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Autore: LadyLicionda    27/04/2017    0 recensioni
Eiko Wadsworth scopre improvvisamente di soffrire di Disturbo Dissociativo dell'Identità, ovvero personalità multipla. I suoi problemi iniziano quando realizza che ogni personalità è dotata di una volontà propria, di desideri propri e di ambizioni uniche. Come se non fosse abbastanza, ognuna di loro si scopre ben presto innamorata di una persona diversa. Riuscirà Eiko a mantenere il suo segreto e a destreggiarsi fra le attenzioni romantiche di sette irresistibili ragazzi senza soccombere ai capricci delle sue eccentriche personalità? NOTA BENE: Per questa versione è previsto un finale multiplo (uno per ognuno dei ragazzi di KNB). Il rating potrebbe cambiare con il progredire della storia. I personaggi di KNB appartengono all'autore originale Tadatoshi Fujimaki, tutti gli altri sono personaggi creati da me.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kiseki No Sedai, Nuovo personaggio, Taiga Kagami, Yukio Kasamatsu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11

Tu non sei un mostro”

 

 

 

 

 L’indomani mattina, mentre siamo tutti a tavola per consumare la colazione, mio padre annuncia che non dovrò prepararmi per andare a scuola.

«Ma oggi non è giorno di festa», gli ricordo, pensando che forse possa aver fatto confusione con le date.

«Lo so, piccola mia, ma è comunque un giorno speciale e vorrei che lo trascorressimo insieme».

Incerta su cosa rispondere, mi guardo attorno, chiedendo spiegazioni con lo sguardo. Naoko mi sorride, come a volermi dire di non preoccuparmi. I miei cugini mi rivolgono a turno breve occhiate, senza tuttavia parlare. Quando infine mi volto verso Tatsuo, rimane con il capo chino, ignorandomi completamente. D’istinto apro la bocca per chiamarlo e attirare così la sua attenzione, ma un secondo pensiero mi convince a fermarmi e a rinunciare. È da ieri sera che non sento la sua voce. Di solito, tutte le mattine irrompe nella mia stanza, svegliandomi con la sua allegria, spolverando le prime ore della mia giornata con il suo contagioso buon umore. Oggi, invece, non si è presentato alla mia porta, nonostante mi sia trattenuta in stanza, aspettando il suo arrivo. So che è arrabbiato con me e il motivo per cui non ho voluto raccontare a nessuno di Aizawa era perché non volevo che si preoccupassero. Volevo solo dimostrare di non essere un peso, di potermela cavare da sola. Invece ho provato, ancora una volta, di essere un’incapace e una presuntuosa. Non solo ho fatto preoccupare tutti quanti, ma ho fatto credere loro, con il mio comportamento, di non avere fiducia nell’amore che provano per me. È normale che Tatsuo non voglia vedermi: al suo posto, anche io mi sentirei tradita.

«Io ho finito», senza aggiungere altro, mio fratello si alza da tavola. Pochi minuti dopo, il portone nell’atrio si apre e un’eco di passi sfuma rapidamente al di fuori della residenza.  

Rattristata e in colpa, fisso la coppa azzurra davanti a me, senza alcuna desiderio di continuare a mangiare. Oggi, più che mai, vorrei salire in camera, finire di prepararmi e correre a scuola, invece rimango seduta, senza sapere cosa fare.

«Va tutto bene, Eiko».

Impietosita dal mio stato d’animo, Naoko prova a consolarmi. Non volendo darle altro pensiero, riprendo la mia colazione in silenzio.

 

***

Poco per volta tutti quanti lasciano casa per dirigersi a scuola, all’università o al lavoro. Soltanto mio padre, come promesso, rimane alla villa. Prima di separarci al termine della colazione, ha detto che mi avrebbe aspettata nel giardino delle rose. Oggi il sole è caldo e luminoso, ideale per una passeggiata. Mentre mi lavo i denti, non posso fare a meno di chiedermi a cosa stesse pensando nel momento in cui si è incamminato verso il parco della tenuta. Non mi sarei mai aspettata che mi incoraggiasse a saltare la scuola solo per passare del tempo insieme. Ovviamente non posso dirmene dispiaciuta, ma continuo a credere che debba esserci un’altra ragione dietro il suo improvviso invito.

Raggiungo il parco con il cuore in trepidazione. Intorno a me è una festa di colori e di profumi, ma le corolle arancioni delle rose coltivate da mia madre conquistano presto il mio sguardo. I miei occhi si posano sull’uomo che, seduto placidamente sulla panchina di pietra bianca, le contempla ora con amore. Mi avvicino e, senza disturbarlo, prendo posto accanto a lui.

«Il giorno in cui tua madre decise di piantare queste rose, tu avevi tre anni».

Mio padre inizia la sua storia, sorridendo con nostalgia a un passato del quale io non possiedo alcuna memoria. I ricordi che ancora conservo della mia infanzia sono frammentari e non sempre nitidi. Per la maggior parte, si tratta più che altro di racconti condivisi e tramandati dai miei genitori o dai miei fratelli. Stranamente, però, non sono mai stata curiosa al riguardo, non ho mai mostrato un reale desiderio di conoscere i primi anni della mia vita. Dentro di me, al contrario, ho sempre percepito quel capitolo della mia esistenza come estraneo. Per quanto mi riguarda, la mia storia è iniziata dieci anni fa. I quattro anni che precedono questa data non sono altro per me se non carte scritte da una mano sconosciuta, da un’anima indipendente. Questo è quello che ho sempre creduto ogni volta che provavo a sfogliare quelle pagine scritte in una calligrafia che non riconoscevo, intrise di eventi di cui non ero io la protagonista.

«Quel giorno ha cambiato le vite di tutti noi», mio padre continua a parlare, senza distogliere lo sguardo dai giardini in fiore, «e adesso potrebbe cambiare anche la tua, se è ciò che vorrai».

Finalmente il suo viso ruota verso di me e il mio cuore sussulta per un attimo. E’ la prima volta che tra noi due viene a crearsi un’atmosfera tanto grave. In passato mi è già capitato di affrontare conversazioni importanti con mio padre, ma oggi l’espressione nei suoi occhi è decisamente più intensa. Le sue parole sono ben studiate – me ne sono accorta dalle brevi ma frequenti pause che ha inserito tra l’una e l’altra. Probabilmente non vuole condizionarmi dicendo qualcosa che possa alla fine influenzare la mia decisione. Tutta questa formalità, questa cautela nel parlarmi mi impensieriscono. È come se mio padre volesse farmi credere che dalla mia scelta dipenderà tutto il mio futuro.

«Hai detto che solo io posso scegliere», mi rivolgo infine a lui, desiderosa di comprendere, «ma cosa dovrei scegliere esattamente? Quali sono le opzioni?».

«Prima di rispondere alla tua domanda, lascia che ti chieda una cosa», domanda lui, valutando attentamente la mia reazione. «Non hai notato nulla di strano in queste ultime settimane? Nulla di diverso?».

Sorpresa dalle sue parole, inizio a riflettere. Ad essere onesta, mi stanno accadendo molte cose a cui non riesco a dare una spiegazione, ma una in particolare mi preoccupa.

«In effetti, c’è qualcosa di cui vorrei parlare», rispondo quindi, confidando nella saggezza di  mio padre. «Dopo quello che è successo ieri, ho come l’impressione che tutti stiano cercando di evitarmi, quasi avessero paura di rivolgermi anche solo uno sguardo, soprattutto Tatsuo. So che è arrabbiato con me perché ho agito da sconsiderata e capisco che non voglia vedermi, ma vorrei avere una possibilità per chiedergli scusa e farmi perdonare». Gli occhi di mio padre si allargano, sbalorditi. Forse non ero questo che si aspettava di sentire ma, dal momento che ne ho l’opportunità, preferisco chiedere il suo aiuto. «Il problema, però, è che non saprei da dove iniziare a scusarmi. La verità è che non ricordo nulla. Cosa è accaduto dopo che sono svenuta? Come sono finita in ospedale? Cos’è successo ad Aizawa e a quei due ragazzi che erano con lei? Perché…perché sui miei vestiti…c’erano tracce di…sangue?», la sola parola mi fa rabbrividire, ma riesco ugualmente a pronunciarla. «Certo, Arthur mi ha raccontato, eppure continuo a non ricordare. Se dovessi rispondere alla tua domanda, papà, allora direi che ultimamente ci sono un’infinità di cose strane che mi stanno accadendo e che non riesco a spiegarmi. L’ultima cosa che ricordo è che ieri sera, dopo essere stata avvicinata da Aizawa, subito prima di perdere i sensi, ho sentito una voce. Era fredda, cinica, impaziente. Ho cercato di guardarmi intorno credendo ci fosse qualcun altro insieme ad Aizawa e i suoi due compagni, ma non ho visto nessuno. Però sono certa di aver sentito quella voce. Continuava a ripetermi di non essere debole e voleva che mi facessi da parte, ma non so cosa volesse dire esattamente. Sto forse impazzendo, papà? In questi giorni mi sento sempre fiacca e assonnata. Mi capita di svenire e di non ricordare nulla. Vorrei solo sapere se ho qualcosa che non va. Perché Tatsuo non vuole parlarmi? Perché mi odia tanto? Solo perché ho mentito? Solo perché non ho confessato subito di aver ricevuto quelle lettere? Non volevo farvi preoccupare, pensavo di potermela cavare da sola. Volevo dimostrare a me stessa di essere cresciuta, di essere cambiata. Solo questo, davvero!».

«Adesso calmati, Eiko», le mani di mio padre afferrano dolcemente le mie spalle. «Lo so che non avevi cattive intenzioni, perciò lasciami chiarire una cosa: Tatsuo non è affatto arrabbiato con te. Piuttosto, è in collera con se stesso. Tutti noi lo siamo. Ognuno, a modo suo, si sente colpevole nei tuoi confronti. Ecco perché hai avuto l’impressione che ti stessero evitando, ma fidati di me, nessuno in questa casa ti odia e mai ti odierà, qualunque cosa accada. Tu sei e sarai sempre la nostra piccola Eiko. Nulla potrà cambiare questa verità». Per un attimo sono certa di aver visto un luccichio negli occhi di mio padre. Una compassione diretta forse non soltanto a me. «Se vuoi conoscere la verità, te la racconterò», superato il momento di commozione, la sua voce si carica di una nuova gravosità, in attesa della mia risposta.

«Tu sai che cosa mi sta succedendo, papà? E sei disposto a dirmelo?».

«Si, se è quello che vuoi».

Le sue parole sono pesanti, sofferte. Quanto grave potrà mai essere il segreto che custodisce? È così terribile da indurlo a mostrare quell’espressione? Ma non voglio continuare ad essere l’unica a non sapere. Se scoprissi di avere una malattia o di essere semplicemente pazza lo accetterei e, per il bene della mia famiglia, mi sottoporrei a qualunque tipo di trattamento per guarire. Rimanere nell’ignoranza non è più una alternativa accettabile.

«Papà, ho deciso:», mio padre trattiene il respiro, attendendo il verdetto finale, «io voglio sapere».

Le spalle di mio padre si abbassano lentamente ed egli, con un cenno del capo, annuisce. «Capisco. Se è quello che vuoi, ti racconterò ogni cosa dall’inizio».

Pensavo che avrebbe cercato di farmi cambiare idea o di convincermi a pensarci più attentamente. Vederlo accettare la mia richiesta senza opporre resistenza mi ha un po’ delusa. La mia decisione non sarebbe ugualmente cambiata, ma non è esattamente questa la reazione che mi aspettavo. Se questo segreto è davvero così terribile, non avrebbe almeno dovuto provare a discutere un po’ con me? Oppure, in fondo in fondo, sperava che le cose andassero in questo modo e che io esprimessi la volontà di sapere? Ad ogni modo, anche se non è stupito né sconvolto dalle mie parole, vedo chiaramente quanto sia preoccupato per me ma, come promesso, inizia il suo racconto partendo proprio da quel passato di cui non conservo ricordi.

 

***

 

«Ora sai la verità, Eiko. Ma prima che tu dica qualunque cosa, sappi che non è colpa tua. Non è colpa di nessuno».

Dopo aver ascoltato la sua confessione, non posso credere alle sue parole. Come può non essere colpa mia? Aizawa. Quei due ragazzi. Sarebbero potuti morire, e sarebbe stato solo a causa mia. Come è accaduto? No, perché è accaduto? Perché proprio io? Da un po’ di tempo sospettavo ci fosse qualcosa di sbagliato in me, ma la realtà è peggio di quanto avessi immaginato. Ora capisco perché Tatsuo non vuole parlarmi. Neanche io vorrei avere nulla a che fare con un….mostro come me. Pensavo di essere una ragazza normale, una come tante altre. Ho accusato Aizawa senza sapere di essere io stessa un pericolo.

Cosa dovrei fare? Cosa dovrei dire? Come dovrei reagire? Cosa dovrei pensare di me stessa? A questo punto non so più chi sono. Non ho neppure la certezza che questi pensieri siano miei. Personalità multipla? Io? Avrei preferito scoprire di essere pazza, ma questo…. Come si cura una simile malattia? E’ curabile almeno? Fino ad oggi ne avevo sentito parlare solo in televisione, nei libri, nei film. Per me non era neanche reale, solo un’invenzione cinematografica o letteraria. Dovrei arrabbiarmi? O forse sentirmi umiliata? Dovrei disprezzare me stessa? O dovrei accettarlo? Dovrei avere paura?

Se non altro adesso so che cosa è successo ieri sera. So a cosa erano dovuti gli svenimenti e i vuoti di memoria, gli sbalzi d’umore e tutto il resto. Ma non mi sento affatto sollevata. E se accadesse di nuovo? Dentro di me esiste davvero un’altra Eiko? Questo vuol dire che in fondo sono una persona a cui piace bearsi delle disgrazie altrui? Che prova piacere nel tormentare chi è confuso o insicuro? Che si compiace delle proprie menzogne? No, mi rifiuto di accettare una simile Eiko. Io non sono così. Non istigherei nessuno a commettere un crimine. La sola idea mi disgusta. Ma mio padre non mi mentirebbe mai, quindi significa che tutto ciò che mi ha raccontato è la verità.

«Capisco che tu sia sconvolta, bambina mia, ma non darti pena. Ricorda che non sei sola. Insieme troveremo una soluzione».

«Insieme?!», la mia voce esplode in un grido stridulo e frustrato. «Questo è impossibile, papà! Hai dimenticato che mi stanno tutti evitando? Soprattutto Tatsuo. Come posso chiedergli di aiutarmi? È assolutamente normale che non voglia avere a che fare con me, con un…»

«Eiko! Adesso basta!».

Sussulto. Mio padre non aveva mai urlato in questo modo, perché non è una persona che urla o perde la pazienza facilmente. Questo vuol dire solo una cosa: è di nuovo colpa mia. Ho di nuovo ferito un membro della mia famiglia costringendolo a mostrarmi un lato di sé che mai avevo visto prima. Perché le mie azioni non coincidono mai con i miei desideri? Forse è vero. Forse non sono io ad avere il controllo del mio corpo. Non voglio ferire le persone che amo. Un abominio come me non merita di essere amata. Perché? Perché non posso essere una ragazza qualunque? Perché devo costringere i miei genitori a questa tortura?

«Tu non sei un mostro. Sei la nostra piccola Eiko».

Le braccia protettive di mio padre mi attirano a sé, soffocando il mio pianto contro il suo petto. La sua mano mi accarezza con amore, cullando la mia disperazione.

«Non pensarlo mai più, bambina mia, perché nessuno di noi lo pensa».

La pacatezza della sua voce fa vibrare il suo petto contro la mia guancia. Stretta al mio papà, continuo a piangere. I miei singhiozzi sono l’unico suono udibile in tutto il parco. In questo momento non riesco a pensare ad altro che a versare lacrime.

«Tatsuo non è arrabbiato con te. È in collera con se stesso. Il motivo per cui ti sta evitando è perché non ha il coraggio di guardarti. Tuo fratello non potrebbe mai odiarti, ma la consapevolezza di non essere riuscito a proteggerti è una vergogna troppo grande per lasciarti incrociare il suo sguardo».

«Ma non ha nulla di cui vergognarsi! Non è colpa sua se sono così! Perché dovrebbe sentirsi responsabile?!».

«Perché tuo fratello ti ama immensamente e non potrebbe sopportare di vederti piangere in questo modo. Tutti noi ti amiamo e, sebbene ognuno a modo suo, proviamo quello che prova Tatsuo. Ma come ho detto prima, non è colpa di nessuno. Né tua, né di tuo fratello. Dagli solo un po’ di tempo per calmarsi».

Non è giusto che pianga, che sia io l’unica a sfogare la mia frustrazione. Tatsuo. Naoko. Mia madre. In questo momento sono confusi quanto me. Non posso farmi vedere così debole. Non voglio farli preoccupare più di quanto abbia già fatto. Ma soprattutto non voglio perderli. Se il prezzo da pagare per riavere mio fratello è nascondere i miei sentimenti, reprimere la mia paura, accettare a testa alta la realtà, allora sia. La mia condizione potrebbe non essere così grave. La mia maggiore virtù è conoscere bene i miei limiti. Io ho bisogno della mia famiglia, di tutta la mia famiglia. ho bisogno di averli accanto a me, ora più che mai. Piangere non serve. Adesso che conosco la verità posso fare la mia scelta. È una scelta egoistica, ma è la migliore per me.

«Papà, ho deciso», mi sciolgo dal suo abbraccio e asciugo le ultime lacrime prima di sollevare lo sguardo. «Voglio che Tatsuo torni a guardarmi e a parlarmi, perciò non posso mostrarmi debole. Non piangerò, poiché non cambierebbe la situazione in cui mi trovo, ma non sono abbastanza forte da poterne uscire da sola. Ecco perché ho bisogno del tuo aiuto, di quello di Tatsuo. Ho bisogno del supporto di tutta la mia famiglia per affrontare con coraggio questo momento. Ho deciso di fare tutto il possibile per migliore la mia condizione e guarire perciò, anche se è una richiesta egoistica, vorrei che rimaneste al mio fianco per darmi il vostro supporto. Avrei però una condizione».

Mio padre annuisce attendendo la mia dichiarazione. Infine dispiega le labbra in un caldo sorriso di approvazione.

 

***

 

Il giorno dopo mia madre mi accompagna a scuola. Insieme raggiungiamo l’ufficio del preside dove lei firma le carte per il mio trasferimento. Terminate le pratiche ufficiali, mi lascio la Teikō alle spalle. Abbandono l’edificio insieme a mia madre, senza incontrare Mayumi, né Satsuki, senza salutare i ragazzi. In silenzio, come sono arrivata, me ne vado, con la sola speranza di non incontrare mai più nessuno di loro. Nel mio cuore sono grata per la loro amicizia, ma non posso esprimere la mia gratitudine di persona. Se ora li incontrassi sarei obbligata a rivelare la mia vera identità, a confrontarmi con il loro disprezzo, la loro paura, il loro rifiuto. Non voglio che il mio ultimo ricordo qui alla Teikō sia legato ai volti delusi dei miei amici, alle loro parole di ripugnanza. Non lo sopporterei. So che andare via senza incontrarli significa scappare, ma questa è la cosa migliore per me. Dopotutto, io sono un’egoista.

Mi infilo nella limousine bianca, resistendo alla tentazione di voltarmi indietro a guardare per l’ultima volta il profilo della scuola.

«Sei sicura di non voler salutare i tuoi amici?», domanda mia madre, ritardando la partenza.

«E’ meglio così», rispondo, abbozzando un sorriso. «Incontrarli renderebbe tutto più difficile».

Rispettando la mia decisione, mia madre chiede infine ad Arthur di mettere in moto l’auto.

 

***

 

Durante i mesi successivi ho continuato i miei studi a casa, grazie all’aiuto degli insegnati assunti da mio padre. Nei primi giorni dopo il mio trasferimento, Mayumi e Satsuki si sono presentate una volta davanti ai cancelli della villa, ma sono state accolte da mia madre che ha raccontato loro del mio viaggio in periferia, verso la residenza dei miei nonni paterni. Ovviamente era una bugia per convincerle a non tornare più a cercarmi. Nel frattempo ho iniziato a frequentare regolarmente uno psicologo, oltre a sottopormi a controlli di routine in ospedale. La terapia da seguire non è facile, dal momento che lo scopo principale delle sedute è aiutarmi a ricordare quella parte del mio passato che avevo inconsciamente deciso di dimenticare.

Grazie ad Arthur sono riuscita a scoprire qualcosa in più sulla misteriosa personalità che ha preso il controllo durante l’incidente di Aizawa. A quanto pare, si è manifestata per la prima volta durante la mia infanzia, proprio durante quel periodo della mia vita di cui non conservo alcun ricordo.

«Mi ha detto di chiamarsi Meiko», mi ha rivelato Arthur. Secondo il suo racconto, è stato l’unico ad incontrarla e a parlare con lei. A prima vista, gli è parsa una ragazza molto orgogliosa, con un grande risentimento nei miei confronti.

«Ciò che mi ha subito colpito, sono stati i suoi occhi. Erano colmi di malizia, troppo audaci, provocanti, ma non in modo sessuale. No, niente di tutto questo. Erano vispi e attenti. Cercavano di scrutare nell’animo per carpirne le debolezze e sfruttarle per il proprio divertimento. Ho riconosciuto immediatamente quegli occhi. Quella sera, a scuola, ho capito immediatamente che la ragazza impaurita, coperta di sangue, non era più lei, signorina, Eiko».

«Hai capito che non ero io?», gli ho chiesto, stupita.

«Ho subito pensato che dietro l’incidente ci fosse Meiko, ma ho deciso di assecondare il suo gioco, fingendo di credere alla sua messinscena. Non sono mai riuscito a dimenticare quegli occhi».

Mentre Arthur mi parlava di Meiko, le sue labbra si sono più volte curvate in una smorfia di rabbia. Non so ancora bene quale rapporto esista fra tutti e due, ma da quanto ho visto, la ricomparsa di questa pericolosa personalità ha reso Arthur molto inquieto.

Dopo quella sera, Meiko non si è più fatta vedere, ma io so che non è sparita. Di tanto in tanto ho l’impressione di sentire i suoi pensieri. Percepisco la sua minacciosa presenza nel mio subconscio perciò non posso abbassare la guardia nemmeno durante il sonno. So che al minimo segno di cedimento tenterebbe di riprendere il controllo.

Per fortuna non solo sola e, ora che Tatsuo è tornato a parlarmi, sento di essere diventata più forte e sicura di me. Gli ultimi pensieri della mia vita da studentessa delle medie sono positivi e pieni di speranza per il mio futuro. Tutto ciò che mi resta da fare è cominciare a camminare, stringendo senza timore le mani delle persone che amo.

 

°°°

 

Ciao a tutti! ^^

Con questo capitolo si conclude la prima delle tre parti di questa storia. Vi ringrazio per avermi seguita fino a questo punto e spero continuiate a leggere con interesse i prossimi capitoli. Vi auguro una buona domenica.

 

Un bacione

 

Lady L.

   
 
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