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Autore: Lady Chryseiss    30/04/2017    0 recensioni
Nel regno di Ayra i cittadini vivono in pace e armonia tra loro. Al funzionamento della grande comunità pensa un Consiglio governativo, supervisionato da un Consiglio degli Anziani, e la vita scorre tranquillamente, fin quando un errore non verrà commesso: la soppressione dell'esercito. I rapporti con gli altri Paesi procedono a gonfie vele, così come la giustizia all'interno di Ayra, la sanità, l'istruzione e l'economia. A cosa serve un esercito?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai si era fatto buio. I soldati stavano ancora camminando lungo il tratto di confine assegnatogli, controllando con un apposito sensore la potenza delle barriere energetiche erette un paio di secoli prima. 
Si erano divisi in gruppetti da cinque. 

Abner aveva quasi preso confidenza con quel lavoro, arrivato all'ultimo giorno della sua prima spedizione. Non era noioso come pensava, i suoi compagni erano simpatici, non ci si annoiava mai. Però era sicuro che non avrebbe mai preso confidenza con quell'orribile sensazione di morte imminente che avvertì in quell'istante. Si bloccò, trattenendo il respiro.
-Abner, tutto bene?- gli domandò Vick, che camminava appena dietro di lui. Bastò poco perché anche lui capisse, pervaso dalla stessa sensazione.
-Buco!- gridò per avvertire i compagni che si trovavano poco distanti. Tutti immediatamente estrassero armi e sensori, cercando ogni sorta di presenza sospetta. Abner si sentì invadere dal terrore.
-Non c'è tempo per avere paura Abner, tu ed io dobbiamo cercare il buco, siamo quelli più vicini- disse Vick. Si avvicinò ulteriormente alla barriera, percorrendola avanti e indietro con il sensore. La luce che esso irradiava colpiva la barriera, che la rifletteva illuminandosi di splendidi colori vivaci, cangianti. Abner lo imitò. 
-Vick, credo di averlo trovato-
Il buco era piccolo, ma non c'era dubbio: era lì. La barriera in quel punto non rifletteva la luce, e il sensore di Abner emetteva leggere vibrazioni che gli solleticavano il palmo della mano. 
-Forza, chiudilo- gli ordinò Vick.
-Cosa? Io?- 
-Certo, sei tu che l'hai trovato- vide l'insicurezza negli occhi del suo giovane  compagno, quindi assunse il tono duro del comandante, anche se quel ruolo gli era stato tolto: -Vuoi imparare a fare il soldato o preferisci tornare a casa tua a coltivare tuberi? Forza, ti hanno spiegato come fare- 
Certo, gliel'aveva spiegato proprio Aaliya, durante l'addestramento, appena due mesi prima. Allora non pensava che avrebbe avuto paura. A dire il vero, non pensava che esistesse qualcosa capace di mettergli più paura della stessa Aaliya. Ma si dovette ricredere: da quello spiffero nella barriera entrava un filo di aria gelida, pesante, che palesava la presenza di qualcosa di oscuro e terribile al di là dei confini di Ayra. Un brivido corse lungo la schiena del ragazzo, che avvicinando la mano al buco si sforzò di non tremare. Non era grande nemmeno la metà del suo palmo, con le dita poteva sentire il battito vitale della barriera. Si concentrò, regolarizzando il respiro. Tutto quello che doveva fare era convogliare tutta l'energia che riusciva a reperire attorno a lui nella sua mano, e dalla sua mano trasferirla alla barriera, che si sarebbe richiusa. Richiedeva un grosso sforzo mentale più che fisico, poiché l'energia usata non doveva essere la sua personale, ma l'energia di Ayra, a cui Abner sarebbe servito soltanto da canale. Semplice, in teoria. Ma in pratica era tutt'altra cosa: occorreva concentrazione, e quella paura che provava rendeva più difficile il lavoro. 
Vick gli appoggiò una mano sulla spalla: -Se non ci riesci non preoccuparti, quasi nessuno ce la fa la prima volta- disse. 
Ma Abner voleva farcela. Era una sfida con se stesso, per dimostrarsi di non essere poi così male come soldato. Avrebbe voluto tornare a casa dopo la spedizione per dire alla sua famiglia "avete visto? Anche io posso far parte dell'esercito, voi che credevate che sarei stato soltanto un peso per gli altri". 
Passò un minuto, un minuto e mezzo, due minuti. Niente. Forse doveva insistere, smetterla di pensare a cosa avrebbero detto i suoi compagni, la sua famiglia, Vick. 
-Non importa Abner, sei stato bravo comunque. Faccio io- lo interruppe questo. Bene, sarebbe tornato a coltivare tuberi con la coda tra le gambe. Sotto il palmo di Vick, la barriera si richiuse quasi immediatamente. Gli altri nel frattempo avevano perlustrato la zona.
-Nessun segno di presenza del Nemico nelle vicinanze- riferì uno dei soldati a Demos, che aveva assunto il ruolo di comando al posto di Vick. 
-È improbabile che qualcosa sia riuscito a penetrare da uno spazio così piccolo. Ma faremo meglio a tenere gli occhi aperti- rispose egli, facendo segno ai compagni di proseguire.

I soldati della divisione 14 si misero in viaggio quella stessa sera. Dopo una serata così, tornare in Città in mezzo alla serenità dei suoi abitanti era ciò che di più confortante potessero desiderare. Vick guidava in silenzio uno dei tre pick-up militari. Era preoccupato per quella fenditura nella barriera: anche se era relativamente piccola, era un segnale che la barriera si stava indebolendo, o peggio, che il Nemico stava diventando più forte. Ne avrebbe dovuto parlare con Aaliya, la responsabile della Difesa. Ma di solito erano i comandanti delle diverse divisioni a fare rapporto a lei, e lui non ricopriva più questo ruolo. "Sicuramente Demos glielo dirà"  pensò, ma voleva essere lui a parlargliene. Si convinse che questo desiderio derivava dal suo difetto di volersi trovare costantemente al centro dell'attenzione generale, di voler ottenere sempre dei riconoscimenti, e non per ritrovare quel senso di intimità che si creava quando lui e Aaliya parlavano di qualcosa di importante che condividevano. Avrebbe potuto parlare con Aaliya quando voleva, sapeva che lei gliel'avrebbe concesso, che gli avrebbe concesso molto di più. 
Diede un'occhiata dietro di sé, ai nove uomini che viaggiavano nel pick-up con lui, tutti mezzi addormentati, qualcuno addormentato interamente, con la testa penzoloni sul petto. Abner era l'unico che pareva sveglio. Lo sguardo fisso su un punto indefinito.
-A cosa pensi?- gli domandò Vick tornando a concentrarsi sulla guida. 
Abner pensava che in quella sua prima spedizione con la divisione 14 aveva avuto l'occasione di dimostrare di meritarsi di essere uno di loro, ma aveva fallito. Pensava di aver sbagliato a scegliere l'esercito, a scegliere il suo futuro. Perché l'azienda agricola di famiglia non gli bastava, gli stava stretta, ma forse è proprio il posto in cui sarebbe dovuto restare. A coltivare tuberi, come diceva Vick per prenderlo in giro. Sua madre l'aveva avvertito: "L'esercito non fa per te, sei troppo fragile". Pensava anche che Vick gli piaceva, più di tutti gli altri. Con lui si sentiva a suo agio e aveva l'impressione che a lui avrebbe potuto confidare la sua delusione, proprio in quel momento. D'altronde gliel'aveva chiesto: a cosa pensi? Ma poi che non l'avrebbe fatto. Non voleva che Vick lo reputasse debole, uno che ai lascia schiacciare dal primo fallimento. E temeva che qualcuno degli altri lo sentisse e lo reputasse una femminuccia.
-A niente- rispose. -E tu, a cosa pensi?-
Vick sospirò, scosse la testa e disse: -A quel dannato buco-
   
 
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