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Autore: Emmastory    30/04/2017    1 recensioni
Dieci anni. Questo l'esatto lasso di tempo trascorso dall'ultima battaglia contro i famigerati Ladri, esseri ignobili che paiono aver preso di mira la bella e umile Aveiron, città ormai divenuta l'ombra di sè stessa poichè messa in ginocchio da fame, miseria, dolore e distruzione. Per pura fortuna, Rain e il suo gruppo hanno trovato rifugio nella vicina Ascantha, riuscendo a riprendere a vivere una vita nuova e regolare, anche se, secondo alcune indecisioni del suo intero gruppo, tutto ciò non durerà per sempre. Come tutti ben sanno, la guerra continua, e ora non ci sono che vittime e complici. (Seguito di: "Le cronache di Aveiron: La guerra continua)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VI-mod
 
 
Capitolo X

A occhi e orecchie aperti

“Non può andare avanti così, vanno fermati.” Continuava a ripetere Lady Fatima, impegnata in un confuso, nervoso e continuo andirivieni. Silenziosa ma preoccupata, Rachel non osava interferire, ma nonostante questo la guardava intensamente, con gli occhi che tradivano profondo dolore. A quanto sembrava, era tesa come una corda di violino, e in quel momento, chiunque, anche un completo estraneo, avrebbe potuto accorgersene. Evitando di staccare lo sguardo da lei, lottava contro sé stessa, e contro l’ardente desiderio di avvicinarsi alla sua amata. Avrebbe davvero voluto farlo, ma conoscendola perfino meglio del palmo delle sue stesse mani, era certa che in un momento di quel calibro, il lato più freddo e distaccato del suo carattere avrebbe preso il sopravvento, impedendo ad entrambe di vivere i momenti che davvero sognavano. Data la forza dei sentimenti che provava per lei, subire le sue ire era ovviamente l’ultimo dei suoi desideri, ragion per cui, taceva e fissava. Anche se da poco, lei e la Leader avevano scelto di venire ad Ascantha alla ricerca di un pò di tranquillità, e per pura fortuna, parevano anche esserci riuscite, ma pur essendo riuscite a realizzare tale desiderio, l’amara e dolce Lady Fatima non riusciva a trovare del tempo per stare da sola con la sua Rachel. A volte, la povera ragazza faticava ad accettarlo, ma la sua amata era pur sempre una Leader, e benché il suo vero posto fosse ad Aveiron, e Lady Bianca ricoprisse il suo stesso ruolo in questa bella e pacifica città ora minacciata dai Ladri, orribili e selvaggi uomini interessati solo alla violenza e alla ricchezza, e per nostra sfortuna lungi dall’arrendersi, per qualche strana ragione accadeva sempre qualcosa. La scintilla scattava, ma dati i doveri della sua Signora, Rachel si trovava sempre costretta a separarsi da lei. Pensandoci, mi intristivo,e di conseguenza, non potevo evitare di soffrire per entrambe. Più di una volta le avevo viste essere sul punto di abbracciarsi o baciarsi e poi improvvisamente cambiare idea all’ultimo secondo, con grande dolore e disappunto della dolce Rachel, che pur provando a mostrare irreale indifferenza, falliva in tale e misero intento. In fondo l’amava davvero, e non poteva né voleva nasconderlo. “Non posso  più sopportarlo. Odio vederla così.” Mi disse, in un pomeriggio uggioso e carico di pioggia. “Rachel, avanti, è il suo lavoro.” Provai a spiegarle, guardandola negli occhi e sperando che capisse. “Non è vero. Lady Bianca è qui per questo.” Replicò, alterandosi di colpo e fissandomi con rabbia. “Dico davvero, capiscila, sta solo cercando di proteggerti.” Continuai, provando a far leva sui suoi sentimenti e facendo così un secondo tentativo. In quel momento, Rachel scivolò nel silenzio, e poco dopo aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì alcun suono. Solo una sorta di lamento, che ebbe fine nel momento in cui mossi un singolo passo in avanti. “Rain, io… io la amo, capisci? Aveiron è pericolosa, non voglio vederla morire!” Gridò infatti, perdendo nuovamente il controllo delle sue emozioni. Sorpresa, non mossi un muscolo, ma provando istintivamente pena per lei, tentai di consolarla. “No, non dirlo nemmeno. Lei morirebbe per te, ed è vero, ma non accadrà.” Le dissi in tono serio e solenne, continuando a fissare i suoi occhi color ametista. Alle mie parole, Rachel ammutolì non sapendo cosa rispondere, e mentre alcune piccole lacrime erano indice di tristezza e dolore, lei trovò la forza di parlarmi. “Cosa… come lo sai?” biascicò, confusa e stranita. “Me l’ha detto lei stessa.” Risposi soltanto, regalandole un debole sorriso prima di lasciarla andare. Ringraziandomi di aver ascoltata e aiutata a sfogarsi, Rachel sorrise a sua volta, e uscendo da casa mia, s’incamminò verso la propria. Per quanto ne sapevo, lei e Lady Fatima ne dividevano una, e non appena uscì dal mio campo visivo, chiusi gli occhi per un attimo. Sapevo bene di aver agito in favore di un’amica, e per questo compiuto un’ennesima buona azione, ma avevo davvero bisogno di attimi di qualità e tempo per me stessa. Chiudere gli occhi mi aiutò a svuotare la mente dalla negatività da cui era recentemente stata invasa, e non appena li riaprii, sentii il silenzio rompersi come fragile vetro. Confusa, mi guardai intorno, e abbassando lo sguardo, lo vidi. Chance. Non era più giovane come un tempo, certo, ma era pur sempre il nostro cane. Avvicinandosi, andò alla ricerca di affetto piantandomi le zampe addosso, e rimanendo calma, non feci che assecondarlo e carezzargli la testa. Mugolando leggermente, si calmò all’istante, e soltanto guardandolo, mi sentii travolgere e bagnare da quello che chiamavo fiume dei ricordi. Sembrava passato appena un giorno dai suoi tempi di cucciolo, eppure sapevo che non era così. Aveva ormai ben dieci anni, e parte del suo biondo pelo stava ormai diventando bianco. Nient’altro che un segno della sua vecchiaia, resa visibile anche dai suoi movimenti, ora più lenti e privi dell’energia che li caratterizzava. Sedendosi di fronte a me per qualche secondo, mi vide sospirare, e rimettendosi in piedi, compì un’azione tale da lasciarmi interdetta. Camminando lentamente, sparì dalla mia vista, tornando indietro solo poco dopo con in bocca il mio diario. “Scrivi qualcosa, ti sentirai meglio.” Sembrava voler dire, agitando la coda e abbaiando felice. A quella semplice vista, sorrisi. Mi aveva vista farlo molte volte da cucciolo, e a quanto sembrava, ricordava perfettamente quanto mi fosse d’aiuto. “Grazie, Chance.” Dissi, prendendo in mano il mio diario e carezzandogli ancora la testa. Per tutta risposta, lui mi leccò la mano, e andando a sedermi alla mia scrivania, mi presi del tempo per me stessa, intrecciando in una di quelle bianche pagine parole che esprimevano la paura e la tensione che provavo. In completo silenzio, ne approfittai anche per rileggere quanto avevo scritto tempo prima, sorridendo nel ricordare la gioia dei vari eventi. Non sapevo come, ma Chance sembrava aver davvero trovato una seppur temporanea cura contro la mia ansia. Forse era sciocco, o forse perfino ovvio da dire e pensare, ma credevo che la preparazione più importante fosse quella psicologica. Come tutti sapevamo, la minaccia dei Ladri aveva raggiunto anche Ascantha, e avere dei nervi saldi per affrontarli si rivelava essere uno dei requisiti principali. Non eravamo ancora pronti a combattere, ma ci stavamo preparando a dovere. Andando alla ricerca di conforto, rilessi anche le lettere scrittemi da Alisia e Lady Bianca. Entrambe ci spronavano a restare uniti ed essere forti, e nonostante il grave, gravissimo pericolo a noi dinanzi, i miei amici ed io facevamo del nostro meglio. Come sempre, il tempo scorreva, ma forti e stoici, sentivamo nuove speranze nascere nei nostri cuori, e anche grazie a queste, non volevamo arrenderci. Era ancora pieno inverno, ma il freddo e la paura non ci avrebbero fermato. La neve cadeva, il vento spirava, ma noi speravamo ardentemente di farcela, nonostante la pesantezza dell’aria appena fuori dalle nostre finestre. In altre parole, la situazione rischiava nuovamente di precipitare, e mentre innumerevoli attimi scivolavano con estrema lentezza dalle nostre vite, ognuno di noi non respirava che aria di guai. Nessun attuale evento pareva giocare a nostro favore, ma ciò non importava, poiché come ora capivo rileggendo quelle così importanti lettere, avremmo tutti dovuto mantenere la concentrazione senza lasciare che nulla ci distraesse, rimanendo inoltre a occhi e orecchie aperti.
   
 
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