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Autore: LysL    01/05/2017    1 recensioni
Tutti, in quel piccolo villaggio sperduto sui monti Urali, conoscevano la leggenda; Otabek era cresciuto sentendo raccontare della terribile Regina di ghiaccio e del suo castello, nascosto tra le nebbie della montagna, oltre il bosco innevato, in quelle terre che il sole non riusciva a raggiungere.
Dal testo:
Una mano gli artigliò la spalla e Otabek fu costretto a girarsi per assecondare quel movimento; la mano lo spinse in ginocchio nella neve e Otabek percepì la lama spostarsi dalla propria gola fino alla nuca. Era ancora in posizione di svantaggio, ma almeno adesso poteva parlare.
«Chi sei?» chiese e ricevette un calcio tra le scapole; il colpo gli strappò il fiato dai polmoni e lui si ritrovò a boccheggiare, tossendo del sangue per terra, il sapore ferroso gli riempì sgradevolmente la bocca.
«Chi sei
tu? E come ti permetti di venire qui e parlarmi come se fossi un tuo pari.» La testa gli venne strattonata all’indietro e solo in quel momento Otabek vide chi realmente gli stava parlando.
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Mila Babicheva, Otabek Altin, Yuri Plisetsky
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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ATTENZIONE: descrizione dettagliata di scene violente e ferite gravi/mutilazioni
[7000 parole]
 
 
Capitolo V

 

A Yuri era sempre piaciuto il castello della Regina, sin dalla prima volta che vi era entrato, da piccolo. L’imponente portone principale era una lastra di ghiaccio spessa, pesante e impenetrabile; ricordava di aver dovuto usare tutta la sua forza da undicenne per aprire uno spiraglio largo abbastanza perché il suo corpicino sottile potesse passarvi attraverso. I lunghi corridoi erano coperti di stalattiti che pendevano dal soffitto, create dal lento gocciolio dell’acqua durante i mesi più caldi, gli archi rampanti sostenevano il peso delle pareti trasparenti, attraverso le quali la luce della luna passava, donando a tutto una sfumatura di azzurro puro e chiaro.
Era una costruzione grandiosa, con alte torri dalle cupole a cipolla che puntavano verso il cielo e rilucevano come le sfaccettature di pietre preziose sotto i raggi solari o la tenue luminescenza delle stelle e della luna.
Appena entrato, un familiare rumore metallico lo accolse. Yuri non ebbe nemmeno bisogno di far niente, perché la magia del palazzo aveva dotato i suoi stivali di due sottili lame sotto la suola che gli permettevano di scivolare veloce sui pavimenti di ghiaccio. Aveva imparato ormai da anni come lasciarsi andare, non senza qualche difficoltà all’inizio, ed era una bella sensazione, aveva scoperto Yuri, lo faceva sentire leggero e libero.
Il castello era inoltre perfettamente abitabile, anche se nessuno l’avrebbe sospettato, almeno per chi non dovesse preoccuparsi delle temperature rigide che vigevano tutto l’anno. Vi erano letti morbidi di lana e piume e baldacchini di quella stoffa sottile e leggera che la Regina sembrava saper filare dal ghiaccio stesso, vi erano approvvigionamenti di cibo e acqua, vi erano grandi sale da bagno nelle quali l’acqua, grazie al potere della Regina, era calda abbastanza da non cristallizzarsi; ma non solo, vi era anche una grossa biblioteca che Yuri amava frequentare quando non aveva nient’altro da fare, e una grande collezione di statue diverse, in ghiaccio, in pietra, perfino in legno, scalpellate in modo raffinato e preciso da chi aveva avuto anni per poter perfezionare la propria tecnica, anche se non sapeva con esattezza chi le avesse scolpite.
Yuri scivolava piano attraverso le stanze adornate da fregi e bassorilievi intarsiati nei muri fino a trovarsi di fronte allo spesso portone che fungeva da ingresso alla biblioteca. Lo spinse, sentendo il ghiaccio cedere sotto il tocco, ed entrò chiudendoselo poi alle spalle. Aveva bisogno di distrarsi e non pensare a tutto ciò che era successo quel giorno, anche perché sapeva bene di non poter fare niente a riguardo, e che rimuginarci sopra non avrebbe portato a niente se non ad una profonda frustrazione. Frustrazione causata dal non poter fare niente per liberare Otabek da quel fardello, lo conosceva abbastanza da sapere che, anche se gli avesse gliel’avesse proposto, Otabek non avrebbe mai accettato un compromesso con la Regina; quel ragazzo viveva in simbiosi con i propri sentimenti, Yuri l’aveva capito subito, era impulsivo e profondamente umano, con tutti i difetti ed i pregi che ne derivavano, come ad esempio l’incapacità di discernere cosa fosse meglio per se stesso, ma anche l’incomprensibile legame con la sua famiglia e con quella sua amica, Mila.
I suoi occhi si posarono sugli scaffali pieni di libri e illuminati dalla luce cupa, filtrata dalle guglie che adornavano il tetto dell’ambiente.
Non si stupì di trovare Seung-gil seduto su una delle poltrone imbottite, con in mano un libro e l’espressione concentrata.
Seung-gil c’era sempre stato, a quanto Yuri riuscisse a ricordare, era stato lui ad accompagnarlo dalla Regina, quando era venuto a chiedere grazia per i suoi genitori e l’aveva ritrovato una volta diventato guardiano. Il suo compito era quello di assicurarsi che niente succedesse al castello e alla Regina: aveva una relazione molto più intima e profonda con lei di quanto Yuri potesse mai immaginare. Inizialmente non l’aveva trovato molto interessante, ma era stato a lungo l’unica persona con cui potesse parlare e aveva finito per fidarsi di lui.
Seung-gil non aveva voluto rivelargli perché si trovasse lì, nonostante non fosse originario di quelle terre, anche se dal suo modo di fare, Yuri era sicuro che avesse avuto una profonda delusione d’amore e che anche lui avesse tratto vantaggio dai poteri della Regina.
«Bentornato.» Lo salutò lui, alzando a malapena gli occhi dalle pagine. Le dita bianche stringevano la copertina usurata con deferenza; la sua pelle, stranamente, era quasi più chiara di quella di Yuri stesso, ma se Yuri manteneva il proprio aspetto etereo grazie ai capelli biondi e gli occhi chiari, l’altro lo spezzava con i capelli neri come le ali dei corvi e gli occhi di pece, profondi e vissuti come Yuri non ne aveva mai visti.
Yuri gli rivolse un cenno del capo, ma la voce dell’altro lo bloccò di nuovo. «Lei vuole vederti.» gli annunciò. Yuri alzò un sopracciglio; era strano che la Regina lo facesse chiamare da Seung-gil. Era successo due sole volte da quando era arrivato a palazzo: la prima quando un grosso battaglione di umani aveva tentato di trasgredire nel bosco e Yuri non era riuscito ad evitarlo, perdendo un bel pezzo di foresta, e la seconda volta quando Yuri aveva permesso che uno dei suoi lupi si avventurasse fuori dai confini del suo regno, finendo inevitabilmente ucciso da un pastore. Entrambe le volte la Regina l’aveva rimproverato, non troppo aspramente, ma Yuri sapeva di averla delusa. Erano passati anni, e non era più successo; Yuri aveva prestato molta più attenzione al suo compito ed era sicuro che qualunque cosa volesse dirgli la Regina aveva a che fare con Otabek. Subito il pensiero che lei volesse vietargli di vederlo gli fece storcere il naso; per quanto sapesse di non poter tenere Otabek legato a sé in eterno e sapesse che era un pensiero egoista, Yuri non aveva neanche voglia di lasciare che gli scivolasse via tra le dita, gli piaceva stare con lui ed era quasi una boccata d’aria fresca, diversa dalla pesantezza e dall’immobilità che lo circondavano.
«È nell’ala est, devi andare lì il più presto possibile.» continuò Seung-gil, senza neanche un cambio nel tono di voce. I suoi occhi ripresero a scorrere sulle lettere, che da quella distanza parevano latine.
Yuri annuì, ripromettendosi che sarebbe tornato alla biblioteca dopo aver parlato con la Regina.
Si fece strada tra i corridoi bui e luccicanti, mentre un senso di strana nausea gli attanagliava lo stomaco. Era ormai da un po’ tempo che il suo stomaco pareva trovare ogni giorno una ragione per infastidirlo, ma l’aveva attribuito all’arrivo della primavera e al fatto che passava meno tempo al castello.
La vide, in piedi sulla gradinata, mentre osservava una delle più belle statue del castello. Rappresentava un giovane dai lineamenti insoliti, i cui occhi allungati gli ricordavano un po’ quelli di Otabek. Aveva entrambe le braccia sollevate aggraziatamente e i suoi vestiti erano stati scolpiti così che desse l’impressione di star roteando su se stesso; la sua espressione era rilassata e felice, se non fosse stato per piccole rughe che gli solcavano la fronte, a mostrare concentrazione. Yuri si chiedeva chi l’avesse scolpita e da chi avesse preso spunto, perché era troppo realistica per essere solo frutto della mente umana; era sicuro che ci dovesse essere stato un modello, ma la Regina non gliene aveva mai parlato e l’unica volta che aveva chiesto a Seung-gil, egli gli aveva intimato di non domandare oltre.
Il viso spigoloso della Regina contrastava con la morbidezza della veste che le scivolava sul corpo in complicati drappeggi, leggeri come la brina.
«Yurochka.» chiamò lei non appena lo notò avvicinarsi, un sorriso accennato sulle labbra sottili. Yuri fece un breve inchino, con un braccio piegato all’altezza dell’addome, mentre saliva le scale. Le lame scheggiavano i bordi dei gradini, ma non era importante, perché la magia avrebbe sistemato tutto.
«Mia signora.» salutò con rispetto; lei gli fece cenno di farsi più vicino, allargando un braccio verso di lui e, quando Yuri fece quel che gli veniva richiesto, lei si sporse per posargli una mano leggera sulla spalla. Se Yuri aveva gli occhi freddi e taglienti, essi non avevano comunque niente a che vedere con quelli della Regina, dal taglio allungato e le ciglia lunghe e spesse, con iridi verde smeraldo molto più scure di quelle di Yuri e pupille che scrutavano direttamente la sua anima.
«Ultimamente ti sei dedicato meno al tuo compito, Yurochka.» disse lei con voce severa e distolse lo sguardo da lui accarezzando il profilo della statua, lo sguardo assottigliato mentre ne osservava la fattura.
Yuri scosse la testa. «Non ci sono stati trasgressori, altrimenti i miei lupi me l’avrebbero detto.» le assicurò, ma non riusciva ad ignorare lo spiacevole contrarsi delle proprie viscere.
«Mi risulta che un umano sia entrato nel Cuore della foresta. Mi chiedo come sia possibile.»
Yuri tenne lo sguardo alto, consapevole di non aver nulla da nascondere. «È entrato con me, non avrebbe mai fatto qualcosa per danneggiare il bosco o per ferire me, ed anche se fosse, ho abbastanza magia per poter tenere a bada un singolo umano. All’interno del bosco sono ancora più forte.»
La Regina tornò a guardarlo, un sorriso sulle labbra sottili. «Non ne dubito. Voglio solo che tu sappia che non importa quale relazione hai con questo umano, non deve interferire con il tuo compito. Puoi divertiti con lui, non ti nego questo, ma devi essere consapevole che finirà, che anche lui si stancherà di te, perché gli umani non sono degni di amore, Yurochka. Non sono nemmeno capaci di donarne come si deve, figurarsi di accettarne. Non sprecare ciò che ti rimane.» fu fredda e tagliente, mentre parlava, ma si sbagliava. Per la prima volta da quando viveva con lei, Yuri non era d’accordo con ciò che lei gli stava dicendo, senza ritrovarsi in quelle parole; Otabek non aveva mai, nemmeno le prime volte, fatto qualcosa con l’intento di ferirlo, mentre lo stesso non si poteva dire di Yuri. Otabek non l’aveva mai deluso, neanche quando gli aveva confessato di essersi innamorato di lui, Yuri non era rimasto deluso, quanto più sorpreso e forse rattristato. Otabek non aveva mai tradito la sua fiducia, in alcun modo.
Assottigliò lo sguardo, inspirò l’aria gelida e controbatté. «Non è così. Non ho intenzione di divertirmi, non mi dispiace poter passare del tempo con lui, ma non mi illudo che possa durare per sempre.» e fu colpito di quanto vere suonassero quelle parole. Se da un lato il solo pensiero che la Regina potesse banalizzare così tanto ciò che esisteva tra lui ed Otabek aveva fatto accendere una scintilla di rabbia in lui, dall’altro non credeva che Otabek sarebbe sempre rimasto al suo fianco, sapeva benissimo che ad un certo punto non avrebbe più voluto averlo attorno, perché Yuri non poteva ricambiare qualunque cosa fosse quella che Otabek provava per lui, amore, e soprattutto non poteva costringerlo a rinunciare alla sua vita.
La Regina lo guardò, in silenzio, poi socchiuse le palpebre e lasciò andare un lento respiro. «Mi fido di te, Yurochka, ma non voglio rimanere delusa, né voglio toglierti quel pezzo di umanità che ti rimane, perché meriti di poter provare ancora delle emozioni. Ricordati che gli umani non sono come noi, non sono come te. Non farti del male.» gli posò una mano sulla spalla.
«Non vi deluderò, mia signora.» alzò un angolo della bocca, in un sorriso che era tutto tranne che sincero; quella conversazione lo rendeva ogni secondo più nervoso e voleva andarsene, ma la Regina aveva altri piani. Lasciò andare la sua spalla, ma gli accarezzò la guancia, lasciando scivolare le dita sulla sua pelle, tanto gelide da far rabbrividire anche lui.
«Lo spero.» la Regina ritirò la mano e gli voltò le spalle, dai capelli legati in una crocchia alta ed ordinata cadeva un leggero velo che le copriva tutta la nuca e Yuri la guardò allontanarsi; aveva le viscere contratte e tutto in quella conversazione gli era parso sbagliato, a cominciare dal modo il cui la Regina aveva fatto in modo di ricordargli più volte come gli umani non fossero degni di niente, e come lui le avesse giurato eterna fedeltà. Eppure non era l’unica cosa: quella volta, la Regina l’aveva minacciato; era stato sottile e se Yuri non fosse stato abituato a sentirla parlare, probabilmente non se ne sarebbe neanche accorto. Lo era, ed aveva notato il modo in cui gli aveva detto che poteva privarlo della sua umanità, del tutto, senza che lui potesse far niente in proposito.
Per quanto Yuri non volesse tornare a soffrire come aveva fatto in passato, non voleva nemmeno perdere emozioni come il divertimento, quel senso di calore piacevole e familiare tutte le volte che lui e Otabek si stuzzicavano, la pace di quando si distendevano l’uno accanto all’altro.
Nel suo cuore incapace di provare amore, Yuri sentiva comunque un legame con Otabek, nonostante non capisse fino in fondo di cosa si trattasse. Yuri conosceva l’egoismo, conosceva la possessività e sapeva di possedere entrambe. Le provava tutte le volte che Otabek accennava a quella sua amica, Mila, o quando doveva lasciarlo andare, dopo aver passato il pomeriggio o la serata insieme. Gli veniva voglia di stringergli il braccio e tenerselo vicino, continuare a parlargli in eterno, senza però riuscire in alcun modo a capire perché, e per Otabek aveva dovuto essere ancora più difficile.
Yuri lo sapeva, non erano molti gli uomini che amavano altri uomini; nella sua breve vita fuori dal castello aveva capito che era qualcosa di cui la gente non parlava, di cui aveva quasi paura e se Otabek aveva avuto il coraggio di dirgli che s’era innamorato di lui, doveva davvero esserne convinto. Non poteva neanche immaginare quanto fosse stato complicato per lui e non negava di essersi sentito un mostro quando gli aveva detto che non poteva in alcun modo provare amore per lui, nonostante l’avesse detto solo perché, dopotutto, lui ad Otabek teneva e non voleva che soffrisse per un amore che non avrebbe mai potuto corrispondere. Otabek era intelligente ed era buono, e Yuri era sicuro che ci fossero migliaia di altre persone che potessero meritare il suo amore senza che lo sprecasse con lui; anche perché, come sapeva bene, l’amore umano non era destinato a durare e nessun incantesimo poteva cambiare quella verità che Yuri conosceva fin troppo bene.
Sospirò, triste di come le cose fossero cambiate nel giro di un pomeriggio, ma consapevole di non poter costringere Otabek a non amarlo. Si diresse lento verso la biblioteca; Seung-gil era sparito, probabilmente a sbrigare qualche faccenda in giro per il castello come faceva sempre.
Si inoltrò tra gli scaffali di duro, gelido ghiaccio, ricoperti di tomi perfettamente conservati; non sapeva ancora cosa volesse leggere, non era un lettore assiduo, eppure non gli dispiaceva intrattenersi con un buon libro, una volta ogni tanto e dopotutto non c’era molto altro da fare.
Scorreva le dita sui volumi, sentendo le copertine ruvide sotto i polpastrelli e le lettere in rilievo sul loro dorso, mentre leggeva di sfuggita i titoli. C’erano libri di ogni tipo: enciclopedie storiche, semplici fiabe e libri di poesie; Yuri poteva dire di conoscerne la maggior parte, anche se spesso li aveva letti di sfuggita e senza reale interesse, soprattutto quelli che riguardavano la filosofia, non facevano proprio per lui. Ecco perché non si era mai avventurato in quel corridoio.
Non era diverso dagli altri, semplicemente non era utilizzato. Neanche Seung-gil era molto interessato di filosofia; a dispetto della sua apparenza noiosa ed intellettuale, Seung-gil prediligeva i libri di musica e le enciclopedie che raccoglievano le innumerevoli razze di animali conosciute. Anche Yuri aveva letto quei libri ed era rimasto incantato dalla reale quantità e diversità di esse, ma adesso aveva bisogno di qualcosa di nuovo, qualcosa che lo aiutasse a fare chiarezza nella confusione che si trovava in mente.
Gli occhi scrutavano i titoli, tra volumi più o meno grandi, quando captarono qualcosa di diverso. Era un piccolo libriccino, usurato e macchiato di inchiostro. Era diverso da tutti gli altri e Yuri lo estrasse dallo scaffale scoprendo che si trattava di qualcosa di simile ad un diario. Era evidentemente vecchio, se le pagine gialline erano di qualche indizio, sebbene sembrasse ancora in uno stato di perfetta conservazione. Lasciò scivolare i polpastrelli sul cuoio liscio e appiccicoso di inchiostro aprendo piano la prima pagina.
La grafia che copriva la pergamena rilegata era ordinata e sottile e non apparteneva né a Seung-gil né alla Regina. Era impossibile, si disse Yuri, era impossibile che quel libriccino fosse arrivato lì da chissà dove, era troppo simile a quello che Seung-gil teneva appeso al fianco, seppur molto più vecchio e doveva per forza appartenere a qualcuno che si trovava a palazzo.
Yuri era curioso, in modo sottile, non era invadente e non gli era mai importato conoscere i fatti degli altri, eppure se qualcosa non gli tornava era in prima linea per cercare di svelarla; in quel momento, il diario era riuscito a smuovere qualcosa in lui, il desiderio di sapere di cosa si trattasse si faceva già strada nella sua mente, mentre lo assicurava sotto la veste, tra i pantaloni e la pelle del fianco e lo copriva con la camicia.
Decise che se ne sarebbe occupato una volta tornato alla foresta.
 
 
Aveva tempo. Yuri sapeva che quel giorno Otabek avrebbe dovuto lavorare e non sarebbe arrivato prima del tramonto e la luna notturna era ancora alta nel cielo. Aveva tempo e non sembravano esserci trasgressori, a giudicare dalla calma che aleggiava nella foresta e tra i lupi che altrimenti sarebbero venuti a fargli rapporto.
Appena arrivato alla sua radura,Yuri si tolse la pesante veste, liberandosi anche degli stivali e dei vestiti. La sensazione dell’erba sotto i piedi e del lieve vento tiepido che gli accarezzava la pelle era ciò che lo rilassava più al mondo, e per un attimo si dimenticò delle parole della Regina, di Otabek e del libriccino che aveva trovato qualche ora prima.
La luna si specchiava nella pozza d’acqua, ed il rumore del ruscello che vi si riversava increspandone la superficie sembrava quasi seguire i battiti del suo cuore. Si portò le mani alla testa, mentre scivolava piano nell’acqua e prese a sciogliere accuratamente le trecce che gli correvano lungo il capo. Le ciocche tiravano lievemente, ma continuò imperterrito fino a quando anche l’ultima treccia non fu disfatta; non lasciava spesso i capelli sciolti, soprattutto perché lo infastidivano e si impigliavano ai rami degli alberi, senza contare il tempo effettivo che impiegava ad intrecciarli nuovamente. Erano lunghi e galleggiavano sulla superficie dell’acqua, incollandosi alla sua schiena, ondulati per il risultato dell’essere rimasti intrecciati ormai da qualche giorno. Vi passò le mani, togliendo la polvere e lo sporco, sciacquandosi lentamente.
Fu solo quando si appoggiò ai massi levigati che circondavano la pozza che il suo sguardo adocchiò i propri vestiti abbandonati su una roccia; tra la stoffa chiara il colore bruno del diario risaltava di più e Yuri sollevò la mano, l’indice puntato verso il libriccino; esso si alzò in volo verso di lui, fermandosi a levitare di fronte al suo viso.
Le sue dita mimarono il gesto di aprire la copertina in pelle; le erano pagine gialle e invecchiate, l’odore dolciastro della muffa gli riempì le narici, surclassando il profumo di fiori della radura.
Yuri si appoggiò con la schiena contro il bordo del piccolo lago, e con un altro gesto delle dita voltò le prime pagine, cominciando a leggere.
 
Non ricordo niente della mia vita di prima, se non che ero solo. Un giorno mi risvegliai in questo castello di ghiaccio e da allora ho sempre vissuto qui, con la Regina. Sono passati così tanti anni che ormai non li conto più, non importano più.
La vita qui è monotona, pur avendo poteri inimmaginabili, non c’è nessuno con cui io possa parlare, a parte la Regina. Quella che prima era felicità di essere vivo e di poter godere di privilegi che altri non possono neanche immaginare, si è trasformata in una lenta noia, scandita dai giorni che si susseguono e dai battiti solitari del mio cuore.
Oggi, per la prima volta, sono uscito dal castello, senza dirlo alla Regina, altrimenti mi avrebbe costretto a rimanere dentro. Lei non capisce quando questo gelo mi stia uccidendo lentamente: sono praticamente immortale eppure sento la mia vita scivolare via, gli anni che volare senza un senso, senza un perché, senza che io possa fermarli in alcun modo.
Mi sono travestito usando il mantello di un uomo che ho trovato morto nel bosco qualche giorno fa, in modo da essere meno riconoscibile e mi sono avviato al villaggio più vicino.
È diverso da come me l’aveva descritto la Regina, nessuno ha provato a farmi del male, anzi, tutti si spostavano al mio passaggio e le donne facevano commenti sul mio aspetto, parlottando tra loro su quanto fossi bello e diverso da tutti gli uomini che avevano incontrato fino a quel momento.
Anche la taverna non è terribile come pensavo, certo, lì la gente è più allegra e meno rispettosa, ma è comunque un posto divertente e non vedo l’ora di poterci tornare domani. Spero che la Regina non si accorga mai delle mie fughe, perché so che si infurierebbe per averla lasciata sola.”
 
“Oggi sono andato di nuovo al villaggio dopo il calare del sole e mi è capitata una cosa inaspettata e molto strana. Alla taverna si era fermato un battaglione di stranieri, parlano un po’ la mia lingua eppure non hanno gli stessi lineamenti degli altri: i loro occhi sono sottili e i loro capelli scuri e lisci, sono tutti molto simili gli uni agli altri, tranne uno.
È l’uomo più bello che io abbia mai visto. Sembrava molto giù durante la serata, ma gli sono bastati un paio di bicchieri per riprendersi e cominciare a cantare e ballare al centro della taverna. I suoi compagni ridevano ed anch’io mi sono goduto lo spettacolo, fino a quando lui non mi si è avvicinato chiedendomi di ballare con lui. Non ho potuto far altro che accettare, non ho potuto negare nulla a quei suoi occhi luminosi. Da quel momento non riesco a smettere di pensare a lui, è successo qualcosa dentro di me. È come se una parte a lungo dimenticata si sia risvegliata, eppure non so quale e non riesco a capire, mi sfugge sempre qualcosa.
Non posso parlarne con la Regina, lei non capirebbe. Mi sento il petto pieno, finalmente dopo anni e anni, sento un’energia dentro di me e non so spiegarmela. Spero di rivedere quell’uomo, nei prossimi giorni, in modo da poter comprendere meglio cosa stia succedendo”
 
“Non c’è. Non c’è più. Il suo battaglione se n’è andato. Non c’è più e adesso mi sento di nuovo vuoto, solo, rinchiuso in questo castello che mi diventa sempre più estraneo.
 
I paragrafi erano sconnessi, non una data, non un nome, solo un’intuitiva cronologia e le ultime parole erano sbiadite, l’inchiostro era sbavato in grosse macchie scure, come se chiunque l’avesse scritto stesse piangendo.
Yuri sentì gli occhi pizzicare; riusciva a percepire l’impotenza in quelle frasi sporche di lacrime, ma non capiva fino in fondo di cosa quella persona stesse parlando. Il suo stomaco si strinse spiacevolmente, e le sue palpebre si socchiusero per scacciare quella malinconia che la lettura gli aveva messo addosso.
Per la prima volta Yuri sentì qualcosa di diverso. Non se ne spiegava il motivo, ma quelle parole gli avevano riportato in mente la prima volta che aveva visto Otabek, quando l’aveva aiutato contro i banditi, mesi prima. Era da quel momento che Otabek si era fatto strada nella sua vita lentamente, avvicinandosi a poco a poco come si fa con un animale selvatico, guadagnandosi la sua fiducia ed il suo, anche se flebile, affetto. E ciò che provava stando con lui era solo calma, leggera e quasi impalpabile, che scivolava tra loro e gli faceva dimenticare quanto avesse sofferto in passato e quanto solo si sentisse, a volte.
Era una sensazione bizzarra, che c’era e non c’era allo stesso tempo, più cercava di concentrarsi su di essa, più quella gli sfuggiva e lo lasciava frustrato. Chiuse il libro e lo mandò a posarsi su una roccia, mentre usciva arrabbiato dalla pozza, l’acqua che schizzava tutt’intorno in goccioline che gli scivolavano lungo le membra. «Tutte cazzate.» borbottò, passandosi una mano sui capelli per far sì che tutta l’acqua ne evaporasse. Non avrebbe lasciato che uno stupido libro scritto da qualcuno che nemmeno conosceva gli condizionasse la mente.
Eppure era la prima volta che qualcun altro sembrava percepire ciò che sentiva lui. La solitudine, la voglia di cambiamento, e quante volte Yuri si era chiesto a cosa gli servisse la propria immortalità? A cosa servissero i suoi poteri? Era possibile che il suo unico destino fosse quello di servire la Regina, che fosse l’unico scopo per cui era venuto al mondo? La risposta, fino a quel momento, era sempre stata la stessa. Lui era lì grazie alla Regina, non soffriva grazie alla Regina e lei aveva sempre dato, chiedendo in cambio solo protezione, ed era a quello che servivano i suoi poteri e la sua immortalità; era un patto equo a undici anni, lo era a venti e lo era ancora adesso, quando anche gli anni avevano cominciato a confondersi tra loro. Yuri non avrebbe potuto chiedere di meglio, lo sapeva.
E nonostante tutto, non poteva evitare di chiedersi chi fosse quella persona: dove fosse andata e come fosse finita la sua storia; conosceva la Regina, ma non era indicativo, perché Yuri non sapeva da quanto tempo lei fosse viva. Era certo che, chiunque fosse, era vissuto molto prima che Seung-gil arrivasse a palazzo. Ma se era immortale, allora che fine aveva fatto? E soprattutto, perché la Regina non aveva mai parlato di qualcun altro, oltre a Yuri stesso e Seung-gil?
Yuri sentiva la testa scoppiare e non gli capitava da decenni, era familiare ed estraneo, una contraddizione che non faceva altro che aggiungere pesantezza ai suoi pensieri. Essi turbinavano senza meta e senza sosta, portando con sé la reminiscenza di qualcosa, qualcosa di a lungo dimenticato e seppellito nel suo profondo. Yuri non riusciva a coglierlo.
Fu quasi tentato di riaprire il libriccino e ricominciare a leggere, in modo da potersi disfare di quelle riflessioni odiose e sterili, quando l’ululato forte di un lupo lo riscosse dalle sue stesse elucubrazioni.
«Cazzo.» Imprecò, infilandosi velocemente le vesti e gli stivali.
I piedi affondavano nel terreno ancora umido di pioggia e neve e Yuri correva veloce tra gli alberi che parevano scansarsi dinanzi a lui; Yuri sapeva che era solo il suo istinto a ricordare perfettamente dove si trovasse ogni elemento della foresta, dopo anni e anni di vita in simbiosi con essa. Il lupo ululò più forte, segno che era più vicino. Se ne stava acquattato dietro un fitto boschetto di arbusti alti abbastanza da celarlo e quando Yuri lo vide, esso guaì piano.
Yuri abbassò la testa in segno di gratitudine e gli fece cenno di allontanarsi. «Grazie, adesso torna a pattugliare il perimetro, qui me ne occupo io.» con un secondo guaito, il lupo si lanciò nel folto della foresta.
Dalla sua posizione, Yuri poteva vedere le sagome dei due intrusi, un uomo ed una donna. Yuri storse il naso nel sentire le urla e i piagnistei di lei, mentre l’uomo stava zitto e continuava a tenerle una mano ben ferma sulla bocca. Mugugnò di dolore quando lei gli morse le dita, i denti affondati nella pelle, prima di tirare indietro la testa, in modo da fargli lasciare la presa. L’uomo la spinse lontano da sé, portandosi la mano ferita all’addome e lei riuscì a mettere un po’ di metri tra se stessa ed il suo aggressore. Eppure, sebbene ella avesse appena oltrepassato la prima linea di alberi, quel confine che segnava il non ritorno, l’uomo non sembrava aver intenzione di lasciarsi sfuggire quella preda.
«Lasciami stare, ti prego.» la voce femminile arrivava chiara alle orecchie di Yuri, e solo allora si accorse che si trattava d’una giovane ragazza; il suo fiato era spezzato e il tono stridulo, mentre cercava di non lasciar impigliare la gonna tra i rovi ed inciampava per lo stesso motivo. L’uomo le era alle calcagna e, quando lei scivolò sullo strato di fango ghiacciato, non mancò di approfittarne. Yuri lo vide mentre le calava di sopra, la mano affondata nei capelli scuri di lei che le strattonava la testa per costringerla in una posizione supina. «Puoi urlare quanto vuoi, non ti sente nessuno qui. Ma… se continui così attirerai i lupi.» le sue dita presero a premere insistentemente sulla bocca della ragazza, mentre l’uomo le apriva con forza le labbra, spingendole le dita dentro la gola. La ragazza ebbe un conato, e provò a mordere di nuovo, ma erano troppo spesse ed erano finite troppo in profondità perché lei ci riuscisse.
Fu la prima volta che una voce lo disgustava a tal punto, e Yuri era quasi sul punto di girare le spalle e andarsene come faceva sempre di fronte all’ennesima dimostrazione della mostruosità umana, in attesa che entrambi si rendessero conto di aver fatto l’errore peggiore della loro vita. Poi la ragazza urlò di nuovo, e la sua voce si affievolì in un soffio, una cantilena distrutta; si copriva il volto con le braccia mentre una mano dell’uomo le alzava la gonna strappata e l’altra le stringeva la gola.
Yuri sentì qualcosa scattare dentro di sé: una rabbia mai dimenticata, una tristezza profonda e una terza cosa, una cosa inspiegabile, ma che lo fece schizzare in avanti, piegandosi in ginocchio per estrarre lo stiletto dallo stivale.
I suoi piedi toccavano il terreno leggeri, senza lasciar tracce e senza far rumore, fino a quando l’uomo non fu abbastanza vicino che Yuri riusciva a sentirne l’acre odore di sudore e sporco nelle narici.
Il primo colpo alla coscia colse l’uomo di sorpresa, tanto che rotolò di lato premendo il profondo taglio con entrambe le mani, la bocca spalancata in un grido muto. Il sangue rosso e denso sgorgava a fiotti dalla ferita e Yuri sapeva bene che quel colpo era già mortale di per sé, perché l’esperienza gli diceva che in nessun modo quel sanguinamento si sarebbe fermato, ma quella volta non bastava. Non capiva più niente, si sentiva animato solo da una furia mai provata prima, voleva far male, far soffrire, mentre affondava la lama più a fondo nella carne, recidendo il muscolo e scalfendo l’osso. La ragazza urlò, uno schizzo di sangue che andava a macchiarle la gonna.
Il secondo colpo fu meno studiato, e Yuri strisciò la nuca dell’uomo, tuttavia la punta del pugnale riuscì a penetrare la pelle della spalla. Quella volta l’uomo urlò e tentò di colpire dietro di sé, con il solo risultato di impalarsi una mano sullo stiletto.
Yuri sentì il sangue caldo entrare in contatto con le proprie mani gelide e ritirò il pugnale, per poi colpire ancora, stavolta perfettamente all’altezza dell’intestino. Tirò di lato, sentendo la carne cedere come se fosse burro sotto la forza bruta e incontrollata che stava imprimendo alla lama, il rumore viscido delle budella che tentavano di scivolare fuori, mentre la mano dell’uomo le schiacciava all’interno.
Incrociò i suoi occhietti acquosi e chiari, pieni di terrore e spalancati, consapevoli di non avere più scampo.
Fu guardandolo negli occhi che gli trafisse il cuore, guardando la vita che gli lasciava le iridi, spinse il pugnale dentro il suo petto fino all’elsa, torcendo la mano per scavare più in fondo ed essere sicuro di aver compiuto il suo lavoro. Non percepì nemmeno le rinnovate grida di terrore della ragazza, perché era il proprio sangue a fischiargli nelle orecchie, mentre quello dell’uomo gli bagnava entrambe le mani e gli gocciolava sulle braccia. Il getto bollente che sgorgò dal petto trafitto gli colpì il viso, e Yuri fece in tempo a voltarsi prima che gli finisse in bocca. Digrignò i denti, alzando un piede per spingere via il corpo senza vita.
Solo il tonfo del cadavere che rovinava a terra lo riportò alla realtà e Yuri scosse la testa, lo sguardo fisso sul pugnale interamente coperto di rosso.
Il rumore inconfondibile di un conato e l’odore acido del vomito riempirono l’aria, facendogli alzare il volto verso la ragazza e la trovò accovacciata a terra, sporca di fango e sangue, con una mano a pulirsi le labbra spalancate. Aveva gli occhi inondati di lacrime e orrore che strizzava nel tentativo di schiarirsi la vista. Poi si rese conto del fatto che era proprio di fronte a lei e le sarebbe bastato alzare lo sguardo per poterlo vedere.
Scattò indietro con un balzo, nascondendosi tra le ombre della notte, come avrebbe dovuto fare già dall’inizio. Lei non si mosse.
«Non startene lì rannicchiata, alzati.» lo disse bruscamente e si sorprese quando, pian piano, la ragazza si tirò su sulle gambe tremanti. Aveva profondi occhi scuri e i capelli neri scarmigliati a coprirle la fronte; teneva ancora la testa bassa e tirava su col naso.
«Seguimi.» Intimò e lei annuì febbrile, la mani che andavano a stringere la gonna, un passo dopo l’altro, lasciandosi guidare. Superò il cadavere dell’uomo cercando di guardarlo il meno possibile ed ignorando il suono viscido delle scarpe che affondavano nel terreno impregnato di sangue.
Yuri non sapeva che fare con lei: sarebbe stato solo ipocrita se avesse ucciso quell’uomo solo per il gusto di lasciare che lei venisse divorata dai lupi o morisse assiderata. E Yuri non voleva che la ragazza morisse, perché non sarebbe mai entrata nel bosco se quell’uomo non avesse cercato di farle del male; la gola gli si strinse in uno spasmo di disgusto al pensiero di ciò che sarebbe potuto accadere se lui non fosse intervenuto, e pensare che in un primo momento non aveva voluto fare nulla.
Fino a qualche settimana prima non avrebbe fatto nulla, pensò; era consapevole che troppe volte in quegli anni aveva voltato la schiena dinanzi a scene di quel tipo, lasciando che avvenissero per poi compiere il proprio lavoro. Quella volta però, un istinto che non credeva di possedere aveva preso il sopravvento. Gli era capitato spesso, nel corso degli anni, di dover utilizzare il proprio pugnale, ma aveva sempre tentato di non approfittare dell’inferiorità di chi gli stava di fronte: colpi mirati ad indebolire, mai profondi da causare troppo dolore, e poi un ultimo colpo finale, solitamente al petto o alla testa. Mai aveva tratto così tanto piacere dall’uccidere qualcuno e mai era stato così crudele e disumano, neanche con chi lo meritava davvero; era stato un attimo, poi, un momento di rabbia incontrollata ed inspiegabile che gli aveva ottenebrato la mente e aveva preso possesso dei suoi arti senza che lui potesse far niente per fermarla.
Gli parve di sentire un pigolio, prima di rendersi contro che non era altro se non la voce della ragazza. «G-grazie.» gli stava sussurrando, molto passi dietro di lui.
Yuri ringhiò e avvertì il respiro di lei fermarsi, per poi riprendere con cadenza meno ritmata.
«Non ringraziarmi, stupida. Piuttosto smettila di vagabondare a quest’ora di notte.» non la vide annuire, ma il gemito che seguì le sue parole gli fece capire che la ragazza aveva sentito.
«P-posso chiedervi, p-perché mi avete salvato?» domandò, la voce ridotta ad un sussurro fievole e Yuri roteò gli occhi. «Non importa, sappi solo che non sarò così clemente se dovesse succedere una seconda volta. Oggi sei stata fortunata, domani, chissà.» le disse ed era serio; aveva sopportato quell’intrusione solo perché lei non ne era diretta responsabile.
«C-certo.» balbettò lei. Yuri fu quasi sul punto di riprenderla anche su quello e si fermò solo al pensiero di quanto fosse ridicolo. Fortunatamente stavano arrivando al confine delle foresta. Le prima luci dell’alba si facevano strada tra i rami e la vegetazione e la ragazza sospirò di sollievo, correndo fuori e fermandosi solo per gettare un’occhiata dietro di sé. Aveva il viso stravolto e schizzato di sangue, per non parlare dei grossi lividi che le si stavano formando sulla gola, eppure sembrava sollevata quando alzò una mano per fargli un cenno di saluto; Yuri fu ad un passo dal pentirsi di averla aiutata, ma si limitò a rintanarsi più a fondo nella foresta, mentre la osservava scappare in direzione del villaggio, le suole delle scarpe che lasciavano un scia di sangue e fango dietro di lei.
 
 
Dopo quell’episodio, Yuri si affrettò a ritornare alla radura. Aveva camminato piano, per una volta, aspettando che la luce rosata dell’alba facesse capolino tra i rami degli alberi. Il cadavere dell’uomo era ancora lì e, sinceramente, Yuri sperava che i lupi se ne occupassero presto, perché non riusciva a guardare quel corpo straziato senza sentire la pesantezza del senso di colpa gravargli sulle spalle. Il sangue gli si era rappreso sulle vesti e sul viso, cominciando a creparsi e tirando la pelle, per non parlare delle mani che ancora sentiva viscide.
La puzza di ferro e morte lo seguiva, impregnava l’aria, saturava le sue narici e gli lasciava un odore acre sulla lingua e nella gola. Scosse la testa per scacciare l’immagine del momento in cui l’uomo aveva capito di non avere più scampo; era successo tutto lentamente, nella sua testa, avrebbe potuto ricreare con esattezza ogni colpo che aveva condotto l’uomo ad una morte così brutale, ricordava lo stridio dell’osso contro la lama, le urla, simili a quelle di un maiale al macello, la viscosità del sangue che gli spruzzava addosso, una volta trapassato il cuore, che aveva dato un altro paio di spasmi, prima di bloccarsi del tutto. Non aveva mai combattuto in quel modo tanto scomposto e quasi meccanico e gli aveva fatto paura, come se non fosse padrone dei propri movimenti, pur percependoli in modo netto e preciso. Si passò una mano nei capelli, scoprendoli altrettanto umidi, il respiro che accelerava e si faceva febbrile: i polmoni gli bruciavano e sentiva il petto stretto in una morsa. Poi arrivò, lo colpì come una valanga; si portò una mano allo stomaco, artigliando la camicia macchiata; le gambe lo tradirono e lui cadde sul terreno, le ginocchia che affondavano nella terra morbida. Le budella gli si contrassero, mentre il sapore acido del vomito gli risaliva lungo l’esofago, mozzandogli il respiro già affannato.
Posò il palmo sulla nuda terra, boccheggiante, le palpebre strette e gli occhi inondati di lacrime
Il suo cuore ebbe una contrazione, come se stesse cercando di bucargli il petto e Yuri sentì del sudore gelido colargli dalle tempie e lungo la schiena inarcata. La prima scarica gli scosse tutto il corpo e altre lacrime andarono a rigargli il viso; il sangue secco veniva sciolto dall’acqua salata, finiva sulle sue labbra e gli bagnava la lingua scoperta, mentre la seconda scarica lo faceva piegare in avanti.
 
La donna era a terra e l’uomo incombeva sulla sua figura distesa, le braccia che proteggevano la testa, mentre i calci all’addome non facevano che diventare più violenti.
Yuri si lanciò sul corpo di sua madre, gridando di smetterla, guardando suo padre con occhi supplichevoli.
 
«No…» sputò la bile che gli era rimasta bloccata nella bocca. «No…» provò ad alzarsi, ma le gambe non gli rispondevano e si ritrovò a scivolare indietro. I fiato gli usciva dal naso in piccoli sbuffi sempre più ravvicinati, fino a fermarsi.
 
Un piede gli affondò nella pancia, troncandogli il respiro, mentre un’esclamazione di dolore e sorpresa gli lasciava le labbra.
Suo padre lo squadrava come se non avesse visto nulla di più schifoso nella sua vita, poi gli sputò addosso e con un ultimo sguardo, tirò la brocca mezza piena sul pavimento, i cocci che si sparpagliarono tutt’intorno. Yuri non avrebbe mai dimenticato il dolore delle schegge che gli penetravano la pelle tenera.
 
Non gridò, la bocca spalancata da cui non usciva alcun suono, la testa che gli pulsava come se qualcuno la stesse tenendo in una morsa; i capelli gli erano caduti sul viso, oscurandogli la vista e Yuri provò un forte dolore diffuso in tutto il corpo. Iniziò come un bruciore alla base della schiena e gli percorse lo stomaco, fino a risalire verso il petto, intenso e tremendo, mentre le sue viscere sembravano andare in fiamme, la gola raschiata dall’acido della bile, la fitta gli strinse l’esofago, impedendogli di respirare bene. Un solo, piccolo fischio gli permetteva di far arrivare aria nei polmoni.
 
La ragazza era a terra e l’uomo incombeva sulla sua figura distesa, le braccia che proteggevano la testa, mentre le mani sul collo non facevano che stringere di più e di più.
 
Gli occhi gli pizzicarono ancora e nuove lacrime, copiose, fitte, gli rigarono gli zigomi. Yuri strinse le palpebre tra loro, senza capire cosa gli stesse succedendo, perché quelle scene si fossero sovrapposte, perché lui ancora se le ricordasse e perché riuscisse a provare dolore.
Era qualcosa che non gli accadeva da così tanto tempo, Yuri non sapeva come poterlo affrontare, se non rimanendo disteso in attesa che quella sensazione di impotenza gli abbandonasse le membra. Sentì che il proprio corpo si raggomitolava, e non si oppose, si lasciò andare alla protezione delle proprie braccia strette sull’addome e della testa incassata nelle spalle.
Fu solo dopo, Yuri non sapeva quanto dopo, che il suo volto strofinò per terra; il sapore del terreno gli entrò in bocca, dolciastro, facendogli ritrovare il contatto con la realtà.
I polmoni si espansero di colpo, il diaframma che lasciava allargare le pleure come una scudisciata all’altezza dello stomaco. Divenne consapevole del fatto di essere disteso, completamente coperto di sangue ormai del tutto secco, del sole che, adesso alto nel cielo, batteva impietoso su di lui, attraverso la fine copertura degli alberi ancora quasi del tutto spogli, ma dove i primi germogli si facevano vedere.
Digrignò i denti nel mettersi seduto. Aveva la lingua gonfia, come qualcosa di estraneo alla sua bocca, non si era mai sentito più a pezzi e fu quasi sul punto di cadere di nuovo quando provò a mettersi in piedi. Le ginocchia gli tremarono e una caviglia gli si torse, senza però provocare troppo dolore e parecchi minuti dopo, Yuri riuscì a mettersi in piedi.
Poggiò il palmo destro contro un albero, lo colpì con violenza, sentendo la corteccia dura sfregiargli la pelle; strinse i denti e prese a camminare verso la radura, per poter riposare e lavarsi, in attesa di riuscire a capire cosa gli fosse successo.
 
 
 
 
Note finali:
Ma buongiorno/buonasera!
Ecco il primo capitolo dal PoV di Yuri! Spero vi sia piaciuto, perché a me è piaciuto molto scriverlo! Ho cercato di mantenere uno stile meno “emotivo” in modo adattarlo al personaggio di Yuri, ma non sono sicura di esserci riuscita *sigh*
Si cominciano a vedere i rapporti tra gli abitanti del castello e abbiamo un nuovo personaggio! Perché Seung-gil? Perché è un altro personaggio di YOI che mi piace tantissimo e merita anche lui tanto amore *ricopre di cuori*
Ooh, e c’è anche un nuovo elemento: il diario! Credo sia moooolto palese a chi appartenga e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate a riguardo!
Per quanto riguarda la seconda parte del capitolo, spero che scene di quella natura non abbiano turbato nessuno, e in se fosse così, me ne scuso sinceramente.
A parte questo, da un lato avrei davvero tante altre cose da dire su questo capitolo, dall’altro credo ne verrebbe fuori una cosa lunghissima (molto più del solito) e io non voglio intasare lo spazio autrice, né tanto meno rubarvi ancora altro tempo! Grazie mille per aver letto ed inserito la storia tra seguite/preferite, e spero vorrete lasciarmi un commento!
Ringrazio, come sempre, Silvar tales e Kiarana per aver recensito lo scorso capitolo, e per essere due lettrici meravigliose <3 e ovviamente anche alla mia beta!
 
Ne approfitto anche per dire che ricomincerò anche con l’università a tempo pieno ahimè, quindi non assicuro più aggiornamenti regolari. Questo non significa che non scriverò più, solo che ci metterò più tempo per sistemare i capitoli e continuare quelli che ho in stesura, ma non abbandonerò questa storia!
Alla prossima!
LysL
  
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