Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Penny83    27/04/2017    2 recensioni
C’erano giorni in cui avrebbe voluto raggiungerlo, lassù nella torre dove si era asserragliato, ma le sembrava così inaccessibile, tanto più maturo e complicato di lei, da metterle soggezione. Se provava a guardarsi con gli occhi di Jon non vedeva altro che la mocciosa a cui aveva insegnato ad allacciarsi le scarpe.
Così era stato fino a quando era allunata al college. Lontana dalla presenza ingombrante dei suoi genitori – meravigliosi ma impegnativi – dalle sicure e confortevoli mura di casa e con una certa dose di libertà da gestire, Sansa aveva scoperto alcune cose su Joffrey, imparato qualcosa su se stessa ma soprattutto aveva ritrovato Jon.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Alzarsi. Andare in palestra e a pranzo con Robb.
Esattamente in quest’ordine.
Studiare per il test di metà semestre e poi di nuovo in palestra.
Il trucco era seguire lo scandire della giornata. Senza deviazioni. Senza pensare a lei e provare a richiamarla.
Lo aveva fatto per anni.
Hai appena fallito i tuoi buoni propositi idiota.
Dio Santo gli mancava da morire. Non era più abituato a stare così a lungo senza sentire la sua voce, sentirla canticchiare piano o il suono della sua risata. In parte era frustrante perché averla intorno senza poterla toccare come avrebbe voluto lo lasciava ancora più scombussolato e affamato e quando se ne andava rimaneva la scia di un profumo che non si era mai sentito così vicino da afferrare.
Sansa.
Il week end era trascorso, la nuova settimana iniziata. Aveva chiamato e inviato un messaggio ma Jon l’aveva ignorata. Non aveva idea di come avesse interpretato la sua latitanza ma una sana indifferenza tra loro era piuttosto normale.
Prima. Era normale prima.
Da alcuni mesi non era più così e ancora si stupiva di come le cose fossero cambiate rapidamente. Radicalmente.
Aveva iniziato lei a cercarlo. All’inizio per piccole cose – Jon sapresti dirmi dove posso trovare i buoni per la mensa? Il rubinetto del bagno perde ancora, maledizione! – poi in situazioni decisamente più importanti.
Era stato il pensiero di doverla accompagnare a casa a trattenerlo dal dare una lezione a Joffrey quando le aveva messo le mani addosso.
Era stato premiato per la sua pazienza. Aveva avuto la possibilità di prendersi cura di lei e gli spuntava un sorriso idiota ogni volta che pensava a Sansa addormentata nel suo letto, i pugni stretti intorno alle lenzuola. I capelli sparsi sul cuscino. Adorava i suoi capelli e anche in quel momento avrebbe voluto vederli scorrere tra le dita.
L’estate precedente – in visita alla loro casa al mare – era stato sul punto di dirle tutto. Era bastato un pomeriggio in spiaggia, lo sguardo di Sansa che si allungava verso di lui e la prospettiva che dopo qualche settimana si sarebbero trovati di nuovo negli stessi spazi con il rischio di incontrarsi tutti i giorni. Di nuovo, come quando erano dei ragazzini del liceo, sarebbe rimasto in disparte a osservarla, a fremere ogni volta che Joffrey dimostrava immancabilmente di non meritarla. La sera prima di andarsene era rimasto davanti alla sua porta per un quarto d’ora, indeciso se bussare o meno ma alla fine gli era mancato il coraggio.
Poi una sera, qualche settimana più tardi, lo aveva chiamato. La voce piccola piccola.
Jon sei sveglio? Mi dispiace disturbarti… Vorrei tornare a casa e…
Sansa dove sei? Arrivo subito.
Ed era cambiato tutto.
Adesso, finalmente, dopo tanti anni Sansa era libera. Si era sbarazzata di quel pallone gonfiato che non era degno nemmeno di baciarle la suola delle scarpe. Stentava ancora a crederlo sebbene nell’ultimo periodo avesse trascorso molto più tempo con lui che non con il suo ragazzo e per quanto Jon ne fosse segretamente felice non sempre era stato semplice da gestire.
A volte addirittura impossibile. Una sera – una birra di troppo, la casa libera e un divano scandalosamente comodo – si era fermata nel bel mezzo del discorso e lo aveva guardato con un’intensità disarmante.
Sei bello Jon, lo sai?
Con la punta delle dita gli aveva sfiorato le labbra.
Sapeva di avere due possibilità in quel momento: tirarla a sé e baciarla, averla anche – era così sbagliato, non era lucida, non era libera, non era così che avrebbe voluto che andassero le cose tra loro – oppure alzarsi con una scusa e lasciar passare quel momento di follia. Aveva scelto la seconda e al suo ritorno l’aveva trovata addormentata. Non gli era rimasto altro da fare che metterla nel suo letto e rimboccarle le coperte. Forse Sansa nemmeno lo ricordava – non ne avevano mai parlato – ma non riusciva a togliersi dalla testa la nota ruvida della sua voce, il suo tocco leggero, ciò che nascondeva lo scintillio rapido nello sguardo scuro. Aveva pensato che Sansa lo volesse tanto quanto lui la desiderava e forse era vero in quel momento ma sarebbe stato così il mattino dopo? Probabilmente no e Jon aveva preferito non averne la certezza.
Poi c’erano state le sere a parlare seduti sul tappeto della sua stanza, le tazze di caffè che avevano bevuto, i pomeriggi di studio passati a osservarla quando era sicuro di non essere visto. Non si sarebbe mai stancato ma era anche doloroso perché non c’era niente che desiderasse più di lei e per quanto avesse provato a distrarsi non c’era riuscito.
Si era lasciato guidare nel letto di Ygritte, un letto appassionato e accogliente, ma non abbastanza da fargli dimenticare che era un’altra pelle che avrebbe voluto sotto le dita e un’altra bocca sopra la sua e altri respiri lenti nel suo orecchio. Non abbastanza da fargli dimenticare tutte le cose che avrebbe voluto fare con lei.
Basta.
Palestra, pranzo con Robb e test di metà semestre.
Si alzò dal letto e si diresse verso il bagno per fare una doccia. Fredda magari.
Poi il cellullare – abbandonato sul comodino –  prese a vibrare insistentemente.
«Ciao raggio di sole».
«Scommetto che ti serve un favore».
L’unica cosa che poteva spingere Robb Stark a chiamarlo alle otto del mattino era la necessità.
«Quanta malafede Snow».
«Chiamalo intuito».
«Non lo definirei un favore bensì un equo scambio di opportunità».
Jon sapeva dove l’amico sarebbe andato a parare e sapeva anche che lo avrebbe accontentato. Nonostante la tequila e le attenzioni di Ygritte non gli era sfuggito un certo riavvicinamento avvenuto al bancone del “The Wall”.
«Non vedo l’ora di conoscere tutti i vantaggi che trarrò da questo equo scambio di opportunità».
«Si tratta di vantaggi a lungo termine. I risultati arrivano per chi sa attendere, non essere impaziente».
Avrebbe potuto scrivere un trattato sui risultati ottenuti da chi aveva avuto la pazienza di attenderli. Soprattutto su come vanificarli per colpa di un pugno e due bicchieri di tequila.
«Ti serve il mio appartamento».
«Sì».
«Quando?»
«Stasera?»
«Robb… »
«Non te lo chiederei se non fosse importante… Talisa è disposta a darmi un’altra possibilità e mi occorre un luogo tranquillo per spiegarle come sono andate le cose. La mia stanza è fuori discussione».
Su questo non si poteva dargli torto. L’ultima volta che Talisa era stata nella stanza di Robb non era andata proprio alla grande.
«Va bene, va bene… Sam ha il turno di notte in ospedale e io devo studiare, lo farò nella tua stanza invece che nella mia ma ricordati che mi devi un favore».
«Portati le cuffie, Theon ha un appuntamento».
Theon aveva sempre un appuntamento.
«Fantastico».
«Grazie Jon, a buon rendere. Hai sentito Sansa?»
«No».
Il senso di colpa bussò di nuovo alle porte del suo stomaco. I motivi per cui sentirsi in colpa erano diversi e tutti fondati: essere andato a letto con Ygritte, non aver risposto al telefono, non averle detto la verità.
Joffrey è un idiota ma ha ragione.
Sono innamorato di te da sempre.
Ti voglio da così tanto tempo che mi sembra impossibile poterti avere.
«Se la senti le diresti che non ci sono per nessuno? Sono giorni che mia madre mi sta dando il tormento. Staccherò il telefono e in tutta onestà spero di riaccenderlo domani mattina».
Forse avrebbe dovuto richiamarla. Dirle di Ygritte, essere onesto. Per una volta.
«Robb, io… »
«Questa è la parte in cui ti dico te l’avevo detto? Aspetta, ho bisogno di un momento per assaporare la profondità della mia saggezza».
«Hai finito?»
«No, ho altre perle in serbo per te. So a cosa stai pensando: hai fatto una cazzata e adesso sei pentito. Vuoi un consiglio? Tienitelo per te. Prendi il telefono e invita Sansa a bere un caffè, a cena, quello che ti pare. Hai presente un appuntamento? Mia sorella non aspetta altro ma credo che la faccenda dell’amore platonico perderebbe il suo fascino se sapesse che sei stato a letto con un’altra».
«Mentire è sicuramente il modo migliore di iniziare una relazione».
«Non le starai mentendo Jon. Starai semplicemente tralasciando di riferire quello che hai fatto venerdì sera».
Non si era trattato esattamente solo di venerdì sera.
«…»
«Starai semplicemente tralasciando di riferire quello che hai fatto durante il weekend».
«Chissà cosa penserebbe Talisa di questa tua personale interpretazione della menzogna».
«Ciao Jon, ci vediamo a pranzo».
Riagganciò senza lasciargli il tempo di replicare. Seguire il consiglio di Robb era fuori discussione. Nessuno meglio di lui sapeva quanto fossero devastanti certe “omissioni” e non avrebbe fatto quel genere di errore.
Non con Sansa. Con lei ne aveva già fatti abbastanza.
«Va bene, mamma. Glielo dirò. Probabilmente starà studiando e avrà staccato il cellullare».
Sì, certo come no.
Era al telefono con sua madre da venti minuti. Catelyn aveva chiamato Robb per sapere quando sarebbero arrivati per il Ringraziamento e aveva trovato ad attenderla la segreteria. Quindi era scattato il piano B: Sansa.
Dopo averle promesso che lo avrebbe cercato di persona riagganciò. Fece il numero del fratello ma senza successo. Ancora la segreteria. Doveva trovarlo prima che mamma chiamasse la polizia per accertarsi che il primogenito fosse ancora vivo.
Raccolse i capelli in una coda frettolosa e indossò il parka sopra la tenuta che usava in casa durante le serate di studio: leggins e maxi maglia. Si trattava di una passeggiata di pochi minuti – l’appartamento di Margery non era lontano dal campus – ma si pentì di non aver indossato qualcosa di più pesante. L’aria era gelida.
Quando passò sotto l’appartamento di Jon non poté fare a meno di gettare un’occhiata in direzione delle sue finestre ma dall’interno non vide provenire nessuna luce. Forse era uscito.
Con chi? Con la biondissima della festa?
Scacciò in fretta il pensiero. Non erano affari suoi con chi usciva Jon Snow. Dalla festa della Phi Delta Tau era sparito nel nulla. Quando voleva era bravissimo a non farsi trovare. Sansa gli aveva mandato un messaggio e aveva provato a chiamarlo. Non pervenuto.
Attraversò in fretta il parco in direzione del dormitorio dei ragazzi. Salì al secondo piano, armandosi di tutta la pazienza in suo possesso e bussò decisa alla porta del fratello. Nessuna risposta. Bussò con più energia.
Dove si era cacciato quell’idiota?
«Robb smetti di fare il cretino e apri la porta. La mamma è preoccupata, dovresti chiamarla».
Stava per bussare di nuovo quando la porta si aprì.
Jon.
Maglietta nera, manica corta, braccia scoperte.
Portava gli occhiali da vista e aveva legato i capelli.
Sansa dischiuse le labbra per la sorpresa e lo stupore. Le farfalle si librarono in volo.
Erano tantissime.
Oh Santo Cielo Sansa Stark! A quanto pare volete tutti e due la stessa cosa…
«CiaoscusacercavoRobbc’è?»
Era sicura di essere arrossita e di aver parlato troppo veloce. Cosa cavolo le stava succedendo?
«Sansa… Ciao».
Si scostò per lasciarla passare e si maledisse per essere stata così pigra da non cambiarsi o aver dato almeno una spazzolata ai capelli. Sentì il suo sguardo scivolarle addosso ma quando alzò gli occhi per incontrarlo Jon stava già fissando il pavimento.
Nella stanza il caldo era opprimente e tolse la giacca. Avrebbe voluto buttarla sul letto ma era ingombro di libri. Stava studiando? Perché lo faceva in camera di Robb e non a casa sua?
«A tuo fratello serviva una casa libera».
Almeno aveva risposto a una delle centomila domande in sospeso tra loro. Sansa alzò gli occhi al cielo poi ricordò che anche Margery era uscita per un appuntamento.
«May?»
Non riuscì a reprimere una smorfia e Jon sorrise. Si era allontanato da lei, lo sguardo sempre basso e le braccia incrociate sul petto. Si era appoggiato alla scrivania con l’intenzione di assumere un’aria disinvolta ma Sansa percepiva una certa tensione in lui ed era insolito.
Era a causa di quello che aveva detto Joffrey? Dopo la festa della Phi Delta Tau si era chiesta spesso se continuare a far finta di niente o, al contrario, prendere il toro per le corna.
Non era riuscita a trovare una risposta soddisfacente.
La verità era che non riusciva a pensare ad altro e moriva dalla voglia di capire se per Jon era lo stesso. Se Joffrey aveva detto la verità.
Sono anni che vuole farlo.
«No, no… Pare che Talisa sia disposta a dargli un’altra possibilità».
«Una ragazza davvero coraggiosa».
Gli auricolari gli pendevano intorno al collo. Ascoltava spesso la musica mentre studiava e Sansa si era sempre chiesta come facesse. Lei aveva bisogno della massima concentrazione. Cosa che in quel momento le mancava nella maniera più assoluta. Sarebbe stato meglio se Jon avesse indossato una felpa e lei un paio di pantaloni. Si sentiva esposta anche se lui non la stava nemmeno guardando. Meglio evaporare alla velocità della luce.
«Okay, quindi non… va bene, non rispondeva al telefono e mia madre… ora vado ciao».
Fece per voltarsi e andarsene ma Jon si staccò dalla scrivania con l’intenzione di fermarla.
«San dobbiamo…»
Non seppe mai cosa avrebbero dovuto fare perché Theon uscì in quel momento dalla sua stanza in direzione del bagno che condivideva con Robb. Completamente nudo.
«Ciao splendore».
Le gettò un’occhiata divertita, indugiando sulle gambe fasciate dalle calze e amplificando in maniera esponenziale il suo imbarazzo, già a livelli da guinness dei primati. Voleva bene a Theon ma era il genere di ragazzo con cui non sarebbe uscita nemmeno per bere un caffè e del resto bere caffè era un’attività a cui Theon non era interessato.
«Greyjoy, potresti che ne so… vestirti?»
«Sono pronto per il secondo round, Snow. Volete unirvi a noi?»
Dalla sua stanza provenne una risatina divertita. Sansa era paralizzata.
«Andiamocene da qui».
Jon afferrò la giacca abbandonata sulla sedia e la prese delicatamente per il braccio, spingendola fuori dalla porta. Non appena furono in corridoio la lasciò andare.
«Non ci posso credere».
Aveva ancora le guance in fiamme. Alzò gli occhi incredula e lui le restituì uno sguardo scuro, tra l’imbarazzato e il preoccupato. Gli occhi erano la cosa più bella di Jon. Profondi, coronati da lunghe ciglia nere. Avrebbe voluto sfiorarle con la punta delle dita e mise le mani in tasca per essere sicura di non farlo davvero. Non c’era mai malizia nel suo sguardo o lascivia. Erano placidi e caldi e…
«Sansa, stai bene?»
Annuì senza dire nulla. Si sentiva così confusa da dubitare di essere in grado di parlare.
«Andiamo a bere qualcosa».
Le fece strada verso la caffetteria del campus e Sansa lo seguì in silenzio, le mani affondate nelle tasche del parka. Si sedette nel primo tavolino libero mentre Jon andava a prendere i loro caffè.
«Il tuo, nero e senza zucchero».
Le farfalle batterono le ali all’impazzata. Sembrava intenerito come se si stesse rivolgendo a una creatura molto piccola che andava rassicurata.
La sua sorellina traumatizzata da un uomo nudo.
«Cosa voleva tua madre?»
Le porse il caffè bollente e Sansa lo ringraziò con un sorriso stringendo il bicchiere di carta per scaldarsi le mani.
«Sapere quando saremmo arrivati per il Ringraziamento». Lo osservò da oltre il bordo del bicchiere, decisa a ottenere qualche risultato da quella assurda giornata. «Mamma ha chiesto se ti saresti unito a noi».
«San… »
«Papà ha provato a chiamarti… »
«Sono stato molto occupato. Lo richiamerò».
Era stato un po’ brusco e aveva distolto lo sguardo ma Sansa non era intenzionata a mollare.
«A fare cosa? Evitarmi?»
Stupida stupida stupida Sansa.
Jon dischiuse le labbra e alzò le sopracciglia, stupito dal tono con cui gli era stata rivolta la domanda. Sansa non perdeva mai il controllo. Non si mostrava mai irritata e non perdeva mai la pazienza. Era dolce, educata e calma.
«Io… »
«Jon Snow!»
Si voltò e Sansa seguì la direzione del suo sguardo.
Capelli rossi, trasandata ma carina. Aveva l’aria spavalda e sembrava diretta verso di loro. Jon si alzò di scatto, nervoso.
«Dove ti eri cacciato? Questa mattina mi sono svegliata e non c’eri».
Le farfalle si zittirono improvvisamente.
Mi sono svegliata e non c’eri.
Poi lo aveva baciato. Sulla bocca. Un bacio vero.
Jon, troppo sorpreso per reagire, si staccò dopo un tempo che per quanto breve a Sansa parve comunque troppo lungo. Sentì un pugno chiuderle la gola.
Non puoi assolutamente metterti a piangere.
«Non mi presenti la tua amica?»
Si era staccata da lui facendo scivolare la mano nella tasca posteriore dei suoi jeans nel caso in cui Sansa non avesse colto il precedente marcaggio di territorio. Visto che Jon non si decideva a parlare, si alzò e tese le dita affusolate verso di lei.
«Ciao, sono Sansa. La sorella di Robb».
Non l’amica di Jon, la cotta di Jon, la ragazza di Jon.
Era ormai chiaro che non fosse niente di tutto questo.
«Ygritte. Così tu saresti la principessa di Winterfell… »
La rossa ricambiò con una stretta vigorosa e le lanciò un’occhiata tra il divertito e il deluso. Sansa avvampò ma non poté biasimarla. Non si presentava certo nella sua forma migliore.
«Ygritte… »
Allora non aveva perso del tutto l’uso della parola. Sansa non lo degnò di uno sguardo. Non aveva il diritto di essere arrabbiata con lui ma lo era. Con se stessa si sarebbe arrabbiata poi, nella solitudine della sua stanza per essere stata così stupida. Di nuovo.
«È stato un piacere anche per me. Ora devo proprio andare».
Cercò di levare le tende con grazia, come sua madre le aveva insegnato e a testa alta come le aveva insegnato suo padre ma non ci riuscì. Sentì le lacrime impigliarsi nelle ciglia e fuggì dalla caffetteria con lo sguardo incollato a terra.
Quando arrivò a casa, Margery era già tornata. Le bastò un secondo per capire che qualcosa non andava.
«Tesoro, tutto bene?»
Aveva bisogno di un abbraccio e Sansa corse a prenderselo. Dopo un po’ riuscì a farfugliare quello che era successo. May la strinse forte e le accarezzò i capelli.
«Ti preparo una cioccolata. Oggi abbiamo imparato una cosa importante Sunny: non esistono uomini perfetti. Nemmeno Jon Snow».
   
 
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