino a qualche secondo prima giaceva indisturbato nella sua tasca, ora era tra le mani di Brian.
Che troia.
Lo vide girarsi e soffiare via verso l'alto il fumo della sigaretta appena accesa, con un sorriso sornione, e tutto quello che riuscì a pensare fu: "Non te la caverai così facilmente."
Il braccio che teneva la sigaretta era un po' discosto dal resto del corpo; Matt lo afferrò, lo trasse a sé e incollò le labbra alle sue.






Doverosi credits: tutta la faccenda dell'accendino non è interamente farina del mio sacco... quello che ho fatto io è stato rimescolare nella mia testa e "mollamyzzare" un'ode di Orazio (libro I, ode 9) e una scena di una delle mie puntate preferite di Buffy (6x11).
  
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